Anime & Manga > My HiME - My Otome
Segui la storia  |       
Autore: emyliane    15/11/2015    1 recensioni
Non potevano domandarsi che una cosa soltanto... chi era lei? E lei non si domandava che una cosa... sarebbe riuscita a salvarle?
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Natsuki Kuga, Shizuru Fujino
Note: Traduzione | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

NDA: Sono sempre più produttiva quando dovrei studiare... vai a sapere perché.
Grazie a tutti i recensori, e come ringraziamento un capitolo uscito super velocemente (o comunque più rapidamente rispetto agli ultimi)!

A psycheforeros: oh è dura la vita senza computer! Personalmente, non ce la faccio. E' per questo che conservo anche i vecchi che sono buoni solo per aprire word (o programmi simili). Perché avere una pagina di word e una tastiera, è già tanto... Internet è un'altra storia (per il momento funziona, incrociamo le dita che continui così). Per quanto riguarda la fine di questa storia (in due capitoli che non ho ancora scritto) non ho ancora deciso se farla finire bene o male.
P.s. ho evitato di infierire sulla parte della scimmia e della liana anche se ero molto tentata. XD

A Guest: effettivamente fa 666, mdr. Non è grave, preferisco ampiamente ricevere una recensione in più piuttosto che un numero come quello. Ancora grazie e buona lettura :)

NDT: consiglio caldamente di rileggere gli ultimi tre capitoli (a partire dal rapimento di Mai) prima di questo, in modo da capire e godervi meglio la rivelazione finale XD Buona lettura anche da parte mia!


Capitolo 23

Nobu Kikugawa non era un uomo che si spaventava facilmente. Di carattere piuttosto posato e riflessivo, evitava spesso di giungere a conclusioni affrettate e procedeva sempre per tappe, con l'aiuto degli indizi e della logica. Era per via di queste sue qualità che era così bravo nel suo lavoro.

C'era solo una cosa in grado di sconvolgere l'ordine abituale della sua vita.

Sua figlia.

Yukino era la fonte delle sue più grandi gioie e soddisfazioni. Una ragazza terribilmente facile da accontentare e da amare. Un misto di timidezza e di eterna lealtà verso i suoi amici e la sua famiglia.

Aveva passato la vita a vegliare su di lei, come la luce dei suoi occhi. Anche se ultimamente, e in particolare in quell'ultimo anno, sua figlia si era allontanata da lui. Non era stata colpa di nessuno, solo le circostanze.

Nobu aveva faticato a sbarcare il lunario, e aveva lavorato più ore del previsto per pagare le cambiali e riempire il frigorifero. Sapeva che in qualunque momento, una semplice telefonata a Itsumi Suzushiro avrebbe potuto colmare i buchi del suo conto in banca ma, per orgoglio, la semplice idea gli era inconcepibile. Non voleva dovere niente a nessuno. Che sua figlia non pensasse mai di essere in debito o peggio, inferiore a chicchessia e soprattutto ai Suzushiro, la cui figlia Haruka era la sua migliore amica.

Il fatto era, tuttavia, che anche quando i due si erano allontanati l'uno dall'altra, Nobu aveva sempre saputo con esattezza dove si trovasse sua figlia. Non che la pedinasse, la ragazza faceva ciò che voleva - la maggior parte del tempo Nobu non sapeva neppure cosa facesse - ma voleva sapere dove fosse. Era la prima e più importante regola della famiglia Kikugawa.

Quando si indagava regolarmente su crimini e sparizioni, si imparava presto che simili avvenimenti potevano accadere in qualunque luogo e in qualunque momento. Nobu forse era pessimista, ma se qualcosa doveva succedere voleva avere una pista, un modo facile per rintracciare il percorso di sua figlia prima dell'eventuale tragedia.

L'uomo si era dato innumerevoli volte del paranoico, che cose simili non sarebbero mai accadute e che non valeva la pena rovinarsi la vita pensando continuamente al peggio. Malgrado tutto, aveva comprato a sua figlia un cellulare perché potesse sempre dirgli dove si trovava. E poiché per il suo lavoro talvolta era costretto a farlo, ed aveva quindi le conoscenze e i materiali per poterlo fare, aveva installato una pulce gps per sapere costantemente dove si trovasse Yukino. Le informazioni erano visibili in ogni momento sul suo cellulare.

D'abitudine, Nobu controllava sempre che il sistema funzionasse al mattino prima di andare al lavoro.


Quella mattina Nobu era partito presto. Poiché Itsumi era stata sospesa e gli aveva detto che il dossier Otome era stato archiviato con la morte di Shizuru Fujino, l'uomo aveva accettato un nuovo incarico. La storia, noiosa per un detective, di una donna che pensava di essere tradita. Nulla di interessante, e che gli richiedeva di prendere il traghetto. Ma il lavoro era ben pagato e non voleva rischiare di ritrovarsi di nuovo in difficoltà finanziarie. Una buona parte del generoso stipendio di Itsumi era già stata spesa nelle riparazioni del suo vecchio furgone e della casa.

Uscendo di casa, il segnale gps gli indicò che sua figlia era in camera sua dove sapeva che stava ancora dormendo.

E scendendo dal traghetto, una rapida occhiata gli disse che la ragazza era ancora a casa loro.

