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Autore: Annabel_Lee    15/11/2015    7 recensioni
Federico è sempre stato più assorbito dal suo dolore, dalla sua rabbia, per prestare attenzione a quella altrui: ma qualche volta succede, e ti ritrovi uno sguardo intrappolato in testa e non sai più che fartene, perché sembra che niente te lo possa strappare di dosso.
Lo sguardo, neanche a farlo apposta, è quello di Michael.
[Midez]
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Fedez, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“A me. La storia di una delle mie follie.”
-Arthur Rimbaud

II

Comfortably Numb


 

E' strano vivere con la testa altrove, col cuore atrofizzato assorbito in un mondo che sembra una terra lontana, da sfiorare con la punta protesa del dito di una mano. Lasciarsi trascinare nel vortice instancabile del lavoro. Giornate in studio, interviste, servizi fotografici: Benvenuto all'Hotel California e goditi il tuo soggiorno, perché col cazzo che ne uscirai.
A Federico va più che bene.
Forse perché pensare, in questi giorni, è diventato difficile. Perché ha un'ossessione in testa, e assorbito com'è nel lavoro e nella fretta, riesce a trovare il tempo per non pensare, e almeno per dodici ore al giorno sopravvive.
La sera torna a casa, bacia Giulia sulle labbra e non fa l'amore con lei. Basta ad entrambi, per adesso, ed è un periodo, e passerà, perché al mattino qualche volta se la ritrova ancora stretta fra le braccia, e il cuore gli si riempie di tenerezza.
L'amore, quello che ti tiene legato a doppio filo ad una vita che non è la tua, non è sempre, quello fatto di passioni violente e di parole mormorate nel calore di un bacio.
Amore è casa, è calma. E' il porto sicuro a cui tornare quando il freddo della notte ti gela le ossa e quando la testa ti gira troppo velocemente: Amore è fidarsi, e Federico crede di amare Giulia con tutto se stesso, perché una vita senza i suoi sguardi o i suoi piccoli gesti proprio non riesce a concepirla.
Amore c'è sempre, anche quando baci chi hai promesso di amare e non senti più le farfalle nello stomaco. Quelle sono per i disperati, i bambini. La vita vera è fatta di certezze, questo sua madre glielo ripete ancora. Proprio a lui, che ha scommesso tutta la sua vita su un canale YouTube e una manciata di rime spezzate.
Il fatto è che Federico certe cose proprio non riesce a farsele uscire dalla testa. Qualche volta si scopre con istanti stampati negli occhi senza neanche accorgersene, e così, come se li è ritrovati incastrati nel cervello, si perde a riviverli senza rendersene conto, e per quanto ci provi davvero, non riesce a lasciarli andare. La metà delle volte si ritrova con gli occhi fissi al soffitto e l'ansia che gli divora il cuore, perché quella frase proprio non doveva dirla, perché quella parola forse era meglio evitarla.
E' confuso, Federico, perché spesso e volentieri sente cose che lo fanno tremare troppo forte e che proprio non vorrebbe sentire, come la nottata insonne che passa alla ricerca di brani per il live, che finisce con una ventina di rime scarabocchiate su un foglietto di carta strappato e gettato nell'immondizia appena arriva il mattino, perché ha lasciato la mente vagare e come al solito non ne è uscito niente di buono. Il problema, alla fine, è sempre lì: in un'immaginazione troppo fervida, rimasta incastrata nelle pieghe grigie della routine di una vita che un tempo amava, che adesso è solo dovere, silenzi, notti in bianco passate ad ascoltare vecchie canzoni e a pensare a vecchi ricordi.
Federico è sempre stato troppo assorbito dal suo dolore, dalla sua rabbia, per prestare attenzione a quella altrui: ma qualche volta succede, e ti ritrovi uno sguardo intrappolato in testa e non sai più che fartene, perché sembra che niente te lo possa stappare di dosso.
Lo sguardo, neanche a farlo apposta, è quello di Michael.
Quando le prime luci filtrano dalle persiane chiuse, guarda il pezzo di carta e non sa più che farsene, perché a rileggere certe parole si stupisce di se stesso e qualcosa dentro di lui si contorce dolorosamente. E' più facile, far finta di niente. Strappare la carta, bere un caffè e fuggire.
Aggrapparsi ai rimasugli di quello che ancora insiste a chiamare Amore, ed è più l'amicizia distratta di due persone che si sono volute bene, bene davvero. Che se ne vogliono ancora.
Però c'è, il dubbio. L'emozione di qualcosa di nuovo, di strano, di diverso e di sbagliato che nasce nel petto e consuma ogni cosa, che Federico ignora tenacemente, che è legato a doppio filo al viso di Michael e a quello sguardo logoro che si è trovato congelato negli occhi.

