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Autore: Arbiter Ex    15/11/2015    1 recensioni
Il regno di Boletaria, governato da Re Allant XII, fa fronte alla più grande crisi che l'umanità abbia mai affrontato. L'Antico si è risvegliato, e una densa Nebbia incolore è scesa sulla terra. Da essa, terribili Demoni emergono, rubando le anime degli uomini, e facendole proprie. Chi perde la propria anima perde il senno, e i folli attaccano i sani, mentre imperversa il caos. Presto o tardi la Nebbia ammanterà ogni terra, e l'umanità è soggetta ad una lenta estinzione. Ma Boletaria ha ancora una speranza: un prode guerriero, che ha attraversato la Nebbia. Nella sua lotta non sarà da solo, e di lui verrà raccontata la sua storia, narrata da chi lo ha seguito nella speranza che portasse la fine della Piaga e ristabilisse l'ordine del mondo.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Nota dell’autore:
Per quanto non l’abbia fatto prima, questa volta mi sento in dovere di scusarmi per il vergognoso ritardo che ha avuto questo capitolo ad essere pubblicato. Non darò giustificazioni vaghe pretendendo che comprendiate i miei impegni o quant’altro, ammettendo che non sono riuscito a mantenere una pubblicazione serrata. Non scrivo tutto questo in un eccesso di dovere verso voi e la storia, ma perché so quanto possa essere seccante aspettare aggiornamenti di qualcosa di proprio interesse, soprattutto in vista della mole di nuovo contenuto che dovrei scrivere periodicamente. Augurandomi che non abbiate perso interesse nel mio lavoro, non posso che augurarvi una buona lettura, sperando di non aver deluso le vostre aspettative e di avervi, almeno in parte, soddisfatto.


 
 
Demon’s Souls:
Le cronache dell’uccisore di Demoni
Capitolo 8
 
Firion riprese conoscenza, svegliato da un intenso dolore alla testa. La sensazione era sgradevole come essere destati da un secchio d’acqua fredda. Batté gli occhi per capire dove fosse, aspettando pazientemente che la vista sfocata si schiarisse. Quando tornò a vedere, una luce bianchiccia dietro di lui illuminava il malsano pavimento di una delle celle del carcere, sporco di lordura e polvere. A quanto pareva, era stato chiuso dentro. Alzò il busto su di un braccio, massaggiandosi la fronte con la mano dell’altro per lenire almeno in parte il dolore che sentiva. Guardò intorno a lui e oltre le sbarre, ma la coltre oscura che ammantava la prigione era impenetrabile. Per quanto fosse tornato vigile, il colpo che gl’inflisse la sentinella lo lasciò tanto stordito da impedirgli ancora di recepire con lucidità la sua situazione. Si costrinse a tornare a ragionare nonostante ogni pensiero richiedesse lo stesso sforzo che avrebbe chiesto sollevare un macigno, e ricostruì gli avvenimenti che lo portarono alla sua condizione. Ricordò come lui e Claire avessero attraversato la prigione fino al corridoio che li avrebbe portati ad uno dei piani superiori, dove dei custodi demoniaci li avevano intercettati. Lui era riuscito ad ucciderne uno, ma poi venne colto di sorpresa e tramortito, probabilmente dal suo rapitore.
“Claire!” pensò agitato. Claire era rimasta da sola contro quegli esseri mostruosi, mentre lui era stato talmente incauto da lasciarsi prendere. Doveva uscire immediatamente e trovarla il prima possibile. Si alzò frettolosamente e si proiettò verso le sbarre, con l’intento di sfondarle.
“Vedo che ti sei ripreso, aitante giovane” disse una voce rauca dietro di lui. Firion si fermò un attimo prima che toccasse le aste di ferro, sorpreso da quel suono, e si voltò; un vecchio, rannicchiato in un angolino della stretta stanza ed illuminato da una strana sfera di luce che levitava sopra di lui, si fece lentamente avanti. Era vestito con abiti larghi e logori, e aveva un cappuccio a coprigli il volto. Alla fioca luce, Firion notò una barba e dei baffi grigi su delle guance ossute e delle labbra sottili, mentre l’uomo strisciava nella sua direzione sulle due gambe incrociate, facendo forza sui palmi delle mani. Si fermò quando arrivò esattamente sotto la sfera luminosa, permettendo a Firion una chiara visione di chi avesse davanti. Il vecchio alzò il capo mostrando occhi incavati nelle orbite ed uno sguardo stanco.
