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Autore: Andrws    12/11/2015    2 recensioni
Ai tempi dell'antica Grecia, era di grandi eroi e di epiche battaglie, l'equilibrio tra le divinità iniziò ad incrinarsi quando la custodia della Terra venne affidata ad Athena.
Da sempre quel dominio allettava molti tra gli Dei Olimpici, che quindi approfittarono del "passaggio di potere" per tentare la loro Sorte. Il primo come racconta l'Ipermito fu Poseidone, con inondazioni e assedi da parte dei suoi dei suoi seguaci, i Marine. L'assedio dei Marine arrivò ben presto al Tempio di Athena, che nonostante le numerose perdite, reagì prontamente. Creò quindi le Armature, affidandole ai suoi fedeli guerrieri, da allora in poi chiamati Cavalieri. Così ebbe inizio la "prima" Guerra Sacra, che terminò con la disfatta del Dio dei Mari, grazie alle gesta dei Dorati Cavalieri che raggiunta Atlantide, sconfissero i generali Marine e Poseidon in persona.
Non passò molto tempo perché la situazione si facesse propizia per altri contendenti. Alcuni anni dopo, difatti, il "Ratto di Elena", sconvolse l'intero mondo, tanto da influenzare persino gli schieramenti Divini. La Guerra di Troia esplose e con essa nacquero leggende, alcune narrate da Omero ancora oggi ampiamente note, altre invece solamente sussurrate, riservate alla conoscenza di pochi.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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XIX – I profughi di Mu

 
Tutti i Cavalieri in missione al palazzo di Ares erano stati riportati al Tempio, tranne Neven, Chirone, Equos e Gyon che si trovavano nelle prigioni. Intatti le segrete del palazzo di Ares erano protette da un secondo nucleo di energia “anti-teletrasporto” indipendente da quello distrutto da Ippolito.
 
Adesso la situazione al Tempio era al limite della tensione. Nessuno parlava, nessuno rideva allegramente, tutti facevano solo ciò che veniva detto loro, ovvero il turno di guardia, aiutare a ricostruire le case, posare le colonne per il nuovo Tempio, ma nonostante ciò, nonostante la mente fosse impegnata in un’attività, l’attesa, l’incertezza e il senso di fallimento angosciava ogni singolo Cavaliere. In quei momenti si sarebbero decise le sorti di Athena e per estensione del mondo intero, in tale situazione era quasi un supplizio sapere la propria Dea in pericolo e non poter fare niente. Non che effettivamente non potessero, ma semplicemente Athena aveva deciso così. Chiaramente era un ordine difficile da accettare e la sofferenza per i morti aggiungeva solo dolore, ingrigendo uno dei giorni più tristi che molti ebbero mai affrontato. L’attesa era ancor più snervante per i feriti che, essendo dentro le tende a riposare e non tenendo la mente impegnata in altre attività, si torturavano l’animo immaginando migliaia di possibili scenari, per la maggior parte catastrofici. Fortunatamente Asclepio aveva rimedi anche per questo, ovvero, una dose massiccia di buon vino. Già alcuni dopo alcuni minuti dormivano come bambini e il Dorato, da buon medico, ne fu felice o quantomeno sollevato, considerando non solo il clima teso, ma soprattutto il dolore causato dalle ferite. Polluce, insieme ad un Giasone ancora convalescente, aveva preso il comando, e per prima cosa rafforzò la guardia a Rodorio e al sentiero. Fu scelto Keren per quella al sentiero per ovvi motivi: oltre ad essere un formidabile guerriero, la sua telecinesi era utilissima per affrontare nemici dalle capacità sconosciute, soprattutto per il teletrasporto come rapida via di fuga. Se avesse dovuto trovarsi in difficoltà avrebbe dovuto semplicemente ritirarsi nel punto di guardia di Rodorio, chiedere soccorso e riferire le informazioni apprese sul nemico durante lo scontro. In questo caso Polluce non si trovò d’accordo con la decisione di Giasone: infatti il Dioscuro, anche se non disse nulla in proposito, era convinto che Keren, come tutti i Dorati, si sarebbe immolato per non fare passare nessuno senza chiedere aiuto, per proteggere i propri compagni. Proteggere i più deboli d’altronde era uno dei doveri dei Cavalieri, i Dorati poi sentivano tale responsabilità anche nei confronti dei propri compagni di qualunque grado che fossero.
 