Non sa che aspettarsi quando se lo trova davanti.
Probabilmente sarebbe più catartico vederlo come se lo era aspettato, con gli occhi gonfi e la testa bassa. Invece Michael ha il sorriso stampato sulle labbra e saltella da una parte all'altra, con quei suoi maglioni assurdi e quel suo gesticolare entusiasta che riesce sempre a farlo ridere come un cretino.
E' competitivo, spigliato, lo prende in giro e lo stuzzica, ed è come se niente fosse accaduto, e Federico si sente più leggero, ma non lo fa apposta.
Si sente un baro quando, completamente per errore, si ritrova nel loft mentre l'altro gira il daily con i suoi ragazzi. Se qualcuno della produzione lo trova lì probabilmente si può scordare il posto di giudice nella prossima edizione, ma Dio se ne vale la pena.
Michael sta ascoltando Eva, che canta un pezzo di cui Federico non ricorda il nome, ma che conosce. Non è male, e la parte di lui che vive perennemente nella competizione storce un po' il naso.
Quando il ragazzo finisce, l'altro si alza in piedi. “E' bello, ma non è ottimo.” dice, con la voce attenta e misurata che tutti loro usano a telecamere accese.
“Se ti dico una cosa,” comincia, con un sorriso giocoso sulle labbra “che non sei nella strada, sai cosa vuol dire?”
Eva annuisce, e risponde con sicurezza.
“Che non è la direzione giusta?”
L'espressione di Michael cambia repentinamente, e Federico se ne accorge, anche se tutto quello che riesce a vedere di lui è una massa indistinta di ricci scuri. Inspira profondamente e butta fuori un “No,” secco e deciso, che quasi quasi sembra un rimprovero.
Federico è piuttosto sicuro di aver sentito lo stesso tono in bocca ad un paio dei suoi vecchi professori del Liceo, e trattiene a stento una risata.
“Tu sei un cantante di strada. Un cantante di strada deve fare tante cose per rendersi sicuro.” lo sente dire.
Ondeggia sui talloni e abbassa gli occhi, nel momento di silenzio in cui cerca le parole adatte nella lingua giusta “Su questo palco di X factor, tutti questi milioni di persone per tre minuti ti ascoltano, e dunque tu deve alzarti a questo platform, a questa responsabilità.”.
Mentre parla sposta il peso da una gamba all'altra, muove le mani su e giù, come se non riuscisse a dire tutto quello che vorrebbe, e l'unico modo per tirare tutto fuori è agitarsi e scuotere via le parole che gli restano impigliate tra gola e petto.
Preso dall'entusiasmo raggiunge Eva dall'altro lato della piccola stanza, e Federico può vedere chiaramente la luce decisa che gli brilla negli occhi.
“Quando io canto così,” dice, ondeggiando goffamente da un lato e dall'altro “sguardo che è sempre un po' dappertutto, non c'è l'autorità di fare.”
Raddrizza la schiena, alza il mento e abbassa le spalle, fissando lo sguardo davanti a sé, e lo vede, e i loro occhi si intrecciano come se niente fosse.
Si guardano per un brevissimo istante, e poi Michael sorride,
“ Ma quando io canto così,” Dice, “Voi volete ascoltare molto di più.”
Sembra quasi stia parlando a lui, e se Federico non riesce a staccargli gli occhi di dosso non è certo questione di carisma o ammirazione: lo guarda perché improvvisamente, in tutta la stanza, non c'è più nient'altro da guardare. Solo Michael, e i suoi occhi scuri e maliziosi, che dopo un momento lo lasciano andare.
“Questa posizione può provocare molto più fiducia.” dice ai suoi ragazzi.
Federico si perde ad osservarlo, e cerca i suoi occhi più di una volta, ma Michael è bravo a far finta che lui non sia lì. Arriva persino a dargli di nuovo le spalle, e l'altro lo prende un po' come un insulto.
Poi Eva canna una nota, e Michael è di nuovo in piedi, e questa volta tiene il testo della canzone in mano ed è davanti al microfono, e quando apre bocca Federico forse perde un battito, perché l'ha guardato negli occhi prima di abbassarli sul foglio di carta in bilico fra due dita.
Quando intona i primi versi della canzone, cala il silenzio assoluto, e persino gli altri due ragazzi della sua squadra si guardano sbalorditi a sentire quella voce calda e bassa che si muove agile fra sillabe e accordi.
Federico l'avrà sentito cantare in un registro così due o tre volte, e forse è il cuore che improvvisamente sembra esplodergli nel petto a parlare, ma si chiede come mai non lo faccia più spesso.
Rimane ad ascoltare, a guardare. Il suo sguardo incontra quello di Michael un altro paio di volte, mentre parla ai suoi concorrenti, mentre si passa distrattamente una mano tra i capelli.
Federico sa che è un gioco pericoloso, eppure aspetta fino all'ultima canzone dell'ultimo ragazzo, prima di andarsene, confuso e distratto.
La verità è che forse comincia a capire, capire davvero. Il pensiero lo spaventa.
“Tu sei sleale. Non dovresti ascoltare le prove dei miei ragazzi.”
Federico si volta di scatto e Michael è davanti a lui, le labbra incurvate, che lo guarda dall'alto in basso con uno sguardo strano dipinto negli occhi scuri, ed è così soddisfatto della reazione che ottiene da lui che non riesce proprio a nasconderlo.
Non ha idea di che cosa ci faccia ancora qui, lui che appare e scompare come un capriccio e non ha quasi mai neanche il tempo di fermarsi a respirare. Federico lo guarda stralunato, e anche se sembra un ladro colto sul fatto, non c'è davvero niente da nascondere.
Non è vero?
Stringe la sigaretta elettronica fra le dita, rimpiangendo il fumo vero e la mezza ragazzina bionda e spigliata a cui riesce sempre a scroccare una Marlboro nel backstage, quando proprio non riesce a farne a meno.
“E' stato un caso, ne ho approfittato.” borbotta poco convinto, e il sorriso sornione di Michael si apre ancora un po'.
“Tu hai paura, Fedéz. Don't you?”
“Paura? Primo e secondo posto, Mika. Non ho bisogno di sbirciare le tue prove per farti il culo.”
“Ah Sì? Eri lì per le prove?”
Rispondi a questo, Federico.
Michael sembra un enfant terrible con quel ghigno dipinto sul viso, i capelli fuori posto e il maglione colorato, e Federico si rende improvvisamente conto di quanto il suo volto sia vicino al suo solo quando si tira indietro, e tutto quello che gli rimane, mentre lo guarda allontanarsi a lunghe falcate, è il fantasma del suo respiro sulle labbra.

