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Autore: bsidelouis    15/11/2015    0 recensioni
Harry e Louis si incontrano casualmente su uno dei tanti pullman di Londra in una fredda mattina di dicembre. Negli anni in cui vivevano, vedere due uomini insieme era inaudito; per questo si ameranno di nascosto. Quando il loro amore crescerà troppo per essere ancora un piccolo segreto, uno dei due crollerà spezzando il legame che si era creato tra le anime di quei due ragazzi dai cuori ingenui. Si ritroveranno persi, troppo deboli per vivere distanti ma troppo poco coraggiosi per combattere contro il mondo intero.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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LOST


 

Amsterdam, novembre 1969


Il ticchettio irregolare dei tasti della macchina da scrivere era l'unico suono udibile nel piccolo studio in cui stava lavorando Louis. Erano ormai ore che si trovava davanti quell'oggetto a lui molto caro. Stava scrivendo un nuovo libro, che presto si sarebbe aggiunto alla lista di quelli che aveva già composto e pubblicato.
Scrivere.
Era la sua passione da quando aveva impugnato per la prima volta una penna in mano. Gli piaceva far viaggiare la mente verso mondi lontani, irraggiungibili, magici. Luoghi che aveva sempre sognato di visitare ma che non aveva mai avuto modo e tempo di osservare nella loro bellezza reale. Per questo si era sempre accontentato della sua fantasia che fino ad allora non lo aveva abbandonato, nonostante i suoi 26 anni la gente si impressionava sempre per via della sua capacità di sognare come un bambino.
Questa volta, però, la storia l'aveva vissuta in prima persona. Dopo dieci lunghissimi anni di silenzi, lacrime trattenute e rabbia stava finalmente per far raccontare al mondo la sua storia. La storia di un amore nato per caso, tra due ragazzini dai cuori ingenui, che si troveranno a combattere per un legame impossibile da mantenere se non in segreto.
Insoddisfatto del suo lavoro, Louis strappò il foglio che aveva appena finito di rileggere. Si tolse gli occhiali appoggiati sulla punta del naso e si strofinò gli occhi prima di sospirare rassegnato. Una piccola goccia di sudore che stava scivolando lenta dalla tempia verso la guancia lo irritò maggiormente. Appoggiò la fronte umida sulle braccia incrociate sopra il legno della vecchia scrivania, un tempo appartenuta a suo padre, di fronte a lui. Scosse sconsolato la testa prima di prendere in mano il primo foglio composto interamente da lui stesso e cominciare a rileggere quello che aveva scritto fino ad allora. I ricordi riaffiorarono, sempre più nitidamente. Così, da un momento all'altro, Louis si ritrovò nel corpo dell'adolescente che era stato un tempo.

 

Londra, settembre 1959
 

“Fai più attenzione” disse infastidito un ragazzo molto più alto di me a cui ero andato addosso poco prima, dopo una brusca frenata del conducente.
“Mi dispiace, davvero, ma come puoi vedere il pullman è pieno ed essendo tutti ammassati era inevitabile che prima o poi ci saremmo scontrati” risposi sorridendo cordialmente, cercando di non urtare maggiormente i nervi del riccio di fronte a me. Sembrava avere la mia stessa età ma non ne ero sicuro.
“In ogni caso, ora puoi anche allontanarti un po'. Grazie” rispose acidamente dandomi le spalle e ricominciando a leggere il libro che teneva in mano. Guardarlo così preso da quelle parole stampate sulla carta ingiallita, fece salire in me una strana voglia di fargli vedere qualche mio scritto. Scossi la testa cercando di allontanare dalla mia mente da un'idea così folle e mi concentrai sulle case che stavamo costeggiando.
Anche senza volerlo il mio cervello continuava a tornare su quella pazzia, che conoscendo il mio carattere, avrei compiuto sicuramente.Infatti, pochi giorni dopo il primo incontro, seguii il ragazzo riccio nel locale in cui era solito andare ogni mattina. Osservai con cura ogni dettaglio, dalla sua ordinazione alla scelta del tavolo, che poi avrei scoperto essere sempre lo stesso; il tavolo n° 8, uno dei più appartati della caffetteria. Proprio per questo, una mattina in cui mi svegliai stranamente più coraggioso e audace del solito, presi il pullman mezz'ora prima e andai nel locale. Chiesi gentilmente alla ragazza dietro il bancone di poter lasciare una lettera al ragazzo dal nome a me sconosciuto e uscii cercando un posto dove poter osservare il famoso tavolo al quale si sarebbe seduto anche quella mattina.
Preso dall'ansia continuavo a guardare l'orologio affisso fuori alla stazione dei treni poco lontana; il tempo sembrava essersi fermato nell'attimo in cui avevo consegnato la lettera a Charlotte, la cameriera del locale.
Avrei riconosciuto quella massa di capelli ricci tra milioni al mondo, per quello mi strinsi ancora di più nel mio nascondiglio per paura di essere visto.
Tutto quello che successe dopo avvenne così in fretta che, senza sapere come, mi ritrovai la sera seduto sul bordo del mio letto a ripensare alla strana mattina che avevo vissuto quel giorno.
Harry aveva preso la lettera esitando un po' prima di aprirla, quasi timoroso di scoprire il suo contenuto. Appena aveva iniziato a leggere il mio scritto aveva assunto un'espressione seria e concentrata. Sentivo come se potesse vedere dentro la mia anima. E senza accorgermene iniziai ad amarlo proprio in quel momento.
Il suo nome lo avevo scoperto grazie a Charlotte, che era diventata sua amica quando aveva iniziato a frequentare quella caffetteria.
Un giorno alla settimana portavo ad Harry un testo, un racconto che scrivevo ogni sera prima di dormire. Mi piaceva vedere le sue reazioni, dai sorrisi mentre leggeva le mie dediche finali, alla fronte aggrottata quando un pezzo non lo convinceva appieno.

