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Autore: DarkYuna    18/11/2015    3 recensioni
"Le creature che appartengono a due specie diverse, non sono destinate ad essere felici."
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*La ragazzina ed il maggiordomo*







 


Sospirai per l’ennesima volta e il fiato caldo si condensò sul vetro della macchina, innervosita dai molteplici dialoghi assemblati durante la notte insonne per chiedere scusa a Sebastian e neppure uno era uscito dalla mia bocca. Riscoprirmi così orgogliosa era spiazzante e spiacevole. La colpevole ero io, eppure non riuscivo a non avere un moto di animosità verso di lui, avrebbe potuto semplicemente mettere in chiaro la questione, senza usare una tale bassezza.
 
 
Successiva all’introversa ed asfissiante colazione con nonna Lucy, il maggiordomo mi accompagnò in paese con un’appariscente Rolls Royce nera tirata a lucido, che era custodita nel garage dietro casa con altre due macchine di marca straniera che non riconobbi.
Avrei preferito di sicuro andare in paese con la mia Chevrolet per non destare sguardi curiosi e farmi passare per l’ennesima riccona viziata in giro con una macchina di lusso, ma ero sotto arresti domiciliari e quindi dovevo stare zitta e fare ciò che mi imponevano.
 
 
Durante il tragitto costatai che, la foresta che costeggiava il castello, si stagliava per molti chilometri fino ai piedi della collina desolata e circondava una buona porzione di Blackrock.
Nascosi il viso il più possibile mentre la macchina lussuosa passava tra le vie tranquille del luogo e gli occhi curiosi degli abitanti scrutavano per capire chi fossi: mia nonna non veniva molte volte in paese o forse usava una macchina diversa.
 
 
Il cielo era ancora rivestito da cupi nuvoloni che suggerivano l’arrivo di un brutto temporale prima della fine della giornata. E del sole qui non vi era nemmeno l’ombra.
L’atmosfera in generale tendeva a toni bui e tenebrosi.
La buona notizia era che, arrivati nel centro del paese, la nebbia si diradava e dava più possibilità di vedere a dieci centimetri dal naso.
 
 
La quiete assillante mi agitava in maggior misura.
C’eravamo scambiati poche parole, che potevano essere catalogate in “Buongiorno”, “sì” e “no”. Il discorso più lungo le conteneva tutte e pronunciate prevalentemente da lui, mentre io mi ero limitata a mugugnare come un animale.
 
 
Sbuffai scocciata e decisi di passare al contrattacco.
Mi aggrappai ai sedili e, intanto che Sebastian guidava ignaro, mi protesi in avanti ed accessi di getto la radio a tutto volume, la musica tuonò all’interno dell’abitacolo, spezzando l’assurdo silenzio.
 
 
I feel so untouched
And I want you so much
That I just can't resist you
It's not enough to say that I miss you
I feel so untouched right now
Need you so much somehow
I can't forget you
Been going crazy from the moment I met you
 
 
 
Scavalcai goffa i sedili, prendendo posto accanto al guidatore, testarda a riparare all’errore commesso la sera precedente. Volevo dimostrargli che non pensavo sul serio ciò che gli avevo rinfacciato, che per me non esistevano diversità sociali, ricchezze o altro che avrebbero giustificato la condotta sbagliata e le parole crudeli che gli avevo vomitato addosso per ripicca.
 
 
Lanciò un’occhiata sorpresa, mantenendo il controllo dell’abitacolo. La luce smorta del mattino, rendeva i suoi tratti più marcati, rischiarando la pelle perfetta, ed accentuando la bellezza oscura. Il nero dei capelli si sposava perfettamente con la divisa di eguale colore, rendendolo una creatura eterea e diversa da tutte le altre.  
Avrei mentito se avessi negato a me stessa che non ne fossi irrimediabilmente invaghita.
 
 
See you, breathe you, I want to be you
Alalalala alalalala
You can take take take take take time time
To live live the way you gotta gotta live your life
Give me give me give me all of you you
Don't be scared
I'll see you through the loneliness of one more more more
Don't even think about what's right or wrong, wrong or right
'Cause in the end it's only you and me and no one else is gonna be around
To answer all the questions left behind
And you and I are meant to be so even if the world falls down today
You've still got me to hold you up up
And I will never let you down
 
 
<< Cerchiamo di porre rimedio al casino che ho fatto. >>, iniziai a dire imbarazzata, torturando le mani, raddrizzando le spalle sotto il carico dei miei errori e pronta a fare ammenda.
 