“Mi dispiace di non essermi accertato delle tue condizioni quando sei stato lasciato qui dal guardiano, ma se avessi usato anche solo parte delle anime che mi sono rimaste avrei pericolosamente assottigliato la mia permanenza in questo mondo, la cui fine è ormai sempre più vicina.”
Firion guardò attentamente la sfera lucente ed il vecchio davanti a sé. Nella sua fretta di abbandonare la sudicia stanza, non si accorse né di una né dell’altro. Il globo bianco, in particolare, attirò la sua attenzione. La luce che irradiava era molto simile a quella che emettevano le anime quando messe a nudo, era una manifestazione incantevole e fascinosa. Produrre qualcosa di simile era impossibile per un uomo, a meno che…
“Quella è frutto di magia, vero? Tu sei un mago, il più famoso di Boletaria forse: Saggio Freke il Visionario, dico bene?” azzardò Firion.
Il vecchio non rispose subito ed annuì solennemente, con aria circospetta.
“Sono conosciuto con quel nome, ma tu come fai a sapere che mi appartiene? Non riconosco il tuo volto, e non ho dato modo ad altri di sapere dove trovarmi se non ai miei più vicini” disse con tono inquisitorio.
Firion s’inginocchiò davanti allo stregone e protese il braccio, sollevando l’inserto in maglia della manopola della sua armatura e mostrando il bracciale nero che legava la sua anima al limbo in cui era obbligato.
“Non dovete temere niente da me, Saggio Freke: io vengo dal Nexus e sono stato mandato qui su richiesta di Logan per portarla al sicuro.”
Alla menzione del nome dell’apprendista, i lineamenti di Freke si fecero sorpresi e flosci insieme.
“Quel caprone ottuso è riuscito a contattare aiuto? Davvero sorprendente da parte sua. Tuttavia, ora che sei stato preso anche tu, temo che non ci sia scampo. Io sono stato troppo indebolito dopo che L’Aureo Anziano mi ha sconfitto e mi ha confinato qui, e non sono più in grado di rappresentare una minaccia per nessun Demone.”
“L’Aureo Anziano?” ripeté Firion, confuso dalle parole del saggio. Freke sospirò stancamente ed inarcò la schiena per non doverla sorreggere intanto che s’apprestava a spiegare al ragazzo.
“Come saprai, il regno della saggia Regina d’Avorio è una terra dove vige la tradizione matriarcale, l’unico motivo per cui, a questo mondo, si siano viste donne al comando di un impero. Latria aveva un marito con cui condivideva il trono e governava con benevolenza i suoi soggetti. Il marito, però, nel tempo mostrò una tale sete di depravazione da essere ripudiato dalla sua stessa moglie, e venne condannato all’esilio. Con la venuta della Nebbia, quell’uomo deve aver trovato il modo di manipolare le anime ed ottenere il potere demoniaco e, in preziosi abiti dorati, è tornato e si è vendicato della Regina, deponendola e togliendole la vita. Io, col duplice fine di approfondire i miei studi e di liberare questa terra dalla Piaga dei Demoni, ho affrontato l’Anziano sicuro delle mie abilità magiche, ma, ahimè, mi ero illuso come un pivello alle prime armi, e sono stato rinchiuso qui.”
Fece una lunga pausa per riprendersi da quel torrente di parole, inspirando a pieni polmoni per soddisfare la sua fragile forma. Firion gli rivolse uno sguardo costernato, dispiaciuto per non essere in grado di aiutare in qualche modo: aveva dato le poche provviste che aveva a Claire, e non aveva rimedi utili a ristabilire la salute di una persona. Capì quanto la cattività doveva essere costata all’incantatore quando gli posò la mano sulla magra spalla per infondergli un po’ di forza, mentre Freke dava qualche colpo di tosse e tornava a raccontare la sua storia.
“Fortunatamente avevo tenuto Logan lontano, intuendo la pericolosità del mio avversario, dicendogli di trovarmi se non fossi tornato nel giro di qualche tempo: per quanto non mi piaccia la sua compagnia, sa rivelarsi utile. Dopo di ché l’ho mandato al Nexus in cerca di forti guerrieri in vena di aiutare un vecchio mago, ma è stato talmente tanto tempo addietro che non sono nemmeno sicuro di quanto effettivamente ne sia passato, ed io, intanto, mi sono ridotto così. Chissà che quel caprone non stesse escogitando la mia morte…”
“Mi sembra improbabile che Logan farebbe una cosa simile” commentò un po’ divertito Firion.
