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Autore: Princess Of Marshmallows    13/11/2015    1 recensioni
{ • TASSATIVAMENTE VIETATA AGLI STOMACI DEBOLI | psycho!Ticci-Toby | abusi sessuali | torture fisiche e psicologiche | prigionia | bipolarismo | C.I.P.A. | allucinazioni }
“Doveva essersi assopita, perché non si era resa conto dei passi che si avvicinavano sempre di più alla sua stanza, ma quando sentì la porta aprirsi di scatto si svegliò immediatamente, e la luce l’abbagliò per qualche secondo.
Sapeva che sarebbe venuto. La figura si avvicinò a lei lentamente, mentre la ragazza voltò lo sguardo dalla parte opposta mentre si sentiva mancare il fiato dalla paura. Nella sua mente ritornarono nuovamente a galla le immagini di quella mattina. Cominciò a tremare e a battere i denti per il terrore quando sentì i suoi guanti di pelle neri poggiarsi sulla sua gamba.
«Hai paura? È così brutto stare con me?», domandò all’improvviso, facendola sussultare.”

Per il mondo Anastasia Hamilton è morta il sei ottobre duemilatredici nel genocidio di Denver.
Nessuno sa che è ancora viva e si è ritrovata costretta a subire giornalmente torture di ogni tipo.
• Storia precedentemente intitolata "Hopeless Children of the Lonely Night".
Genere: Angst, Dark, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeff the Killer, Lyra Rogers, Nuovo personaggio, Slenderman, Ticci Toby
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
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Anastasia e Diane si guardarono

Part I

Chapter VI

Incontri forzati

 

 

Durante la sua vita, un uomo incontra moltissime persone. Se cammina per la strada, in un brevissimo lasso di tempo può incontrare centinaia di persone che gli passano accanto. In ognuna di esse c'è vita. Il fatto di incrociarle è un evento che coinvolge tutta la nostra esistenza.

Black Jack

 

 

Anastasia e Diane si guardarono. Il cuore della prima tonfava all’interno del suo petto come l’eco impazzita dei colpi bussati alla porta, ma cercò di mantenere la calma.

Malcolm Wilford. Chissà perché voleva stringere un rapporto di amicizia con lei. Che fosse cambiato? E lei, era cambiata?

Deglutì.

Si udì il rumore dei passi di Ashley che echeggiavano nell’altro atrio, poi lo stridore metallico del pesante portone che veniva aperto, seguito da un brusio di voci.

Anastasia drizzò le orecchie. Non sembrava la voce di Malcolm. Probabilmente dovevano essere gli altri invitati.

«Oh, è arrivato Felix!», esclamò Diane. «È da tanto tempo che non ci vediamo, vado a salutarlo».

«Un attimo, cosa?», Anastasia le afferrò l’avambraccio la tirò con una discreta brutalità verso di sé. «Chi sarebbe Felix?».

«Come, “chi sarebbe”? È quel tipo che sta sempre appiccicato a Mal all’Old Denver’s Tales!».

La rossa mollò la presa, assumendo un’espressione pensierosa, e all’improvviso il suo viso gravò una smorfia quasi disgustata.

«Quel tizio strano che si è tinto i capelli di quell’azzurro orribile?».

«Io penso che i suoi capelli siano una figata. Comunque sì, è lui».

«Aspetta, quindi…».

Però la bruna era sparita, e stava già scendendo a grandi falcate i gradini. Si udì la sua voce fluttuare su per la tromba delle scale.

«Ehi, ma guarda chi c’è, Diane la mia geek-hipster preferita! Alla fine sei venuta».

Ehi, ma guarda chi c’è, Diane la mia geek-hipster preferita! Alla fine sei venuta. Non si trattava certo di Malcolm Wilford. Anastasia tirò un profondo respiro e seguì Diane giù nell’ingresso.

Per prima cosa vide il gruppetto dall’alto. Accanto al portone c’era un ragazzo di colore alto almeno due metri, con dei capelli afro abbastanza corti: Tyler McKibben, presumibilmente. Sorrideva e annuiva per qualcosa che Ashley gli aveva detto, ma nel frattempo stava distrattamente giocherellando con il touch screen del suo smartphone.

Il ragazzo di fianco a lui doveva essere per forza Felix Albert Burgress. Era appoggiato alla sua valigia Burberry, aveva i capelli tinti di azzurro e gli occhi del medesimo colore. Indossava una camicia di un bianco immacolato che di sicuro arrivava dalla tintoria – in casa non si potevano certo ottenere delle maniche dalla piega tanto perfetta – ed un paio di pantaloni grigi strappati che dovevano essere per forza di Paul Smith*, Anastasia lo capì all’istante. Notò successivamente che attorno al collo possedeva delle grandi cuffie gialle. Che fosse un appassionato di musica come Diane?

Udendo i suoi passi sulle scale, il ragazzo alzò lo sguardo e sorrise.

«Cavolo, Anastasia Hamilton in persona! Diane e Mal mi hanno parlato di te. Ti ho vista diverse volte al locale, ma a quanto pare non c’è stata mai occasione di presentarci. Comunque io sono Felix Albert Burgress, sicuramente hai sentito parlare di me».

«Felix, Felix, Felix…ehm, no, direi di no. Mai sentito nominare», si limitò a proferire la rossa in tono altezzoso, ricevendo un’occhiataccia da Diane, ma la ragazza la ignorò prontamente. Scese gli ultimi gradini e gli tese la mano, sorridendo ironica, quasi divertita nel vedere l’espressione del ragazzo diventare forzata.