 
Inarcò un sopracciglio, tuttavia non sembrava affatto impressionato dai miei modi poco raffinati e regali. Doveva essere abituato ad avere a che fare con i tutti i tipi di persone e ormai non lo stupiva più niente, coglierlo impreparato era impossibile.
 
 
<< Volevo scusarmi per ieri sera. >>, riuscii a dichiarare alla fine. Non era stato poi così difficile e mi sentii subito meglio.
 
 
<< Non capisco. >>, rivelò spento, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé.
Voleva rendermi le cose faticose e il ghigno maligno che gli ampliava la bocca, era una prova palese delle sue intenzioni. Doveva essere affetto da una morbosa forma di sadismo, per questo andava così d’accordo con nonna Lucy.
 
 
Bagnai le labbra, consapevole che si stesse divertendo in misura notevole a mettermi in difficoltà. Non volevo umiliarmi e al contempo lasciargli campo libero, significava donargli il controllo della situazione e farmi portare al punto in cui desiderava lui, come era già accaduto.
 
 
<< Le cose che ti ho detto… non le pensavo davvero. Non era mia intenzione maltrattarti, perché tu sei sempre stato buono con me. >>.
 
 
La testa guizzò verso di me, ora stupito.
<< Buono? >>, fece eco, come se non fosse abituato ad essere tratteggiato con quell’aggettivo.
 
 
Annuii energicamente.
<< Beh sì. E non è stato giusto essere stata così cattiva, non sei solo un maggiordomo. >>.
 
 
<< Sono una persona. >>, anticipò, dato che mi ero sgolata molto nel rimarcare il concetto, ormai aveva capito cosa volessi dirgli. Però non credeva sul serio al modo in cui lo vedessi, non perché stessi mentendo, ma perché non si reputava una persona. Non doveva aver avuto un passato facile.
 
 
<< Esattamente. >>, confermai risoluta, perdendomi nel mio stesso encomio. << Mi sono comportata molto male ed è per questo che ti chiedo nuovamente scusa. >>.
 
 
Nessuna emozione traspariva dal volto immutabile. 
<< Non dovete assolutamente scusarvi, lady Selin. >>, disse, dopo un paio di secondi di snervante silenzio, dove solo la musica si udiva.
Il profilo eccezionale era meno inflessibile, più morbido adesso e il sorriso diabolico aveva lasciato il posto ad uno indulgente. Gli occhi brillavano di una fiamma inesauribile, forgiate dal fuoco di mille battaglie.
 
 
Piegai la bocca, mordicchiando le labbra e fui stupidamente recidiva, nel perseverare con la mia stupida sbandata. Sarebbe finita male, molto male. La ragazzina, ed il maggiordomo… non suonava bene e non c’era un futuro roseo per lo sciocco delirio venefico.
 
 
<< Tu non ce l’hai un giorno libero? >>, chiesi audace e temeraria, facendo a pezzi il tessuto del cappotto. << Non so, non esci mai da solo? Non te la togli mai quell’aria ingessata da pinguino imbalsamato o fai il maggiordomo ventiquattro ore su ventiquattro? Insomma non ce l’hai una vita tua, dove servire mia nonna non fa parte della tua routine? >>.
 
 
<< Cosa state cercando di dirmi? >>.
La canzone alla radio cambiò e le parole fluirono dall’altoparlante, rimanendo inascoltate, almeno fino a quando una strofa balzò alla mia attenzione.
 
 
You don't believe what all the signs say
I don't believe in judgment day
But you won't be leaving here unharmed
 
 
 
Potevo sentirmi più a disagio di così? Provare a chiedere di uscire ad un uomo, era più difficile che porgergli le proprie scuse.
<< Cerco di dire che… beh, non c’è un luogo dove potremmo andare… insieme… dove tu non sia costretto a darmi del “lei”? >>.
 
 
La Rolls Royce parcheggiò a pochi metri dall’internet point e solo in un secondo momento notai la sfilza di negozi di lusso, in cui, molto probabilmente, nonna Lucy si serviva. Speravo di non dover acquistare le sue invidiabili tuniche preistoriche.
Fu alquanto strano che si fosse fermato proprio lì, benché la strada era colma di negozi d’abbigliamento e poteva posteggiare anche altrove.
 