 

Londra, dicembre 1959
 

Per natale, non molto lontano dal negozio in cui lavoravo, avevano organizzato una festa in maschera. Volevo andarci ma nessuno dei miei amici amava quel tipo di eventi e proprio per quel motivo mi era venuta la folle idea di invitare Harry.
Al posto della mia solita dedica avevo scritto dei versi in rima, sperando di fare abbastanza colpo su di lui per convincerlo a venire con me.

Se alla festa in maschera verrai
un principe vestito di nero troverai.
E se nell'atmosfera di quella festa
dentro di te si sarà creata una tempesta,
incontriamoci a mezzanotte sul tetto della città
per dirci tutta la verità.

 


Ero schiacciato in mezzo a tutti gli altri ragazzi presenti nella piccola sala da ballo del pub. Dovevo ammettere che era stata addobbata bene, sembrava di essere in una di quelle sale da ballo inquadrate nei film più famosi. La musica passava dal lento al rock e io non ero un vero e proprio mago del ballo, per questo ero una delle poche persone ferme della stanza. La cosa che più mi importava in quel momento era vedere la massa di capelli ricci entrare dalla porta principale, sorvegliata dalla guardia del pub. 
Cercando di non pensarci troppo andai verso il bancone per prendere qualcosa da bere. Mentre assaporavo il mio drink un profumo familiare invase i miei sensi e senza accorgermene mi ritrovai a sorridere. Affianco a me si era seduto Harry. Appena mi girai il mio cuore smise di battere per qualche secondo. Indossava un bellissimo costume da Dracula: smoking nero con un enorme mantello viola sulle spalle. Pur essendo solo un travestimento, era elegante e delicato. Non lo avevo mai visto così bello. Bello da togliere il fiato.
“Una birra, per favore” la sua voce roca rimbombò nelle mie orecchie, risvegliandomi dai miei pensieri.
“Ciao Harry” dissi senza guardarlo, cercando di non sembrare troppo nervoso.
“Buonasera, Louis” mi rispose lui continuando a tenere lo sguardo fisso davanti a sé. Davanti alla sua sicurezza mi sentii fin troppo vulnerabile. Decisi di giocare un po' con lui. Presi un foglietto dalla tasca del mio smoking e chiesi una penna a un ragazzo poco lontano. Tutto sotto lo sguardo attento del riccio seduto al bancone che cercava di fingersi indifferente. Toccai leggermente la sua spalla e gli lasciai in mano un bigliettino con su scritto “Vienimi a prendere” prima di immergermi nella folla di corpi appiccicosi per via del sudore.
Non sembrava essere passato molto dalla mia fuga, eppure quando ci ritrovammo entrambi al fondo della sala con il respiro affannato sentii come se fossimo stati lontani per anni. Questa sensazione che mi stringeva la gola e non mi faceva respirare mi fece agire d'impulso.
Senza pensarci due volte lo baciai. Le sue labbra morbide sfioravano delicatamente le mie. Era come respirare una boccata d'aria fresca dopo essere stato in apnea sott'acqua.
Il momento felice durò fin troppo poco. Dopo qualche secondo mi allontanai di colpo rendendomi conto di quello che avevo appena fatto. Avevo baciato un ragazzo in pubblico. Mi girai a guardare la folla, sperando che nessuno ci avesse visto, e notai con sollievo che erano tutti troppo intenti a ballare per accorgersi di quello che era accaduto tra noi due.
Il mio sguardo si posò su Harry, immobile di fronte a me, con lo sguardo perso nel vuoto. Aspettai qualche minuto prima di prenderlo per il braccio e tirarlo con me sul tetto del locale.
Il vento freddo trapassò la camicia leggera facendomi rabbrividire. Mi strinsi ancora di più nella giacca e mi girai verso il riccio.
Dopo qualche attimo di silenzio, sempre senza guardarmi, disse con voce ancora più roca del solito “Questo sarebbe il tetto della città?”. Una risata sommessa lasciò le mie labbra prima di annuire con il capo.
“Non è così male in fondo” continuò lui alzando le spalle e andandosi a sedere su una delle molte sedie presenti lì sopra.