Il Sole era completamente sorto solo da poco quando Keren, mentre si aggirava per il sentiero sulla montagna, sentì dei rumori provenire da poco più lontano. Svariati carri trainati da cavalli e molte persone sia a piedi sia a cavallo camminavano lungo la difficoltosa via per Rodorio. Molti soprattutto donne e bambini erano visibilmente provati e spaventati. In particolare un giovane ragazzo attirò la sua attenzione, stretto a braccio a quella che doveva essere sua madre. Aveva lo sguardo perso nel vuoto e occhi azzurri chiari, come quelli della madre, una donna di eccezionale bellezza, che poco aveva da invidiare alla Dea Aphrodite.
 “Non sembrano rappresentare una minaccia! Sembra gente comune spaventata, sembrano profughi in cerca di un rifugio! Anche se alcuni possiedono Cosmi eccelsi, in particolare l’anziano in testa alla fila! In ogni caso devo fare il mio dovere…”
«Fermi!» – esclamò il Dorato bloccando loro la strada – «Chi siete?»
L’uomo anziano in testa della fila si avvicinò al Cavaliere. Era alto come pochissimi in Grecia e nonostante dimostrasse una certa età, era in forma smagliante. Si interessò subito alle strane sopracciglia del Dorato e liberando la fronte dai lunghi platinati, quasi argentei, capelli rivelò sorridente le sue uguali.
«Devi essere il piccolo Keren! Ormai non più piccolo! Quanto sei cresciuto! Ricordo quando superavi appena le mie ginocchia e avevi difficoltà a pronunciare il nome di mio figlio! Ahahaha!» – la piacevole risata del vecchio stonava con le espressioni tristi e spaventate della gente che lo seguiva.
Il giovane Cavaliere rimase di stucco, stentando a riconoscere l’uomo che aveva difronte, ricordando una sfocata immagine di quando, da bambino, era andato a trovare, insieme ai genitori, i parenti di un’altra città.
“Non è possibile!” – si ripeteva
«Nobile Bor… siete voi?» – chiese, probabilmente un po’ intimorito dal ricordo che aveva dell’uomo.
«Vedo che ti ricordi, nonostante tu fossi piccolissimo l’ultima volta che ci siamo visti!»
«Eh sì… credo che nessun Muriano potrebbe dimenticare o non sapere chi siate! Piuttosto portate molti feriti, donne e bambini… cosa vi è capitato?»
«Vieni, parliamo un momento» – rispose al giovane prendendolo per il braccio e allontanandosi di alcuni metri dalla gente che lo seguiva.
«Vorrei che la Divina Athena mi conceda udienza! Devo informarla di fatti della massima importanza!» – disse con tono estremamente serio.
«Purtroppo Nobile Bor, non è possibile!» – rispose il Dorato che per motivi di segretezza non avrebbe mai potuto spiegare la situazione, senza almeno il permesso di Athena o di suo padre, o come in quel particolare momento di chi fosse al comando.
«Perché no? Stai dicendo che tenterai di impedirmelo?» – chiese sempre più serio
«Anche se ne fossi in grado, non ne vedo motivo! Ma la Divina Athena non è al Tempio, al momento!»
«Cosa? Ha lasciato il Tempio?» – diversi attimi di silenzio seguirono quelle domande e l’espressione dubbiosa sul viso di Bor scomparve – «Capisco! Quindi anche qui avete avuto problemi… lo sospettavo! Speravo di arrivare prima che la situazione fosse degenerata! Tuo padre è ancora…»
«Non so!» – lo interruppe il giovane con espressione quasi rassegnata.
«Speriamo in bene, ma veniamo a noi! Potete darci rifugio?»
«Beh al Tempio non vedo come, tuttavia molta gente ha abbandonato il villaggio, lasciando le case disabitate. Abbiamo avuto difficoltà, per questo prima che distruggessimo il sentiero principale, se ne sono andati. Gli abitanti rimasti, sono per la maggior parte gentili, di buon cuore, non penso che vi faranno problemi purché facciate la vostra parte!»
«Certamente! Beh allora facci strada, e Keren…»
«Si?»
«Sarei molto lieto di parlare con chi è adesso al comando!»
«Una volta arrivati al villaggio e sistemati i feriti vi condurrò da lui!»
«Perfetto ragazzo mio!»
Bor si riavvicinò alla sua gente insieme a Keren, salì su un carro per spiegare a tutti la situazione e il da farsi.
«Allora, ascoltatemi tutti! Ci dirigeremo al villaggio di Rodorio che ha molta disponibilità di abitazioni. Lì ci daranno una mano a curare i feriti e noi contribuiremo in tutte le maniere a noi possibili! Ci aiuteremo a vicenda, poiché anche qui hanno avuto le loro disavventure e non vogliamo che la situazione si complichi a causa della nostra presenza! Quindi raccomando massima disponibilità, poiché rimarremo qui finché non troveremo una soluzione!»
«Questo ragazzo…» – disse indicando Keren – «… è uno dei dodici Dorati Cavaliere di Athena, Keren di Mu, e ora ci farà strada verso il villaggio e ci presenterà alla popolazione per essere accolti nella maniera migliore possibile!»
«Il villaggio non dista molto da qui, quindi vi prego di fare un ultimo sforzo!» – aggiunse il giovane Dorato.
Keren iniziò quindi a condurre i profughi al villaggio avendo ben chiaro il motivo che li aveva condotti lì, nonostante il vecchio Bor lo avesse, fino a quel momento, taciuto.
«Ragazzo non vuoi sapere cosa è successo alla tua gente?»
«I Berserker vi hanno invaso, no?»
“Già lo immaginava…! Neven è stato sempre un genio non c’è da stupirsi che suo figlio abbia ereditato il suo incredibile intuito!”
«Allora sai che il Maestro è stato imprigionato da Ares e dai suoi tirapiedi!»
«Si ne siamo a conoscenza! Mi stupisco piuttosto di come siano riusciti a sconfiggere il Divino Efesto, inoltre non vedo vostro figlio né i vostri nipoti!»
«A parte Hodur» disse indicando il ragazzo cieco stretto alla madre – «Gli altri sono in missione»
«Hodur?» – chiese confuso Keren che non ricordava chi fosse
«Si, non puoi ricordarlo perché è nato dopo che tu e i tuoi genitori avete lasciato Mu!»
«Capisco»
«Per quanto riguarda la nostra sconfitta…» – continuò Bor – «beh possiamo dire di essere stati colti di sorpresa! Non dimenticare mai ragazzo che l’amore che nutri verso i tuoi cari può essere usato come arma contro di te e non esiste Dio che faccia eccezione alcuna, anche il mio maestro!»
 