Nonostante gli avesse spudoratamente mentito, il viso di quel ragazzo aveva qualcosa di incredibilmente familiare. Era sicura di averlo visto da qualche parte oltre che al suo pub preferito. Cercò di capire di cosa si trattasse mentre stringeva la sua mano, ma non ci riuscì. A quel punto si girò verso il ragazzo di colore. «E tu devi essere…Tyler?».

«Uhm, ciao, sì», alzò lo sguardo e le rivolse un sorriso nervoso. «Scusate, è solo che…ho lasciato il mio bimbo di sei mesi a casa con il mio fidanzato. È la prima volta che lo faccio, e veramente volevo telefonargli per sapere come vanno le cose. Qui non c’è campo?».

«Non proprio», rispose Ashley in tono di scusa. Era rossa in volto, anche se non si capiva se ciò fosse dovuto al nervosismo o all’entusiasmo. «Mi dispiace. A volte si riesce ad avere un po’ di campo in fondo al giardino oppure sui balconi, dipende dal tuo gestore. Però in soggiorno c’è un telefono fisso, ora te lo mostro».

Gli fece strada e Anastasia si girò nuovamente verso Felix. Aveva ancora la strana sensazione di averlo già visto da qualche altra parte…

«Dove hai conosciuto Wilford?», gli chiese fingendosi poco interessata, mentre si guardava le unghie laccate.

«Oh, beh, sai, l’ho conosciuto nel mio studio, all’incirca quattro mesi prima che si mettesse con Diane. Ad essere sinceri è stato un primo incontro parecchio bizzarro. Credevo che fosse venuto per chiedermi un appuntamento di lavoro, considerata la mia estrema bravura…», a quel punto Anastasia – approfittandosi del fatto che il ragazzo fosse girato – lanciò un’occhiata a Diane, per poi alzare il dito medio dietro le spalle di lui e sussurrare appena, ma facendo in modo che l’amica sentisse: “che pallone gonfiato di merda”. In tutta risposta Diane le lanciò un furioso cipiglio per poi ricomporsi vedendo l’espressione perplessa di lui.

«Scusaci. Continua, ti prego», disse Anastasia con tono serio.

«Comunque, è entrato nel mio studio con fare disinvolto, si è seduto di fronte a me spaparanzandosi e ha detto semplicemente “senti, bello, non è che hai qualche modella sexy da presentarmi?”. All’inizio ero praticamente rimasto sconvolto, ma mi piacque fin da subito la sua sfacciataggine», concluse, per poi ridere appena.

«Sei un modello?», domandò a quel punto la rossa.

«No, io fotografo i modelli».

Ad Anastasia faceva sempre uno strano effetto conoscere un fotografo di modelli. Si creava una sorta di cameratismo. Quasi un legame massonico. Chissà se uno scrittore provasse la stessa cosa, incontrando i suoi lettori, o se i registi e gli attori si scambiassero segretamente cenni del capo…

«Ana è una modella», si intromise Diane. Li squadrò entrambi come se stesse sguinzagliando due pesi gallo pronti a darsele di santa ragione sul ring.

«Oh, ma davvero?», Felix la guardò come se si accorgesse della bellezza della rossa solo in quel momento. «E sei una modella da passerella o da servizi fotografici?».

Uffa. Quella era la domanda che odiava di più. Parlare della sua carriera come modella non la metteva a suo agio. Aveva sempre lavorato per servizi fotografici, dove alla fine nelle riviste compariva sempre photoshoppata. Aveva domandato più volte di andare in qualche sfilata importante, ma era stata sempre rifiutata. Era come se volessero dirle “non sei abbastanza bella per andare su un palco”.

«Uhm…da servizi fotografici», rispose vaga.

«Davvero? Ma dài, allora qualche volta puoi posare per me!», all’improvviso il suo tono diventò pieno di entusiasmo e assunse un sorriso infantile, mostrando denti perfetti e di un bianco innaturale. La ragazza si domandò se per caso non se li fosse fatti incapsulare di ceramica.

«Allora?», insistette. Tutto quell’ardore finirono per far arrossire leggermente la modella.

«No, grazie. Ho già tanti fotografi eccellenti che lavorano per me», si limitò a rispondere con un tono di voce discretamente innervosito, voltandosi dall’altra parte.

«Se lo dici tu…ma vedrai, appena tiro fuori dalla valigia la mia macchina fotografica professionale e ti mostro le foto salvate, cambierai subito idea».

Anastasia stava per fare una battuta sarcastica quando si udì un “ding” dal soggiorno, dove Tyler stava mettendo giù il telefono. Felix si girò per guardare da dove provenisse quel suono, e qualcosa della sua testa, o nella sua espressione, fece capire alla rossa di colpo dove lo avesse già visto.

Foto. Ricordava di averlo già visto taggato in una foto di Facebook. Ma non ricordava chi gliel’avesse scattata, tantomeno il profilo dove fosse stata inserita. Doveva averla vista parecchi anni fa.

Stava ancora elaborando la novità quando Tyler tornò sorridendo.

«Oh, meno male, sono riuscito a parlare con Joseph. A casa tutto bene. Scusate se ero un po’ distratto…non ero mai stato via per la notte, prima d’ora, e in effetti è stato un po’ un salto nel buio. Non voglio dire che Joseph non possa farcela da solo, sono sicuro che se la caverà, però…oh, adesso basta, devo smetterla di annoiarvi. Tu sei Anastasia, giusto?».

«Passate nel soggiorno!», chiamò a gran voce Ashley dalla cucina. «Sto preparando il tè».

