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Autore: Valerydell95    14/11/2015    0 recensioni
"Oh, Svizzera era strano, strano davvero. Pragmatico, distaccato, scostante. Era come se avesse in odio tutto il genere umano. [...]
Ma Svizzera non era felice. Nadia sapeva riconoscere l’infelicità quando la vedeva e negli occhi di Svizzera era così evidente che sarebbe stato impossibile non notarla."

Ospite a casa di Svizzera per meri motivi formali, Polonia si ritroverà seduta accanto a lui ad ascoltare il suo racconto. Il racconto lungo una notte di una storia mai narrata a nessun altro, una storia da sempre e da tutti più o meno volutamente ignorata. La storia non di Svizzera, ma di Vash Zwingli. La storia delle sue lacrime, delle sue disillusioni, delle amicizie perdute, dei sogni realizzati e delle speranze morte, dei rimpianti e delle conquiste. Una storia lunga una vita.
[SwissPol / SvizzeraXFem!Polonia - Possibili e leggeri accenni ad altre coppie]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Polonia/Feliks Łukasiewicz, Svizzera/Vash Zwingli
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender
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A Lifetime Of Adventure

  

II

 All the sounds of wilderness
 

“The stillness that fills him with peace
The beauty of the wild
Rainbow’s end with golden dreams
Starlit skies and coffee and beans”

(Tuomas Holopainen – The Last Sled)

  

 

“Sta ancora nevicando fuori.”.

“Sì. Continuerà per tutta la notte.”. Vash sfiorò il vetro della finestra. La luce danzante del fuoco creava effetti di ombre cangianti sul suo viso. “Domattina la neve sarà alta almeno un metro.”. Tornò al divano e si sedette incrociando le gambe.

“A te piace la neve?” gli chiese Nadia. Non riusciva a togliersi dalla mente quello che aveva detto Vash pochi minuti prima e voleva cambiare argomento. Indagare sul rapporto di Vash con il denaro aveva aperto un vaso di Pandora pieno di dolore, malinconia, odio verso se stesso e rabbia verso gli altri. Se ci ripensava le si stringeva il cuore.

“Non è vero, niente va bene. Sono solo, è inutile chiudere gli occhi per ignorarlo. E quel che è peggio è che la solitudine me la sono comprata da solo, moneta dopo moneta.”.

Vash si rendeva conto della gravità di quell’affermazione? La risposta era tragicamente ovvia. Sì, certo che se ne rendeva conto, Vash non era il tipo da parlare a vanvera.

Smettila di pensarci, Nadia.

“Sì e no.” rispose Vash.

“In che senso?”.

“Dopo una lunga nevicata… quando è tutto imbiancato… C’è quel silenzio assoluto che ti rimbomba nelle orecchie. Quella è una cosa che ho sempre amato della neve. Il silenzio che crea, quel senso di quiete in cui tutto sembra immobile. Sono gli unici momenti in cui mi sento veramente in pace. Alcune notti d’inverno, quelle in cui nevica piano, esco e vado a passeggiare nella foresta. Ed è… una delle cose più belle che io abbia mai provato. Per poche ore non penso a niente, non sento niente, non mi importa di niente. Spesso ho la testa così piena di pensieri che mi sembra che il cervello mi stia per esplodere e quelle notti…”. Vash sospirò. “Be’, sono le uniche occasioni in cui non penso. Cammino piano e basta. Poi mi arrampico sulle rocce, mi siedo e mi guardo attorno, fino all’orizzonte. E resto lì anche per ore.”. Vash la guardò per secondo negli occhi, poi tornò a fissare le fiamme nel camino. “In quei momenti… vorrei sparire. Non morire, ma sparire. Non essere più qui. Non vorrei più essere né Svizzera né Vash né nessun altro. Vorrei solo andare via. Andare in qualunque posto, non importa quale, basta solo che sia un posto dove io possa essere…”.

“Felice? Dillo.”.

Vash abbassò la testa e sospirò. “Non posso, Nadia.”.

“Perché? Stai solo prendendo coscienza del fatto…”.

“Che sono un ingrato. Ho tutto eppure non sono felice. E non so perché. Non… Non riesco a capire cos’è che mi manca.”.

Non è vero, Vash, non sei un ingrato. E non hai tutto. Ti mancano così tante cose... Non hai amici e forse non ne hai mai avuti, di veri amici. Molto probabilmente non sei mai stato innamorato, non hai mai ricevuto un bacio, un gesto d’affetto, niente. Non devi sentirti in colpa se vuoi qualcosa che non hai e che ti serve. Perché è l’affetto che ti serve, Vash. E non puoi immaginare quanto ti serva. E’ come hai detto tu. Lily da sola non basta. Una persona sola non basta. Ti serve...

“Nadia?”.

“Eh? Sì, scusa, ero… ero sovrappensiero.”.

Vash la guardò. “Mi sento… mi sento anche in colpa a raccontarti certe cose.”.

