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Autore: Heartless_18    16/11/2015    4 recensioni
Lei: Samantha Jackson, denominata psicopatica disadattata.
Lui: Sven Clark, denominato stronzo di professione.
L'apparenza inganna, e Sam lo sa bene.
Un angelo.
E' questo l'aggettivo che gli ha affibbiato la prima volta che i suoi occhi si sono puntati su di lui.
Peccato che poi questo angelo abbia aperto bocca, rivelando la sua natura da demonio.
Il problema? Per Sam è già troppo tardi, anche se cercherà invano di combattere contro la forza dell'attrazione che la spinge irrimediabilmente verso di lui.
Ma anche Sam sa di non essere un angioletto, quindi quale coppia più perfetta di due diavoli che indossano maschere da angeli?
“Tutto il mio cuore è suo; Gli appartiene e con lui rimarrebbe, anche se il fato destinasse il resto di me a stargli per sempre lontano.”
-Charlotte Brontё, Jane Eye.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Quando aprii gli occhi la prima cosa che vidi fu un soffitto di un color verde sbiadito.
Davvero triste come scenario, considerando che non fossi neanche sicura di riuscire a guardare altro.
Provai a muovere la testa e riuscii impercettibilmente a spostarla di lato, quel tanto che bastò per poter vedere una marea di fili intrecciati tra loro, che si ricollegavano tutti al mio braccio.
Ruotai gli occhi e la seconda cosa che vidi fu mia madre, ripiegata sulla sedia con gli occhi chiusi.
Mamma. Provai a dire, ma la voce non uscì.
Diedi un colpo di tosse e riprovai. “Mamma..” Riuscii quella volta a pronunciare fiocamente.
La vidi scuotersi lentamente dal suo sonno, mettendo a fuoco lo sguardo con qualche difficoltà.
Quando i suoi occhi incontrarono i miei li sbarrò, urlando poi qualcosa in direzione della porta.
Quelle grida mi apparvero confuse, l’unica cosa chiara però era che non mi trovassi a casa mia.
Entrarono nella stanza diverse persone, ma nessuna di loro era dal volto conosciuto.
Uno di loro mi sistemò i tubicini che avevo puntati nel braccio, mentre un altro ancora mi puntava una luce accecante negli occhi.
Lo sapevo io dove gliel’avrei ficcata, se non l’avesse fatta finita..
“Come stai Sam?” Mi chiese un terzo, ai piedi del letto con una cartella clinica in mano.
Deglutii, e avvertii un dolore alla gola. Ma per il resto nulla di drammatico.
“Bene..” Riuscii a rispondere.
Ma dovetti cercare di capire anche io se fosse la verità o l’avessi detto solo perché ormai ero abituata a rispondere in quel modo.
“Sai dove ti trovi?” Domandò ancora, scandendo bene le parole.
Cosa pensava, che fossi ritardata?
“Sì, in ospedale..” Feci una smorfia di disgusto.
Avevo sempre odiato quei postacci, pieni di tristezza e puzza di disinfettante.
“Ti ricordi cos’è successo?” Domandò ancora.
Aprii bocca per rispondere, ma all’ultimo mi bloccai.
Cosa mi era successo?
Io non..ricordavo.
Cominciai ad andare nel panico e a respirare affannosamente.
I medici mi furono subito addosso per tenermi ferma, ma smisi di dimenarmi quando puntai lo sguardo fuori da quella dannata stanza.
Più lontano, dietro una porta di vetro, c’era Sven.
Lui era là e..ora ricordavo.
Smisi di dimenarmi e cercai di ritornare a respirare normalmente, seppur averlo visto non aiutasse i battiti del mio cuore a battere in modo regolare.
“Sì, ora ricordo..mi hanno sparato.” Sussurrai.
Speravo che il terzo grado fosse finito, perché al momento l’unica cosa che volevo fare era buttarmi di corsa fuori da quella stanza.
“Hai dormito per una settimana intera Sam.” Ci tenne a rendermi partecipe il medico.