Il gruppo si trasferì obbediente nel posto detto dalla bionda, e Anastasia stette ad osservare Felix e Tyler che prendevano in esame l’enorme stanza con la sua lunga parete di vetro.

«La vista qui è proprio spettacolare, no?», commentò alla fine Felix.

«Già, perfetto per una fotografia», Diane guardò fuori dal bosco. Si stava facendo buio e, per effetto delle tenebre, sembrava che tutti gli alberi avessero fatto un passo insieme verso la casa, unendo le proprie cime per escludere il cielo. «Ci si sente un po’ esposti, non vi sembra? Credo che sia per l’assenza delle tende».

«Un po’ come quando ti si incastra la maglia nelle mutande!», disse inaspettatamente Tyler, che poi scoppiò a ridere.

«A me piace», soggiunse Felix. «Sembra di stare in un palcoscenico».

«E noi saremmo il pubblico?», domandò Tyler. «Allora questa produzione deve essere una gran barba. Gli attori sono piuttosto legnosi!», indicò con il dito gli alberi. «L’avete capita? Alberi, legno…».

«L’abbiamo capita», tagliò corto Anastasia, aspra. «Ma non credo fosse questo che Fabian intendeva dire, vero?».

«Felix», la corresse lui, con una punta di fastidio nella voce, mentre assottigliava gli occhi cercando di capire se la ragazza avesse sbagliato il suo nome appositamente per farlo innervosire. «Comunque sì, intendevo dire il contrario, gli attori siamo noi», si girò verso la parete di vetro. «Mentre il pubblico…il pubblico è là fuori. Forse nascosto dietro gli alberi».

Per qualche motivo le sue parole fecero rabbrividire la modella. Forse per via dei tronchi degli alberi, simili a muti guardiani nel buio sempre più fitto. O magari a causa della folata di freddo che Tyler e Felix si erano portati da fuori, e che aleggiava ancora nell’aria. Oppure era dovuto a quel “nascosto dietro gli alberi”. Che intendesse dire che tra gli alberi ci fossero delle persone desiderose di spiarli? In un caso o nell’altro, al momento di partire da Denver era ancora autunno, mentre in quel posto, più a nord, si aveva la sensazione che stesse arrivando all’improvviso l’inverno. Non era solo per i pini che escludevano la luce con le loro fitte fronde di aghi, né per l’aria frizzante con la sua promessa di gelo. Via via che la notte si avvicinava, la casa faceva sempre più l’effetto di una gabbia di vetro che spandeva ciecamente la sua luce nel crepuscolo, o di una lanterna in mezzo alle tenebre. Si immaginò un migliaio di falene che le giravano attorno, infreddolite e inesorabilmente attratte dal suo chiarore, salvo poi finire schiantate contro il vetro gelido ed inospitale.

«Ho freddo», disse la rossa per cambiare discorso.

«Anche io», concordò Diane sfregandosi le braccia.

Allora Anastasia ricominciò a parlare, più sicura. «Secondo voi si può mettere in funzione quella specie di stufa? È a gas?».

Tyler si inginocchiò di fronte all’aggeggio.

«A legna», armeggiò con la maniglia finché non si aprì di colpo uno sportello sul davanti. «Ne ho una simile a casa mia. Ash!», gridò per farsi sentire fino in cucina. «C’è qualche problema se accendiamo la stufa?».

«No, figurati!», gridò di rimando Ashley. «Ci sono delle esche per il fuoco sulla mensola del caminetto. Dentro un vaso. Se non ce la fate da soli, arrivo io tra un minuto».

Felix si avvicinò al caminetto e cominciò a sbirciare dentro i pochi vasi minimalisti, ma poi si fermò, gli occhi fissi sullo stesso oggetto che aveva fatto trasalire Anastasia poco tempo prima.

«Porca puttana!», era il fucile, appollaiato sui suoi sostegni di legno poco più sopra. «Che non abbiano mai sentito parlare di Čechov**, da queste parti?».

«Čechov?», domandò una voce dal corridoio. Era Ashley, che faceva lentamente il suo ingresso nel soggiorno con un vassoio in mano. «Il tizio russo? Non preoccupatevi, è caricato a salve***. Mia zia lo tiene lì per scacciare i conigli che si mangiano i bulbi e che scavano buche nel giardino. Gli spara addosso dalle porte-finestre».

«Una cosa un po’…texana, non vi pare?», commentò Felix, affrettandosi verso la bionda per aiutarla con il vassoio. «Vi dirò, non è che io non apprezzi uno stile di vita un po’ western, ma avere un fucile proprio davanti agli occhi è un po’ sconcertante per quelli di noi che preferiscono stare il più possibile alla larga dai pensieri morbosi».

«Capisco cosa vuoi dire», rispose Ashley. «Probabilmente mia zia dovrebbe tenerlo riposto in un armadietto o qualcosa del genere. Però apparteneva a mio nonno, perciò è una specie di cimelio di famiglia. E l’orto è giusto là fuori, oltre quelle porte – beh, per lo meno d’estate – quindi è più pratico averlo a portata di mano».

Tyler accese il fuoco, Ashley versò il tè e offrì i biscotti, e la conversazione si spostò su altri argomenti. Le multe quando metti la macchina in seconda fila, il costo degli affitti… se mettere il latte prima di versare il tè. Diane taceva, penosa.

«Un po’ di tè?».

Per qualche istante la bruna rimase immobile, senza risponderle. Poi Ashley la picchiettò sulla spalla.

«Vuoi un po’ di tè, Didì?».

«Diane», rispose. Si sforzò di sorriderle. «Comunque sì, grazie mille».