“Ci vengo spesso qui, mi piace il panorama” risposi imitandolo e accomodandomi affianco a lui.
“Perché l'ho hai fatto?” mi chiese d'un tratto Harry. Aggrottai la fronte e feci per rispondere ma lui fu più veloce di me. “Il bacio, Louis. Perché mi hai baciato?”.
Ci pensai qualche minuto, cercai ovunque una risposta valida ma arrivai alla conclusione che non ne avrei mai trovata una perché non esisteva.
“Non lo so, Harry. Non so perché ti ho baciato, non lo so davvero. Però so per certo che lo rifarei altre mille volte” dissi con naturalezza alzando le spalle.
“Chi ti dice che io sarei d'accordo?” mi rispose con un mezzo sorriso sulle labbra screpolate.
“Da quanto è successo poco fa non mi sembra ti sia dispiaciuto più di tanto” scherzai cercando di smorzare un po' l'atmosfera tesa che si era creata.
“Hai completamente ragione, Louis” sussurrò poco prima di alzarsi e baciarmi stupendomi. Mi allontanai leggermente dalle sue labbra prima di appoggiare la fronte sulla sua e guardarlo negli occhi.
“Adoro il tuo modo di pronunciare Louis” ammisi non riuscendo a trattenere uno dei sorrisi più sinceri degli ultimi tempi.

 

Londra, gennaio 1960
 

Uscii di corsa di casa. Come al solito ero in ritardo e probabilmente avrei dovuto prendere l'ultimo pullman del mattino, arrivando tardi a scuola. Il lunedì mattina era sempre stato il giorno più brutto della settimana, per me come per altri milioni di ragazzi e uomini nel mondo. Mi chiedevo spesso se ci fosse qualcuno a cui andasse tutto bene di lunedì.
Era il primo giorno di scuola dopo le vacanze natalizie e la voglia di studiare aveva già abbandonato il mio corpo. C'era solo una cosa che mi invogliava a prendere dei bei voti: Harry. Infatti dopo la serata sul tetto il nostro rapporto era diventato serio, cosa che mi aveva stupito visto che mi aspettavo un suo rifiuto. Ci consideravamo fidanzati anche se purtroppo era un nostro piccolo segreto. Nessuno avrebbe mai potuto conoscere il legame che ci univa e ogni tanto era difficile, però preferivo resistere e sacrificarmi un po' piuttosto che perderlo del tutto. Non eravamo assolutamente una di quelle coppiette da film romantici e sdolcinati.
Avevamo un modo tutto nostro di amarci.
Molto spesso ci capitava di litigare anche per quale film guardare in televisione o quale canzone ascoltare mentre facevamo i compiti. Queste piccole discussioni, però, ci facevano capire quanto ci importasse dell'altro.
Quando mi ritrovai seduto sul pullman per tornare a casa, ringraziai Dio per aver fatto finire quella noiosissima giornata di scuola così in fretta. Pochi minuti dopo Harry si sedette silenziosamente nel posto vuoto accanto al mio. Con gesti goffi per non essere notato mi lasciava piccole carezze sulla mano e in ogni modo cercava di far aderire il suo ginocchio con il mio, come per essere sicuro che fossi lì.
In quei momenti non potevo che sorridere pensando a quanto fosse vero il detto “sono i piccoli gesti a fare la differenza”. È terribilmente vero come una persona può fare la differenza senza far nulla di straordinario, se non per te. Agli occhi degli altri eravamo due semplici ragazzi che stavano tornando da scuola come tutti i giorni, mentre tra di noi scivolavano parole silenziose, piccole attenzioni che mi facevano sentire importante.
Harry era il mio angelo. Mi aveva salvato in tutti i modi in cui una persona può essere salvata.
Arrivato a casa buttai lo zaino sul letto e tirai fuori dalla giacca i guanti. Insieme ad essi mi ritrovai un bigliettino tutto stropicciato. Lo aprii e lessi il contenuto, scritto da Harry. Mi chiedeva un appuntamento, sul tetto dell'edificio dove ci eravamo ritrovati a passare la notte di natale. Più felice di un bambino con un giocattolo nuovo, mi buttai sul letto e passai il resto del pomeriggio a pensare a lui, a noi.

