Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |      
Autore: stellinanelblu    13/11/2015    0 recensioni
L'amore di una Regina per il suo regno spingerà il suo amato soldato a scendere in battaglia per cercare l'unica Arma in grado di assicurare la pace, per sempre.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Una lieve brezza le sfiorò il viso, scompigliandole i capelli che le cingevano il volto. Un umido odore di pioggia pervadeva l’aria circostante: le nuvole, di un intenso grigio scuro, erano pronte ad esplodere. Un lampo fu seguito a breve distanza da un tuono, ancora lontano. Mancava poco, era ormai evidente, e sarebbe scoppiato un temporale. Da giorni il cielo era stato cupo e opprimente. Il fumo degli incendi che imperversavano nelle campagne circostanti avrebbe ugualmente impedito alla luce del sole di giungere fino al suolo. Era come se anche in cielo si stesse svolgendo quella battaglia che non lontano da lì avrebbe svelato le sorti del regno di Serenty. La regina osservò le prime gocce di pioggia cadere al suolo.

Era incredibile pensare che fosse riuscito a sopravvivere a tutto ciò che era accaduto nelle ultime ore. Nonostante l’aria fresca, che adesso gli trafiggeva i polmoni, fosse l’unica cosa che aveva sperato di tornare a sentire durante la battaglia, il suo cuore ancora non trovava pace. Continuava a soffrire, la mente lontana chilometri dal suo corpo. In realtà non sapeva da dove dovesse iniziare a cercarla. Ma lei era ancora al sicuro, lo sentiva dentro.
Si alzò da terra, si passò una mano sul volto asciugandosi il sangue rappreso intorno alle labbra. Stanco e sfinito pensava solo a lei. Iniziò a camminare verso il fumo che si levava ancora alto verso il cielo. Sperava di trovare qualche sopravvissuto, anche se dubitava fosse possibile. Chi non era morto in battaglia certamente era già scappato via. In ogni caso aveva bisogno di dissetarsi e sapeva che oltre la sua Base, oramai distrutta, si trovava una piccola sorgente. Un flebile rumore richiamò la sua attenzione. Si girò verso il luogo da cui pensava provenisse il suono e vide, in mezzo alle macerie, una piccola capanna ancora in piedi. Silenziosamente si diresse da quella parte, con il pugnale ben saldo in mano. Davanti alla porta si fermò per ragionare su cosa avesse potuto provocare quel rumore. I nemici avevano abbandonato il campo di battaglia durante lo scontro, poco prima di svelare il loro asso nella manica. Qualcuno poteva comunque essere rimasto indietro per arrotondare il bottino di guerra. Tuttavia era più probabile che si trattasse di qualche superstite, rimasto nascosto durante la battaglia, sperando di evitare la morte. In quel caso, senza dubbio, aveva avuto una grandissima fortuna decidendo di nascondersi all’interno dell’unico edificio rimasto intatto nel giro di chilometri. 

