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Autore: Rin Hisegawa    26/02/2009    1 recensioni
In piedi al centro della stanza un uomo stava chino su un tavolo simile a quelli che si vedono nelle sale operatorie, dando le spalle alla porta. Era molto alto, e indossava il kimono tipico degli shinigami, nero, con un obi bianco stretto attorno alla vita. Il viso era coperto da una maschera, che raffigurava un volto deformato da un orribile sogghigno e gli conferiva un aspetto vagamente inquietante. [MAYURI KUROTSUCHI X OC]
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Bleeding Saga'
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Era impressionante vedere come, dopo l’esilio di Urahara, i membri della dodicesima Divisione si fossero avvicinati al loro vice-Capitano. Nel giro di qualche giorno, Rin aveva fatto la conoscenza di quasi tutti i sottoposti di Kurotsuchi, e di un buon numero di shinigami delle altri Divisioni.
Nonostante questo, la ragazza continuava a trascorrere gran parte del suo tempo in laboratorio; il fatto di essere in buoni rapporti con Mayuri Kurotsuchi era per molti una garanzia di inaffidabilità, così gli Dei della Morte di rango inferiore a quello di vice-Capitano stavano ben attenti ad avere a che fare con lei il meno possibile. Semplicemente, la consideravano “strana”.
- Stai facendo un buon lavoro per essere una principiante.
Rin trasalì. Kurotsuchi si era avvicinato silenziosamente a lei, con un sorriso poco rassicurante dipinto in volto. Le appoggiò una mano sulla spalla.
- Però ti consiglierei di non scaldare quella provetta, a meno che non stia cercando di far saltare in aria il laboratorio.
Kurotsuchi le tolse di mano lo strumento, sempre con quel suo sogghigno stampato in faccia. Rin si sentì arrossire, e si detestò per questo: Mayuri voleva metterla in difficoltà, e lei stava solo facendo il suo gioco.
- Devo andare alla Sede del Consiglio; ti affido la situazione, è meglio per te se cerchi di non fare disastri.
Prima che la ragazza potesse replicare, Kurotsuchi era già scomparso oltre la porta. Per un attimo, Rin fu tentata dall’idea di inseguirlo e chiedergli spiegazioni, domandargli che cosa si aspettava che facesse nel tempo che lui era via, ma poi l’orgoglio ebbe il sopravvento. Strinse i pugni per impedirsi di tremare, a causa di quel misto di collera e timore che stava affiorando rapidamente nel suo animo, e fece un profondo respiro. Sarebbe andato tutto bene. Era un giorno come qualunque altro, e gli altri Shinigami sembravano essere tutti a conoscenza dei loro rispettivi compiti. Era sufficiente continuare quello che aveva cominciato.
Per un paio d’ore, tutti lavorarono in silenzio. Solo un paio di volte, qualcuno degli assistenti più giovani andò da Rin a domandare un consiglio, ma niente a cui lei non fosse in grado di rispondere. Nel tempo che aveva trascorso presso Kurotsuchi era rimasta quasi sempre in laboratorio, assieme a lui, osservando quello che faceva e cercando di memorizzare tutto. Adesso era il momento di far vedere quanto valeva.
Verso le undici del mattino, però, cominciarono i primi problemi.
La porta principale tintinnò, e un ragazzo piuttosto alto, con corti capelli castani e l’espressione vivace, fece capolino nel laboratorio annunciando:
- Rin-san, ho portato gli Hollows che abbiamo catturato durante l’ultima ricognizione nel mondo degli umani. Dove preferisci che li mettiamo?
“Mettiamo?” pensò la ragazza fra sè, domandandosi come fosse possibile costringere un Hollow a rimanere in un qualsiasi posto senza che distruggesse tutto. Poi, però, un quesito più urgente si affacciò nella sua testa: cosa voleva farci Kurotsuchi-san con degli Hollows vivi?
- Kurotsuchi non vi ha detto niente a riguardo? - chiese al ragazzo, cercando di non mostrarsi troppo sorpresa dal fatto che un gruppo di shinigami avesse intenzione di portare un numero imprecisato di anime dannate nel laboratorio.
Il giovane si strinse nelle spalle.
- Direi che se non ti servono subito, possiamo metterli nel sotterraneo come al solito.
“Come al solito”. Rin cercò di non stupirsi troppo del fatto che il laboratorio fosse provvisto di un sotterraneo, e si concentrò invece sul misto di gelosia e collera derivante dal fatto che Kurotsuchi si era “dimenticato” di farglielo sapere. Benissimo.
- Direi che il sotterraneo è perfetto. Veniamo subito a darti una mano.