Dicendo ai miei genitori che andavo a passare la notte da un amico, chiusi la porta di casa alle mie spalle. Una ventata di aria gelida mi colpì in pieno il volto facendomi rabbrividire. Mi strinsi ancor più nel cappotto e mi avviai verso il centro di Londra. Il palazzo in cui mi sarei incontrato con Harry non distava molto da dove abitavo, quindi me la presi con calma.
Rimasi a bocca aperta quando, arrivato sul tetto, trovai un tavolino apparecchiato, alcune candele accese ma sopratutto Harry vestito in smoking. Era voltato di spalle e stava guardando il bellissimo tramonto, dove il sole ci stava donando le sue ultime luci. Tutto era colorato di arancione e rosso. Mi capitava molto spesso di vedere spettacoli della natura belli come questo, eppure non avevo ancora trovato parole che fossero abbastanza per descriverli.
Mi avvicinai ad Harry in silenzio e lo guardai attentamente. I suoi lineamenti erano più belli del solito. Rimasi quasi senza fiato davanti ai suoi occhi verde smeraldo. Se trovare parole per i tramonti era così difficile, trovarle per Harry era completamente impossibile. Distolse lo sguardo dal panorama e lo incrociò con il mio sorridendo.
“Buonasera, Louis” disse alzandosi e porgendomi la mano. Mi aggrappai a lui rimettendomi in piedi a mia volta. Mi ripulii l'abito e sorrisi.
“Buonasera, Harry” sussurrai arrossendo leggermente.
“Cominciamo?” mi chiese avviandosi verso il tavolo e spostandomi la sedia.
“Volentieri” risposi sedendomi e lasciandomi curare dalle piccole attenzioni che Harry mi stava donando, come al solito.
Parlammo per tutta la cena, senza smettere un attimo. Nemmeno un secondo di silenzio, di quelli imbarazzanti. Con lui mi sentivo a mio agio. Con lui mi sentivo a casa.

“Che belle le stelle” esclamò all'improvviso lui. Ci eravamo da poco sdraiati su un letto di cuscini preparato attentamente da Harry. Stavamo guardando il cielo stellato, solo io e lui nel buio della notte.
“Sai, ho sempre avuto paura del buio, dell'oscurità. Mi sento solo” continuò lui dopo qualche attimo “Però da quando ci sei tu con me è cambiato tutto. Sei come un faro che illumina la via, evitando alle barche di scontrarsi contro la scogliera” concluse sospirando.
“Harry” sussurrai avvicinandomi a lui. Cercò la mia mano timidamente e io la strinsi per rassicurarlo. Quando lo avevo conosciuto mi era sembrato sicuro di sé, senza paure. Lo ammiravo tanto perché io non ero mai stato quel tipo di persona. Con il tempo avevo scoperto che nulla è come appare. Harry era la persona più fragile e sensibile che avessi mai conosciuto. Mi ero segretamente preso il compito di proteggerlo dal mondo, come un angelo custode.
“Louis, voglio scriverti una canzone” disse lui con occhi lucidi “Voglio parlare di come tu mi stia salvando giorno dopo giorno”.