La mia bocca si schiuse in una ‘o’ perfetta, mentre l’incredulità si faceva spazio in me.
Una..settimana?
Beh, per lo meno non avrei potuto lamentarmi di aver passato le notti in bianco come negli ultimi tempi..
“Dottore, quando potrà essere dimessa?” Domandò mia madre, con evidente gioia nella voce.
“Dovremmo fare degli accertamenti, ma ormai il peggio è passato. Vado a parlarne con il capo reparto e le faccio sapere al più presto.” Mi lanciò un’occhiata, prima di uscire dalla stanza.
Mia madre chinò su di me e, dopo aver emesso un sospiro, mi baciò la fronte.
Quando si staccò le vidi gli occhi lucidi.
“Non sai quanto mi hai fatto stare in pena tesoro. Per un attimo ho pensato..ho davvero creduto che..” E scoppiò a piangere senza riuscire a terminare la frase.
Mi sentii male nel vederla in quel modo, e delle lacrime presero anche a rigare le mie guance.
L’idea che avrei potuto perderla mi lacerò l’anima.
Riuscii a muovere una mano e sfiorai la sua, stringendola poi impercettibilmente.
Tirò su col naso e poi urlò in direzione della porta.
Quella volta però entrò mio padre, seguito a ruota da tutti gli altri: Amy, Trent, Dee, Jay, Trey, Joe, Adison e persino Gaz.
Mi allarmai quando non lo vidi in mezzo a loro, e presi a cercarlo con lo sguardo.
“Tesoro..” L’abbraccio di mio padre interruppe il mio contatto visivo con il mondo, e mi ritrovai a stringerlo tra le mie braccia.
“Sei proprio come tua madre..i guai ti vengono sempre a cercare.”
Risi e mi distanziai da lui per lasciargli un bacio sulla guancia, poi mi guardai intorno.
Di lui non c’era traccia.
“Un giorno ti lascio da sola, un fottuto giorno, e tu ti fai quasi uccidere?”
Furono quelle le parole di Trent, prima che mi lasciasse uno scappellotto appena accennato sulla fronte.
Lo guardai imbronciata, ma poi mi sciolsi davanti ai suoi occhi lucidi.
Alzai le braccia per afferrare le sue e lo tirai a me.
“Mi hai fatto preoccupare..” Sussurrò al mio orecchio, lasciandomi un bacio sui capelli. Lo strinsi più forte, cercando di capacitarmi del fatto che fossi davvero là.
“Ragazzi, mi sembra di vedere una puntata di Beautiful.” Commentò quel coglione di Gaz, facendo ridere tutti, me compresa.
Non appena lo feci avvertii una fitta allo stomaco e istintivamente portai una mano su di esso. Era fasciato con una garza, e faceva male anche solo al minimo tatto.
Venni strapazzata un po’ da tutti, ma quella volta non mi lamentai.
Da quel momento in avanti avrei fatto uno sforzo per dimostrare agli altri quanto tenessi a loro, soprattutto dopo aver avuto la consapevolezza che avrei potuto non farlo più. Non vedere più le loro facce,i loro sorrisi..
Scossi la testa e cercai di non pensarci, ma difficilmente sarei riuscita a dimenticare.
Li guardai sorridente mentre scherzavano e tentavano di alleggerire la tensione facendomi ridere, ma poi il mio sorriso si spense quando puntai gli occhi in direzione della porta.
Appoggiato allo stipite, con le braccia incrociate, c’era Sven.
Mi fissava con il tormento negli occhi, misto al sollievo che fossi ancora viva.
Amy seguì la traiettoria del mio sguardo, e poi si attaccò all’orlo della felpa di Trent strattonandolo all’indietro.
“Ragazzi, usciamo..” Sussurrò, invitando tutti a uscire dalla stanza.
Lei lo fece per ultima, e si fermò davanti alla porta a fissare il fratello.
Fu la prima volta che la vidi abbracciarlo, e lasciarsi scappare un singhiozzo contro la sua spalla.