Si voltò verso il gruppo di shinigami chino sul tavolo da lavoro e li squadrò attentamente. Scelse i due dall’aspetto più solido: anche se probabilmente gli Hollows erano stati sedati, sarebbe stato meglio prendere una precauzione in più.
- Hamano, Yoshizumi, venite con me.
I due si allontanarono dal loro lavoro e si affrettarono a seguire Rin e il giovane shinigami attraverso il corridoio, fino alla porta principale. All’esterno, legati con quelli che sembravano giganteschi guinzagli fatti di Reiatsu, c’erano i tre Hollows che la dodicesima Divisione aveva catturato.
Due di loro erano piuttosto grandi, il primo con lunghe braccia nere e le mani palmate, l’altro altissimo e filiforme, ma dall’aspetto nel complesso abbastanza fragile. Il terzo invece era decisamente più piccolo, delle dimensioni di un cane. Aveva il corpo tozzo simile a quello di un’iguana e una lunga coda che sferzava l’aria. Era l’unico ad apparire perfettamente cosciente.
Notando che Rin fissava il piccolo Hollow, il ragazzo fece una risata.
- Ti piace, Rin-san? Deve essere un ottimo soggetto di studio; nonostante sia così piccolo è stato veramente un osso duro da catturare!
Rin rispose con un sorriso che sperava risultasse tranquillo e sicuro di sè.
- Portiamoli dentro.
Un po’ trascinandoli con le catene di Reiatsu e un po’ sollevandoli di peso, i quattro shinigami riuscirono a portare gli Hollows fino nei sotterranei. Mentre si riposava dalla fatica, Rin ne approfittò per guardarsi attorno: il laboratorio era una gigantesca stanza rettangolare di umidi mattoni grigio scuro, con il soffitto a volta. La parete di fondo era coperta da una grande scaffalatura di legno nero, stipata di libri dall’aspetto umidiccio. Dall’altro, lato, su un lungo tavolo di metallo, erano disposti in perfetto disordine mucchi e mucchi di strumenti da lavoro.
La cosa più sorprendente, tuttavia, era l’apparecchiatura posta davanti alla parete centrale: un sistema di tubature e enormi vasche in vetro, piene di un liquido verde giallastro illuminato dall’interno da una luce fioca, da cui pendevano desolati alcuni elettrodi e un respiratore.
Senza esitazione, il giovane shinigami aveva attraversato la stanza e si era fermato in piedi di fronte a uno dei contenitori, scrutandolo con le mani sui fianchi.
- Direi che questo va bene. - esclamò infine. - Aiutatemi a portare quell’Hollow.
Con grande sforzo, i quattro sollevarono il mostro dalle mani palmate fin sopra le loro teste, poi lo fecero cadere nell’acqua verdastra. L’Hollow rimase immobile, come paralizzato, fissandoli attraverso il vetro con le cavità nere che erano i suoi occhi. Il ragazzo che lo aveva portato al laboratorio prese a fissare gli elettrodi sulla superficie della vasca.
- Accendi quell’interruttore, Rin-san.
La ragazza ubbidì, e immediatamente l’intero macchinario prese a ronzare. L’Hollow nel liquido ebbe un sussulto, poi tutto tacque, fatta eccezione per i rari ticchettii provenienti da un apparecchio per gli elettrocardiogrammi posto accanto alla struttura.
- Adesso facciamo lo stesso con l’altro.
Il ragazzo sembrava quasi divertirsi. Rin lo osservava mentre preparava le apparecchiature canticchiando, e si chiese che motivo avesse per farlo. Non che lavorare per Kurotsuchi fosse qualcosa di terribile, però a lei non importava veramente di rendersi utile. A dire il vero, non le importava più niente di niente. Percepì chiaramente un brivido lungo la schiena: era veramente vita, quella?
Improvviso, un rumore alle sue spalle fece trasalire Rin. Immediatamente, tutti e quattro gli shinigami si voltarono verso la fonte, che si rivelò essere il piccolo Hollow dal corpo di iguana. Questo, non si sa come, era riuscito a liberarsi del Reiatsu, e adesso sbuffava nella loro direzione, pronto alla carica.
- Accidenti, questo è un problema! - disse il ragazzo, ogni segno di allegria ormai scomparso dal volto pallido.
- Non essere sciocco, - rispose Hamano, spavaldo - Cosa vuoi che faccia una mezza calzetta del genere?
Il giovane gli lanciò un’occhiata di sbieco, mordendosi nervosamente il labbro inferiore.
- Non sottovalutarlo. È piccolo, ma ha dato da lavorare a sei delle nostre migliori matricole.
- Noi non siamo matricole, - esclamò l'altro con un ghigno. - E siamo in quattro. Sarà un gioco da ragazzi.