«E tu, Ana?», chiese alla rossa, che stava giocando con una ciocca di capelli.

Il viso della modella si corrugò in una smorfia nauseata. «Ehm…bleah. Senti, per caso hai del caffè? Avrei dovuto dirtelo prima, il tè mi fa abbastanza schifo».

Ashley assunse un’espressione desolata.

«Mi dispiace tanto. Forse ho…no. Non lo abbiamo. Probabilmente adesso è troppo tardi per poter comprare qualsiasi cosa: Denver si trova ad una quarantina di minuti e ormai i negozi saranno chiusi. Perdonami, davvero, il fatto è che pensavo a Mal, mentre facevo la spesa, e so che a lui il tè piace da matti…non ho proprio pensato che…».

«Ok, ho capito», la interruppe la rossa brusca. Prese la tazza offerta e ne bevve un sorso. Era ustionante e aveva il solito sapore disgustoso del tè…disgustoso come il latte bollito e la salsa rosa sopra il salmone.

«Il festeggiato dovrebbe arrivare tra poco», disse Ashley con un’occhiata all’orologio. «Volete che diamo un’occhiata alle attività in programma, in modo da sapere cosa ci aspetta?».

Annuirono tutti quanti e l’organizzatrice tirò fuori una lista. Diane percepì, più che udirlo, il sospirone di Anastasia.

«Dunque, Mal dovrebbe essere qui alle sei, ora in cui pensavo che potremmo berci qualcosina – ho dello champagne in frigo, e c’è anche l’occorrente per preparare dei mojito, dei margarita e via dicendo – e poi, anziché disturbarci a sederci a tavola per una cena vera e propria», quella notizia Anastasia si rabbuiò visibilmente. «Ho preso delle pizze e un po’ di salsine e stuzzichini, possiamo piazzarli lì sul tavolo e darci dentro. Nel frattempo si potrebbe fare qualche gioco per cominciare a conoscersi un po’. Mal sapete tutti chi è, ovvio, ma forse è meglio che prendiate confidenza anche tra di voi…giusto? Anzi, credo che sia meglio che ognuno inizi con una rapida presentazione di sé prima dell’arrivo di Mal, che ne dite?».

«Non sarebbe meglio aspettare Emily?», intervenne Diane. La modella cercò di nascondere un sussulto. Si era completamente scordata di lei, chissà perché era così in ritardo. Forse non riusciva a trovare la strada per arrivare, forse aveva avuto un piccolo contrattempo.

O forse…

Si girò, osservando per brevi istanti quegli enormi pini che sembravano quasi volerla attaccare da un momento all’altro. Si affrettò a rigirarsi.

No, no, no! Ma cosa diamine andava a pensare? Era tutta colpa di quella dannata casa e della dannata foresta che la circondava se stava diventando così paranoica! Emily sarebbe arrivata da un momento all’altro, ne era più che certa.

«Mh, a questo punto non serve più aspettarla. Su, su, cominciate! Poi lei si arrangerà».

Gli altri si guardarono tutti a vicenda come per farsi un’idea di chi avessero di fronte, domandandosi chi avrebbe avuto il coraggio di parlare per primo. Per la prima volta Anastasia si sforzò di capire quale ruolo avessero Felix, Tyler e Ashley nella vita di Malcolm, e non fu per niente facile.

Nel caso di Felix era abbastanza evidente: con i suoi abiti costosi ed il suo lavoro, non era difficile comprendere che cosa Malcolm cercasse da lui. Era un amante delle belle ragazze e voleva sempre conoscere gente nuova, gente interessante. E Felix probabilmente era una bella porta per chi desiderasse un’ampia vita sociale.

Ashley e Tyler erano più un mistero, al riguardo. Sembravano persone troppo buone per frequentare uno come Malcolm Wilford. Un accenno fatto da Tyler nei suoi messaggi precedenti sul gruppo di Whatsapp le aveva indotto a pensare che facesse l’avvocato, o forse il commercialista, e in effetti aveva vagamente l’aria di una persona che si sarebbe sentita più a suo agio in giacca e cravatta. Nonostante le scarpe ed il maglione firmati, i jeans che aveva indosso erano quelli che Anastasia avrebbe definito “stile papà”: di un blu anonimo, erano un modello che non donava affatto alla figura, sembravano quasi premaman****.

I jeans di Ashley erano invece di marca, ma sembravano più maschili che femminili ed era come se lei non si sentisse a suo agio nell’indossarli, e nel complesso sembrava che tutto il suo abbigliamento fosse stato acquistato ai saldi di fine stagione senza curarsi che valorizzassero il suo corpo. La rossa la osservò mentre si tirava goffamente giù la maglia nel tentativo di nascondere la morbida protuberanza grassoccia sopra la cintura troppo stretta dei pantaloni: era il genere di indumento che Malcolm avrebbe scelto per sé, però solo una persona crudele avrebbe potuto suggerirlo ad Ashley.

Nell’insieme, Ashley e Tyler rappresentavano uno strano contrasto con Felix. Era difficile immaginare il Malcolm che conosceva insieme all’uno o all’altra: che fossero solo amici della scuola superiore, rimasti in contatto anche in seguito per una sorta di inerzia? Conosceva quel tipo di amicizie: quelle che nascono verso l’inizio del tuo primo anno di liceo e poi, col passare del tempo, ti accorgi di non avere niente in comune a parte la condivisione delle stesse aule, e ciò nonostante continui, per qualche strano motivo, a scambiarti con i loro biglietti d’auguri e i “mi piace” su Facebook. Però bisognava dire che non scambiava veri dialoghi con Malcolm da all’incirca un anno. Chissà se adesso il Malcolm che non conosceva era quello amico di Ashley e Tyler?