Lanciò un’ultima occhiata in mia direzione, prima di lasciare la stanza.
Continuai a fissarlo mentre sospirava e si staccava dalla soglia della porta, avvicinandosi al mio letto.
Impotente, potei solo aspettare che mi raggiungesse.
“Hai un aspetto orribile.” Fu la prima cosa che mi disse, con il suo solito sorriso impertinente.
Quanto mi era mancato..
“Anche il tuo non è male.” Risposi, notando le occhiaie sotto gli occhi e l’espressione sfinita.
Ispirò profondamente e si passò una mano sul volto.
In quell’istante mi ritornò in mente l’espressione di Brianne, totalmente priva di razionalità.
Impallidii, e strinsi le lenzuola tra le mani.
“Lei è..”
“Non ti darà più alcun problema. È sparita, e sono sicuro che non le verrà mai l’idea di ritornare a farci visita.” Sospirò. “Mi dispiace Sam, ma non ho potuto permettere che gli altri sapessero che fosse stata lei, né tantomeno ho potuto denunciarla. Se l’avessi fatto..sarei anche stato costretto a rivelare il motivo del suo gesto a mia madre e mia sorella e..”
“Non fa niente.” Lo interruppi, alzai una mano in sua direzione e afferrai la sua stringendola tra la mia.
In quel momento non mi importava di nulla eccetto il fatto che lui fosse là vicino a me.
La sola consapevolezza che avrei potuto perderlo per sempre, mi fece riempire gli occhi di lacrime.
Gli strizzai e le lacrime scesero, mentre lo sentivo sporgersi in mia direzione.
Mi passò una mano dietro la nuca e attirò la mia fronte contro le sue labbra.
“Mi dispiace così tanto..” Sussurrò, prima di appoggiarle nuovamente contro la mia fronte.
Mi lasciai cullare dal suono della sua voce e dal suo tocco, cercando vanamente di placare i battiti del mio cuore.
Si staccò da me e mi fissò dritta negli occhi.
Rimanemmo in quel modo, a comunicare attraverso sguardi, senza il minimo bisogno di esprimere a parole quello che sentivamo.
“Come sta la ferita alla pancia?” Domandò con tono di voce basso, per non rompere quell’atmosfera che si era venuta a creare.
“Fa male, ma suppongo che sia normale.” Vidi i suoi occhi rabbuiarsi, così aggiunsi: “Ma non ti preoccupare, sarei capace di risultare attraente anche con un buco nella pancia. Suppongo che non ci sia cosa che non mi doni a questo mondo.” Sdrammatizzai.
Chiuse gli occhi e si lasciò andare ad una risata, appoggiando la fronte contro la mia.
Poi si sporse in avanti e mi baciò. Senza preavviso, e senza dare il tempo al mio cuore di prepararsi all’emozione che avrei avvertito nel sentire le sue labbra a contatto con le mie. Ero sicura di trovarmi in paradiso in quel momento, mentre facevo scivolare una mano dietro la sua nuca e lo trattenevo a me.
Quel bacio però mi fece anche paura.
Dietro era celata la disperazione e la consapevolezza che quello sarebbe stato anche l’ultimo.
Mi staccai da lui confusa, ma non mi permise di capire arrivando ai suoi occhi, perché distolse lo sguardo.
“Devo andare Sam.” Disse, ma continuò a fissarmi immobile mentre mi accarezzava delicatamente una guancia e fissava ogni particolare del mio viso.
Sospirò, mi lasciò un bacio sulla fronte e si allontanò definitivamente.
Avrei provato a trattenerlo, e cercai di farlo, ma ero priva di forze per riuscirci.
Continuò a guardarmi mentre si dirigeva verso l’uscita camminando all’indietro, poi chiuse gli occhi e si voltò.
Scomparse dalla mia visuale ed ebbi il pessimo presentimento che fosse scomparso improvvisamente anche dalla mia vita.
 
Mi dimisero due giorno dopo, quando ebbero finito di farmi gli ultimi accertamenti per verificare che le mie condizioni fossero effettivamente migliorate.
