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Autore: Xanver    27/02/2009    0 recensioni
Yuko non ha più nulla, se non una figlia nata da una violenza. La guerra le ha tolto tutto...può ancora sognare un futuro? Sanji non vuol più vedere uomini soffrire e massacrarsi in inutili carneficine, farà di tutto pur di portare la pace in tutto il Giappone. Prescelto dagli dei come monaco della salvezza...fino a che il disegno divino non si scontrerà con l'amore più appassionato. Yuichi è il demone-scimmia suo sottoposto, reo di un passato di sangue e sesso, prigioniero di un diadema e degli dei. Alla ricerca di un'unica, sola, pura libertà. Satoshi nella giustizia ci crede, crede in un mondo migliore, perchè SA che il male alla fine non trionfa mai...se solo il male non fosse una parte di lui...e del suo passato. Di regole per Rin non ne esistono, nè scritte, nè morali. Contro la guerra, contro la pace. Per lei è lo stesso. Un'esistenza da assassina senza emozioni, dove un uomo vale quanto una moneta, una vita meno di un brivido di piacere o di rammarico nella sua schiena. Tutto questo è solo un esercizio di scrittura e di fantasia, niente di serio da prendere sul serio. Si tratta essenzialmente di una storia che ha come base quella della leggenda di "viaggio a occidente", ambientata nella bellicosa era Sengoku. La pubblico qui perchè l'idea della trama è drammatica, ma vedremo. =) Il prologo l'avevo già pubblicato in un'altra sezione ma ora ho cambiato. Proseguirò con lentezza nella stesura e andrò avanti a dipendenza del numero di commenti, così da vedere se ne vale la pena continuarla e farla diventare una vera storia.
Genere: Drammatico, Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le colline attorno non erano molto alte, ciò nonostante apparivano deserte, fredde, grigie.

Nella pianura da esse circondata s'era accumulata via via nella notte una fitta nebbia, e ora, con le prime luci dell'alba i suoi vapori opachi tendevano a diradarsi con lentezza, rivelando però la solita, tacita desolazione.

Un villaggio, qualche decina di casupole di bambù, qualche pagoda, un tempio...attorno pascoli impoveriti e campi sfioriti, secchi, in balia delle spire del vento gelido, ancora più oltre il fitto e oscuro bosco, tetro e decisamente poco invitante, che si appoggiava e si arrampicava fin sopra le rocce.

Solo un fiume poco scrosciante attraversava la vallata, era l'unico sintomo di movimento, di energia che ancora sussisteva, l'unico che sortiva dal poco sicuro riparo offerto dalle colline attorno e s'avventurava al di là dei pendii.

Chiunque vi fosse andato infatti, non v'aveva fatto ritorno.

Oltre le scarpate, oltre i dossi e le modeste alture infatti stava la morte.

E così come stava oltre le colline, essa dilagava in tutta la regione.

Guerra, morti, distruzione e terrore erano la quotidianità da oramai decine d'anni.

Il villaggio tra le colline non aveva fatto eccezione, ma era stato colpito meno rispetto agli altri insediamenti proprio perchè privo di interesse e di offerte di ricchezza.

Si risparmiava di annoverare tra i suoi viottoli tortuosi e sui sentieri battuti corpi rigidi di morti senza più un'identità.

Era ancora un piccolo borgo di passaggio per viandanti coraggiosi, per i corrieri di pace e di guerra (i secondi sempre più numerosi dei primi purtroppo), per chi volesse trovare ristoro da peregrinazioni dolorose tra sangue e briganti aggressori.


Lo sapeva bene Yuko, che quel giorno era uscita all'alba dalla sua modesta locanda, l'unica del paesino, e aveva spento con un soffio la lanterna che soleva tenere illuminata la notte per indicare la strada a chi volesse riposarvisi e ritemprarvisi, lontano dai rumori e dalle ingiurie della carneficina che imperversava oltre le colline.

Ogni mattina al sorgere del sole ripeteva questo gesto, da ormai dodici anni.

E in dodici anni la guerra ne aveva cambiate di cose, pensò rabbrividendo e stringendosi nel suo umile scialle che portava sopra il kimono, fin troppo leggero e sottile per poterla riparare a sufficienza dalla crudeltà del rigido inverno, ma ultimo indumento integro che possedeva.

Di mercanti di lana non ne erano più passati negli ultimi due anni, e lei l'unica coperta che aveva visto non se l'era potuta permettere allora, oltre a mancarle la lana e i vestiti, le mancavano anche le monete.

Si ricordò brevemente degli anni rosei in cui, ancora fanciulla, poteva correre libera nei campi coltivati e nelle risaie lungo i confini del villaggio, vestita con i più bei yukata e kimono che potesse immaginare; vagava spensierata per tutto il giorno insieme a sua sorella e a qualche coetaneo, in attesa che sua madre le richiamasse per assegnar loro qualche compito casalingo o qualche commissione presso i rivenditori di alimenti del paese, oppure semplicemente in attesa di veder spuntare il padre sul sentiero di ritorno verso i casolari, con il suo carretto cigolante e il montone che lo trascinava.

Ora invece la guerra le aveva portato via tutto.

Suo padre era morto in una battaglia assurda a molti chilometri da casa, obbligato a combattere per il signore del loro feudo.

Sua madre e sua sorella erano perite per l'aggravarsi della carestia di anni addietro.

A lei non era rimasto nulla.

-Mamma? Sei ancora fuori? Perchè non torni dentro? Fa freddo! -

Un timido faccino paffuto con il naso rosso per il freddo patito, gli occhi a mandorla piccoli ma dolci e i capelli corvini e risplendenti come la seta aveva fatto capolino sulla soglia della casupola.

No, a dire il vero la guerra qualcosa glielo aveva anche portato.

Otto anni prima aveva dato alla luce Kyoko, una creatura stupenda, concepita da una violenza subita da uno dei soldati imperiali di passaggio, che aveva preteso qualcosa più che un ristoro quando si era fermato nella locanda di una Yuko ancora dodicenne, e l'aveva ottenuto con la forza e la brutalità di un animale.

Così lei era rimasta sola, con un grembo che le crebbe per nove mesi.

Poi nacque Kyoko.

Era rimasta l'unica sua compagnia in quel villaggio di vecchi e di poveri.

L'unica cosa per cui ancora valesse la pena alzarsi all'alba ogni giorno e soffiare sulla flebile fiamma della lanterna per iniziare un nuovo giorno.

L'unico motivo che la inducesse ancora a sperare in una pace ventura.

Non era stata lei a domandare che Kyoko nascesse, per niente; ma ora che c'era l'unica sua preoccupazione era rimasta quella di assicurarle la possibilità di avere un futuro e una vita felice, lontano da incubi di sangue.

- Mamma!? Ti sei addormentata forse?! Ti ho chiamata prima, perchè non hai risposto? -

La bambina si fece strada fino al kimono della madre e vi si aggrappò con sicurezza.

- Eh? No Kyoko, stavo pensando...c'è vento da nord. Entro mezzogiorno si scatenerà un temporale..vieni, meglio che torniamo dentro. Magari qualche viandante verrà a ripararsi dal maltempo e richiederà un pasto caldo. Sarà meglio preparare il fuoco. Andiamo, su. -

La giovane lanciò un'ultima occhiata mesta verso le colline, chiedendosi se le battaglie erano già cominciate, e si ritirò seguita a ruota dalla bimba.

  
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