 

Londra, marzo 1960
 

Dopo la notte sul tetto, in cui la nostra relazione era diventata ancora più intima, mantenere il segreto era diventato sempre più difficile. Com'è possibile nascondere al mondo gli sguardi di due innamorati, le carezze, silenzi non abbastanza vuoti? Harry me lo chiedeva sempre più spesso. Stava crollando. Aveva bisogno di certezze nel mondo chiuso in cui eravamo costretti a vivere.
Lo avevo visto piangere, urlarmi contro, sbattere le cose ma non me n'ero andato. Lo avevo visto nei suoi momenti peggiori ed ero ancora lì, cercando di consolarlo. Dandogli tutto quello che avevo.
Provavo ad essere forte per entrambi ma stavo per crollare anche io, insieme a lui. Mi mancava vedere il suo sorriso, i suoi occhi luminosi e verdi come le colline in primavera.
Stavamo rinunciando al nostro amore, pur di stare al mondo. Pur di esistere, anche senza vivere davvero. Senza accorgercene stavamo tagliando i fili che ci univano. Uno alla volta.
Il dolore più grande era vederlo in quelle condizioni, così decisi di rinunciare ad essere felice per vederlo sorridere un'altra volta.
“Harry” sussurrai. La gola mi bruciava e le lacrime erano difficili da trattenere “Ti ricordi la prima volta che ci siamo conosciuti? Sembrava tutto facile, ci sentivamo abbastanza forti per combattere contro tutti. Pensavamo che stare insieme fosse l'unica cosa che ci serviva per essere invincibili. Ora non basta più; non bastiamo più. Non vedo un tuo vero sorriso da mesi, ormai.”. Chiusi gli occhi e presi un bel respiro. Quando li riaprii il viso distrutto di Harry mi colpì allo stomaco come un pugno fortissimo. Era rannicchiato sul divano con gli occhi rossi e gonfi. Crollai in ginocchio di fronte a lui e presi il suo volto tra le mani. Lasciai delicate carezze sulle sue guance, nei capelli. Lui chiuse gli occhi e sentii il suo respiro regolarizzarsi. Appoggiai la fronte sulla sua e continuai il mio discorso, senza forze “Da solo non ce la faccio più. Mi ero preso il compito di proteggerti dal mondo intero, senza pensare che potevo essere proprio io la causa dei tuoi mali. Voglio vederti felice, con me o” mi bloccai di colpo, la realtà delle parole che stavo dicendo provocò nuovo, lacerante dolore allo stomaco. Cercando di lasciare fuori tutto quello che provavo ripresi “O senza di me. Harry, so cosa stai per dire. Mi dirai che insieme ce la faremo, che il nostro amore è più forte di tutti gli altri. Sappiamo entrambi che ormai non è più così. Tu hai bisogno di andare via da me e da tutto questo.”.
Harry aprì gli occhi e mi guardò. Era spaventato, cercava qualcosa nei miei occhi, nei miei lineamenti. Qualsiasi cosa che contraddicesse quello che avevo appena detto. Abbassò lo sguardo e scansò le mie mani prima di alzarsi dal divano. Mi misi in piedi subito dopo di lui. Senza riuscire a trattenermi scoppiai in un pianto silenzioso. Harry si voltò a guardarmi, un'ultima volta, prima di varcare la soglia di casa mia. Sapeva anche lui che era la cosa giusta da fare, anche se non la migliore. Quindi non disse una parola. Chiudendo la porta tagliò uno dei fili più importanti che legavano le nostre anime: la speranza. Speranza per un mondo diverso, persone con mentalità aperta. Speranza di essere accettati per quello che eravamo.
Il dolore che ci eravamo provocati a vicenda, innamorandoci, era stato il più distruttivo che avessi mai provato.
All'inizio, per i primi mesi, era stato insopportabile. Senza di lui, le sue mani, i suoi baci, le sue parole speravo ogni sera, prima di addormentarmi, di morire. Per poi scoprire di essere ancora vivo la mattina dopo.
“Con il tempo passa” dicevano tutti. No, non passa. Il dolore resta sempre lì, solo che con il tempo impari a conviverci. E così avevo fatto anche io, avevo imparato a sopravvivere senza di lui.