Invece di entrare dalla porta della modesta abitazione, John decise di aggirare le mura e sbirciare dalla finestra che si trovava sul lato opposto. Dato che era poco probabile si trattasse di un nemico, guardando prima di entrare avrebbe potuto evitare di imbattersi in una Kreats, le bestie che avevano permesso alle truppe nemiche di aggiudicarsi la vittoria. Sapeva che le Kreats non avevano una buona vista, ma basavano la loro caccia principalmente sull’olfatto, quindi non aveva l’esigenza di nascondersi. Si affacciò alla finestrella, dopo essersi assicurato di trovarsi sottovento, per evitare che alla Kreats giungesse il suo odore. Oltre il leggero telo posto come protezione all’apertura, John non vide né la sagoma né l’ombra di una Kreats. Tirando un sospiro di sollievo, dedusse che il rumore era stato provocato da un essere umano. Si infilò all’interno dell’abitazione direttamente dalla finestra, silenziosamente prudente. Nella prima stanza non trovò nessuna traccia della presenza di qualcuno. Si diresse allora nell’unica stanza rimasta, ovvero la camera da letto. All’inizio non notò nulla di strano, ma una forte sensazione lo avvertì di guardare all’interno del piccolo armadio posto all’angolo della stanza, nella parete di fronte alla porta. Si avvicinò e aprendo l’anta dello sportello rimase stupito da ciò che vi trovò all’interno. 
Un bambino, rannicchiato con le ginocchia al petto, lo guardava ansioso e preoccupato. Certamente aveva pianto. Aveva, infatti, gli occhi gonfi e le guance ancora palesemente umide, ma adesso il suo sguardo rimaneva fiero e asciutto verso gli occhi del soldato. Osservandolo bene, John capì che si trattava in realtà di una bambina. Le porse una mano per farla uscire dall’armadio in cui si era rintanata e cercò di rassicurarla. 
«Non aver paura, non ti farò del male», le disse. La bambina non rispose, rimanendo ferma nel suo nascondiglio. Continuava a guardare dietro il soldato, verso la porta, come se si attendesse l’ingresso di qualcun altro o per valutare una possibile via di fuga. 
«Io mi chiamo John – disse –  qual è il tuo nome? I tuoi genitori dove sono?», le chiese. La bambina guardò per terra, e un velo di tristezza le solcò gli occhi azzurri. Indossava una semplice tunica marrone, e sulle spalle portava un mantello sdrucito e sporco di sangue all’estremità inferiore. I capelli biondi e sporchi ma cortissimi, la potevano far passare facilmente per un maschietto. Gli occhi azzurri la facevano sembrare più grande dell’età che invece dimostrava il suo esile corpicino. La battaglia che aveva appena vissuto, sebbene lei fosse rimasta nascosta per tutto il tempo, doveva aver sancito la fine della sua infanzia, catapultandola direttamente nel mondo degli adulti. 
John le porse nuovamente la mano, avvicinandosi alla bambina. Lei esitò un momento, ma poi, leggendo la tenerezza nello sguardo del soldato, decise di potersi fidare e tese il suo braccio in cerca di sostegno. John l’afferrò con delicatezza pronto ad aiutarla ad uscire dall’armadio, ma non appena le due mani si toccarono fu invaso da una sensazione mai provata prima, che pervase il suo corpo generandosi da dove le dita della bambina lo avevano sfiorato.

Nella sua mente riaffiorarono immediatamente gli ultimi momenti della battaglia. Rivide l’attimo in cui erano scese in campo le Kreats, le quali si erano scagliate immediatamente contro i suoi compagni. Lui era riuscito ad ucciderne una col pugnale che aveva tenuto in mano costantemente, ma poi era stato lanciato lontano da un colpo di coda. Si ascoltò mentre pronunciava le sue ultime parole, prima di svenire: «Non posso morire! Devo trovarla! E devo poi… tornare da lei…». L’obiettivo di quella battaglia era trovare l’Arma, ciò che avrebbe dovuto salvare Serenty durante la successiva Battaglia Finale, che si sarebbe svolta a breve, presso le mura della città. Per questo la Base Ovest, la sua roccaforte, era stata presa d’assalto dai nemici. Infatti, i villaggi protetti dai suoi uomini nascondevano proprio quell’Arma tanto bramata dai due regni in conflitto. Tuttavia, John e i suoi soldati non avevano idea di cosa fosse di preciso quest’Arma, ma erano stati semplicemente istruiti ad assecondare le proprie sensazioni. Nel momento in cui sarebbero stati in presenza di quest’Arma, lo avrebbero capito subito. 
Mentre riviveva i giorni precedenti all’attacco nemico, durante i quali avevano esplorato i villaggi nei dintorni della Base, John rifletté su quanto gli avevano detto i Druidi del suo regno. 
«Dovrete seguire le vostre sensazioni, prestare attenzione a tutto ciò che il vostro corpo vi trasmetterà inconsciamente», disse l’Amministratore Capo dei Druidi poco prima della loro partenza verso Ovest. «Purtroppo non sappiamo dirvi che aspetto abbia l’oggetto della nostra ricerca, perché dopo ogni ciclo vitale si reincarna in qualcosa di nuovo. Ma siamo sicuri che la riconoscerete subito. I nostri predecessori ci hanno lasciato scritto che chiunque entri in contatto con lei lo “sentirà” immediatamente», pronunciò quelle ultime parole con una particolare enfasi, osservandoli uno ad uno. «Perciò raccomando nuovamente a tutti voi di rimanere sempre attenti, potrebbe essere anche la cosa più impensabile, non fatevi ingannare dall’aspetto», concluse. 
Magari, pensò mentre ripercorreva a ritroso mentalmente il viaggio che aveva fatto con le sue truppe mesi prima, potrebbe anche essere una bambina!