Camminavo come una a zoppa, emettendo più gemiti di una vecchietta con l’ernia.
Quanto ero sexy! Pensai ironicamente.
Fu impagabile l’emozione che provai nel ritornare a casa mia, tra quelle mura sicure e confortevoli.
I miei avevano insistito affinché mi trasferissi da loro per qualche giorno, finché la ferita non si fosse del tutto rimarginata, ma io li avevo rassicurati dicendogli che stavo bene.
In realtà avevo solo il bisogno disperato di ritornare a casa mia e sentirmi finalmente al sicuro,di staccare dal mondo per un istante e di realizzare quanto mi fosse accaduto.
Fu difficile accettarlo,ma alla fine decisi di metterci una pietra sopra e di non permettere a quel ricordo di rovinarmi i giorni a venire.
Avevo già sofferto fin troppo, e non mi sembrava il caso di farlo ancora pensando agli avvenimenti del passato.
Il passato era passato, e rinnegarlo sarebbe stato inutile.
Gli altri si impegnarono a fondo per non lasciarmi mai da sola.
Non c’era un istante che mi concedessero per ritornare con la mente a quel giorno.
Passare il mio tempo con Trent ed Amy mi aiutava a distrarmi, mentre passare del tempo con Dee mi aiutava a sfogarmi.
Non riuscivo a farlo in presenza di Amy, perché anche lei aveva avuto fin troppe cose a cui pensare in quei giorni infernali.
Non vidi più Sven..sembrava essersi volatilizzato, ed Amy tentava accuratamente di sorvolare sull’argomento.
Non ne capii il motivo fino a quel giorno.
Alla solita ora vennero a farmi visita Trent ed Amy, ma l’aria che si respirava era diversa.
Trent se ne stava in silenzio rannicchiato sul divano, mentre Amy si torturava le mani e mi lanciava occhiate di sottecchi.
Dopo l’ennesima volta in cui puntò lo sguardo sull’orologio, non ce la fece più ed esplose.
“Mi ero ripromessa di non far uscire l’argomento, ma come ti senti? Insomma, si vede che tu stia cercando di dissimulare la notizia e di non pensarci, ma voglio dire..manca solo un’ora e poi..”
“Aspetta frena, quale notizia? E manca un’ora a cosa?” La interruppi, tappandole la bocca con una mano.
Sbarrò gli occhi e si scambiò uno sguardo con Trent ,confuso al suo stesso modo.
Mi tolse la mano di dosso e mi fissò stralunata.
“Non te l’ha..non te l’ha detto?!” Urlò sconvolta.
Il presentimento che stesse per dirmi qualcosa che non mi sarebbe piaciuto, cominciò a radicarsi in me.
“Chi non mi ha detto cosa, Amy?!”
Ispirò a fondo e si alzò dal divano, prendendo a camminare avanti e indietro.
Prese a fare respiri profondi mentre cercava di darsi una calmata.
“Non sarei dovuta essere io a dirtelo cazzo, pensavo l’avesse fatto lui!” Fu la prima volta che sentii uscire una parolaccia dalla bocca di Amy, e quello mi sconvolse non poco.
“Non posso crederci..” Commentò anche Trent, stravolto.
Ero sicura che da là a breve mi sarei messa a piangere per l’esasperazione.
“Si può sapere che accidenti sta succedendo?” Gridai balzando in piedi.
Amy arrestò il suo via vai e mi fissò tristemente, alla fine abbassò il capo senza riuscire a reggere il mio sguardo.
“Sven sta partendo.. il suo volo è tra poco.” Sospirò e trovò la forza di alzare lo sguardo su di me. “Si trasferisce a New York.”
Uragani, pandemie, terremoti..nulla di quello poteva sconvolgermi più delle sue parole.
Il tempo intorno a me si arrestò e rimase in sospensione, mentre io cercavo di assimilare le sue parole.
Sven stava partendo..
Volo..un’ora.
Trasferirsi a New York.