La mattinata fu tuttavia abbastanza impegnativa, e l'uomo non ebbe occasione di verificare nuovamente il segnale. Verso le due o tre del pomeriggio però, mentre beveva un caffé amaro comprato da un distributore automatico, lanciò un'occhiata distratta al suo telefono prima di rimetterlo in tasca. Per via dell'abitudine, aveva guardato senza davvero vedere la presenza del segnale. Ma quando fu sul punto di risalire sul suo furgone con cui aveva percorso il tragitto dal traghetto, qualcosa lo infastidì. Una sensazione confusa e opprimente. Come un bisogno impellente di trovarsi da un'altra parte. Un forte istinto.

Nobu aveva percorso con lo sguardo la strada, alla ricerca di un pericolo che potesse scatenare in lui delle sensazioni così strane. Ma la via era tranquilla, un po' vuota a quell'ora in cui la gente era al lavoro. L'uomo aveva quindi tirato fuori nuovamente il suo telefono per verificare dove si trovasse sua figlia.

Il suo cuore aveva smesso di battere per un istante. Lo schermo non mostrava il minimo segnale. Nobu inspirò profondamente. Era da stupidi cadere nel panico per così poco. Come qualsiasi materiale elettronico, la pulce gps doveva avere sicuramente qualcosa che non andava.

Chiamò la figlia. Prima sul telefono fisso. Quando era a casa, lasciava spesso il suo cellulare in camera. Poi, visto che non rispondeva, sul cellulare. Yukino poteva essere uscita, ed essersi dimenticata di dirglielo. Nulla di eclatante. La ragazza era umana, una dimenticanza era un errore frequente.

Ma nessuno rispose, nemmeno al cellulare.

Nobu sentì crescere l'angoscia dentro di sé, e dovette sforzarsi di pensare con calma. Yukino non aveva lezioni quel giorno, per via dei funerali delle sue due compagne di classe. Se non era né a casa né a Gakuen Fuuka, non poteva trovarsi che a casa di Haruka.

L'uomo chiamò quindi il numero fisso dei Suzushiro, aspettandosi già di essere preso in giro da Itsumi che lo chiamava costantemente Papà Iperprotettivo.

Nobu preferiva di gran lunga definirsi Papà Previdente.


Ottenne risposta al primo squillo.

"Parla Suzushiro."

"Itsumi-san? Sono Nobu."

"Ah, Nobu-san! Temevi che fossi tornata a lavorare malgrado la mia sospensione?"

"No, no," rispose lui. "Volevo solo assicurarmi che Yukino fosse a casa tua."

Itsumi lasciò cadere un breve silenzio.

"Non che io sappia, lasciami verificare."

Mentre attraverso il ricevitore Nobu sentiva Itsumi spostarsi, quest'ultima riprese la conversazione con il chiaro scopo di tranquillizzare l'amico.

"Ho detto mille volte a mio marito che con una casa così grande Haruka potrebbe organizzare una festa in nostra presenza senza che noi nemmeno ce ne accorgessimo."

"Haruka-san non lo farebbe mai. E' fin troppo rispettosa delle regole."

Itsumi rise. Haruka aspirava da tempo a diventare presidentessa del Consiglio Studentesco, ma non era un segreto per nessuno che era tagliata per fare la direttrice esecutiva. Come sua madre, aveva un dono nell'applicare e fare rispettare le regole. Crearle richiedeva tutta un'altra serie di competenze.

Di recente, la ragazza aveva dichiarato che quelli che sostenevano che 'le regole sono fatte per essere infrante' non fossero altro che dei cretini che non avevano evidentemente capito il significato della parola 'regola'. Aveva poi borbottato una sequela di nomi tra i quali Kuga e Yuuki erano stati ripetuti di frequente e accompagnati da bestemmie colorite.

Itsumi trovò finalemente sua figlia, intenta a leggere un manuale scolastico con tutta l'attenzione che ci si poteva aspettare da lei.

"Haruka," chiamò sua madre mettendo una mano sopra al ricevitore.

"Hm?"

"Yukino è qui per caso?"

"Yukino? No, perché?"

"Non sai dove potrebbe essere?"

"A casa sua. Mi ha detto che non sarebbe uscita oggi. Ma potrebbe avere cambiato idea. Perché?" Chiese la ragazza a sua volta.

Haruka aveva completamente perso interesse nella lezione. Itsumi le fece segno di aspettare.

"Nobu?"

"Sì, sono sempre qui."

"Yukino non è a qui. Sei sicuro che non sia a casa vostra?"

"Non so. Non ha risposto."

Non le disse che la pulce gps non funzionava. Itsumi gli aveva sconsigliato di usarla, affermando che la cosa era un attentato ai diritti fondamentali di libertà e di privacy di qualsiasi persona.

"Potresti... andare a dare un'occhiata? Cercherò di prendere il prossimo traghetto, ma mi ci vorrano almeno due ore prima di essere a casa."

"Nobu, calmati," insistette Itsumi. "Forse Yukino non ha sentito il telefono, oppure stava facendo un bagno. Potrebbe perfino essere uscita a fare una passeggiata. Fa freddo, ma il tempo è bello."

"E' che..."

"Che sei un papà iperprotettivo," lo interruppe Itsumi.

"Okay, può essere. La cosa non mi impedisce," confessò l'uomo, "di avere messo una pulce gps nel suo cellulare."

Itsumi lasciò che un silenzio eloquente gli facesse capire cosa pensasse di quella decisione.

"E allora qual è il problema?"

"Il segnale è scomparso."

"Scomparso?"

"Sì, è sparito."

"Forse ha voluto un po' d'intimità ed è andata da qualche parte dove non voleva che tu ficcassi il naso, detective! Magari dal suo ragazzo?"