 
<< Hai intenzione di rispondermi, oppure…? >>.
 
 
<< Credevo che non le piacessero le domande? >>.
 
 
<< Ho scoperto che mi piacciono le risposte, però. >>, ribattei prontamente.
 
 
<< Sono al servizio di sua nonna più di quanto crede, lady Selin. >>, disse garbato, attento a non urtare i miei sentimenti.
 
 
“Che significa questo? Intrattieni una relazione con la psicopatica?”.
 
 
<< È un no? >>, ritentai tenace. Non potevo essermi sbagliata, anche lui era attratto da me, tuttavia l’etichetta gli imponeva di non sconfinare il suo ruolo.
 
 
<< No. >>, asserì secco, per poi aggiungere. << Non è un no. Ne riparleremo alla fine delle sue spese, lady Selin. >>.
 
 
Sbiancai di colpo, certa che non avrebbe mai ricambiato le mie attenzioni, invece si era arreso senza combattere, benché la maschera gelida perdurasse sul volto. Temevo che fosse uno dei suoi perversi giochetti, per giungere un obbiettivo che non mi era chiaro.
 
 
Fece per scendere, ma lo bloccai per un polso.
<< Puoi restare qui, Sebastian. Non ci metterò molto. >>. Simulai un sorriso sincero. Non potevo permettergli di venire con me, altrimenti si sarebbe accorto di quale erano i miei reali scopi.
Ero brava a mentire, ma gli occhi indagatori erano un intoppo difficile da superare, ed ebbi l’impressione che fosse più che al corrente di cosa fossi venuta a fare veramente in paese.
 
 
“Devo mantenere il viso rilassato.”, mi imposi risoluta, altrimenti avrebbe trovato una falla per intuire la verità. 
 
 
<< Cerchi di non cacciarsi nei guai. >>, pregò austero.
 
 
<< Fidati di me. >>.
Scesi dalla lussuosa macchina, sostando dinanzi ad una vetrina.
 
 
“Sherlock Holmes in azione!”.
 
 
Finsi di analizzare estasiata i vestiti costosi esposti, temendo che non si sarebbe distratto mai per darmi il tempo materiale di infilarmi nell’internet point. Dovetti attendere un tempo interminabile e in mio vantaggio arrivò il fracasso roboante di un clacson, che servì a deconcentrarlo, così sgattaiolai furtiva nella mia meta finale e diedi il via alla mia ricerca.
 
 
Utilizzai una postazione che mi permetteva di tenere d’occhio la strada, se in tutti i casi l’avessi visto passare per venirmi a cercare o se fosse entrato nella rivendita. Avevo i minuti contati e dovevo reperire il maggior numero di informazioni possibili, per giungere ad una conclusione sensata.
Aprii la schermata principale di Google e digitai la prima cosa che mi passasse per la testa.
 
 
Uomini con gli occhi rossi.
 
 
I siti si succedevano, uno sotto l’altro, in una sequenza ordinata e catalogata di link diversi, che riportavano notizie differenti, alcune utili ed interessanti, altre no.  
Wikipedia raccontava della leggenda dell’uomo falena, così imboccai quella strada, sperando che fosse quella giusta.
 
 
Uomo falena è il nome con cui viene chiamata una misteriosa creatura, secondo una leggenda metropolitana sviluppatasi negli Stati Uniti. Negli anni sessanta sarebbe stata ripetutamente avvistata nelle cittadine di Charleston e Point Pleasant e nella Virginia Occidentale e nell'Ohio fra il novembre 1966 e il dicembre 1967. I presunti testimoni avrebbero descritto l'entità come un essere delle dimensioni di un uomo con le ali e grandi occhi rossi rifrangenti o luminosi, e dotato inoltre di una velocità innaturale.
 
 
Sebastian non aveva ali e non avrebbe potuto nasconderle sotto la divisa da maggiordomo. Bocciai il percorso ben avviato e proseguii spasmodica nella ricerca, gettando occhiate ad intermittenza all’entrata dell’internet point.
Svariati siti concordavano l’appartenenza ad una razza non umana, per “uomini” dagli occhi cremisi.  
Maledii la connessione internet troppo lenta.
L’indice scivolò agile sullo scroll, famelica di scorgere un appiglio tra la pioggia di parole, fino a quando giunsi ad uno sbocco inatteso. La pagina si presentava scritta con vocaboli rossi su uno sfondo nero e trattava di formazioni di demoni che abitavano il pianeta terra e il sottosuolo.
Lessi lesta, arrivando in fretta al punto che mi aveva colpita.
 