Ebbi l’impressione che nel mio corpo fosse appena esplosa una bomba ad orologeria, radendo al suolo ogni cosa.
Il mio corpo reagì da solo e mi piombai sulle chiavi di casa, prima di correre in direzione della porta.
Amy e Trent mi seguirono in silenzio e, una volta fuori, quest’ultimo sbloccò le sicure della macchina.
“Sali.” Mi disse, nel preciso istante in cui stavo già prendendo posto nei sedili posteriori.
Non aspettò neanche che Amy avesse richiuso la portiera che sfrecciò per la strada a tutta velocità.
Il suono del clacson delle altre macchine tentò di fermarlo più volte, ma lui lo ignorò e continuò a premere sull’acceleratore.
Stava partendo..non potevo crederci che non me l’avesse detto.
Il dolore e la tristezza per quella notizia vennero sostituite da una rabbia cieca.
Non me l’aveva detto!
Aveva avuto l’occasione per farlo, e io avrei potuto averne una per cercare di persuaderlo dall’idea.
E invece aveva deciso di tenerselo per sé, tenendomi all’oscuro.
Cos’era..il fatto di avergli confessato di essere innamorata di lui mi aveva reso off-limits da queste notizie? Non meritavo più di sapere che cazzo gli passasse per quella testa malata che si ritrovava?!
Guardai l’orologio che tenevo al polso e venni colta dal panico.
Mancava poco,troppo poco. Non ce l’avrei mai fatta!
“Vai Trent,vai!” Lo incitai, e lui premette sull’acceleratore non appena il semaforo divenne verde.
Tamburellai ritmicamente un piede a terra per tutta la durata del tragitto, torturandomi un’unghia con i denti e iniziando a sudare freddo.
Quando cominciai a vedere la struttura dell’aeroporto da lontano, sussultai sul sedile e mi tenni già pronta a scendere dalla macchina.
Francamente, l’avrei anche fatto mentre fosse stata ancora in moto.
Poco mi importava ma ,in un modo o nell’altro, dovevo raggiungerlo.
Frenò bruscamente e si fermò nei pressi dell’entrata.
A quel punto schizzai fuori come un razzo.
Speedy gonzales mi faceva una pippa!
Una volta trovatami all’interno dell’aeroporto mi tenni la testa tra le mani, cercando di non farmi prendere dal panico una volta capito che non avessi idea di dove andare.
Calma Sam, respira e ragiona..
I controlli, i controlli! Doveva passare i controlli prima di potersi dirigere verso il gate.
Quella era la mia unica opportunità di raggiungerlo.
Se li avesse superati dubitavo del fatto che la sicurezza mi avrebbe lasciata passare anche se avessi preso a scalciare come un’ossessa.
Mi avrebbe accusata di far parte di un movimento di terrorismo e mi avrebbero chiusa dentro.
Scossi la testa e ricominciai a correre, cercando di superare la fila che si stendeva prima dei metal detector.
Venni insultata e qualcuno cercò anche di spingermi nuovamente in fondo.
In una circostanza del genere mi sarei davvero fermata per infliggere del male a qualcuno e riderne sadicamente, ma non c’era tempo.
Quando arrivai al confine, sembrò che il mondo mi fosse appena crollato addosso.
Mi tenni la testa tra le mani e tremai indietreggiando.
Non c’era..lui non c’era.
Era andato, sparito, perso per sempre.
Non potevo crederci.. dopo tutto quello che avevo passato mi ci voleva anche quello!
Va bene che la mia vita aveva fatto schifo fino a qualche mese prima, ma non mi sembrava il caso che il destino avesse deciso di stravolgermela così su due piedi.
Mi hai sentita destino? Io e te siamo ufficialmente in guerra.
Smisi di cercare di fare del sarcasmo, quando realizzai pienamente ciò che era successo.
Era partito..si era trasferito a mille e mille chilometri da là e non sarei più potuta andare a riprendermelo.
Non avrei più rivisto il suo sorriso, non mi avrebbe più fatto girare le palle con il suo comportamento da stronzo, non mi avrebbe più sbattuta contro un muro per baciarmi, non..