Mentre osservava le persone sedute in cerchio si rese conto che loro facevano lo stesso con lei: soppesavano gli ospiti che non conoscevano e cercavano di conciliarli con l’immagine mentale che avevano di Malcolm Wilford. La modella sorprese Felix a fissarla con una curiosità che sembrava quasi sconfinare nell’attrazione, per poi abbassare di colpo gli occhi a terra. Nessuno voleva iniziare per primo. Il silenzio si prolungò a tal punto da rischiare di diventare decisamente scomodo.

«Comincio io», disse Tyler. Si passò una mano tra i capelli corti e giocherellò con una catenina che portava al collo, dove vi era infilata una piccolissima croce d’argento, di quelle che si ricevono in regalo ai battesimi. «Mi chiamo Tyler McKibben. All’università frequentavo alcuni corsi con Ashley e la incontravo spesso nei corridoi. È stata lei a farmi conoscere Malcolm. Questo inverno l’ha invitato a Boulder e ci siamo conosciuti per la prima volta. Si è creata subito una certa chimica tra di noi e abbiamo legato subito. Comunque credo di essere io il più grande tra di voi, ho ventisette anni. Felix, tu invece quanti anni hai?».

«Io ventidue», replicò il ragazzo, scuotendosi i capelli tinti.

«Allora sono l’anziano del gruppo. Sono omosessuale, ho un fidanzato e ho appena adottato un bambino, beh, è da tre settimane che sta nel nostro stesso tetto», fece una breve pausa, mentre Anastasia – dietro le sue spalle – strabuzzava gli occhi e mimava il gesto di strozzarsi da sola. Diane distolse lo sguardo, rifiutandosi di stare al gioco.

«Uhm…che altro? Vivo ancora a Boulder, faccio l’avvocato, però da quando è arrivato il mio angelo in casa mi sono preso una pausa; oggi sarà il mio fidanzato ad occuparsi di Lukas. Lukas è il nostro bimbo. È…oh, d’accordo, forse non avete voglia che io la faccia troppo lunga sull’argomento. Diciamo solo che è un bambino adorabile».

Un gran sorriso gli illuminò il volto alquanto preoccupato, e nelle sue guance si formarono due profonde fossette. Anastasia ebbe una fitta al cuore. Non si trattava del desiderio di un bambino tutto suo – non avrebbe voluto assolutamente restare incinta, per nessun motivo – bensì solo una strana invidia per quell’amore e quella felicità completa e senza complicazioni. Dovevano essere una famiglia davvero felice.

«Su, avanti, mostraci una foto», la esortò Diane. Tyler sorrise di nuovo con le sue fossette e tirò fuori lo smartphone.

«Vabbé, se proprio insistete… Ecco, in questa qui era appena arrivato a casa».

C’era l’immagine di lui seduto sui cuscini di un divano bianco. Aveva gli occhi lucidi ed emozionati e sorrideva felice verso il fagotto bianco tra le sue braccia.

Anastasia distolse lo sguardo, e notò Felix fare lo stesso.

«Qui invece c’è lui che mi sorride… Non era il primo sorriso che mi ha fatto, quello non sono riuscito a fotografarlo, ma siccome Joseph era a Dubai per lavoro, ho cercato di scattargli comunque una foto per potergliela inviare via Whatsapp. Quest’altra foto è più recente: solo che non si vede bene in faccia, si è messo la scodella in testa, che buffo!».

Era irriconoscibile, rispetto a quello della prima foto: qui si vedeva una creatura grassottella e ridente, il visetto paffuto semioscurato da una ciotola di plastica arancione e da chissà quale tipo di sbobba verdognola che gli colava giù per le guance rotonde.

«Buffo davvero!», esclamò Ashley. «Anche se è vostro figlio adottivo, in questa foto assomiglia stranamente a Joseph, non trovi?».

«Oddio santo», commentò Felix, divertito e inorridito al tempo stesso. «Benvenuti nella categoria dei genitori. Siete pregati di lasciare gli abiti da lavare a secco fuori dalla porta».

Tyler mise via il telefonino, con il sorriso ancora sulle labbra.

«Sì, in effetti funziona un po’ così. Però è incredibile quanto in fretta ci si abitui. Ora mi sembra normale controllarmi i capelli e i vestiti in cerca di grumi di pappa, prima di uscire. Comunque basta parlare di lui. Ho già abbastanza nostalgia di casa per conto mio, non vorrei aggravarla ancora di più. Perché non ci racconti qualcosa su di te, Diane? Da quello che so sei l’ex del festeggiato, ma nonostante ciò avete mantenuto ottimi rapporti», si voltò verso il punto in cui la bruna era seduta, accanto alla stufa, le braccia strette intorno alle ginocchia. «Ricordo di aver sentito la tua voce…forse qualche mese fa, mentre ero a telefono con Malcolm, non è vero? Oppure me lo sono immaginato?».

«No, hai ragione, infatti anche a me la tua voce all’inizio mi era sembrata vagamente familiare. Se non sbaglio è successo intorno agli inizi di maggio… Ti risulta?».

Tyler annuì.