“Non mi spiego, però, perché ci abbiano imprigionati e non semplicemente uccisi." Il volto di Freke si fece più nero del cielo sopra di loro, mentre prese a scuotere la testa in maniera strana ed allarmante.
“La morte è un destino migliore di quello che ci aspetta. La fortuna ti ha voltato le spalle a farti apparire un degno esemplare per l’Anziano: i Demoni, ora, non provengono solo dalla Nebbia…”
Lasciò morire in gola qualunque altra parola potesse seguire e calò lo sguardo, bianco di fantasma. Sicuramente, pensò Firion, l’esperienza che Saggio Freke doveva aver provato non doveva essere stata piacevole, considerato che aveva influenzato tanto negativamente persino un uomo stoico come il Visionario. Stando alle sue parole, l’unico motivo per cui erano stati presi vivi era perché si erano dimostrati interessanti ai fini di questo malvagio usurpatore demoniaco, chiunque egli fosse. Un essere in grado di manipolare le anime a proprio piacimento e responsabile, da solo, della caduta della Regina d’Avorio e della sconfitta del più grande e potente mago di Boletaria: forse era esattamente quello che cercava Firion. Una volta recuperata Claire, avrebbe sfidato l’Anziano per scoprire se la sua anima era veramente talmente nera da poter accrescere i suoi poteri.
“Saggio Freke, la scorterò via da questa prigione, ma lei deve indicarmi la strada per trovare questo demonio: è in grado di farlo?” chiese Firion, ancora chino sul Visionario. Freke non poté credere alle sue orecchie e puntò sul ragazzo uno sguardo attonito.
“Che sciocchezze vai blaterando?! Il terrore ti ha reso delirante?! Tu non puoi pensare di batterlo. Non ci sono riuscito io: come speri di farlo tu, che sei rinchiuso qui con me?!” ammonì scetticamente il saggio. Firion non rispose. Invece, accese la lampada che potava alla cinta, in modo che potesse essere visto anche fuori dalla potata della sfera luminosa, e si voltò verso le sbarre. Si avvicinò e posò le mani sui cardini e sulla serratura della porta della cella. Improvvisamente, cominciò a sollevare dal terreno la grata di ferro, facendola stridere rumorosamente e piegandola in avanti. Il metallo raschiava il pavimento lasciando dei solchi profondi e si deformava sotto la pressione esercitata dal Cacciatore. Con un impeto vigoroso, sfondò l’apertura trascinandola con sé sul corridoio del carcere, buttando poi la porta oltre la ringhiera del balcone, nel fondo oscuro dell’edificio. Dei lunghi secondi dopo, se ne sentì il tonfo lontano. Freke sgranò gli occhi sgomenti e lasciò languida la mascella, incredulo davanti alla forza sovrumana del ragazzo.
“Ma tu possiedi…”
“Credo di avere le mie possibilità” disse deciso Firion. Il cavaliere tornò vicino a Freke e tese la mano. “Forza, la porto al sicuro.”
Il Visionario si riprese dal suo attonimento e ricambiò lo sguardo del giovane con un’espressione risoluta.
“No. Tornerò da solo al Nexus, conosco la strada per l’Arcipietra. Tu invece, sappi che nel profondo di questo passaggio, svoltando due volte a sinistra, una a destra, poi sempre dritto fino alla settima svolta a sinistra, troverai oltre un’arcata le scale per il piano superiore. Lì, superate le prigioni, all’estremo dell’ala destra, un ponte porta alla Chiesa della Regina, un tempio in onore di Latria incavato nella roccia. Raggiunto l’altare in fondo alla navata, gli emissari dell’Anziano avvertiranno l’onda della tua anima, e ti porteranno dove ti sarà possibile arrivare al cospetto del nuovo tiranno.”
Infilò una mano nel profondo della sua veste e tirò fuori delle pietre che rovesciò nel palmo di Firion.
“Queste t’illumineranno il percorso infido: usale per ritrovare la via di casa tra questi muri caotici se dovessi smarrirti.”
Firion guardò le pietruzze un po’ perplesso: emettevano un tenue bagliore, ed ognuna aveva un colore diverso. Gli sembrò un dono un po’ singolare, non sapendo cosa effettivamente erano in grado di fare, ma le accettò senza discutere e le mise nel borsello da viaggio, senza farsi troppe domande.
“Grazie, Saggio Freke. E’ sicuro di potercela fare da solo?”
Freke rivolse un sorriso dilettato al ragazzo, trattenendosi dal ridere.