“Dove sono? È tutto buio, che posto è mai questo?”
“Sono morto?”
“Dunque queste su cui galleggio sono le acque dell’Acheronte?” – si domandava il giovane figlio di Teseo, mentre vagava disperso su acidule acque nere, circondato dal buio più pesto.
“No, ora ricordo! Quando ho indossato è come se fossi stato investito da un’esplosione e istintivamente mi sono rifugiato dentro Cariddi, con il Charybdis Gorge. Ma ora capisco che è stato inutile, sono stato io a produrre quella esplosione, perciò l’ho portata con me!”
Ippolito sollevò la mano e facendo luce con il proprio Cosmo osservò il tanto incantevole, quanto letale gioiello ancora indosso al suo dito. Per un istante si perse al rischiar della fusione di quei colori alla luce del suo Cosmo.
“È incantevole! Non ho mai visto niente di più bello! Eppure è così letale!” – incantato rimase in silenzio per diversi secondi se non forse anche dei minuti, finché non rinsavì.
“Giusto!” – sobbalzò fra sé
“L’esplosione si è generata quando l’ho indossato, ma perché? Cos’è in realtà? Percepisco una strana ed incredibile energia! Portentosa quanto e forse anche più di quella di un Dio! Ma chi metterebbe mai una tale energia in un gioiello?”
“Che domande, solo un Dio! Sono ancora un po’ intontito! Beh ma non ho tempo, devo tornare al palazzo e aiutare la Divina Athena!”
«Inverse Gorge!»
 