"Yukino non ha nessun ragazzo," le risposero in coro.

Itsumi alzò gli occhi al cielo sentendo la risposta di sua figlia e del suo amico. Evitò di dire a Nobu che i figli potevano tranquillamente nascondere questo tipo di informazioni ai loro genitori, soprattutto se suddetto genitore era un ansioso paranoico che di mestiere faceva il detective privato e che molto probabilmente avrebbe ficcato il naso nella vita intera del primo ragazzo che avesse attirato l'attenzione di sua figlia. Però non c'era motivo per cui Haruka non ne fosse al corrente, se Yukino aveva un fidanzato.

Quindi... Itsumi voleva ben credere che la sua ipotesi fosse falsa.

"Vuoi che vada a dare un'occhiata a casa tua? Va bene, ci vado. Devo ancora avere la chiave da qualche parte. Ne approfitterò per verificare la tua dozzina di allarmi, e setacciare la tua casa con la professionalità di un poliziotto alla ricerca di indizi su una persona scomparsa. In ogni caso, non ho niente di meglio da fare."

Nobu era pronto a subire la derisione della sua amica pur di avere la certezza che sua figlia fosse al sicuro.

"Bene, sarò lì tra un paio d'ore," disse in tono serio prima di riagganciare.


Itsumi scosse dolcemente la testa, divertita e allo stesso tempo preoccupata per quel padre di famiglia fin troppo ansioso secondo la sua modesta opinione.

"Ci sono dei problemi? E' successo qualcosa a Yukino?"

Anche Haruka era inquieta. Già sul punto di allacciarsi le scarpe e infilarsi il cappotto.

"No, penso che Nobu sia preda di una delle sue crisi di panico. Ma andare a vedere non costa nulla."

Itsumi aveva avuto a che fare con suddette crisi di panico diverse volte. Sei anni prima, aveva quasi sguinzagliato una dozzina di poliziotti per ritrovare la bambina. Che in realtà aveva solo mezz'ora di ritardo perché all'uscita da scuola era andata a mangiare un gelato. Per essere un uomo così posato e riflessivo, Nobu perdeva la testa quando si trattava di sua figlia e pensava sempre al peggio.

Itsumi non prendeva più sul serio quelle che lei chiamava 'crisi di panico', ma ogni volta verificava sempre che non ci fosse nulla di serio.

"Ti accompagno," decise Haruka, già pronta ad uscire.

Itsumi si preparò a sua volta e decise di prendere l'imponente 4x4 familiare per andare a casa dei Kikugawa.

Non ci volle molto tempo, e Haruka fu la prima a saltare giù dall'auto per andare a bussare alla porta della sua amica.

"Yukino," urlò. "Yukino! Apri!"

Alla fine Itsumi tirò fuori la chiave che Nobu le aveva dato ed entrò in casa.

Le luci erano spente, la casa silenziosa e l'allarme in funzione. Sembrava che Yukino fosse uscita. La donna disattivò l'allarme dopo essersi ricordata il codice poi fece il giro della casa per assicurarsi dell'assenza della ragazza, mentre Haruka preferì andare subito nella camera della sua amica.

In effetti Itsumi trovò strano che Yukino, normarlmente così premurosa, si fosse dimenticata di avvisare suo padre che sarebbe uscita. Se si aggiungeva poi la pulce gps difettosa, o la ragazza non voleva che Nobu scoprisse ciò che stava facendo oppure le era successo qualcosa. Tuttavia, se avesse voluto che suo padre non scoprisse dove si trovava avrebbe potuto semplicemente lasciare il cellulare a casa.

Itsumi sospirò tra sé e sé, infastidita nel trovarsi a provare la stessa angoscia di Nobu. Poteva aspettare un'oretta per vedere se Yukino tornava prima di compilare una lista di potenziali sospettati, decise accendendo la televisione. Haruka la raggiunse ben presto, con un evidente cipiglio sulla fronte.

"Anche tu sei preoccupata," finì per dirle.

"Yukino non sparirebbe mai in questo modo."

"Non è scomparsa, probabilmente è solo uscita," ripeté sua madre.

"La cosa non mi tranquillizza... con Yuuki e Bubuzuke..."

Itsumi fece una smorfia e attirò Haruka a sé. Dimenticava spesso che sua figlia conosceva le due ragazze 'sepolte' quella settimana.

"Non ti preoccupare, Haruka. Non c'è nessun legame tra Fujino-san, Yuuki-san e Yukino, okay?"

A quella frase, Haruka s'irrigidì e si separò dall'abbraccio della madre.

"Davvero?" Mormorò, così dolcemente che Itsumi faticò a sentirla.

Sembrava una domanda retorica piena di sarcasmo. Una risposta insolita per sua figlia. Il suo fiuto di investigatrice percepì che c'era qualcosa sotto.

"Haruka. Cosa intendi dire?"

"Nulla," balbettò improvvisamente la ragazza.

Haruka era una pessima bugiarda. Anche solo con quella semplice risposta Itsumi capì che stava mentendo.

"Haruka," insistette. "Non è un gioco. Due ragazze sono morte, se sai qualcosa a riguardo me lo devi dire!"

La ragazza spostò lo sguardo da sua madre alla televisione.

"Haruka!"

"Tu... tu non mi crederesti mai, neppure se te lo dicessi."

Itsumi non aveva mai visto sua figlia apparire così vulnerabile.