“Per chi mi hai preso? Non farti ingannare dalle apparenze. Aspetterò il tuo ritorno al Nexus. Vai ora. Non perdere più tempo con me. Riporta l’ordine in questa terra stanca e lacerata” disse Freke con un fragile gesto della mano.
Firion diede un determinato cenno affermativo e si voltò nella direzione che gli aveva indicato l’incantatore.
“Ragazzo!” lo fermò un’ultima volta il Visionario. Firion si voltò aspettando cosa volesse dirgli.
“La ricerca del potere porta alla perdita di sé stessi: non dimenticare mai chi sei.”
Firion fissò lo sguardo negli occhi dell’uomo seduto a terra, uno che diceva che il mago si era preso troppe libertà a parlargli usando quelle parole, e lo mantenne per degli interminabili secondi. Finalmente, si girò e lasciò solo il vecchio, affrettandosi verso la sua destinazione. Freke esalò un respiro di sollievo che esprimeva quanta tensione avesse provato sotto l’occhiata truce del giovane. Per un attimo gli parve di aver scorto la speranza di Boletaria, ma un perfido bagliore gli fece anche vedere uno dei Demoni peggiori.
Firion percorse velocemente a ritroso la strada per cui era stato trascinato dal suo demonico rapitore, facendo attenzione alle indicazioni date dal saggio, e trovò in pochi minuti l’arcata di cui gli aveva parlato Freke. Da lì, due rampe di scale si diramavano, una scendeva e l’altra saliva. Il suo obiettivo si trovava alle sommità delle torri, ma Claire era ancora persa per lui, ed era difficile capire cosa aveva la priorità: trovare Claire o combattere da solo l’Aureo Anziano. Non riuscendo a decidersi in modo definitivo, Firion analizzò la situazione da un punto di vista logico e distante, che gli avrebbe dato una prospettiva più attendibile: non gli piaceva farlo, perché rischiava di dimenticare cosa stesse veramente a cuore a chi dipendeva da lui, ma un’azione avventata sarebbe stata molto più dannosa se dai risvolti inaspettati. Quando era stato rapito, Claire combatteva ancora contro i custodi: il fatto che lei fosse assente nella cella sua e di Saggio Freke gli fece escludere la possibilità che anche lei fosse stata rapita. Che senso avrebbe avuto che i custodi li avessero messi in celle diverse? Questo lasciava presupporre che Claire era libera per la prigione, e con tutta probabilità lo stava cercando. Era quasi impossibile trovarla tra le labirintiche pareti del carcere, rese tutte uguali dall’assenza di luce, sapendo che poteva essere in continuo movimento. Se c’avesse provato, si sarebbe perduto prima d’incontrarla. Avrebbe potuto gridare il suo nome, ma questo avrebbe quasi sicuramente attirato altri mostri a lui e reso più imprudente Claire, che nella fretta di trovarlo avrebbe abbassato la guardia. L’unica opzione sicura per entrambi era paradossalmente che lui avanzasse verso l’Anziano mentre Claire trovava da sola la strada per raggiungerlo: lei era abile e abbastanza forte da poter sopravvivere, prima o poi si sarebbero riuniti. Certo, tutto questo a patto che lei fosse ancora viva. Che non lo fosse era un’eventualità amara, cruda, ma pur sempre possibile. Se fosse accaduto il peggio, il bracciale nero che le aveva dato avrebbe preservato la sua anima, e a quel punto avrebbe sperato che la ragazza avrebbe avuto il buon senso di tornare tra le sicure mura del Nexus.
Comunque fosse, ormai aveva deciso. Una cosa era certa, però: non avrebbe lasciato Claire indietro. Ovunque fosse, lui l’avrebbe trovata. Era il suo compito tenerla al sicuro, e non l’avrebbe delusa. Con quell’ultimo pensiero, uscì sul pianerottolo delle scale e salì di corsa la rampa che portava su per l’edificio. Muoveva rapidissimo le gambe e superava i numerosi gradoni ad una velocità sorprendente, merito dell’infusione delle anime demoniache; in pochi secondi, percorse l’intera salita ed attraversò fulmineo l’arco di sbocco sul nuovo piano. Fu tutta la sua velocità, però, a negargli il tempo di scansare la sagoma che si ritrovò all’improvviso davanti, prima nascosta dallo spigolo del muro. Ebbe appena l’opportunità di frenare lievemente la sua corsa, ma lo scontro fu inevitabile. Batté la fronte, e tutto il dolore che pensava di aver dimenticato prima si riaccese di colpo, forzandolo ad indietreggiare. Sentì il tonfo di chi aveva urtato mentre cadeva sul pavimento e dei lamenti scontenti.