Così dicendo, si scagliò sul piccolo Hollow che, senza esitazione, fece un balzo avanti ed estrasse gli artigli. Un attimo dopo, Hamano si ritraeva con il braccio sinistro sanguinante.
- Cosa facciamo, Rin-san? Chiese il ragazzo.
Gli altri aspettavano che lei trovasse una soluzione. Rendersi conto di questo aiutò Rin a schiarirsi le idee, e in un certo senso le dette fiducia. Una soluzione c’era per forza, e lei l’avrebbe scovata. Intanto, il piccolo Hollow impazzito era balzato sul tavolo da lavoro e aveva preso a rovesciare contenitori e provette. Era incredibilmente veloce.
Cercando di muoversi in punta di piedi, Rin si avvicinò al tavolo senza far rumore. L’Hollow non sembrava fare caso a lei. Allora, la ragazza raccolse da terra un pezzo di vetro tra gli oggetti che il mostro aveva mandato in frantumi, e lo scagliò nella sua direzione. Il frammento colpì l’Hollow su una zampa, aprendo un taglio profondo, e cadde di nuovo a terra.
Immediatamente, l’essere si voltò di scatto, emettendo un lungo lamento acuto simile a un ululato. Rin era a pochi passi da lui, ancora tesa in avanti dopo aver scagliato il colpo, e quindi troppo instabile sulle gambe per poter scappare. Rimasero a fissarsi per una frazione di secondo, che però le parvero ore.
Poi, senza preavviso, l’Hollow spiccò il balzo; tuttavia, invece di aggredire Rin, raggiunse l’imboccatura delle scale e cominciò a salire precipitosamente i gradini, ventre a terra. Il giovane shinigami che lo aveva catturato la prima volta gridò qualcosa che Rin non udì: appena ripresasi, si era gettata all’inseguimento senza riflettere oltre. Sentiva il rumore dei passi di Hamano e Yoshizumi alle sue spalle, ma sapeva che i due, troppo impulsivi, le sarebbero stati di scarso aiuto.
“Devo fermarlo prima che raggiunga il laboratorio, devo fermarlo adesso!” continuava a ripetersi. Raggiunse l’ingresso, e mentre finalmente toccava il pavimento di legno si rese conto di ciò che aveva detto il ragazzo: la porta è aperta. Con un brivido lungo la schiena, osservò il piccolo Hollow scomparire nella macchia d’alberi alla destra della casa. Avrebbe dovuto inseguirlo?
L’idea in sè appariva come la più sensata, ma c’erano degli aspetti della situazione che non potevano essere ignorati: innanzitutto, la difficoltà di individuare un Reiatsu debole come quello del piccolo Hollow in un luogo come la Seireitei; la creatura non sarebbe stata così sciocca di tenere alta la propria forza spirituale al momento della fuga.
Inoltre, una volta uscito dal territorio della dodicesima Divisione il mostro sarebbe probabilmente incappato nei membri dell'undicesima, che avevano la fama di grandi combattenti: senza dubbio, in tal caso sarebbe stato sconfitto. La soluzione migliore era quella di lasciar perdere l’Hollow, e concentrarsi sui danni causati al laboratorio: due cavie in un solo giorno erano più che sufficienti.
Rin si voltò verso il trio che la fissava sbigottito, domandandosi che cosa avrebbe fatto. La ragazza tentò di assumere nuovamente un’espressione tranquilla e, per essere più convincente, azzardò un mezzo sorriso:
- E’ andato verso i quartieri dell'undicesima Divisione, non abbiamo il diritto di inseguirlo. Non è necessario che Kurotsuchi-san venga messo al corrente dell’accaduto.
Gli altri sembravano della stessa opinione. Nessuno voleva ritrovarsi nei guai per colpa di un mostriciattolo sfuggito loro di mano. Yoshizumi tentò una risata, ma non riuscì a nascondere il proprio nervosismo.
- Torniamo dentro. Dobbiamo rimettere tutto in ordine prima che il vice-Capitano arrivi qui.

Nonostante fosse ancora sorvegliata dalle guardie, la casa dove aveva abitato il Capitano Urahara era facilissima da raggiungere per Mayuri. Adesso che quella ragazzina non era con lui, poteva utilizzare le abilità ottenute dai vari esperimenti effettuati su se stesso, per non farsi notare.
In un attimo era dentro. La stanza era buia come la prima volta che ci era entrato, eccezion fatta per la luce accecante proveniente dal riquadro della porta. Alcune sedie e numerosi oggetti erano sparsi a terra, coperti da un leggero strato di polvere: gli shinigami avevano sicuramente frugato dappertutto in cerca di prove, ma a quanto pareva alla fine avevano dovuto darsi per vinti.