"Haruka," le disse dolcemente. "Sai qualcosa sulla morte di Yuuki-san o Fujino-san? Sono legate all'assenza di Yukino?"

"No," rispose la ragazza. "Yukino non ha niente a che fare con quella storia. Ma... non era un segreto per nessuno che Yuuki e Bubuzuke non andassero d'accordo. Yuuki detestava Shi- Fujino."

"Haruka, le indagini non hanno mai fatto emergere una cosa simile. Al contrario, sembra che Yuuki-san e Fujino-san non si conoscessero nemmeno. Il loro unico legame era di essere entrambe studentesse a Gakuen Fuuka."

Haruka restò con lo sguardo ostinatamente fisso sulla televisione.

"Pensi che ci sia un legame con la scomparsa di Yukino?"

La ragazza sembrò esitare.

"C'era un... euh... un gruppo."

"Un gruppo?"

"Sì... io... non posso dirti esattamente cosa facessero, ma..."

"Yuuki-san e Fujino-san facevano parte di questo 'gruppo'?"

"Sì, insieme a Yukino. E ad altre nove ragazze."

Itsumi raggelò. Perché quei numeri la mettevano così a disagio? Perché nove più tre faceva dodici, proprio il numero di cavie del Progetto Otome nel quale Itsumi era stata convinta che Shizuru Fujino fosse coinvolta in qualità di Ametista.

Spero davvero che lei riesca ad impedire quegli orrori

La voce di Shizuru Fujino al termine del suo interrogatorio le risuonava ancora chiaramente nella testa. Un desiderio, una richiesta di impedire che il Progetto Otome si realizzasse, di lasciare che dodici ragazze diventassero topi di laboratorio. Fujino era legata in un modo o nell'altro a quel Progetto, e a un gruppo che contava lo stesso numero di ragazze.

"Chi sono le altre?"

"Oka-san, io..."

"Haruka, è importante."

Dopo un'ultima esitazione, sua figlia le fornì i nomi.

Itsumi si alzò subito e chiamò un vecchio collega che era in debito con lei.

"Hey Suzushiro, approfitti delle vacanze?"

"Sospensione," corresse lei. "E no. Ho bisogno di chiederti un favore."

"Sì?"

"Sto per inviarti una lista di nomi, trovami i loro indirizzi, numeri di telefono e tutto ciò che hai su di loro, okay?"

"Sissignora," rispose l'uomo senza altri cenni di curiosità. "Lo faccio subito."

Nemmeno dieci minuti dopo, il suo cellulare squillò.

"Suzushiro?"

"Cos'hai scoperto?"

"Hm, un uomo di nome Munakata è venuto a denunciare la scomparsa di sua nipote Shiho Munakata ieri sera. Non è un caso prioritario perché la scomparsa risale a meno di 24 ore fa."

"Quando è successo?"

"Ieri in giornata, pare. Ti mando via mail ciò che ho scoperto riguardo alle altre."

Munita di un taccuino, Itsumi scrisse i nomi delle dodici ragazze del gruppo nominate da Haruka, tracciò una croce su Fujino e Yuuki per indicare la loro morte, poi tracciò un cerchio intorno a Yukino e Shiho per indicare la loro scomparsa.

Afferrò il telefono fisso di Nobu e iniziò a digitare i numeri di telefono ottenuti dal suo collega delle successive persone in lista.


Reito Kanzaki rispose per conto di sua sorella Mikoto Minagi, prima di passare il telefono alla ragazzina che domandò con voce infantile ed energica chi parlasse. Itsumi esitò ma si presentò in qualità di ispettrice Suzushiro.

"E' per via di Mai?" Domandò l'adolescente.

La donna fissò la lista e notò il nome di Mai Tokiha.

"No, perché? E' successo qualcosa a Tokiha-san?"

"Non risponde più alle mie chiamate," si lamentò la ragazzina. "Mai risponde sempre alle chiamate! E Ani-ue mi ha accompagnato a trovarla stamattina, ma non c'era."

Itsumi fece una smorfia e cerchiò il nome di Mai Tokiha con un punto interrogativo. Da verificare.

"Se la trovate, ditele di chiamarmi!"

"Certamente," la rassicurò Itsumi.

"Mi saluti Haruka," aggiunse la ragazzina prima di riagganciare.


In effetti, telefonando a Mai Tokiha nessuno rispose.


Akane Higurashi sembrava triste, molto colpita dalla perdita di Yuuki e Fujino ma comunque si trovava al sicuro a casa propria.


Sorella Yukariko Sanada sembrava molto impegnata a giudicare dalle grida di un neonato, e quasi sbatté il telefono in faccia ad Itsumi. Sana e salva.


Akira Okuzaki fece mostra di una totale indifferenza nell'essere chiamata da un membro della Polizia di Fuuka. Anche lei sana e salva.


Fumi Himeno al contrario non rispose, e Itsumi fece un cerchio intorno al suo nome con un nuovo punto interrogativo.


Quanto a lei, Midori Sugiura sembrò diffidare della sua chiamata.

"E mi telefona per quale motivo?"

"Lei è una professoressa di Gakuen Fuuka, giusto? Sto indagando sulla morte di Fujino-san e Yuuki-san," affermò Itsumi a sangue freddo.

"Ah... non vedo cosa io possa dirle sull'argomento."

"Sa se le due ragazze si conoscevano?"

Silenzio.