“La mia testa…” sentì gemere Firion. Riconobbe la voce. Si avvicinò alla figura nell’ombra per fare luce con la sua lanterna, e non poté nascondere la sua sorpresa.
“Claire?”
Lei, che ancora a terra si massaggiava il capo per il colpo ricevuto, si rialzò animata di conforto e soddisfazione non appena lo guardò.
“Firion! Ti ho trovato finalmente!”

 I due s’incamminarono verso il capo opposto della via d’ingresso seguendo le vaghe indicazioni che aveva ricevuto Firion, l’una vicina all’altro per godere entrambi della poca luce proveniente dalla lanterna del cavaliere, quella di Claire aveva esaurito l’olio combustibile.
“Quindi, si potrebbe quasi dire che siamo stati fortunati che quel custode ti abbia preso. Chissà quanto tempo avremmo impiegato per trovare Freke se non ti avessero rinchiuso con lui” disse Claire, oltre la sua spalla. Firion aveva colto l’occasione per raccontarle di come avesse incontrato il potente incantatore, ora ridotto a pelle e ossa, e di come l’avesse aiutato a ritrovare la strada.
“Vista la quantità di corridoi che avremmo potuto prendere, potremmo dire così, ma avrei preferito comunque non farmi sorprendere come un novizio e non prendere un esplosione in pieno volto. Soprattutto, non avrei voluto lasciarti sola”. Firion guardò dispiaciuto le macchie di sangue che sporcavano il viso di Claire, segno della sua lotta spietata. Lei alzò leggermente il capo per dargli un piccolo sorriso e rassicurarlo.
“Ho saputo badare a me stessa” disse con tono positivo.
“Quando quel mostro ti ha rapito, mi sono liberata del suo amico e ho provato a seguirlo, ma l’ho perso di vista, e quindi ho cominciato a cercarti qui. Credo di aver fatto il giro del piano almeno un paio di volte cercandoti, ma quando la lanterna ha consumato tutto l’olio, ho semplicemente vagato nel buio nella speranza che prima o poi trovassi qualcosa per fare luce. Quando ti ho intravisto sulle scale, non mi ero nemmeno accorta di essere tonata al punto di partenza. Ammetto di essere stata molto fortunata, ma non me ne lamento.”
“E per fortuna io sono arrivato al momento giusto, ma sarà meglio che non siano più necessarie tutte queste coincidenze, quindi, da ora in poi, non staccarti più da me.”
“Non aspettavi altro, vero?” aggiunse lei con tono ironico e malizioso, così inusuale sentito da lei.
“N-Non intendevo in quel senso!” esclamò Firion fermandosi di colpo e mettendo le mani avanti. Claire soffocò una piccola risata e continuò a camminare.
“Lo so, lo so. Vedi che ti lascio indietro”.
Restarono in silenzio per il resto del tragitto e non incontrarono minacce o altri pericoli. Il carcere era sempre una macchia nera tinta dal dolore dei suoi prigionieri, e la sua aria ammorbava le menti dei due viaggiatori con il suo sentore nocivo, ma ormai sia Firion che Claire si erano purtroppo abituati a quelle sensazioni, e le consideravano solo un fastidio. Dopo del tempo incalcolabile passato tra altre innumerevoli stanze di tortura, avvistarono l’apertura che segnava la fine dell’ala destra del carcere e che li avrebbe portati al ponte che Saggio Freke aveva illustrato a Firion. Il viadotto era sospeso a collegamento tra il corpo principale dell’edificio ed un’area isolata e totalmente a sé, ed era la prima costruzione interna alla prigione che Claire e Firion videro illuminata da delle torce, incavate in delle nicchie dei parapetti. Persino dei pavidi raggi lunari riuscirono a rompere lo schermo delle nubi nere, e la luce permise ai due viandanti di vedere i numerosi cadaveri che giacevano lungo l’estensione del cavalcavia, anime sfortunate in cerca di libertà e salvezza i cui sogni furono spazzati via anzitempo. All’altro capo del ponte, una grande statua bianca avorio, dalle fattezze femminili e scolpita a braccia aperte in segno di accoglienza, invitava a passare con un sorriso rasserenante: in quel mare di morte, il contrasto che creava e l’ombra sinistra che le torce lanciavano sul volto marmoreo suscitavano più inquietudine che sicurezza. Firion e Claire poggiarono un po’ riluttanti i piedi sulla pavimentazione del ponte, attraversando a passo veloce e lanciando occhiate scettiche alla scultura che li ammetteva al santuario della decaduta Regina del regno. Il ponte li condusse ad una larga scalinata, che si intrametteva tra due alte pareti rocciose: su di esse, eleganti contrafforti sostenevano lunghe balconate che originavano dalla Chiesa, ornata all’esterno da splendide vetrate a colori e truculenti gargoyle. Salirono la scalinata e arrivarono davanti al grande portone di legno, i cui battenti erano spalancati e permettevano l’ingresso libero alla cappella. Le tre piccole navate erano accese dai pochi candelabri appesi agli alti pilastri, ma era la soffusa luce di fuori ad illuminare maggiormente l’ambiente, entrando dai finestroni e da una grossa apertura circolare nel tetto in corrispondenza dell’altare in fondo, donando un’aria riservata e pacifica. Claire osservò affascinata le vetrate delle pareti raffiguranti una bellissima donna dai capelli corvini vestita di candidi veli.