Alzai lo sguardo e incontrai la sua figura nel metal detector affianco a quello in cui mi trovavo io.
Eccoti là, brutto pezzo di merda!
Scavalcai la fila per raggiungerlo, mentre lui si accorse si me e impallidì.
Oh si, fai bene a sbiancare..
Digrignai i denti e, non appena gli fui abbastanza vicino, gli mollai uno schiaffo in pieno viso. Era forse il più forte con cui l’avessi mai colpito, e potevo vantarmi del fatto di aver potuto godere più volte della sua espressione scioccata.
Fu in quel momento che realizzai il reale significato del bacio che mi aveva dato all’ospedale, e di quello che era scritto nei suoi occhi ma che non ero riuscita a comprendere.
“Così il bacio che mi hai dato all’ospedale era questo..un fottuto bacio d’addio?!” Gli sbraitai addosso.
Lui si guardò intorno e si accorse di essere il protagonista dello spettacolo, con me che ero la sua co-protagonista.
Sospirò e mi fece passare un braccio intorno alla vita, mi caricò sulla spalle e si diresse verso la fine della fila per avere più intimità.
Beh, avrebbe dovuto pensarci prima..
Quella volta non mi ribellai dalla sua presa e non tentai di ritornare con i piedi per terra prima di quando lui mi me l’avrebbe concesso.
Approfittai di quella situazione per lasciargli dei violenti pugni e morsi sul petto in modo da sfogare parte della mia rabbia.
Trattenne un gemito di dolore e alzò una mano per colpirmi il sedere.
Cos’ero, una bambina?
Mi infuriai ancora di più e gli tirai uno scappellotto in testa.
Arrestò il passo e chiuse gli occhi per recuperare la pazienza smarrita, prima di lasciarmi andare.
Non appena ritornai in posizione eretta, dovetti nuovamente piegarmi dal dolore.
La ferita faceva ancora male, e non era stata una buona idea dimenarmi in quel modo.
Ma mi ripresi in fretta quando vidi la sua faccia.
Gliel’avrei fatto a fette quel suo bel faccino!
Strinsi un pugno e mi preparai per dare il primo di tutta la mia vita, ma lui me lo fermò a mezz’aria e strinse la presa intorno ad esso, costringendomi ad abbassarlo.
Digrignai i denti ed evasi dalla sua stretta con uno strattone.
“E quindi stai partendo.. ti avrebbe fatto tanto schifo dirmelo? Perché non me l’hai detto?”
“Perché ero sicuro del fatto che avresti reagito così..” Si passò una mano tra i capelli.
“Ah, quindi avresti preferito che l’avessi scoperto dopo averti lasciato il tempo per dartela a gambe. Beh, in questo caso avresti dovuto far più attenzione e rendere partecipe anche Amy dei tuoi piani.” Incrociai le braccia al petto guardandolo truce.
Il mio corpo tremava, e mi stavo trattenendo dolorosamente dalla voglia di buttarmi ai suoi piedi e scongiurarlo di restare.
Lo capivo dalla sua espressione, che non sarebbe bastato quello per fargli cambiare idea.
“Sinceramente pensavo che si sarebbe limitata a tenere la bocca chiusa. Ma cazzo, avrei dovuto immaginarlo che non l’avrebbe fatto, dopotutto è pur sempre mia sorella..” Rifletté ad alta voce, e mi ritrovai ad annuire per dargli ragione.
Rimasi in silenzio a fissarlo e lo fece anche lui.
Quella volta fu lui a cedere. “Sto partendo perché devo portare a termine degli affari che aveva intrapreso mio padre..e mi sembrava il momento giusto per farlo.”
Quello che lessi tra le righe, era il fatto che stesse scappando da me.
Era un vigliacco che se la stava dando a gambe solo perché una ragazzina si era innamorata di lui.
In quel momento mi sentii svilita e umiliata, e dovetti distogliere lo sguardo mordendomi un labbro per evitare di piangere.