La verità è che Federico non pensa più all'angoscia e al silenzio quando incontra Michael nei corridoi del backstage. La sua preoccupazione evapora così come l'aveva travolto, e prova un altro sentimento che sul momento non si cura di spiegare, perché ad un tratto tutto sembra più leggero.
A quello che sente ci pensa dopo, quando torna a casa e tutto lo investe di nuovo, e un messaggio di Giulia lo avverte di non aspettarla sveglia, che le dispiace, che farà tardi. Gli dà comunque la buonanotte, e lo ama tanto, e non è normale il peso che sente nel petto mentre legge certe parole.
Non è normale, perché in un letto grande e vuoto rimane a fissare il soffitto e si chiede perché Michael è ancora nella sua testa, e gli si stringe lo stomaco al pensiero. Non capisce, non vuole, perché certe cose non le ha mai provate, non le ha mai messe in discussione.
Prima che se ne accorga sono le tre del mattino, la porta di casa si apre, e Giulia gli scivola accanto nel letto, facendo attenzione perché non si è accorta dei suoi occhi spalancati e del suo cuore impazzito.
Si volta piano, Federico, e la stringe a sé e la bacia sulle labbra, e per un momento i suoi capelli lunghi e neri sono ricci e ribelli e Federico scaccia l'immagine dalla sua testa come una bestemmia.
Le stringe i fianchi con un po' troppo entusiasmo, le sfiora il seno con la punta della dita, e la bacia così forte che sembra ci voglia annegare, in quella bocca.
Provare qualcosa, qualsiasi cosa che non abbia il sapore amaro di una verità indesiderata, di un desiderio che ha il retrogusto amaro di un peccato.
Amo Lei, Voglio Lei. Nessun altro.
Se lo ripete dieci, cento, mille volte prima che Giulia lo allontani con una risata stanca, sorpresa e divertita. E' tardi, e domattina devono entrambi alzarsi presto, e davvero, proprio non è il caso.
Federico la tiene comunque stretta a sé. Serra gli occhi, e sogna Michael, labbra sottili e riccioli scuri.
Il mattino dopo, naturalmente, il sogno svanisce, e lui non lo ricorda.