Ad un certo punto, nella sua mente si affacciò nitido il viso di lei. Bella e perfetta proprio come la ricordava. I suoi lunghi capelli biondi mossi dal vento, gli occhi tristi, il viso solcato da qualche ruga dovuta alle troppe preoccupazioni che doveva quotidianamente affrontare. Accanto a lei il Consigliere Reale e le Dame del Consiglio. Lui in ginocchio davanti a lei si rivide baciarle la mano, una lacrima bagnò gli occhi della Regina e scivolò fino agli occhi di John. 
«Promettimi che starai attento, attento alla tua vita!», gli disse la Regina trattenendo a stento altre lacrime.
«Prometto che tornerò indietro da te. Non ti lascerò sola», le rispose John, consapevole però che le probabilità di tornare indietro sano e salvo erano ben poche. Una volta trovata l’Arma, infatti, avrebbe dovuto affrontare la Battaglia Finale, in cui la sua vita sarebbe contata ben poco, esattamente come quelle degli altri uomini al servizio del regno.
Il suo cuore sussultò, in quel momento il suo unico desiderio fu di rivederla, di abbracciarla e stringerla forte per farla sentire al sicuro, proprio lei che doveva far stare al sicuro un intero regno.

Una strana sensazione fece sussultare la Regina. La pioggia continuava a scendere fitta, ormai da tre giorni. Improvvisamente sentì un rumore provenire dal giardino. Corse alla finestra, e vide qualcosa di umanamente inspiegabile, qualcosa di soprannaturale. Il suo John ed una bambina erano appena apparsi proprio nel posto in cui vide il suo amato Cavaliere per l’ultima volta. Gridò attraversando le stanze che dividevano la sua da quella d’ingresso. «Amministratore! Amministratore! Corra immediatamente all’ingresso!», ripeteva la Regina. Non le importava essere sotto la pioggia con le vesti da notte, l’unica cosa che contava era sapere come stava il suo John, e come avesse fatto ad arrivare fin lì. 
Non capiva come fosse stato possibile, ma improvvisamente lui e la bambina si trovarono nei giardini del Palazzo Reale, sotto una fitta pioggia. Stringeva ancora la sua mano quando capì che lei era quello che stavano cercando da giorni e per cui tutti i suoi uomini avevano perso la vita: la bambina era l’Arma. Una voce, fin troppo familiare catturò la sua attenzione. Dalle porte del Palazzo stava uscendo la Regina, e correndo verso di lui chiamava l’Amministratore dei Druidi. Lui le sorrise e il suo cuore si riempì di gioia. 

Dovevano ancora affrontare la Battaglia Finale, ma era tornato. Era di nuovo al fianco della donna che amava e aveva trovato l’Arma che avrebbe sicuramente concesso la vittoria a Serenty. John non poteva certamente chiedere di più e, mentre ringraziava il cielo, svenne tra le braccia della sua amata Regina, sicuro che da adesso tutto sarebbe andato per il meglio.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: stellinanelblu