Avevo già rotto più volte la promessa che non avrebbe mai dovuto vedermi mentre lo facevo, e non avevo intenzione di farlo succedere ancora.
Sfinita, mi portai le mani sul viso e respirai contro di esse.
“Perché non me l’hai detto, Sven?” Richiesi in un sussurro, rimanendo con le mani davanti al viso per non guardarlo.
Faceva troppo male sapere che sarebbe stata l’ultima, e quella volta diedi ascolto al cervello anzi che il cuore, che intanto mi gridava di farlo fino allo sfinimento o sarebbe stato troppo tardi poi per pentirmene.
“Te l’ho già detto, perché sapevo che avresti reagito così.” Ripeté ancora, con tono di voce scocciato.
Quella sfumatura nella sua voce mi fece sorridere, perché era la prova che stesse mentendo e avesse paura di essere scoperto.
Lui non poteva sapere che avrei reagito in quel modo.
Non l’avevo previsto io, figurarsi lui che non era un attento scrutatore.
“Non è vero, non è per questo.” Risposi quindi, e trovai il coraggio per alzare gli occhi e fissarli nei suoi.
In essi lessi la disperazione e l’inquietudine, misto a qualcos’altro che non riuscii a decifrare.
In quel momento ebbi quasi il dubbio che, le parole che avevo sentito prima di chiudere gli occhi quel giorno, non fossero state solo frutto della mia immaginazione.
Ma ancora una volta, fui troppo codarda per chiederglielo e preferii continuare a vivere nell’incertezza.
Ad ogni modo, quello che mi sembrò di scorgere nei suoi occhi, fu qualcosa di totalmente stupendo.
Oddio, da quando essere innamorati combaciava con l’essere disgustosamente sdolcinati?
Aprì bocca per rispondere ma poi la richiuse serrando i denti.
Rimasi sconvolta quando lo vidi distogliere lo sguardo.
Non era il tipo da cedere ad un confronto di quel calibro, e ogni volta ero stata io quella ad esserne uscita sconfitta. Non lui.
Avevo pensato che non sarebbe mai arrivato questo giorno.
Si passò nervosamente una mano nei capelli e la lasciò tra di essi per qualche secondo.
Dall’espressione dura della sua postura, mi sembrò quasi che avrebbe voluto volentieri staccarseli.
Alla fine sospirò con fare arrendevole e si lasciò ricadere il braccio lungo il fianco.
Puntò lo sguardo a terra, prima di sollevarlo nuovamente su di me.
Riprese a scavarmi a fondo con i suoi occhi ipnotici.
“Perché non sono riuscito a dirti addio.”
Rimasi con il fiato sospeso per troppo tempo, e alla fine il mio corpo riprese a respirare per sopravvivenza.
Mi stupii del fatto che non fossi ancora caduta terra scossa dagli spasmi,ma che stessi mantenendo la mia postura eretta.
Avrei voluto annullare la distanza che ci separava, buttargli le braccia al collo e baciarlo fino a togliergli il respiro.
Con successivo svenimento di entrambi ma..dettagli.
Invece rimasi ferma sul posto quando mi resi conto che, anche se non era riuscito a farlo prima, lo stava facendo in quel momento.
Se così non fosse stato, i suoi occhi non mi avrebbero fissata in quel modo.
Mi accorsi di aver tenuto gli occhi sbarrati fino a quando non cominciarono a bruciarmi.
Dovetti riprendere a sbattere le palpebre per evitare che mi si disidratassero e si staccassero cadendo a terra.
“Ma lo stai facendo ora..” Riuscii a dire, cercando di scacciare quell’insopportabile nodo alla gola che mi impediva di parlare proprio quando era necessario che io lo facessi.
Tentò di avvicinarsi a me ma lo tenni a debita distanza allungando le braccia in sua direzione, utilizzandole come barriera.
“No, stai fermo.” Presi un respiro profondo. “Hai fatto la tua scelta e..lo capisco. Insomma, cosa mi aspettavo?” Risi rocamente.