Sull’isola di Ares, Aphrodite aveva appena scagliato una delle Folgori sul Dio della guerra, annullando il sigillo impressogli da Zeus in persona. Sigillo che aveva impedito ad Ares, fin da quando era stato cacciato dall’Olimpo, di indossare la Kamui. Adesso grazie alla Dea della Passione, della Bellezza e dell’Amore, aveva nuovamente la facoltà di indossare una delle Armature che neanche la furia dei Titani riuscì a scalfire. La tanto agognata Kamui rosso sangue aleggiava accanto al Dio ed emanando un’intensa luce si scompose per aderire perfettamente al corpo del Brutale distruttore di uomini.
La portentosa Kamui aveva possenti spallacci decorati con il simbolo del Dio, due coppie di armi disposte a raggiera sulla sua schiena coperta dallo scudo: le due lance in diagonale, le due spade di cui una in verticale e l’altra in orizzontale. Fini decorazioni erano presenti su tutta l’Armatura, mentre il lato ulnare degli avambracci era provvisto di piccole lame dal bordo tagliente di un rosso accesso, come se emanasse luce.
«Finalmente è di nuovo mia, ahahahah! Ora potete andare! Aphrodite, Phobos, Deimos recatevi nell’altro palazzo, portate Hati con voi e conducetelo dai druidi di Pan! Kratos, Bia con Sköll e Fenrir tornate a Mu e dirigete le squadre di ricerca!»
Senza che nessuno rispondesse, tutti obbedirono agli ordini del Dio della guerra e così si teletrasportarono nei rispettivi luoghi.
«Athena mi rivolgo a te, la più saggia dell’Olimpo! Puoi salvare questi tuoi fedeli guerrieri, puoi evitare la morte di un Dio tuo pari, puoi preservare la tua stessa vita! È sufficiente dirmi dove si trovano le fonti di Ambrosia, affinché io possa curare la ferita infertami anni or sono da quell’arco maledetto! È solo questo che desidero, di altro non m’importa!» – Ares rivelando capacità dialettiche non di poco conto era convinto che tale esercizio nell’arte, che solo secoli più tardi apparterrà a Platone, fosse sufficiente a convincere la Dea.
«Non lo faccia Divina Athena!!» – urlò Equos che si trovava dall’altra parte, accanto ad Efesto.
La Dea, chinata sul giovane Gyon, martoriato e privo di sensi, non si mosse né tantomeno rispose per alcuni secondi.
«Se fosse vero ciò che affermi… che desideri solo curarti da una ferita che se non è già guarita, guarirà in pochi anni… che lasceresti in vita i miei Cavalieri… che non tenteresti di uccidere me o Efesto, allora in quel caso avrei esaudito il tuo desiderio!» – rispose mentre si alzava, aiutandosi con il suo scettro.
«Ma i tuoi obiettivi non prevedono solo questo! Sei sempre stato ambizioso, Dio della guerra, le tue belle parole non possono nascondere la bramosia di sangue e potere che da sempre insaziabile, ti pervade! Or non tentare di celarla! Sappiamo entrambi che se avessi l’ambrosia, anche di una sola fonte, la useresti per impadronirti della Terra e schiavizzare l’umanità!»
«Adesso basta!» – aggiunse infine agguerrita, brandendo lo scettro ed espandendo il Cosmo
«Eccola, finalmente la Dea guerriera, che è in te, ha deciso finalmente di venire fuori!» – disse puntando la mano verso la giovane.
«Devastating Explosion!»
L’onda di pura energia stava per colpire Athena, quando Equos, con scatto rapidissimo riuscì ad intercettare l’attacco e a parare il colpo, con il suo scudo, lasciando i suoi compagni (Neven e Chirone) accanto ad Efesto. Tuttavia la potenza dell’attacco di Ares era tale, che neanche il dorato scudo della Bilancia riuscì a resistere, andando in frantumi. L’energia quindi travolse il Cavaliere, Athena e Gyon, alzando un polverone immenso, ma al contrario delle aspettative del Brutale, al diradarsi di esso, si intravide una barriera che similmente ad una bolla di sapone rifletteva la luce con varie tonalità di colore. Era la barriera di Athena che avvolgeva anche i due guerrieri.
«Equos, stai bene?» – chiese Eiren, avvicinandosi al Dorato immobile a terra.
“Per fortuna!” – tirò quindi un sospiro di sollievo, dopo essersi accorta che il Cavaliere era solamente svenuto.
«Non credo che la tua barriera resisterà ad un altro dei miei colpi! Anche se tu fossi in grado di sopravvivere, i tuoi preziosi Cavalieri resterebbero uccisi! Perciò ti ripeto l’offerta e questa sarà l’ultima volta! Dimmi dove sono le fonti di Ambrosia!»
«Non ti serviranno dove sei diretto Ares, Sai che non lo farà mai!» – intervenne Efesto mentre accumulava la sua residua energia in una sfera di fuoco tra le mani.
«Che vorresti fare? Hai forgiato tu le Kamui, sai benissimo che quell’energia non è sufficiente a scalfirla! Quindi cosa speri che quella sfera possa fare?»
«Preoccupati solo di difendere la tua vita!»
La terra iniziò a tremare violentemente mentre il Cosmo di Efesto cresceva sempre più, fin quando il Dio lanciò la sfera contro il fratello e in meno di una infinitesimale frazione di secondo la potenza di dieci milioni di vulcani colpì il Dio della guerra. L’esplosione fu immensa tanto che la barriera di Athena resistette a malapena, e Ares era stato investito in pieno. Tuttavia, nonostante l’incredibile portata dell’attacco di Efesto, il Dio dalla Kamui rosso sangue, non subì alcun danno, d’altronde indossava una delle indistruttibili Armature e il Dio del Fuoco era sfinito a causa delle Catene dell’Esilio.
«Tutto qui fratello? Adesso è il mio turno!»
Ares materializzò una sfera di pura energia emanante una possente luce rossa, ma Ippolito, ritornato in quel momento grazie all’Inverse Gorge, veloce quanto la luce, scagliò il micidiale colpo di suo padre.
«Death Stroke!»
“No!” – pensò tra sé Efesto
“Speriamo che il colpo del giovane non riveli ciò che ho fatto!”
La sfera di energia si disperse all’istante e Ares rimase immobile come una statua per diversi istanti. Ippolito indietreggiò pian piano verso Efesto, poi si accorse che Athena era alle spalle del Dio della guerra, così approfittò del momento per raggiungerla.
Mentre stava superando l’immobile Ares, un’onda d’urto di immane potenza investì in pieno il giovane scagliandolo a qualche metro di distanza, molto vicino ad Athena.
«Ippolito, stai bene?» – gli chiese la Dea preoccupata
«Si» – rispose con affanno.
«Sei sopravvissuto alla deflagrazione di energia dell’anello, notevole!»
«Mi dispiace deludere le tue aspettative!»
«Oh non hai deluso le mie aspettative, la mia unica delusione è che il tuo potenziale vada sprecato al servizio di Divinità che non meritano di esser considerate tali! Sai nessun umano aveva mai superato la mia barriera, anche se il tuo colpo non ha sortito alcun effetto» …
 