"Sì, è possible. Erano in classi diverse, ma Nao Yuuki veniva spesso messa in punizione. Da sua figlia tra l'altro, Suzushiro-san. Certamente si saranno incrociate nelle stanze del consiglio studentesco."

Delle mezze verità, pensò Itsumi.

"Sto cercando di contattare Fumi Himeno, non sa dove si trova per caso?"

"Ah, bella domanda! So che la scuola è chiusa per via delle morti delle nostre studentesse, ma stamattina doveva occuparsi di alcuni documenti amministrativi. Difficile sapere dove sia."

"Bene, grazie per la sua collaborazione," terminò Itsumi.


La donna vide la terza chiamata di Nobu, cui non rispose.

Le restava ancora una persona del 'gruppo' da chiamare.

"Pronto?"

La voce risuonò bassa e roca, uno strano misto di timore e speranza.

"Kuga-san?"

"Chi la cerca?"

E ora diffidenza.

Itsumi si ricordò di Natsuki Kuga, l'aveva vista il giorno prima al funerale di Shizuru Fujino. Le era sembrata distrutta. Inconsolabile. Eppure non c'era più traccia di quelle emozioni nella sua voce.

"Sono l'ispettrice Suzushiro."

"Ah... cosa vuole?"

Il tono non era cambiato. Forse si era aggiunta un pizzico di collera.

"Chiamo riguardo agli omicidi di..."

"Lo so. Ho anche sentito dire che lei è stata cacciata dalle forze dell'ordine per errori professionali."

Nessuna delle altre aveva rivelato di essere a conoscenza di quell'informazione. Natsuki pensò evidentemente che quello scambio non meritasse ulteriormente il suo tempo e riagganciò.

Ma almeno si trovava a casa propria.


Itsumi osservò i dodici nomi. La metà era cerchiata o accompagnata da una croce. Tante per una piccola isola come Fuuka, ancora di più per un gruppo di dodici persone. La donna si voltò nuovamente verso Haruka.

"Questo gruppo? Tu non ne facevi parte?"

"No."

"E Yukino invece sì?"

"Sì."

"Perché tu no?"

"Non si sceglieva di farne parte. Era... era così e basta."

"Così come?"

"Non posso dirtelo."

Itsumi afferrò sua figlia per le braccia e la fece voltare verso di sé.

"Le ho chiamate tutte. Quattro di loro non hanno più dato segni di vita tra ieri e oggi. Che cos'è questo gruppo?"

"Niente, è... non mi crederesti mai se te lo dicessi."

Itsumi lasciò passare un breve silenzio.

"Erano diverse?"

"Sì," Haruka esitò.

"Più forti, più resistenti di un normale essere umano."

"Come fai a sapere che..."

Itsumi si ricordava i dettagli del dossier sul Progetto Otome, e le conclusioni del professore che era andata ad interrogare insieme a Nobu. La necessità di disporre di cavie particolari, più forti della media per sperare che resistessero e sopravvivessero alle nanomacchine. Non serviva a niente perdere tempo su come un simile gruppo avesse potuto formarsi, o su come avessero ottenuto ciò che le rendeva diverse. La cosa più importante era che sembrava che il Progetto Otome si stesse svolgendo sotto i suoi occhi e lei avesse una possibilità di poter bloccare le cose.

Impedire quegli orrori.

Non era sua abitudine coinvolgere la famiglia nelle sue indagini, ma per una volta forse sarebbe stato necessario. Haruka sembrava avere alcuni pezzi mancanti del puzzle.

"Pensi che la sparizione di queste ragazze sia legata agli omicidi di Yuuki-san e Fujino-san?"

Itsumi la pensava così.

"Non lo so. E' successo qualcosa a Yukino?"

La paura e la rabbia di perdere qualcuno cui teneva brillavano nello sguardo di sua figlia.

Se voleva sperare di comprendere la situazione, doveva fare le domande giuste.

Non ebbe il tempo però di continuare la discussione perché la porta di aprì di colpo e apparve Nobu, senza fiato e in preda al panico.

"Perché non rispondi alle mie chiamate?! Dov'è Yukino?"

Itsumi lanciò un'occhiata dispiaciuta al suo amico, poi fece cenno ad Haruka di aspettare lì.

Trascinò Nobu nell'ufficio di quest'ultimo e gli raccontò ciò che aveva scoperto in quelle ultime tre ore. Alla fine l'uomo sprofondò sulla sua sedia, con gli occhi velati di lacrime.

"No, devi sbagliarti. E' vero... sono un po' paranoico, probabilmente è fuori a fare una passeggiata," disse.

In un altro tempo e in un altro luogo, Itsumi avrebbe potuto sorridere davanti al loro rispettivo cambio di mentalità.

"Lo vedi," continuò l'uomo, "anche tu a forza di pensare continuamente a quel dossier vedi dei collegamenti in cose che tra loro non c'entrano nulla."

Itsumi non trovò una risposta da dargli. Poi Nobu sembrò improvvisamente ricordarsi di una cosa.

"Giusto! Ho installato di recente delle telecamere dentro casa, sono sicuro che vedremo che Yukino è solo uscita a fare due passi."

L'immagine non era molto nitida, mal inquadrata e non c'era audio. In effetti, videro Yukino andare ad aprire la porta e restare qualche minuto sulla soglia a parlare, senza che si potesse vedere chi c'era sul portico o di cosa parlassero. Con un'espressione preoccupata, Yukino ripassò davanti alla telecamera, scomparve e riapparve di nuovo con le scarpe e il cappotto indosso. La videro mettere l'allarme e uscire.