«Per chi non lo sapesse, io sono Diane, l’ex di Mal e una compagna di classe di Anastasia Hamilton», indicò la sua amica con l’indice della mano destra, per poi continuare. «Ho diciotto anni e mi piacciono tante cose. La musica rock, la fotografia, i cortei, le rivoluzioni», dopo aver pronunciato l’ultima parola, le si illuminarono per un attimo gli occhi. «Ho incontrato Mal due anni fa, durante uno sciopero, ed è stato quasi amore a prima vista. Comunque, in teoria avrei dovuto finire il liceo l’anno scorso*****, ma sono stata bocciata il primo anno. Anche se…diciamo che sono stata bocciata perché ho avuto dei problemi personali. Sapete, sono nata e vissuta a Newark, in Ohio. Poi, dopo…l’esperienza, diciamo, del primo anno, io e la mia famiglia ci siamo trasferiti a Denver…».

Si passò le mani sul viso e Anastasia notò una leggera incrinatura nella sua corazza da ragazza alternativa e rivoluzionaria. Sapeva che il suo primo anno di liceo l’aveva colpita nel profondo, ma nonostante ciò non aveva mai voluto parlarne, se non per fare qualche battuta sul cibo. La rossa si era sentita spesso arrabbiata: era la sua migliore amica, no? E allora perché si ostinava a non raccontarle quell’episodio?

Ma d’altronde, la poteva comprendere da una parte. Nemmeno Diane conosceva tutta la sua storia. Nemmeno lei.

«Comunque», riprese con un sorriso forzato. «Ora tocca a te, Felix».

«Sì…», disse il ragazzo dai capelli tinti di blu con un’occhiata leggermente pensierosa. «Beh, tanto per cominciare, la prima cosa che dovete sapere di me è che mi chiamo Felix, non Fabian. Felix Albert Burgress. Ho origini tedesche e sono un fotografo, o meglio, un Fashion Photographer. Pur non godendo di immensa fama, ho fatto parecchi scatti importanti a dei modelli e ho vinto un paio di premi. Sono un grandissimo amante della musica, ma soprattutto della fotografia. Il mio fotografo preferito è probabilmente Robert Capa… Avete mai sentito parlare di lui?». Ci fu una pausa. Anastasia scosse subito la testa con fare menefreghista. Felix spostò gli occhi su tutti sperando in un cenno di assenso, finché il suo sguardo non si posò speranzoso su Diane. A malincuore, la bruna scrollò leggermente le spalle, provando un senso di vergogna.

Una fotografa che non conosce Robert Capa, chissà che figura di merda che ho fatto!, pensò mordicchiandosi il labbro inferiore.

Il ragazzo emise un piccolo sospiro. «Oh, beh, immagino che chi non abbia fatto un’accademia privata specializzata in fotografia, non faccia granché caso a chi abbia scattato una determinata foto. Comunque ho conosciuto Mal nel mio studio, è stato un incontro parecchio buffo a dire il vero, ma ci è voluto davvero poco per diventare inseparabili… Oh, già, la mia passione per la fotografia è nata a sei anni, quando vidi la famosa foto che scattò l’astronauta Michael Collins».

«Michael Collins», gli fece eco Ashley, annuendo tutta seria. Vista la precedente ammissione di ignoranza di Diane, pensò che poteva almeno fingere di conoscere quella foto, così annuì a sua volta, forse con un filo di entusiasmo di troppo, tanto è vero che le scivolò via il fermaglio per i capelli. Anastasia sbadigliò annoiata e si alzò per uscire dalla stanza senza dire una parola.

«Vediamo…ho ventidue anni e abito in un quartiere abbastanza grazioso di Denver… Ho un cane di nome Spartacus, Sparky per gli amici. È un labrador di due anni, assolutamente adorabile ma probabilmente non proprio l’ideale per un maniaco del lavoro come me che viaggia di continuo. Per fortuna ho una dogsitter eccezionale. Io sono vegetariano… Che altro dirvi? Oddio, non è terribile? Sto parlando di me da due minuti soltanto e ho già finito gli argomenti interessanti. Ah, sì, ho un tatuaggio sulla scapola. Tutto qui».

Dopo una trentina di secondi tornò Anastasia e si risedette al suo posto silenziosa. Aveva in mano la borsa del tabacco e si stava rollando una sigaretta con una mano sola.

Felix sorrise, per poi domandarle: «E tu, Ana, cosa ci racconti?».

Per qualche insondabile motivo – forse dovuto ai suoi grandi occhi azzurri che la fissavano, o per il suo sorriso allegro che sembrava genuinamente sincero – la rossa avvampò e le sfuggì di mano la sigaretta, cosicché si rovesciò un po’ di tabacco sul ginocchio. Dopo aver raccolto la sigaretta tra l’indice e il pollice, alzò lo sguardo notando gli occhi di tutti addosso, soprattutto quelli di Felix, che in quel momento trovò particolarmente affascinanti.

Si costrinse a parlare.

«Non ho molto da dire. Ho sedici anni, quasi diciassette. I miei genitori sono divorziati da quando ne avevo quattro. Mio padre è un petroliere americano e mia madre è un’attrice irlandese. Per questo ho i capelli rossi», si sforzò di ridere, nonostante non ci fosse niente di divertente nelle sue parole. «Io…uhm…ho conosciuto Malcolm grazie a Diane. Lui…».

Lui ha sparso voci false sulla persona che amavo.

Lui ha messo in cattiva luce la persona che amavo.

Lui è riuscito a far credere a tutta la città che la persona che amavo fosse un assassino.

Ed io non so perché sono qui.

Non so perché sono qui.

Deglutì il groppo che aveva in gola.