 

Londra, aprile 1961
 

Era passato poco più di un anno dall'ultima volta che lo avevo visto. Continuava a mancarmi ogni giorno di più, eppure cercavo di non pensarci. Ero uscito con altre persone, avevo cercato di innamorarmi di nuovo, ma avevo capito che era impossibile quando in una persona cercavo i suoi lineamenti, i suoi occhi, il suo sorriso.
Come tutti gli altri pomeriggi ero sdraiato sul divano, la televisione accesa solo per non farmi sentire solo. Bussarono alla porta e ci vollero alcuni minuti prima che trovassi la voglia di alzarmi. Arrivato alla porta trascinando i piedi, mi stiracchiai prima di aprire. Stupito mi accorsi che non c'era nessuno, attraversai il vialetto di casa correndo. Arrivato sulla strada mi guardai attentamente intorno cercando di capire chi mi avesse lasciato la busta davanti casa. Era tutto silenzioso, non vi era traccia di nessuno. Ancora più confuso di prima tornai all'uscio di casa e portai dentro con me il pacco. L'unica cosa scritta su di esso era “Per Louis Tomlinson” in una scrittura che mi sembrava familiare, ma non riuscivo a ricordare.
Dopo qualche attimo di indecisione la aprii e al suo interno trovai una cassetta e un foglio ingiallito, tutto piegato.
Iniziai a leggere le prime righe e finalmente capii che si trattava del testo di una canzone. Corsi a prendere il registratore e feci partire il brano.

 

If I could fly, I'd be coming right back home to you.
I think I might give up everything, just ask me to
pay attention, I hope that you listen 'cause I let my guard down.
Right now I'm completely defenceless”

 

La voce di Harry riempiva la stanza, le sue parole riempivano il mio cuore. L'aveva fatto davvero, mi aveva scritto una canzone. Lacrime calde rigavano le mie guance, lacrime piene di tristezza, di malinconia. Lacrime trattenute per troppo tempo, nascoste dietro a falsi sorrisi.
In quel momento capii una cosa. Potevano essersi spezzati tutti i fili che ci univano, che avevamo annodato insieme. Però ce n'era uno che non ci avrebbe mai lasciato, lo sentivo ancora lì, stretto intorno al cuore, che lo faceva battere più forte che mai: l'amore. In tutto questo tempo era rimasto sempre lì, vicino a me.
Gli addii non sempre segnano la fine. Saremmo sempre stati insieme, lontani ma vicini.

 

Londra, agosto 1961
 

Harry non si fece più vedere, da quanto avevo sentito in giro si era trasferito a Parigi per finire la scuola. Proprio per questo decisi di andarmene anche io, di lasciare Londra e tutti i ricordi legati a quella città.
La mattina della partenza, dopo aver salutato tutti i miei parenti e amici, partii con la vecchia macchina usata regalatami da mio padre. Prima di prendere l'autostrada per andare all'aeroporto, svoltai in una via a me molto familiare. Accostai e scesi dall'auto con il cuore in gola. Mi ritrovai davanti al locale preferito di Harry, dove avevo capito per la prima volta di provare qualcosa per lui. 
Sospirai e chiudendo gli occhi girai finalmente la pagina di quel libro ingiallito anche chiamato vita, concludendo uno dei capitoli più belli della mia esistenza. Così facendo sentii il pezzo più importante di me abbandonare il mio corpo per posarsi tra quelle parole.
Presi coraggio e voltai le spalle a quel luogo tanto importante quanto pieno di ricordi dolorosi. Salii in macchina e partii, pronto a riempire le pagine mancanti della mia vita con parole nuove, piene di gioia, dolore, felicità o tristezza; parole che non sarebbero mai più state belle come quelle scritte quando eravamo in due.

 

Amsterdam, febbraio 1970
 

Il libro venne pubblicato poco dopo la fine della stesura e divenne subito un successo. Tra mille mila persone che avevano letto la sua opera, Louis sapeva che c'era un uomo dai capelli ricci indomabili e due occhi verdi più brillanti delle stelle.
Louis uscì in giardino, senza curarsi di prendere qualcosa per coprirsi, guardò la luna piena sopra di lui sorridendo come non faceva da anni.

 

Parigi, febbraio 1970
 

Harry lesse le ultime parole di quel libro che lo aveva riportato ragazzino per qualche ora. Lo richiuse delicatamente, se lo portò al cuore e si avvicinò alla finestra della sua camera da letto. La luna piena invadeva il cielo scuro di inizio febbraio; e per la prima volta in dieci anni, Harry nel buio della notte non si sentì più solo.

   
 
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