Itsumi e Nobu si scambiarono un'occhiata. Il rapimento era avvenuto alle 8h37 del mattino, circa dieci ore prima. Era passato troppo tempo per una semplice passeggiata. L'uomo si stava facendo sempre più pallido, e ciò che prima era angoscia si stava trasformando in puro panico.

"La troveremo."

"Prima o dopo che faccia la fine di Fujino-san e Yuuki-san?" Ribatté amaramente Nobu.

Se tutti i rapimenti erano collegati, Fujino-san e Yuuki-san non erano sicuramente morte per caso. Doveva esserci un motivo dietro ai loro decessi. Fujino-san, almeno, era profondamente legata a quella storia ed era a partire da quel legame che Itsumi contava di approfondire la faccenda.

"Haruka," chiamò.

Sua figlia arrivò, con un'espressione sempre più ansiosa. Fujino era morta, non avrebbe potuto ricavare da lei le informazioni che cercava. Ma la ragazza era ancora giovane, a quell'età si avevano spesso degli amici, dei migliori amici o un confidente qualunque con cui si condividevano le cose importanti e a volte i fardelli troppo pesanti da portare da soli.

"Fujino-san teneva a qualcuno in particolare?"

"Sì. Kuga, era la sua persona più importante."

Quella formulazione le parve strana, ma Itsumi non ci si attardò. Effettivamente Kuga era sembrata la persona più colpita dalla morte di Shizuru, e le era sembrata sulla difensiva durante la sua chiamata. Sarebbe dovuta passare da lei.

Non per telefono, però. Era una conversazione che avrebbe dovuto fare faccia a faccia.

Itsumi riverificò il suo indirizzo sulla lista di nomi e si diresse verso il suo fuoristrada. Con Nobu e Haruka alle calcagna.


La follia era una vecchia compagna di Shizuru. Era emersa una sola volta, e sangue era stato versato. A partire da quel momento la ragazza si era premurata di tenerla sotto controllo, nelle profondità del suo essere. Non aveva mai pensato che potesse un giorno liberarsi nuovamente.

Viola era stata un riflesso del suo futuro che malgrado le difficoltà non era mai caduta nella follia. Perché? Come aveva fatto Viola a restare sana di mente dopo tutto quello che aveva passato? Aveva visto Natsuki morire davanti a suoi occhi. Era perché aveva iniziato a rendersi conto del suo potere, della sua capacità di tornare indietro nel tempo? Era perché sapeva di poter ricominciare la partita dall'inizio?

Shizuru non aveva ancora delle nanomacchine nel sangue che potessero darle una seconda possibilità. Era quella la differenza che determinava la sua razionalità? O semplicemente avrebbe ottenuto un miglior controllo sui suoi demoni con il tempo?

La ragazza non lo sapeva e per il momento non le importava. Con agilità era scivolata nelle stanze ancora immerse nel buio, disarmata forse ma non nondimeno terribilmente pericolosa. Conosceva perfettamente quell'appartamento. I due intrusi invece erano più incerti. Non avevano ancora acceso la luce.

"Cosa c'è?" Tuonò una prima voce.

"Credo ci sia qualcuno," fu la risposta sussurrata.

Persona intelligente, pensò Shizuru. I suoi occhi si erano abituati all'oscurità, e distingueva adesso una delle due figure - un uomo - procedere a tastoni lungo il muro di fianco alla porta d'ingresso. Ma l'appartamento per un fastidioso difetto di costruzione aveva l'interruttore della luce più lontano, lungo il corridoio.

Il secondo individuo preferì usare una torcia con cui esplorò una parte della stanza.

"Kuga-san?" Chiamò la voce.

La figura con la torcia aveva una pistola. Il fascio luminoso la faceva luccicare nell'oscurità. La paura e la rabbia aumentarono in Shizuru. Tese i muscoli e restò incollata al muro, aspettando che l'individuo armato si avvicinasse. La ragazza sapeva di essere più forte di un uomo. Se si fosse impadronita dell'arma, poiché la seconda persona pareva essere disarmata, non avrebbe più corso nessun rischio.

Esalò un respiro tremante e si concentrò sulle tracce degli intrusi. Il fascio luminoso si avvicinava. Shizuru si tese sempre più al suo arrivo poi, una volta che fu a portata, saltò. Il cannone dell'arma deviò durante l'attacco sparando a vuoto e gli avversari rotolarono per terra, le loro ombre disegnate dalla torcia caduta durante l'assalto. Malgrado la sua forza, Shizuru non ebbe così facilmente la meglio nello scontro. Il suo aggressore o la sua vittima - questione di punti di vista - possedeva una tecnica di lotta a mani nude che non conosceva. Il loro respiro era pesante, e delle grida e dei colpi risuonarono. Malgrado tutto Shizuru sentì solo il sangue pulsarle nelle orecchie, sorda a qualsiasi altro rumore. L'adrenalina stimolava la follia e iniziava lentamente ma inesorabilmente ad erodere il resto della sua ragione.

Poi improvvisamente la luce della stanza abbagliò i protagonisti, permettendo al secondo individuo di distinguere il proprio alleato dal loro aggressore. Shizuru non seppe cosa la colpì, ma la botta le arrivò nel punto esatto in cui Natsuki l'aveva colpita la sera prima. Il suo zigomo già malridotto le inviò un'ondata di dolore così intensa a quel nuovo colpo appena ricevuto che la sua testa si piegò all'indietro. Immediatamente il primo individuo, che prima era armato, le saltò sopra e la bloccò a terra, tirandole le braccia all'indietro.