Gli occhi presero a pizzicarmi e dovetti tirare su dal naso per evitare di mettermi a piangere.
Forse fu per la disperazione, o forse per la rabbia che provavo in quel momento.. Ma dissi quelle parole di cui ero certa un giorno mi sarei pentita di aver pronunciato.
“Solo, non avrei mai voluto innamorarmi. Non di te.”
L’espressione triste sul suo volto scomparve, venendo nuovamente sostituita da quel suo stato di apatia che gli faceva da scudo.
Se altre volte avevo avuto l’impressione che mi avesse chiusa fuori dal suo mondo, in quel momento ebbi l’impressione che mi avesse sbattuta fuori proprio a calci.
E fece male, dannazione se fece male.
Ma non demorsi, e neanche lui sembrò farlo.
Continuò a fissarmi continuando a scuotere la testa impercettibilmente, e alla fine gli uscì un risolino di scherno accompagnato da un ghigno.
“Ultimo avviso per i passeggeri del volo diretto a New York. Il gate chiuderà tra dieci minuti.”  Fu quello che annunciò la voce dell’altoparlante.
Mi risvegliai dal mio scombussolamento interiore, e presi a indietreggiare per allontanarmi da lui.
Lui recuperò il borsone ai suoi piedi e se lo mise in spalle.
Quando alzò gli occhi su di me avrei voluto morire.
Non mi guardava così da un po’.. e quel suo sguardo non mi era per niente mancato.
Era lo stesso che mi rivolgeva nei primi tempi, quando non facevamo altro che litigare.
Il gelo dei suoi occhi mi trafisse, causandomi molto più dolore di quanto avesse potuto fare un proiettile impiantato nello stomaco.
Ed ero pienamente sicura del fatto che lui fosse consapevole di cosa aveva provocato in me.
Fu per quel motivo che mi diede le spalle senza dire una parola in più.
Perché sapeva che, qualsiasi parola avesse potuto usare, avrebbe fatto mille volte meno male del fatto che non ne avesse utilizzata neanche una.
Sapevo che avrei dovuto girare i tacchi e andarmene con indifferenza proprio come stava facendo lui, ma non ci riuscii.
Come avrei potuto farlo..se quella che si stava allontanando irreparabilmente da me, era la mia cazzo di vita.


 
Ciao a tutti ragazzuoli!
Ok mi odiate, lo so e starete pensando "ma di nuovo? ma questi due non ce la fanno proprio!" 
Eeeh ragazzi non so cosa dirvi, ma io non sono mai stata per le storie semplici e fiabesche, quindi fatevene una ragione!
In ogni caso voglio premiarvi per la vostra pazienza, e pubblicare il capitolo successivo.
Anche perché siamo quasi alla parte finale.. quindi i risultati arriveranno.
Ora ci tengo a spiegare il capitolo, in modo che non mi uccidiate senza comprendere.
Sven non l'ha detto a Sam non ancora una volta per vigliaccheria, ma perché voleva essere uomo per una volta e affrontare con maturità quello che gli spetta.
Partire per lui era inevitabile, ma il fatto che avrebbe dovuto salutare Sam gli è sembrato troppo.
Dire un addio ufficiale, non è mai facile. Ancor meno se quella persona da salutare, per lui, è Sam.
Non possiamo sapere come avrebbe reagito se Sam però non avesse detto quella frase.. in sostanza gli ha detto di essersi pentita di essersi innamorata di lui.
Non è stata una mossa geniale da parte sua.. ma per lo meno è stato comprensibile il perché!
Troppe emozioni insieme e contenerle tutte è stato impossibile, e alla fine ha prevalso la rabbia!
Non vi faccio spoiler sul prossimo capitolo, in quanto non so ancora se lo pubblicherò stasera o meno..
Un bacio a tutti, e presto risponderò alle recensioni!
Ho una faccenda urgente da sbrigare e sono sfinita, ma vi prometto di riuscire a trovare il tempo!
Un bacione enorme.
Xoxo. Heartless.

 
  
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