 
 
Un Demone può venire a patti con gli esseri umani, in cambio della loro anima. Vengono segnati con il sigillo del loro contratto, solitamente è un marchio che contraddistingue la natura del Demone stesso, per questo viene nascosto da entrambe i contraenti.
Il contratto faustiano lega inscindibilmente il Demone al suo padrone, che adempierà a tutti gli ordini, fino all’estinguersi delle clausole, solo allora l’anima dell’essere umano potrà essere divorata dal demone. Non vi è possibilità di redenzione, una volta firmato con il sangue tale accordo.
Il Demone può presentarsi sotto svariate forme, sia animale, che umana o qualsiasi altra forma gli viene richiesta. Molti di noi hanno incontrato inconsapevolmente i Demoni ed hanno anche interagito con loro.
Essi possono nascondere la loro natura demoniaca, però tutti i Demoni sono accumunati da una peculiarità che non possono occultare: gli occhi.
Rossi, scintillanti, stupendi per qualsiasi mortale, come se fossero dei rubini splendenti, profondi e ricchi di sfumature. Se scrutati attentamente, le fiamme dell’inferno ardono in essi.
 
 
 
Portai sconvolta una mano sulla bocca, per impedire all’orrore di venirne fuori e fui costretta a smettere di leggere, non appena un’ombra insolita oscurò la visuale dell’entrata e mi obbligò a distogliere lo sguardo dallo schermo del computer. Ebbi un tuffo al cuore, scolorendo dal terrore e sentendomi sul punto di svenire. La terra tremò sotto i piedi e, se avessi potuto, sarei fuggita più veloce che potessi.
 
 
Sebastian era lì davanti a me e non l’avevo visto entrare o avvicinarsi o fare alcun movimento sospetto che potesse catturare la mia vigile attenzione.
<< È stata un’interessante lettura? >>.
 
 
Ne era a conoscenza.
Lo era sempre stato.
Del mio piano, delle bugie che avevo inventato, del diversivo avvenuto grazie al suono del clacson: voleva che io sapessi. Aveva rimandato la conversazione a tempi in cui sarei stata consapevole di chi fosse in realtà e poi avrebbe giudicato se fossi pronta per le conseguenze che poteva portare un rapporto promiscuo con un essere non di questo mondo.
 
 
“Un demone! Lui è un demone!”, rintronò sulle pareti del cranio, rischiando di trafiggere il cervello e di uccidermi sul colpo.
 
 
Attorno a me altre persone erano sedute alle loro postazione, navigando ignare su internet, all’oscuro che un demone fosse lì in mezzo a loro.
 
 
Balzai in piedi e con un autocontrollo che non sapevo di possedere, aggirai Sebastian per uscire in fretta da quel luogo. Se dovevo morire, non volevo mettere in pericolo la vita di nessun altro.
 
 
<< Immagino che non voglia più uscire con me, giusto? >>, canzonò, venendomi con calma dietro. Non si scomponeva neppure dinanzi a ciò che avevo appena scoperto.
 
 
Mantenevo un’andatura veloce, nondimeno lui riusciva a stare al mio passo senza alcuno sforzo.
 
 
<< Dove state andando? >>, interrogò annoiato. Si aspettava una reazione del genere e non si sarebbe agitato nel vedermi urlare, piangere o scappare. Avrebbe preferito che mi comportassi diversamente.  
 
 
<< Non lo so! >>, strepitai a grandi falcate sul marciapiede. Schivavo a stenti i passanti, su cui andavo a sbattere e che lui riusciva ad evitare fluidamente. << Da qualche parte dove non ci sei tu che fai domande idiote! >>.
 
 
<< Io sono ovunque, posso trovarla in ogni luogo, anche in capo al mondo. >>. Dietro l’intimidazione vi era celato un significato che non mi era chiaro, come non mi era chiaro niente in quell’essere, a parte che fosse una creatura soprannaturale a servizio di mia nonna. 
 
 
Inarcai le sopracciglia e scoppiai in un’amara risata.
<< È una minaccia? >>.
 
 
<< No. >>.
 