«Lui ed io…cioè, noi…ci siamo persi di vista dopo che si è lasciato con Diane, credo», si sentiva la faccia tutta rossa e calda, la stufa stava cominciando a buttar fuori calore sul serio. Si sistemò una ciocca di capelli dietro le orecchie, palpandosi il cuoio capelluto caldo e umido al di sotto. «Sono una modella, ho posato per molte riviste di moda e di bellezza. Il mio successo più grande è stato posare per la rivista Vanity Fair. Oh, sì, e anche per pubblicizzare il nuovo profumo di Dior. Mi piace molto fare shopping, rilassarmi e andare in discoteca».

«E riesci a mantenerti completamente solo facendo servizi fotografici?», Felix le diede una pacca amichevole sulla spalla. «Complimenti!»

Anastasia notò per un attimo il sorrisetto di Diane e i suoi occhi color caffè che si spostavano velocemente da lui a lei, e viceversa. Che li stesse vedendo come una possibile coppia? Ma cosa diamine le saltava in mente?

La sedicenne si affrettò a spostare lo sguardo di nuovo verso il fotografo. «Beh, non completamente. Vivo ancora con mio padre, che mi dà ancora la paghetta».

«E sentiamo, una bella ragazza come te avrà sicuramente un fidanzatino», intervenne all’improvviso Ashley, con il tono di una che stava parlando ad una bambina di tre anni. «O almeno, immagino che ti piaccia qualcuno, no?», fissò i suoi occhi chiari sulla modella, e questa si sentì arrossire. Che razza di domanda era, quella? Cosa gliene importava a lei della sua vita sentimentale? Sollevò di nuovo la mano per sistemarsi una ciocca, ma si fermò a metà. Se lo stava immaginando, oppure le era parso di scorgere una punta di malizia nei suoi occhi? Che fosse al corrente di qualcosa?

Si sforzò per qualche istante di trovare una risposta, ma non era sicura che non le sarebbe uscita di bocca una bugia bella e buona, come era solita a fare. L’amore era un tema davvero difficile per lei. Mentre annaspava in cerca di qualcosa da dire, in un silenzio che diventava sempre più scomodo a ogni secondo che passava, si rese di nuovo conto di quanto tutta quella situazione fosse sbagliata. Che diavolo ci stava facendo lei in quel posto? Perché stava festeggiando uno sporco bastardo come Malcolm Wilford? Malcolm Wilford!

«Credo che non tutti possiamo avere un lieto fine come Tyler», commentò alla fine Diane, interrompendo il silenzio e facendo cenno al ragazzo di colore. «O almeno, io in amore ho sempre avuto una sfiga da far paura».

Anastasia la guardò con gratitudine e l’amica le fece l’occhiolino.

«Ma ancora non capisco», commentò Ashley, insistente. «Se lavori come modella, sicuramente avrai tanti spasimanti dietro. Perché non mettersi con qualcuno?».

La rossa la guardò di nuovo, stavolta con freddezza. Perché non lasciava cadere l’argomento, accidenti a lei? Comunque non c’era niente da dire, almeno non senza avere l’aria da pazza.

«Non lo so. Forse non credo nell’amore e basta», rispose finalmente, cercando di mantenere un tono di voce piacevole, tuttavia si rese conto di quanto fosse tirato il suo sorriso. Poteva solo pregare che la sua espressione non fosse completamente finta come la sentiva lei.

«Quindi nessun fortunato nella tua vita?», domandò Tyler, con un sorriso sereno alquanto contagioso.

«Soltanto il mio gatto ciccione Muffin», il suo obbiettivo era di suscitare una risata, cosa che in effetti avvenne, ma si trattò di un riso esile e poco brillante, con una nota pietosa in sottofondo.

«E tu, Ashley?», domandò la modella, alzando un sopracciglio e cercò di trasformare la sua espressione infastidita in una falsamente curiosa. Ma come si era permessa di farle una domanda del genere davanti a tutti? «Parlaci un po’ di te», aggiunse con un tono estremamente mieloso.

Adesso tocca a me smerdarti, grassona di merda.

«Beh, io ho conosciuto Mal il primo anno delle scuole medie. Frequentavamo lo stesso corso di matematica. Quando entrai in classe lo trovai lì, seduto di fronte al professore, intento a succhiarsi una ciocca di capelli: avete presente quanto è buffo quando si attorciglia i suoi capelli neri sul dito e poi si mette a mordicchiarli? Tenerissimo».

Diane cercò di rammentare se il suo ex avesse mai fatto una cosa del genere. Sembrava proprio disgustoso. Le tornò alla mente un vago ricordo: Malcolm, davanti al cancello del suo liceo, ad aspettarla mentre si attorcigliava i capelli neri sul dito. Quindi magari era vero.

«Aveva indosso quel berretto nero…forse anche adesso ce l’ha, chissà come fa ad entrargli ancora? La mia testa si è molto ingigantita, dai tempi delle medie! Comunque mi avvicino per salutarlo e lui mi fa: “oh, carino il tuo foulard”, e da quel momento siamo diventati amici per la pelle, e lo siamo tuttora. È che io…insomma, lui è proprio fantastico, sapete? È stato sempre di grande ispirazione per me, di grande sostegno. Non sono in tanti che…», si interruppe, la voce strozzata, e con grande orrore Anastasia si accorse che aveva gli occhi lucidi. «Beh, lasciamo perdere. Scusatemi. Comunque Mal è la mia roccia, e farei qualsiasi cosa per lui. Davvero qualsiasi cosa. Perciò voglio che questo sia il miglior compleanno della storia, d’accordo? Voglio che sia perfetto. Significa tantissimo per me. È…è l’ultima cosa, diciamo, che posso fare per lui. Mi capite?».