Kurotsuchi lanciò un’occhiata alle due guardie sulla porta: erano immobili, e gli davano le spalle. Non si erano accorte di niente, esattamente come aveva previsto. Senza fare rumore, l’uomo attraversò un buio corridoio e si introdusse nella prima stanza che trovò. Era completamente vuota, eccezion fatta per un futon abbandonato in un angolo, una lampada a muro in stile giapponese e alcuni oggetti sparsi a terra, appena distinguibili nell’oscurità.
“Deve averla nascosta sotto le assi del pavimento” L’unica soluzione per trovare ciò che stava cercando era individuare un punto cavo nel parquet della casa, ma la superficie da analizzare era decisamente troppo vasta perchè potesse riuscirci da solo. Fortunatamente, Mayuri conosceva abbastanza bene il Capitano Urahara.
Senza esitazione, si diresse verso la lampada appesa al muro, e rimase immobile ad osservarla, pensieroso. Se Kisuke immaginava che avrebbe potuto essere scoperto, sapeva che anche la sua abitazione sarebbe stata messa a soqquadro. L’unico indizio che aveva buone possibilità di sopravvivere ad un’ispezione capillare era qualcosa che non sarebbe stato possibile rimuovere.
Come ragionamento era un po’ contorto, ma Kurotsuchi sapeva di non avere molte altre possibilità: dovendo cercare in tutta la casa avrebbe impiegato mesi, anche con l’aiuto di Rin. Sbatté col pugno chiuso sul legno del pavimento. Il parquet emise un rumore sordo.
Le dita di Kurotsuchi corsero con trepidazione lungo la linea tra il pavimento e la parete, in cerca di un appiglio che gli permettesse di sollevare l’asse. Quando le sue unghie incontrarono un leggero dislivello, fece una leggera pressione sui polpastrelli e allontanò la mano dal suolo. Una tavoletta di legno, non più di trenta centimetri quadrati, si sollevò dal parquet.
Nel piccolo spazio sottostante c’era solo una piccola e malridotta chiave argentata. Kurotsuchi la raccolse, un’espressione di gioia folle riflessa negli occhi ambrati. Adesso, era il suo momento.
Si sollevò in piedi di scatto, ben deciso a mettersi a cercare la porta nascosta che conduceva al laboratorio segreto. Certamente doveva essere stata celata accuratamente, altrimenti qualcuno degli Shinigami di guardia l’avrebbe trovata.
Invece, un frastuono improvviso proveniente dal corridoio lo fece, suo malgrado, trasalire. Probabilmente, qualcuna delle guardie aveva deciso di fare un giro di ricognizione.
“Dannazione!”
Con un rapido gesto, Mayuri fece scivolare la chiave in una tasca e, altrettanto velocemente, raggiunse la parete più buia della stanza e premette la schiena contro di essa. Gli shinigami si potevano ora distinguere chiaramente, e si stavano avvicinando sempre di più.
- Se continua di questo passo, saremo costretti ad abbandonare le ricerche senza aver trovato nulla.
- Deve esserci per forza una stanza segreta, comunque. Non voglio credere che Urahara stesse lavorando soltanto su un Gigai: era un progetto troppo ambizioso per realizzarne solo una copia.
- E’ quello che penso anch’io, ma presto verrà eletto un nuovo Capitano per la dodicesima Divisione, e chiaramente è qui che dovrà trasferirsi no?
Seguì un attimo di silenzio. Kurotsuchi era tentato dall’approfittare di quegli ultimi secondi per andarsene, ma la conversazione lo interessava troppo. Se le cose si mettevano male, avrebbe sempre potuto uccidere le guardie. Anche se, naturalmente, questo avrebbe significato rallentare le indagini, e con quelle i suoi stessi piani.
Una delle due guardie parlò di nuovo, stavolta in un sussurro.
- Dicono che sarà Kurotsuchi a diventare Capitano.
L’altro non rispose.
- Se vuoi il mio parere, quello è un pazzo. E sicuramente se la intendeva con Urahara. Quando metterà piede in questa casa, sarà esattamente come se l’ex-Capitano non fosse mai stato esiliato.
Mayuri rise fra sè e sè.
Come se l’ex-Capitano non fosse stato esiliato? Quello shinigami era davvero ottimista. Urahara era un ottimo scienziato, certo, ma gli mancava quella spregiudicata freddezza che lo avrebbe potuto rendere perfetto. Mayuri pensò a se stesso, ormai diventato una cavia per i suoi medesimi esperimenti.
Sogghignò.
L’arma vincente che mancava all’ex-Capitano era il disprezzo per la propria vita... E, di quello, Kurotsuchi-sama ne possedeva in abbondanza.
  
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