Shizuru gemette di dolore, poi sentì il rumore caratteristico delle manette e il freddo metallo ormai ben noto chiudersi intorno ai suoi polsi. La afferrarono poi senza riguardo, prima di spingerla sul divano.

"Merda," sentì borbottare. "Mi ha rotto il naso."

Un sorriso divertito spuntò sulle labbra di Shizuru a quella notizia, poi la ragazza si costrinse ad aprire entrambi gli occhi - uno dolorante dopo il colpo ricevuto in pieno viso - e aspettò che la vista le tornasse a fuoco. Per fortuna si era tolta le lenti a contatto colorate, non osava immaginare cosa sarebbe successo se il vetro si fosse rotto in seguito allo scontro.

Poi le due figure sfocate si fecero finalmente più chiare.

"Suzushiro-san?" Gracchiò.

Avrebbe potuto riconoscere tra mille la donna malgrado il naso sanguinante - sangue che le colava al momento lungo tutta la parte inferiore del suo viso.

Mentre con una mano si teneva il naso, la poliziotta allungò la mano verso Shizuru che chiuse istintivamente gli occhi per il timore di essere colpita una seconda volta. Invece la donna le tirò indietro il berretto che non si era tolta per tutta la giornata.

Un respiro, poi...

"Fu- Fujino-san?"

Ah, sì... pensavano che fosse morta.

Di fronte alle loro espressioni sorprese e sgomente, Shizuru cercò di formulare una giustificazione plausibile ma non ebbe il tempo di trovarne una perché la porta d'ingresso si aprì nuovamente.

"Ho sentito un colpo di pistola... va tutto bene?"

Itsumi Suzushiro si voltò verso sua figlia.

"E quando tu senti un colpo di pistola ti precipiti dritta verso la sua fonte. Cosa ti avevo detto, Haruka?"

"Io..." iniziò a volersi difendere la ragazza.

Poi il suo sguardo si spostò su Shizuru.

"Bubuzuke?!"

Shizuru fece una smorfia al grido di Haruka.

"Ma... ma tu sei morta! Ero al tuo funerale! Come puoi essere ancora qui?"

"E' quello che vorremmo sapere tutti," disse Itsumi riportando la sua attenzione su Shizuru.

"Ara, potremmo discuterne in modo civile. Senza le manette."

"Assolutamente no," esclamò Itsumi. "Mi sei saltata addosso e mi hai rotto il naso."

Shizuru si accigliò. Il colpo l'aveva per metà rintronata, ma stranamente le aveva rimesso a posto le idee. La follia non era mai troppo lontana ma per il momento non c'era pericolo di vederla prendere il sopravvento sulla sua ragione.

"Mi lasci," ribatté. "Non ho tempo per queste cose. Il mio attacco è stato di legittima difesa. Siete entrati per effrazione."

"E tu allora?!"

"Natsuki mi ha dato una chiave."

"Dov'è Kuga-san a proposito?"

Shizuru strinse i denti.

"Se solo lo sapessi," disse in un sibilo. "Devo trovarla, mi lasci andare."

"Come fai ad essere in vita?" Insistette invece Itsumi.

"Mi lasci andare!" Ordinò Shizuru alzando la voce. "Devo trovare Natsuki. Mi può fare tutte le dannate domande che vuole più tardi."

"Ha ragione," intervenne Nobu. "Dobbiamo trovare Yukino e le altre."

"Cosa sai di questi rapimenti?" Riprese Itsumi mantenendo lo sguardo fisso sulla ragazza.

Shizuru si permise una risata sarcastica.

"Non intendo risponderle. Mi lasci andare."

"Bene, allora ti porto al commissariato. Sono certa che saranno curiosi di sapere perché non sei dentro un'urna in questo momento."

"Non ci andrò," affermò la ragazza.

"Posso assicurarti di sì. Sono una poliziotta, se ti dico di seguirmi al commissariato tu mi segui e basta."

"Lei non è più una poliziotta," ribatté la ragazza in tono aggressivo quando Itsumi cercò di afferrarla per trascinarla con la forza all'esterno.

Di colpo Shizuru - che aveva iniziato a dibattersi - si fermò. Davanti a quella reazione inaspettata Itsumi smise di tirarla, e la scena e i suoi protagonisti si immobilizzarono in una strana maniera.

"Lei è una poliziotta," mormorò Shizuru in tono inespressivo. "Rappresenta l'ordine e la legge, per servire e proteggere i cittadini, giusto?"

Itsumi lanciò un'occhiata dubbiosa prima verso Nobu e poi sua figlia prima di annuire.

"Non c'è quindi ragione di rifiutare di seguirvi. Soprattutto quando non si ha nulla da nascondere." Era una riflessione emersa per conto proprio. Una riflessione talmente semplice, ma cui non aveva mai avuto motivo di pensare in passato.


Chi era il Terzo Distretto? Una parte di un'organizzazione che conduceva degli esperimenti illegali abbastanza potente da non essere nota a nessuno, incredibilmente ben celata agli occhi di tutti.

Il Carnival era stato oggetto di studio del Primo Distretto, e se c'era mai stato un evento difficile da nascondere, quello doveva essere in cima alla lista. Shizuru, come le altre del resto, aveva pensato che le ripercussioni del Carnival fossero state gestite - insabbiate - dal Primo Distretto, che avesse quindi dei rappresentanti nei servizi d'urgenza e tra le autorità. Questo avrebbe spiegato la mancanza quasi totale di un'inchiesta riguardante la distruzione del ponte di Fuuka e dell'Accademia.