“Bene, non se n’è accorto! Ha solo pensato che il giovane ci sia riuscito con le sue abilità! Per fortuna non eccelle in ingegno!” – rifletteva Efesto mentre il fratello era intento a minacciare il giovane Ippolito
 
… «Comunque ciò che adesso m’importa è attorno al tuo dito! Hai due scelte: puoi consegnarmelo senza opporre resistenza, oppure la sorte di Prometeo ti sembrerà l’Elisio in confronto a ciò che subirai!»
 
 “Eccola! La sacra reliquia che nessuna Divinità ha mai indossato, adesso in mano ad umano! È proprio stupendo come ricordavo! Mi sono spesso ispirato ad esso per creare gioielli!”
“Già quasi dimenticavo” – pensò Athena – “L’anello di Lios, il più instabile dei sette Tesori!”
 
«Beh sei anche più spregevole di mio padre e, nonostante avesse i suoi momenti positivi, sappiamo entrambi che fine ha fatto!» –  gli rispose Ippolito
«Scegli il dolore, quindi! Allora preparati ad assaggiare le strazianti lame del tormento!»
«Torture ways: Blades of Torment»
Migliaia di lame nere come l’oscurità più profonda, dal flebile bagliore rosso si diressero verso il giovane senza che egli avesse il tempo di disporre un qualunque tipo di difesa, tuttavia, qualcosa lo protesse.
Un martello di rune inciso superò Ippolito, frapponendosi fra lui e l’attacco di Ares. Al suo passaggio emanò tante scariche elettriche quante erano le lame, estinguendole, per poi tornare indenne indietro.
Il forse non troppo misterioso oggetto ritornò indietro volando decine di metri alle spalle di Athena, in mano al suo possessore.
«Chi ha osato?» – urlò furente il Dio, sempre più sul punto di esplodere d’ira, esattamente come uno dei suoi Berserkers.
«Ci rivediamo, Ares!» – disse il ragazzo che lo impugnava mentre si avvicinava insieme ad altri due alla sua destra, uno più giovane, l’altro più anziano. I tre si somigliavano molto, tutti biondi, alti, dagli occhi azzurri come il cielo più limpido. Indossavano pelli pregiate ed elmi splendenti con fini decorazioni dorate.
«Finalmente!» – esclamò Efesto – «Ce ne avete messo di tempo!»
«Perdonateci Maestro, ma abbiamo avuto dei contrattempi» – disse il più anziano dei tre, al centro.

 
   
 
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