“Questa non è una chiesa dei credenti in Dio…” rifletté a voce alta.
“Freke ha detto che è un tempio dedicato a Latria: i suoi soggetti dovevano amarla molto per costruirlo vicino ad un penitenziario” disse Firion dietro di lei, anche lui perso tra quelle preziose rappresentazioni.
“Veneravano la Regina? Come una sorta di dea?” chiese un po’ stranita lei.
“Non lo so, ma immagino che non doveva essere dissimile da come vengono venerati i Santi della Chiesa, come la Sesta Santa Astraea” azzardò Firion. Claire sbuffò sonoramente e le pareti della navata le fecero eco.
“Quante sciocchezze…”
Firion fu attirato dall’ultima affermazione della ragazza e ne rimase fortemente incuriosito e un po’ irritato.
“Non credo che riporre la propria fiducia in qualcuno che si ritiene meritevole sia una sciocchezza.”
“Ma assoggettarsi in questo modo non è diverso dal rinunciare alla propria indipendenza e dignità: non è che una giustificazione che i deboli usano per smettere di impegnarsi e lasciare che altri si prendano cura di loro. Molte persone dovrebbero imparare a prendere le cose che vogliono, se le desiderano veramente, invece di lamentarsi sul non averle e di auspicarsi il meglio”.
Come al solito, Claire non era solita edulcorare l’esposizione dei suoi pensieri, un aspetto graffiante della sua personalità che piaceva a Firion, ma che molto più spesso lo feriva quando trattavano argomenti delicati come quello.
“Dici che essere subordinati a questo punto ad una persona equivale alla perdita della propria indipendenza e dignità, ma tu non sei da meno: sei una suddita, nata a Boletaria sotto il governo di Re Allant…”
“E credi forse che mi piaccia esserlo?” disse lei con tono derisorio.
“Ho avuto la sfortuna che i miei genitori mi concepissero in un villaggio sotto il controllo di Allant, tutto qui.”
Firion stentava a credere quello che sentiva: erano davvero quelli i sentimenti che abitavano in Claire?
“Quindi non solo neghi ogni rispetto a chi riserva i propri servizi e desideri a coloro che possono aiutarli e proteggerli, ma neghi anche ogni credenza che possa animare una persona, che sia in un dio, un individuo o la propria casa?” chiese enfaticamente Firion facendosi avanti di qualche passo. Claire cominciava ad innervosirsi e fece per allontanarsi, dando al cavaliere uno sguardo infastidito.
“Io credo solo nel mio potenziale e nelle mie possibilità, ma tu non eri tenuto a saperlo! Io non sono debole come gli altri, e non ho tempo da perdere affidandomi a qualcuno, Firion!”
Si voltò e si distanziò da lui, avanzò lungo la chiesa verso l’altare alla fine della navata per non dovergli stare troppo vicina. Sapeva che non c’era una svolta da prendere, voleva solo allontanarsi da lui, sospettando che stesse per nascere una discussione come quella che ebbero al Castello di Boletaria.  
“Nemmeno a me, immagino…”. Quelle parole piene di malinconia le bloccarono le gambe e fecero cadere il silenzio tra i due. Una rabbia segnata da confusione ed incertezza la pervase: doveva qualcosa al Cacciatore? Firion voleva suggerire questo? Ma se gli doveva qualcosa, cosa pretendeva da lei? Tenne la schiena voltata: se lo avesse guardato, avrebbe potuto dire cose che non pensava.