 
Mi bloccai sul posto, voltandomi per affrontarlo.
<< Allora cosa accadrà adesso, eh? Ora che so chi sei, cosa accadrà? Mi ucciderai? >>.
 
 
Socchiuse gli occhi in due piccole fessure, per poi spalancarle al limite del possibile.
<< No. >>. Ma era lampante che stava mentendo… mi avrebbe tolto la vita, solo che la mia esecuzione era rimandata a tempi migliori.
 
 
<< Mia nonna sa chi sei, immagino? >>.
 
 
<< Sì. >>.
 
 
<< È con lei che hai fatto il patto? >>.
 
 
<< Sì. >>.
 
 
<< Cosa ti ha chiesto in cambio della sua anima? >>.
 
 
Restò impassibile, fermo come una statua di marmo a fissarmi come se fossi un noioso film serale e non rispose: non era tenuto a dirmelo.
 
 
Lasciai che i miei piedi prendessero la strada che volevano, andava bene rifugiarmi anche in una stalla, purché restassi per conto mio per qualche ora e commisi un errore imperdonabile che mai avevo fatto prima di allora, tale era la confusione tra i miei pensieri e lo sconcerto per ciò che avevo svelato: attraversai la strada senza notare se vi erano delle macchine che sopraggiungevano in quel momento.
Non ci feci subito caso, ma quando udii il clacson suonare all’impazzata e vidi il furgoncino verde che provava a frenare, venirmi addosso, restai completamente immobilizzata nel bel mezzo della carreggiata, inchiodata dalla paura.
Il tempo di pensare non c’era ed ogni movimento avvenne con una tale velocità che mi tolse il fiato.
Un attimo prima fissavo il conducente che mi squadrava sgomento di rimando e poco dopo mi ritrovai dall’altra parte del marciapiede, sana e salva tra le braccia rassicuranti di qualcuno che mi teneva stretta per i fianchi.
 
 
Inizialmente la cosa che mi colpii fu il gradevole profumo familiare e tranquillizzante che proveniva dagli indumenti freschi di bucato del mio salvatore.
Il cuore palpitava frenetico come un tamburo e la paura mi stava facendo sudare freddo. Il respiro usciva convulso dalla mia bocca, come se i polmoni non fossero più in grado di contenere l’ossigeno. Ero stata vicina a essere investita da quella vettura e me l’ero cavata per un pelo.
 
 
<< State bene? >>, domandò la languida e rilassante voce di Sebastian che mi teneva premuta sul suo corpo, lontana da ogni pericolo.
Le sue mani caddero via dalla mia vita ed alzai il viso tremante, incontrando i bottoni argentei della divisa corvina, il colletto bianco, il mento, le labbra tranquille e le iridi scintillanti di un rosso vivo, come se fossero accese dall’adrenalina.
Un demone che, forse, voleva uccidermi, mi aveva appena salvato la vita, e l’incongruenza mi spinse sull’orlo della pazzia.
 
 
<< Io… credo di sì. >>, balbettai scombussolata, con le gambe tremanti.
Riuscivo solo a considerare quegli occhi amaranto, resi più chiari dalla luce pallida del giorno inesistente: il resto non esisteva più. << C-come hai fatto? >>.
 
 
<< Se come servitore della famiglia Lennox non riuscissi a fare una cosa simile, allora che accadrebbe? >>, si giustificò compiaciuto. Gli piaceva vantarsi delle sue doti incredibili.  
 
 
L’autista del furgoncino parcheggiò il suo mezzo a qualche metro di distanza e in compagnia di altre persone preoccupate mi raggiunsero per chiedermi se mi fossi fatta qualcosa.
Fui anche rimproverata per il mio modo sconsiderato di attraversare la strada e in pochi secondi il mio nome e quello di mia nonna si sparsero sulle bocche della gente.
Ora tutti sapevano che la nipote di Lucy Lennox era un’idiota, con tendenze suicide.
 
 
Tra la folla che mi accerchiava e mi toccava, per costatare che avessi tutti gli arti al loro posto, il mio sguardo restò ben fisso sull’essere soprannaturale che mi aveva impedito di essere travolta da quel furgoncino… si era allontanato piano dalla confusione e se ne stava in disparte… un piccolo sorriso satirico che gli sfiorava la bocca morbida, le mani dietro la schiena ed un legame visivo arcano che mi teneva avvinta.
Appena l’esagerato caos passò e restai sola, mi avvicinai timidamente a colui cui dovevo la mia vita.
 