Quando Michael è nervoso si morde le labbra a sangue, e il suo sguardo si fissa in un punto e su un pensiero. Federico lo guarda con la coda dell'occhio, e si accorge dei pugni chiusi e delle nocche sbiancate che tiene ben nascoste sotto il tavolo, lontano dagli spettatori e delle telecamere.
E' difficile, quando uno dei tuoi è sul palco a fine puntata, e tutti i tuoi sforzi si esauriscono in “No” imbastiti di buoni pretesti e scuse che, sul momento, ti sembrano soltanto emerite stronzate.
Non si stupisce quando, dopo il suo giudizio, Michael contrae ancora di più la mascella ed evita il suo sguardo.
Eva viene eliminato senza troppo rumore, senza troppi rimpianti. A Federico dispiace sinceramente, ma il ragazzo al pubblico non piace, ed Eleonora è sicuramente il male minore.
Si sente un po' uno stronzo soltanto quando Michael scatta in piedi e sale sul palco, e lo vede dire qualcosa nell'orecchio del suo concorrente che gli sorride con gli occhi un po' lucidi di chi vede un sogno svanire ad un passo dal realizzarsi.
Sì. Proprio un grande Stronzo, anche se la parte di lui che continua ad incazzarsi ogni volta che Michael si mette a criticare senza cognizione di causa i Moseek gongola un po' troppo rumorosamente. Tra le altre cose ancora gli girano le palle per l'esibizione degli Urban: è giusto, godere un po' delle sfortune altrui.
Federico si rilassa contro lo schienale della sedia, e guarda l'altro scomparire dietro le quinte, aspettando che mandino la pubblicità per tirare fuori la sigaretta elettronica.
Prende un paio di boccate poco convinte, aspetta.
Michael ricompare soltanto quando uno dei tecnici comincia a segnare con le dita il conto alla rovescia per la diretta.
Gli si siede accanto, gli Iron Mais cominciano a suonare, e Federico si sporge verso di lui.
“Tutto bene?”
Michael avvicina la sedia alla sua, annuendo gravemente.
“E' un gioco.” Glielo dice sporgendosi verso di lui, avvicinandosi al suo orecchio per farsi sentire oltre la musica, e Federico non sa se lo fa di proposito, ma una delle sue mani si posa sulla sua coscia e improvvisamente qualcosa si contorce insistente nel suo stomaco.
“Come l'ha presa?”
Mentre parla, Michael inclina la testa verso di lui e i suoi riccioli gli solleticano le labbra, e la sua voce trema un po'. La mano dell'altro è ancora lì, e Federico non fa niente per allontanarla.
“Continuerà a provare.”
Non possono dire molto altro. La canzone sta per finire, e le telecamere li inquadrano un istante e sono costretti a tornare ai loro posti, e la mano di Michael indugia un secondo di troppo.
Federico trattiene il respiro.
Lo spettacolo continua, e lui torna a sentirsi piacevolmente insensibile.

