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Autore: Evans92    17/11/2015    0 recensioni
Jake fa il buttafuori nelle discoteche di notte, è uno dei ragazzi più ambiti di New York, ed essendo dichiaratamente bisex ha davvero una vasta scelta.
Adam studia medicina ed è un bravo ragazzo con la testa sulle spalle, fidanzato da sempre con la stessa ragazza.
Jake e Adam sono agli antipodi, eppure sono migliori amici da sempre, e nessuno riesce a capire cosa possa legare quei due ragazzi.
Sembrano provenire da due mondi diversi, eppure paralleli, destinati a restare accanto l'uno all'altro per l'eternità senza sfiorarsi mai.. Ma sarà davvero così?
Genere: Erotico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Prologo
 
Jake non voleva piangere. 
Aveva 4 anni ed era grande. E i grandi non piangono. Era quello che gli diceva sempre suo padre, ogni volta che vedeva i suoi grandi occhi celesti gonfiarsi di lacrime. "Jack, fai la femminuccia?" E no, lui non era una femminuccia. 
Milly lo era. E lei frignava di continuo, per qualsiasi cosa. 
Perché Susan le aveva rubato la bambola.
Perché la sua maglietta nuova si era sporcata.
Perché la mamma non le aveva comprato il gelato che voleva lei.
Milly era una femminuccia insopportabile. Non lui. 
No Jack Rivers non piangeva.
Però la tentazione era così forte... Voleva scoppiare a piangere sin da quando Carl, Phil e Rob si erano avvicinati a lui, e quella sensazione era rimasta mentre lo spintonavano e lo prendevano in giro, duramente, gli dicevano che era uno straccione, che suo padre era un fallito, e sua madre una donnaccia. Tutti ne parlavano in città. Tutti sapevano come Viola Rivers si guadagnava i soldi per mantenere la sua famiglia. 
E Jack non capiva. 
Cosa volevano dire?
Lui non capiva eppure voleva piangere lo stesso. Perché faceva male, perché il suo piccolo stomaco di bambino era ancora scosso dai calci e dai pugni.
Stava tornando a casa dall'asilo.
Camminava lentamente lungo il fiume di Castle Hills, un paesino vicino New York, se si sforzava da lì riusciva anche a scorgere qualche grattacielo, peccato che la sua vista fosse troppo appannata dalle lacrime per poter vedere qualsiasi cosa.
Tirò su col nasino e si ripeté "Jack non sarai una femminuccia? No non lo sei. Allora smettila. Smettila Jake."
Ma cavolo faceva così male.. Si fermò a prendere fiato. Il braccino stretto intorno alla vita, la testa bassa e i capelli troppo lunghi e scuri che gli coprivano il viso. 
Una lacrima minacciò di sfuggirgli. Jack si morse il labbro inferiore per bloccarla. Ma quella dispettosa scivolò comunque lungo il viso paffuto.
La voce di suo padre arrivò puntuale come un orologio svizzero.
"Sei una femminuccia del cazzo Jack"
E le lacrime aumentarono, e aumentarono ancora, e ancora e ancora.. E alla fine divennero incontrollabili.
Si chinò fino a far toccare le ginocchia a terra. Si sentiva debole Jack. Aveva deluso suo padre. Non voleva farlo. 
Dei singhiozzi più forti dei suoi arrivarono proprio in quel momento. Sollevò il viso confuso e vide un'ombra alla fine della strada, chinata verso il pendio che portava al fiume. 
La curiosità di sapere chi fosse fu così forte che in un momento dimenticò che stava piangendo, che aveva il petto pieno di lividi e addirittura zittì anche la voce di suo padre! 
Piano fece qualche passo verso verso la piccola figura in lacrime. A qualche metro vide che era un bambino. 
La sua testa bionda gli era famigliare. 
Era Adam Peterson. 
Era nuovo in città, la sua famiglia si era trasferita da poco li, suo padre era un medico. Suo padre li aveva definiti "fottuti snob del cazzo" per questo Jake si era tenuto alla larga da quel bambino col viso troppo delicato.