 
Torturai le dita, nervosa per il salvataggio e il discorso spinoso che stavamo trattando poc’anzi. Quando mi azzardai a guardare quegli occhi cremisi, mi persi in loro.
Avrei voluto dire tante cose, molte domande, dubbi atroci, rabbia repressa, però restai senza parole davanti alla glaciale bellezza che mi abbacinava e mi irretiva come una calamita a cui non potevo sfuggire. Preda di un desiderio violento e brutale, mi spinsi in avanti e, come se non potessi farne a meno, lo abbracciai, affondando il viso sul petto ossuto ed ospitale.
 
 
Dapprima rimase statico nella postura austera, poi le mani fasciate dai guanti bianchi, si strinsero attorno a me, ricambiando il gesto affettuoso.
 
 
<< Va bene. >>, mormorai, più calma, riacquistando la lucidità mentale.
 
 
<< Cosa, lady Selin? >>.
 
 
<< Qualsiasi cosa tu sia. Va bene. >>.
 
 
<< Non le importa che sono un demone? >>.
 
 
Mi scostai appena, per smarrirmi nel suo sguardo penetrante e tenebroso.
<< Non è la natura di un uomo che fa l’uomo ciò che è. >>.
 
 
Sorrise armoniosamente ed accarezzò i miei capelli rossi, prendendo l’iniziativa per la prima volta.  
<< Io non sono un uomo. >>.
 
 
Battei le palpebre, consapevole che avevo appena aperto la porta che mi avrebbe condotta dritta all’inferno, con un biglietto di sola andata.
<< Allora non è la natura di un demone che fa il demone ciò che è. >>, reinterpretai la frase, alleggerendo i toni.
 
 
<< Confido che teniate per voi, ciò che avete scoperto quest’oggi. >>.
 
 
<< Non l’avrei detto a nessuno a prescindere, Sebastian. >>.
 
 
Prese l’orologio argenteo da taschino, completamente estraniato dall’epoca corrente, ed usando mezzi fuori moda per calcolare il tempo.
<< Sarà meglio rientrare, lady Selin. Abbiamo trascorso troppe ore fuori dal castello e la sua istruzione ha bisogno di essere corroborata. >>. Si tirò da un lato, indicandomi la macchina con un gesto plateale del braccio.
 
 
<< È il tuo modo originale per farmi capire che ti importa di me? >>. Mi avviai verso la Rolls Royce, alcuna ombra rabbuiava il mio futuro, inspiegabilmente mi sentivo al sicuro a fianco di un demone, qualsiasi fossero le sue intenzioni e il motivo segreto che stava alla base del patto con nonna Lucy. 
 
 
<< Sì. >>, disse solamente.
 
 
<< Sai dare solo risposte monosillabiche? >>, lo punzecchiai divertita.
 
 
<< No. >>, affermò, scatenando la mia ilarità.
 
 
Aprì lo sportello, ed attese che mi accomodassi nei sedili retrostanti rivestiti in pelle.
 
 
Scossi la testa, spalancai l’anta anteriore e mi sedetti accanto a lui, dando inizio ad una consuetudine che si sarebbe protratta a lungo, ed eliminando il divario che c’era tra di noi. 









Note:
Mamma mia come passa il tempo! Ho aggiornato un oceano di tempo fa, ma la vita purtroppo mi sta impegnando davvero molto, ho un trasferimento di casa in atto e non ho più tempo per nulla, ma la storia verrà portata a termine fino alla fine, non non vi lascerò in sospeso. Promesso.  

La prima canzone che Selin e Sebastian ascoltano nella macchina è "Untouched" delle "The Veronicas" e la seconda canzone trasmessa è "Murder" dei "Within Temptation". 

Spero che la storia vi stia piacendo, anche se aggiorno con una velocità di una lumaca in coma. 


Ringrazio le nuove recensitrici 
CaterinaChat e Omnesoptimiinsanisunt. E Naturalmente ringrazio reaperangels che commenta ogni capitolo (risponderò alle vostre recensioni molto presto, promesso). Ringrazio anche i fantasmini, che sono davvero molti.

La storia può presentare errori ortografici.

Ringrazio già da adesso chi commenterà o chi leggerà solamente. 



Un abbraccio.
DarkYuna.   



 
  
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