Lo trova nello stesso posto, sotto i lampioni alogeni del parcheggio deserto.
“Potevi metterti una sciarpa, zio. Non ti conviene giocarti la voce per fare la diva.”
Michael ride piano e il suo respiro si condensa nell'aria fredda dell'autunno Milanese. Si è tolto la giacca, e se ne sta appoggiato al muro in maniche di camicia con i polsini slacciati, e ci saranno sì e no dieci gradi, e Federico si stringe un po' di più nella sua felpa.
La ragazzina delle sigarette gli ha lanciato una mezza occhiata di rimprovero prima di porgergli una Marlboro light, e anche se a Federico le Marlboro light fanno particolarmente cagare tiene comunque stretta nel pugno una sigaretta che non vorrebbe accendere.
Uno lavora per mesi e mesi per liberarsi di una dipendenza, e bastano serate del genere a farti capitolare. Almeno ha smesso di farsi le canne chiuso in camerino, ma forse quello è più una conseguenza dell'assenza di Morgan e delle sue stronzate che vera forza di volontà.
“Avevo bisogno di una pausa,” lo liquida Michael con un gesto indistinto della mano “Troppa gente dentro.”
“Non è colpa mia se ti porti dietro anche i cani.”
“Cani non sono un problema. Mia madre è peggio, credimi.”
Federico soffoca una risata, che l'altro riflette appena. Appoggia la testa al muro e chiude gli occhi espirando profondamente. “Ancora convinto che sia più dura per i ragazzi?” chiede Federico dopo un istante.
Michael non apre gli occhi. Sembra quasi stia dormendo, immobile com'è nella luce giallastra dei lampioni. Le ombre sul suo viso accentuano la piega rilassata delle labbra sottili, e scavano il suo volto accentuando gli zigomi affilati e la mascella pronunciata.
Federico si sente le mani intorpidite dal freddo anche nelle tasche della felpa, e ci prova con tutto il cuore, ma non riesce a smettere di guardarlo. Le sue ciglia tremano appena quando risponde.
“Quel ragazzo, lui ha un grande talento. Lui...”
Il suo volto si acciglia un istante, e una rete sottile di rughe gli increspa la fronte. “Com'è in italiano? To sing one's heart out.”
“Non ne ho idea. Ma credo di aver capito cosa intendi.”
“Eppure è uscito.”
Una mezza idea del perché Federico ce l'ha, ma non vuole infierire.
“Cazzo, ma non hai freddo?” dice invece, e la risata dell'altro arriva roca e poco convinta.
“Londra è peggio in questo periodo.”
Rimangono intrappolati in un silenzio teso e pesante, e Michael continua a tenere gli occhi chiusi, e Federico indugia un istante prima di accendersi la sigaretta con un gesto nervoso.
Quando l'altro sente lo scatto dell'accendino, si volta a guardarlo. “C'mon Fede! Ce l'avevi quasi fatta.”
“Che ti devo dire.”
Michael scuote piano la testa, “Sai, solo perché rovinano le corde vocali. I'd smoke one too right now.”
Federico lo osserva interdetto, un sopracciglio inarcato.
“Non fare così sorpreso. Sono comunque cresciuto a Londra durante i nineties. Cigarettes are not that big of a deal, but they're no good for a singer, you know.” e il sorriso che gli riserva è complice e un po' malizioso.
Proprio Michael, che piuttosto che parlare di certe cose si nasconde dietro un muro di risate e silenzi eloquenti.
“Non ti ci facevo. E' difficile immaginarsi un Mika sedicenne che saltella strafatto da tutte le parti.”
“Strafatto? Cosa vuol dire?”
Federico ci pensa un secondo. “High?.” dice alla fine, la pronuncia un po' incerta.
“Oh, Well. Penso che prima o poi tutti entrano in contatto con queste cose. Ho provato un paio. Avevo diciasete anni, infatti, ero ad una festa e uno dei ragazzi va, e dice: prova. Era Ecstasy, credo. Sono stato male.” Gli scappa una risata. “Piuttosto patetico.”
Federico sorride con l'altro, e si porta la sigaretta alle labbra.
Vorrebbe poter dire che anche per lui è stato così facile. Un tizio che conosci appena ti offre della roba, tu la provi e ti fa schifo e torni alla tua vita di sempre.
Qualcuno l'avrebbe chiamata tendenza all'autodistruzione, ma Federico se ne fotte anche adesso, che la droga se l'è lasciata alle spalle, insieme alle stronzate di quando aveva vent'anni e la vita la guardava con la superbia che solo l'adolescenza ti cuce addosso, quando ti senti invincibile e il mondo è tuo, e un tiro di coca è quello che serve per convincerti che non sono solo stronzate quelle che ti stai raccontando.
Almeno quella è una brutta abitudine a cui ha rinunciato.
Il telefono di Michael comincia a squillare.
Federico capisce chi c'è dall'altro lato, quando l'altro imposta il silenzioso dopo il terzo squillo. Nota anche che il cellulare è nuovo, e di questo non si stupisce.
Lo sorprende di più l'improvvisa irritazione che sente nei confronti di un uomo che ricorda vagamente, che non conosce oltre a saluti di rito, convenevoli vuoti, e a quella volta in cui Michael ha tanto insistito per portarli tutti fuori a cena, il giorno in cui avevano finalmente finito di lavorare su Beautiful Disaster. Un viso fra tecnici e truccatori, un sorriso congelato in mezzo ai frammenti di una fotografia caduta a terra.
Vorrebbe dirgli di mandarlo a fare in culo.
“Dovresti rispondere,” dice invece, e dovrebbe sentirsi una persona migliore, ma non è così.
“E' a Londra per lavoro. Non ho parlato con lui da settimana scorsa.” Mormora Michael, guardando distratto lo schermo del telefono.
Federico fa un mezzo passo avanti, gli posa una mano sulla spalla, e una tensione strana cade fra loro. Ha il sapore amaro di una sigaretta fumata a metà, della loro stanchezza condivisa che è più mal vivere che altro.
“Sento le rotelle che girano nella tua testa Fede.” Michael gli sorride appena, la mano che gesticola vaga. “Non c'è bisogno che tu pensa a paroloni per consolarmi.” lo guarda negli occhi con le labbra strette in una linea sottile, e Federico abbassa la testa, stringendo la presa su di lui.
“L'hai detto tu Mic. Sono complicate, queste cose.”
Qualcosa forse si spezza, ed è strano il modo in cui il mondo comincia a correre velocemente nell'istante che segue quelle parole dette senza troppa convinzione. Federico quei momenti li vede scorrere davanti agli occhi come in un sogno, come in una storia raccontata male e frettolosamente.
Michael ha di nuovo addosso quello sguardo strano, mentre si raddrizza, si china verso di lui, e Federico sente lo stomaco arricciarsi quando una delle sue mani gli sfiora quasi casualmente il collo, appena sotto l'orecchio, lungo il contorno scuro dei tatuaggi, e davvero, non è pronto a quello che sta per succedere.
Lo sente, nell'aria, nel buio che corre fra loro, nelle ombre che scivolano fra i loro visi. Lo sente e lo rifiuta, ma il suo respiro accelera appena, e vorrebbe tirarsi indietro, spingerlo via: perché è troppo, troppo vicino, perché lo sta guardando fisso negli occhi e quella sul suo collo è diventata una carezza insistente.
Non sono così, pensa Federico. Non è giusto, e forse mente a se stesso.
Michael esita un istante, poi gli prende il viso fra le mani.
La sigaretta cade a terra.