“Ne abbiamo già parlato: ti sei proposto di aiutarmi a trovare mia sorella ed io ho accettato. Io non ho nessun obbligo verso di te.”
“Quindi, per te non sono che uno strumento per aprirti la strada fino a tua sorella...” continuò lui con tono amaro. Claire non disse niente per smentire l’ipotesi di Firion, mentre lui aspettava con trepidante fiducia una parola, una qualunque che gli dicesse che non era vero. Ma non si sentì niente; Claire continuava a dargli le spalle, mentre lui cadeva sempre più in profondità in un abisso di sconforto e delusione.
Claire decise infine di girarsi e di parlare, la sua voce era un sussurro come quello di chi doveva aver pregato in quella chiesa.
“Firion, non volevo crederlo, ma ora so che non mi stai aiutando per non avere niente in cambio. Sii sincero: cos’è che vuoi? Perché tieni così tanto a me?”
L’aria tra di loro si tacitò nuovamente, nessuno dei due ebbe la forza di emettere ancora un suono. Claire teneva lo sguardo fisso su di lui. Firion evitava di fare contatto con gli occhi azzurro cielo di lei, sapendo che non sarebbe stato in grado di mentire e che si sarebbe tradito il momento in cui avesse visto il suo viso. Claire lo vide stringere i pugni tanto che s’aspettava di vedere le manopole che indossava cadere a pezzi sotto la pressione: cosa poteva nasconderle di tanto grave da causargli tanti disagi interiori?
“Come può aspettarsi che io mi fidi se non è disposto a rivelarmi perché mi abbia voluto accompagnare?  
 Nella sua mente, Firion combatté innumerevoli battaglie, cercando di vincere le sue paure e di convincersi che doveva fare il necessario per tenere al sicuro Claire e per non compromettere la sua missione, dicendo l’unica cosa possibile. Che fosse quello che Claire si aspettava o meno, purtroppo non faceva differenza. Dopo averle detto la verità, il loro rapporto sarebbe inevitabilmente cambiato, e questo metteva a repentaglio i progetti che Firion aveva fatto sul suo futuro, ma se si fosse rivelato l’inizio di un solido accordo, allora non si sarebbe più dovuto preoccupare di mentirle.
“Claire, io ti-”
Dei versi disumani ed il battito di potenti ali lo interruppe. Dall’apertura circolare nel tetto, discesero tre grossi gargoyle: le bestie di pietra avevano preso vita, e svolazzarono sulle teste dei due viaggiatori con un minaccioso bagliore giallo ad illuminargli gli occhi e le smorfie orripilanti delle loro facce. Avevano lunghi arti grigi, con cui atterrarono pesantemente a terra, uno vicino a Claire e gli altri due vicino Firion.
“Ma cosa-” fu tutto ciò che riuscì a dire Claire prima che una delle statue viventi le ghermisse le braccia e la sollevasse da terra, elevandosi sempre di più dal suolo. Mentre si dimenava per liberarsi, Claire vide Firion che veniva costretto tra le mani artigliate dei demoni volanti: anche lui era stato preso, ormai erano alla mercé di quei mostri. Le tre gargolle passarono di nuovo attraverso il grande foro che apriva la cappella al cielo, e li portarono in alto, fino ad oltre l’ultimo piano del carcere. A quel punto Claire smise di contorcersi per liberarsi, augurandosi invece che accadesse di tutto purché il suo rapitore non decidesse lasciare la presa. Sorvolarono la zona contigua al penitenziario, rischiarata spettralmente sotto la falce della luna, superando alte torri ed edifici imponenti. Ogni torre era collegata ad un’altra per mezzo di ponti, individuabili da grossi focolari che segnavano l’inizio e la fine di ognuno di essi, ed il disegno che se ne ricavava era un’enorme ragnatela che si estendeva fin dove arrivava l’occhio.
“La citta?” pensò Claire.