Aveva le lacrime agli occhi e parlava con un’intensità tale da risultare quasi terrificante. Guardandosi attorno la modella si accorse che non era l’unica ad essere sorpresa: Felix sembrava decisamente allarmato, e le sopracciglia di Diane erano sparite sotto la sua frangetta volutamente scompigliata. Solo Tyler appariva del tutto imperturbabile, come se fosse normale mostrare questo livello di emotività parlando del proprio migliore amico.

«Guarda che sta per compiere ventiquattro anni, non per andare di nuovo in prigione», commentò secca Anastasia, ma Ashley non la sentì, oppure ignorò il suo commento, limitandosi a tossire e ad asciugarsi le lacrime.

«Scusate. Oddio, sono una tale sentimentalona! Guardate in che stato mi sono ridotta!».

«E…Ehm, comunque tu che cosa fai nella vita?», le domandò cortesemente Felix. Mentre lo diceva Anastasia si rese conto che Ashley aveva parlato solo di Malcolm, senza raccontare nulla di sé.

«Oh», la bionda abbassò lo sguardo a terra. «Beh, insomma, un po’ di questo e un po’ di quello. Io…mi sono presa un po’ di tempo dopo l’università. Non mi trovavo in una bella situazione. Mal è stato eccezionale. Quando io…beh, lasciamo stare. Il fatto è che lui è…voglio dire, è il miglior amico che si possa avere, sul serio. Oddio, ma perché mi comporto così?», si soffiò il naso e si alzò in piedi. «Qualcuno vuole dell’altro tè?».

Scossero tutti la testa e lei, ripreso in mano il vassoio, si diresse verso la cucina. Tyler tirò fuori il telefono e controllò nuovamente il segnale.

«Che stranezza, però», commentò la modella di punto in bianco.

«Che cosa?», Tyler alzò lo sguardo.

«Ashley e, aperte virgolette, il compleanno perfetto, chiuse virgolette», scandì Anastasia. «Non vi sembra che sia stata un po’ troppo…intensa?».

«Beh», fece Tyler. Lanciò uno sguardo fuori dalla porta che dava in cucina, e abbassò la voce. «Sentite, non so se dovrei raccontarvelo, ma non mi sembra nemmeno il caso di girarci troppo attorno. Ashley ha avuto una specie di esaurimento nervoso, il terzo anno di università. Non ho idea di cosa sia successo esattamente, fatto sta che ha abbandonato gli studi prima degli esami finali, e che io sappia non si è più laureata. Ecco perché è un po’, come dire, sensibile riguardo a quel periodo. In realtà non le piace parlarne».

«Ah, okay», rispose Anastasia. Però Diane sapeva a cosa stesse pensando. Ciò che aveva allarmato le due amiche non era stata la riservatezza di Ashley in merito a quanto era accaduto dopo l’università: quella era la parte meno bizzarra dell’intera faccenda. Era tutto il resto ad essere inquietante.

«Comunque, dov’è andata a finire questa Emily?», chiese all’improvviso Felix, mettendo entrambe le mani dietro la testa. Anche se lo disse in tono scherzoso, la frase che susseguì fece trasalire Anastasia Hamilton.

«Spero non sia stata ammazzata!»

 

 

 

 

 

Note dell’autrice: Finalmente. Finalmente. Dopo dieci, dieci pagine di Windows ho finito anche il sesto capitolo. Sono molto contenta del risultato, anche se sono abbastanza sicura di aver commesso qualche errorino qua e là, quindi in caso notaste qualche svista vi pregherei di avvisarmi.

Sinceramente non mi va di divulgarmi troppo, perché sono abbastanza stanca, però ammetto che mi piacerebbe tantissimo ricevere la vostra opinione su questo capitolo, perché ci ho messo davvero l’anima!

Bah, cosa sarà successo ad Emily Crownover?

Oh, e tanto per dircelo, spero che gli altri personaggi della casa(?) vi piacciano, o almeno vi incuriosiscano. Eheh, ma la sottoscritta non ha intenzione di spoilerare proprio un bel niente.

Aspetto con ansia i vostri pareri.

Au revoir,

Coffee Pie.

 

 

 

 

*Paul Smith: stilista britannico il quale vende capi firmati molto costosi.

** Čechov: “Il Fucile di Cechov” è la tecnica letteraria nella quale un elemento viene introdotto subito nella storia, e la cui funzione viene svelata solo in seguito. Una frase famosa è – appunto – questa: se nel primo capitolo dici che c'è un fucile appeso al muro, nel secondo o terzo capitolo devi assolutamente farlo sparare. Se il fucile non viene usato, non dovrebbe neanche starsene lì appeso.

***…caricato a salve: Lo sparo a salve può essere di due tipi: uno caratterizzato dalla struttura di un'intera pistola dalla canna otturata (in cui possono essere inserite cartucce fatte apposta per il modello di arma da fuoco), che dunque riproduce l'esplosione delle polveri interna alla pistola; il secondo (del quale è stata vietata la vendita a causa della pericolosità), caratterizzato invece da semplici proiettili progettati apposta per esplodere in microscopiche schegge appena fuoriusciti dalla canna (queste munizioni sono utilizzabili anche in pistole progettate per recare danno). Entrambi i tipi non sono in grado di danneggiare ed hanno solo la funzione di riprodurre il suono di una pistola "vera". (Wikipedia)

****premaman: intende dei jeans che di solito vengono usati dalle donne in gravidanza.

*****in teoria avrei dovuto finire il liceo l’anno scorso: in America la scuola superiore dura quattro anni, non cinque.

   
 
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