“Non devi.”.

“Lo so. Ma non sono abituato a parlare ad altre persone dei miei… di quello che provo. Non l’ho mai fatto. Non so nemmeno come stia riuscendo a farlo stanotte.”.

Rimasero per qualche secondo in silenzio. Nadia osservò Vash con la coda dell’occhio, fingendo di guardare il fuoco. Le faceva così tanta tenerezza. Avrebbe voluto abbracciarlo, avrebbe voluto accarezzargli le labbra, baciarle, sentire se erano lisce come sembravano. Quelle labbra mai toccate da nessuno.

“Sai che non so nuotare?”.

Nadia inarcò le sopracciglia. “Davvero?”.

Vash scosse la testa. “O meglio, so tenermi a galla, ma niente di più. Se mi mettessi in una piscina non ci sarebbero problemi. Ma portami al mare quando ci sono un po’ di onde e vedrai che il primo che affoga sarò io.”.

“E… Come hai imparato? Nei laghi d’estate?”.

“Sì. Ogni tanto io e Lily andiamo a fare un picnic sulle sponde di un lago e a volte nuotiamo. Non molto spesso, in realtà, perché nuotare non piace molto a nessuno dei due. Altre volte invece ci vado da solo. Soprattutto all’alba, quando non riesco a riaddormentarmi. E in quei momenti… vorrei solo…”. Vash tacque.

“Cosa, Vash?”.

“… A volte non ce la faccio, Nadia. Non ce la faccio a sopportare tutto…. Tutto quello che creano. Tutti i casini che combinano, gli impicci che mettono su. Quello che prima è amico di quello e tre giorni dopo se la fa con quegli altri, quell’altro ancora che la mattina si scorna con uno e la sera esce con lui mano nella mano. E’… E’ caotico. E’ come avere una radio con il volume al massimo piazzata nella testa e che non si zittisce mai. Ma il problema sono io che non faccio altro che farmi domande su tutto e tutti. Forse perché mi annoio, in fondo. Ma è… è straniante essere immersi in quel caos. Ecco perché sto sempre quassù per conto mio. Perché c’è silenzio. C’è solo il vento tra le foglie e l’erba, i fiumi, gli uccelli. Sono questi i suoni che vorrei sentire sempre, non le battute, le risate sarcastiche, le urla, le liti scatenate per i motivi più idioti. Lo so che… che loro non sono solo questo, ma è da tantissimo tempo che tendo a vedere solo il lato negativo di ogni cosa e persona e quindi… non riesco a vedere altro. E quando durante gli incontri scoppia il caos generale… io vorrei solo alzarmi, prendere la giacca e tornare qua. Sedermi in giardino, chiudere gli occhi, ascoltare il vento tra gli alberi. E dimenticare per un po’ quanto sono stato stupido. Ecco perché amo tanto quei suoni, perché amo la vista dell’orizzonte innevato di notte. Mi aiuta a dimenticare. Sono diventato così insofferente, anche con me stesso. Vorrei solo… un po’ di pace.”.

A te serve amore, Vash. Tu ti sei sempre preso cura di Lily, ma nessuno si è mai preso cura di te. Hai sempre dovuto cavartela da solo. Ti manca ricevere amore, solo che non lo sai. E non lo sai perché non sai cosa vuol dire avere qualcuno che ti ami. E’ questo il tuo problema.

Nadia avrebbe voluto dirglielo, avrebbe voluto esprimersi, ma le sembrava tanto indelicato. Non si sentiva in diritto di mettere bocca su una questione così personale. Non voleva ferire Vash proprio ora che aveva conquistato una minima parte della sua fiducia.

“Che ore sono?”.

“Eh? Le… No, l’una, credo. Forse qualcosa di più.”.

“E’ tardissimo. Era da parecchio tempo che non restavo sveglio fino a quest’ora.”. Vash la guardò. “E’ un’ora talmente strana. E’ come se… Come se il tempo si fermasse. Nel mezzo della notte è come se non ci fosse un’ora precisa. C’è solo la notte.”.

“Sì, è vero. Anche a me dà quella sensazione.”.

“Io… Io vorrei solo che la pace che c’è a quest’ora ci fosse sempre. Vorrei solo questo. Ma probabilmente lo voglio solo perché non so rapportarmi con gli altri. Non più, ormai.”.

Il fuoco scoppiettò nel camino. Una volta, due volte. Poi scese il silenzio.





Ora posso confermarlo. Questa fanfiction è veramente bastarda. Non è da me tirare fuori un capitolo di appena due pagine in quasi tre mesi.

Detto questo, questo secondo capitolo è stato “di transizione”. I prossimi tre saranno molto importanti: ci saranno parecchie cose da dire e verranno a galla moltissime verità, soprattutto nel quarto capitolo, che sarà forse il più importante di tutta la fanfiction. Spero solo che siano più facili da scrivere.

Detto ciò, a presto con il terzo capitolo!

  
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