I can't explain, you would not understand
This is not how I am
I have become comfortably numb.

 

Note:
Comfortably Numb è una canzone dei Pink Floyd che non ha bisogno di presentazioni (la trovate comunque qui ). Io l'ho sempre sentita come una canzone che parla di alienazione, di intorpidimento morale, di 'depressione', in un certo senso. Da qui il motivo per cui l'ho scelta come titolo di questo capitolo, che forse è quello che tra tutti quelli che ho scritto fino ad ora mi convince meno. Anche se è praticamente una settimana che lavoro sul quarto e ho scritto la bellezza di dieci righe: ma vi assicuro che una vaga idea di quello che sto facendo ce l'ho. Anche se non sembra. Ah, dimenticavo: la canzone che cito all'inizio è ovviamente Hotel California, degli Eagles, che con una metafora meravigliosa parla proprio dell'industria musicale e dei suoi lati più edonistici ed autodistruttivi. Insomma, secondo me ci stava.
Metto le mani avanti: la scena del daily è presa pari pari da quella andata in onda.
La citazione di Rimbaud all'inizio viene invece da uno dei testi che vanno a comporre "Una stagione all'inferno" (Alchimia del verbo, per chi fosse interessato). Sembra non c'entri un cazzo con quello che c'è scritto, ma in realttà è lì con cognizione di causa. Almeno credo. 
Finito il lato puramente burocratico voglio ringraziare tutti coloro che hanno recensito il capitolo precedente. Non mi aspettavo che questa storiella potesse piacere tanto. Davvero, andateci piano con i complimenti, non me li merito. 
Un bacio, e alla prossima. 

Edit 16/12/15: Capitolo betato da emitea 

  
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