Volarono per alcuni minuti, veloci sotto le nuvole, attraversando da un capo all’altro la distrutta città della Regina d’Avorio. Claire poté sentire ogni secondo che rimase sospesa il suo cuore battere tanto ferocemente che sembrava potesse uscirle di forza dal petto, e con grandissimo sollievo notò che i gargoyle stavano lentamente perdendo quota. Dimenticata velocemente la consolazione provata poco prima, Claire capì che quegli esseri li avevano presi per portarli da qualche parte all’interno della città: si chiese dove avessero mai potuto pensare di condurli quando, dal buio in cui era inabissata, emerse alla sua vista un’enorme struttura nera, un torrione gigantesco che sormontava terribilmente la terra ai suoi piedi. Di lì a poco, le gargolle volanti scesero in picchiata verso la base del torrione, facendo sbattere violentemente il vento sui volti dei loro ostaggi. Claire fu costretta dall’aria tagliente a chiudere gli occhi, che presero a lacrimare copiosamente, intanto che il freddo le graffiava le guance. Per tutto il tempo che scesero, perse di vista Firion, e l’inquietudine continuò a crescere dentro di lei. Quella tortura ebbe termine quando, finalmente, i demoni volanti rallentarono e si fermarono ad alcuni metri sopra quello che sembrava essere un grande lago attorno la base della grande torre, ma il cui colore rosso cremisi lasciava intuire una natura assai diversa. Sul lago correva un pontile di legno logoro e marcio, consumato dall’odore acido e metallico che emanava lo specchio rossastro. Claire guardò sospettosa sotto di sé, confusa mentre cercava un segno del cavaliere sua guida, quando venne lasciata improvvisamente cadere. Emise un soffocato verso di sorpresa, fece un grosso zampillo, ed il suo rapitore si dileguò silenzioso, ora che il suo compito era finito. Claire tornò in superficie tossendo convulsamente, stando in piedi sul basso fondale. Il liquido rosso le arrivava a poco sotto la gola, e l’aveva insozzata fino al midollo, sporcandola fino ai capelli in modo quasi indelebile. Si portò le mani agli occhi per togliersi le goccioline che le ostruivano la vista e sputò quelle che le invasero la bocca, ma facendolo ne assaggiò una e comprese con orrore cosa fosse quel fluido viscoso: sangue, un lago di sangue.
“NO! NO!”
La reazione fu istintiva e violenta, il panico e la paura presero il sopravvento e la fecero impazzire, facendole dimenticare ogni ragione. Tentò di correre via, lontano, inciampando in qualcosa sul fondale ed inzuppandosi di nuovo, cercando qualsiasi appiglio la potesse fare uscire. Alla sua destra, vide il pontile che aveva notato dall’alto, e ci si fiondò disperatamente. Annaspava nel sangue e tendeva le mani, ma era ancora troppo lontana, e ogni bracciata incideva sul suo fisico e sulla sua psiche. Dopo uno sforzo che le sembrò infinito, arrivò ad afferrare l’impalcatura di legno del pontile: provò a tirarcisi su, ma le sue mani erano troppo scivolose, e continuava a cadere in basso. Provava e riprovava, la mente priva di qualunque pensiero che non fosse lasciare il lago. Qualcosa afferrò il suo braccio mentre tentava un’altra volta di salire e la issò di forza sul pontile. Firion, toltosi il pesante pettorale e dai capelli scarlatti, la portò davanti a sé, lasciando che lei scivolasse sulle ginocchia, poiché le gambe fallirono nel reggerla. Claire necessitò di qualche secondo per rendersi conto di chi l’avesse tirata fuori e, quando mise bene a fuoco la vista, abbracciò stretta Firion, seppellendo il viso nel suo petto. Lui la lasciò fare e ricambiò il gesto: cinse il suo corpo tremante, la strinse per darle calore e sicurezza. Firion non seppe per quanto stettero in quel modo, ma si staccò da lei solo quando gli sembrò che si fosse calmata. Visibilmente provata, Claire rimase muta e avvinghiò le braccia a sé, ancora spaventata. Lui, mesto e desolato, si strappò un lembo della camicia e cominciò a passarlo delicatamente sulla pelle della ragazza, pulendole, per quanto possibile, il viso. Quando finì, posò a terra lo straccio e si alzò, voltandosi verso l’edificio nero al centro del lago.
“Il responsabile di quest’incubo ci aspetta…”. Non guardò indietro e cominciò a camminare lentamente lungo il pontile. Claire lo seguì, a breve distanza, con le braccia continuamente unite e la testa bassa.

 
 


 
 2a nota dell’autore:
L’idea dietro questa storia è sempre stata, comunque, quella di interagire con i lettori, per poter capire cosa ne avrebbero pensato. Vi invito, quindi, a farmi presente di un qualunque parere vogliate informarmi, che sia sulla storia o sullo stile o una vostra osservazione, scrivendomi cosa vi piace e cosa no. In questo modo sarò in grado di offrirvi un lavoro sempre migliore e di soddisfare (speranzosamente) la maggior parte di voi. Detto questo, vi aspetto al prossimo capitolo (che uscirà sicuramente in minor tempo di questo).      
   
 
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