Ma ora stava piangendo, come lui. E avvicinarsi fu naturale per Jack, quasi scontato. Tirò su col naso e rimase a guardarlo alle spalle, quel suono fece sussultare Adam che si voltò spaventato e quando vide che era lui mormorò con voce tremula
"Tu.. Tu sei Jake"
Jake non gli rispose, si sedette accanto a lui e strappò dei fili d'erba mentre Adam si puliva il naso con la manica del grembiule nuovo.
"Sei una femminuccia?" 
La domanda non gli uscì arrogante o derisoria, ma la sua era una vera curiosità. 
Adam stava piangendo e lo stava facendo senza vergogna. Doveva esserlo.
Adam si accigliò smettendo di piangere. I suoi occhi erano leggermente a mandorla e di un nocciola molto chiaro, assomigliavano al caramello. Jake adorava il caramello. 
"No!" Poi incerto gli chiese "Perché?"
Jake scosse le spalle "Stai piangendo"
Adam sbatte gli occhi e alcune lacrime intrappolate nelle ciglia caddero giù 
"Sono caduto e mi so fatto male"
Jake sorrise
"E per così poco piangi?"
Adam parve offeso 
"Per te sarà poco! Io mi sono fatto male davvero!" 
Jake continuò a ridere e allungò le gambe davanti a se. Erano più lunghe di quelle di Adam. Era soddisfatto. Essere più alto lo faceva sentire più grande.
"E tu?"
"Io cosa?"
"Anche tu stavi piangendo"
Improvvisamente Jake si sentì piccolissimo. Arrossì e distolse lo sguardo abbassandolo sui suoi calzoni logori
"Ma sei scemo? Io non piango"
"Hai gli occhi rossi"
"È la polvere"
Fu il turno di Adam sorridere
"Mi sa che lo scemo sei tu. Se ti sei fatto male piangi. Passerà prima. Me lo ha detto la mamma, e la mamma ha sempre ragione"
"Sei un mammone ecco perché frigni come Milly"
Adam parve confuso
"Chi è Milly?"
"La mia vicina di casa, è una rompiballe. Dice di essere mia moglie"
Adam rise con gli occhi ancora umidi
"Non sembri felice"
"Non voglio una moglie, il matrimonio è una stronzata"
Ripeté le parole di suo padre e Adam ridacchiò ancora
"Dici un sacco di parolacce, la mia mamma dice che.."
Jake rise
"Sei davvero un mammone!"
"Smettila non è vero!"
"Si che è vero! Cos'altro ti dice la tua mamma?"
"Che dovrei buttarti nel fiume!"
Continuarono a ridere e a scherzare e dimenticarono entrambi i loro corpi doloranti.
Quel giorno tornarono a casa un po più tardi ignari di ciò che era appena successo, certi che nulla nelle loro vite fosse cambiato.
Ma il giorno dopo all'asilo Jake ignorò per la prima volta la voce del padre e andò a sedersi vicino a quel bambino con i vestiti curati e i capelli in ordine. 
Il giorno dopo a mensa Adam gli diede parte del suo pranzo, e scoprirono di vedere gli stessi cartoni animati.
Iniziarono a vedersi dopo scuola. Jake scappava di casa e andava a vederli da lui, perché la camera di Adam era più comoda della sua. E poi a casa sua non c'era mai nessuno. 
Conobbe la madre di Adam e iniziò a prendere alla lettera tutto quello che gli diceva, perché era dolce e gli dava sempre un sacco di biscotti al cioccolato, per cui doveva aver ragione per forza.
Adam conobbe suo padre, un giorno che lo venne a prendere fuori dalla scuola, e Jake temette che il suo amico non lo volesse più dopo aver visto quell'uomo dirgli che non valeva nulla davanti a tutti, ma Adam non disse ne fece nulla, e il giorno dopo gli era ancora accanto per parlare di cartoni. 
Quando i bulletti provarono di nuovo a prenderlo a calci non lo lasciò solo e le prese con lui anche se non aveva fatto nulla. 
E un giorno in cui suo padre senza motivo lo picchiò il primo a cui pensò Jake fu Adam e correre da lui gli venne istintivo come quel giorno al fiume quando lo aveva avvicinato. E quel giorno gli scoppiò a piangere davanti senza vergogna, e si lasciò abbracciare e confortare. 
Non gli importava di passare per femminuccia. 
C'era Adam con lui.
Poteva essere semplicemente se stesso.
   
 
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