Ma gli agenti di polizia, più precisamente il loro numero, era rimasto lo stesso dopo la distruzione di tre dei quattro Distretti.

Ancora senza la minima indagine.


- Viola avrebbe dovuto rallentare il Progetto. Dopo tutto, i prodotti necessari per la costruzione delle nanomacchine erano stati confiscati dalla polizia.

Forse il dossier riguardante il Progetto OTOME che era nelle mani del commissariato non avrebbe mai suscitato l'apertura di nessuna inchiesta, ma avrebbe dovuto almeno preoccupare il Terzo Distretto - spingerli a farsi ancora più cauti, fino a rallentarli.

Eppure le HiME erano state rapite prima del tempo.

Perché alla fine, quello stesso dossier non conteneva forse una quantità fenomenale di appunti sui problemi e i malfunzionamenti delle nanomacchine? Non era forse un resoconto dei prossimi tre anni di ricerca condotta sulle HiME, in un documento che era accessibile a chiunque all'interno del commissariato?


- Itsumi Suzushiro era stata la sola a credere in quel dossier, ed era stata espulsa dalle forze dell'ordine per un errore che non poteva realmente esserle imputato.


- Miyu aveva rilevato che il commissariato consumava tanta energia quanto l'ospedale, con i suoi reparti di cura e di ricerca.


- Commissariato che tra l'altro era l'unico edificio dell'isola a non essere mai stato ristrutturato, malgrado le numerose offerte più che generose avanzate dai Suzushiro.


- Sembrava che gli investigatori avessero volontariamente chiuso gli occhi di fronte alla patetica messa in scena che Shizuru aveva creato per coprire le tracce di Natsuki e le proprie sulla scena degli omicidi di Viola e Nao.


- Il medico legale aveva omesso di precisare la presenza delle nanomacchine nei corpi di queste ultime. Altrimenti l'inchiesta non si sarebbe conclusa così rapidamente, e sarebbero state avviate delle ricerche per capire che cosa fossero.


- E il Terzo Distretto quando rapiva le sue vittime se ne fregava di lasciare dietro di sé dei cadaveri, come l'uomo che era stato ucciso durante il rapimento di Yukino. Se ne fregavano delle indagini. Dopo tutto, a condurle erano loro.


- E Itsumi stessa l'aveva appena detto. Quando un uomo delle forze dell'ordine ti ordina di seguirlo, tu lo fai. Perché il loro lavoro è proteggerti. Sono le ultime persone che penseresti ti farebbero del male.


Shizuru ebbe improvvisamente voglia di vomitare. Le cose erano talmente logiche.

Se il Terzo Distretto era riuscito a nascondersi dietro al commissariato, la polizia di Fuuka, le persone coinvolte dovevano occupare delle posizioni elevate all'interno della sua gerarchia. Abbastanza da riuscire a condizionare l'intera organizzazione, occupando ruoli ufficiali e perfettamente legali. Impossibile lottare o mettersi contro di loro. Come Itsumi le aveva fatto notare: loro sono la Polizia. Come dire che sono la legge.

Potevano controllare e nascondere la distruzione degli altri Distretti, condurre esperimenti dove nessuno avrebbe mai pensato di cercare, sotto lo stesso commissariato, motivo per cui il minimo lavoro di rinnovo poteva essere disastroso.

I prodotti acquistati e inoltrati illegalmente a Fuuka potevano a volte essere recuperati in modo perfettamente legale con un semplice sequestro delle autorità. Ne avevano il diritto. E se l'informazione non trapelava, perché tutti gli agenti coinvolti nell'operazione appartenevano all'organizzazione, potevano tranquillamente utilizzarli.

Quanto ai rapimenti, non c'era bisogno di minacciare proprio nessuno. Un semplice distintivo, la rassicurazione che erano venuti a prenderle solo per fare una semplice deposizione riguardo ai recenti avvenimenti - come la sua cosiddetta morte - e s'instaurava subito un clima di fiducia. Li si seguiva, ci si faceva accompagnare fino in commissariato. Forse perfino nei sotterranei dove si trovavano i laboratori. E quando si comprendeva la realtà, era già troppo tardi. Si poteva urlare, gridare. Era già troppo tardi.

I parenti si sarebbero rivolti alle stesse persone, avrebbero pianto la scomparsa delle loro figlie davanti a loro e avrebbero chiesto loro di ritrovarle.

E loro li avrebbero rassicurati. Poi sempre loro alla fine avrebbero detto di avere cercato e... di non averle trovate. Avrebbero mentito con quell'aria dispiaciuta di chi comprende e prova pietà, mentre sotto i loro piedi quelle stesse figlie sarebbero rimaste prigioniere e sul punto di morire agonizzanti...


Shizuru non si rese conto del momento in cui le sue riflessioni si trasformarono in un fiume di parole e di lacrime. Non sapeva a partire da quando Nobu Kikugawa, Itsumi Suzushiro e Haruka avevano iniziato ad ascoltare i suoi pensieri.

Il fatto era che in quel momento spettava a loro prendere una decisione. Scegliere se crederle e lasciarla andare o se portarla al commissariato, nelle mani del Terzo Distretto.

E l'unica prova che aveva erano le sue parole.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > My HiME - My Otome / Vai alla pagina dell'autore: emyliane