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Autore: cartacciabianca    27/02/2009    7 recensioni
Desmond le viene strappato via all'improvviso e Giorgia non sa di che rispondere alle minacce dei misteriosi rapitori, i quali la costringono al silenzio attraverso una messaggistica segreta: e-mail, telefonate anonime, bigliettini nei posti più impensabili... Non resta alto che aspettare, aspettare che nessuno venga a prendere anche lei o minacci oltremodo di uccidere il suo ragazzo.
Otto mesi più tardi la sparizione del suo amato, gli stessi strambi tizi la contattano annunciandole che Desmond tornerà presto a casa.
Su di loro cadde un silenzio pieno di sottintesi. C’erano tanti punti da chiarire, tante domande da farsi prima di abbandonare le proprie speranze nelle mani altrui.
Desmond dipendeva da Altair e Altair dipendeva da Desmond. Ognuno nel tempo dell’altro, se la sarebbero vista con i problemi quotidiani di due vite l’una molto differente dall’altra.
-E così- rise Altair. –Me la ritrovo nuda, la tua ragazza…- bofonchiò.
Desmond sorrise. –Qualcosa mi dice che non ti dispiace affatto!-.
L’assassino condivise la sua gioia. –Vedrò di… trattenermi- fece malizioso.

Gli effetti collaterali al trattamento possono assumere diverse sfumature su ciascun paziente. Il soggetto 17 soffre di "sdoppiamento di personalità". La coscienza del suo antenato si capovolge alla propria nei momenti meno opportuni così da creare situazioni drammatiche ed imbarazzanti. Ma quando il gioco diventerà una triste realtà ci sarà un ultimo viaggio, e poi i tasselli del puzzle resteranno scambiati per molto allungo. Comincia la caccia ai farmaci che l'Abstergo custodisce nei suoi laboratori, unici medicinali che possono riportare tutto alla normalità. Giorgia, accompagnata dalla coscienza di Altaïr che ha preso piede nel corpo di Desmond, dovrà vedersela con un addetto alla sicurezza senza scrupoli e i suoi scagnozzi. Alex Viego farà di tutto per proteggere la segretezza del progetto, ma Giorgia lotterà con le unghie per riavere il suo Desmond. [CONCLUSA]
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Desmond Miles , Lucy Stillman , Nuovo personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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L’assassino








Allungai un braccio e ti accarezzai i capelli.
Stavi dormendo col sorriso stampato sul volto tranquillo. Ed io ti ero accanto, avvinghiata a te che eri così caldo. La coperta mi cadeva sulle gambe nude e ci copriva entrambi dai fianchi in giù. Il buio della notte che andava ad affievolirsi, mentre tutto assumeva i suoi chiari colori.
L’alba sorgeva su New York in un muto silenzio, sbattendo i suoi raggi sui vetri della nostra stanza. Attraversava le tende e rischiarava il pavimento e le pareti. Poi si posava sui nostri corpi l’uno attaccato all’altro e dava alla tua pelle più scura della mia una patina bronzea irresistibile.
Se ti fossi svegliato ti avrei domandato se volevi farlo di nuovo, ma la tua risposta, in quel momento, poteva avere mille sfumature…
Mi liberai della tua stretta sulla mia vita e mi avvicinai al bordo del letto. Una volta coi piedi a terra, andai verso l’armadio e afferrai i primi vestiti che mi capitarono.
Tu potevi pure essere abituato al mondo virtuale dell’Animus e a tollerarlo anche per più di 12 ore, ma io stavo morendo di fame e il mio pancino brontolava.
Così mi diressi in cucina, accostando la porta della stanza.
Camminai scalza sul pavimento freddo della cucina dimenandomi nel trovare qualcosa da mettere sotto i denti. Avrei potuto direttamente preparare la colazione, o il pranzo… e valutai la cosa l’azione più intelligente.
Mi commossi… era passato così tanto tempo che non mi ricordavo neppure cosa era nostra abitudine fare la domenica. Chissà se la tua era migliore della mia memoria.
Misi l’acqua a bollire sul fuoco e apparecchiai disordinatamente per la colazione, versai i croccantini nella ciotola di Finger.
L’acqua ancora bolliva sul fuoco quando mi avvicinai all’ingresso di casa e presi il cellulare che avevo lasciato lì la sera prima.
Composi il numero che sapevo a memoria e la chiamai.
-Giògiò, non chiami da una settimana! Che ti è successo? Sai che cominciavo a preoccuparmi…- borbottò Marty distrattamente dall’altro capo della cornetta.
-Mi spiace, ma ho avuto delle cose… da fare- lanciai un’occhiata alla porta della nostra stanza socchiusa, e sul mio viso stanco comparve un sorriso luminoso.
-Però… mi metti curiosità. Quindi ci sono novità? Insomma, di solito chiami per qualcosa di totalmente inutile, lo so, ma dai! Voglio sapere come stai. Tutto bene?- mi domandò.
Io mi schiarii la voce tornando ai fornelli. Spensi i fuochi e afferrai l’acqua calda con una presina di pezza. La rovesciai in due tazze tenendo il cellulare appoggiato su una spalle. –veramente- mormorai. –ci sono grandi novità-. Mi avevi chiesto di non dirlo a nessuno, Desmond, ma i nostri più fidati amici potevano sapere che eri tornato. Avrei detto loro una bugia per tenere lontano la questione macchina del tempo e tutto il resto.
-Sto aspettando- cantilenò la ragazza.
Sorrisi. –Desmond è tornato-.
Non seppi se Marty aveva attaccato oppure stava semplicemente prendendosi tempo per scandire nella sua testolina di persona assurda le mie parole. –RAGAZZA! QUESTA POI!- disse ad un tratto, e dovetti allontanare il telefono dall’orecchio.
-Marty…- provai a calmarla poggiando il bollitore sui fornelli spenti.
-Ti sembra il modo di dirmelo!? Così, come fosse nulla?! Cavoletti…- parve prendere un respiro profondo. –Quando, ieri? E dimmi che l’avete fatto per inaugurare il tutto! Dimmelo!-.
Risi, passando da una tazza all’altra le busti di the. –Sì… è tornato… ieri sera- balbettai commossa.
Percepii il sorisetto malizioso della mia amica anche attraverso la rete nazionale. –Ti ha detto perché se n’è andato?-.
-No- sbottai scherzosa afferrando dei biscotti dalla dispensa. –La sua bocca era piuttosto occupata e anche la mia-.
-Mi stai facendo impazzire! Dio, quindi torni a vivere, eh?-.
-Sì- mi sedetti poggiando un gomito sul tavolo. Osservai i fumi caldi dissolversi nell’aria sopra le tazze e ascoltai come la mia amica mi riempiva la testa della sua voce.
-Ok, a questo punto pretendo che lo sappiano anche gli altri. Anzi, perché non gli organizziamo una bella festicciola da Nik? Casa sua è grande. Oppure al pub, ah ecco, ti volevo dire che se il tuo Desmonduccio non si fa vedere, William gli ruba il posto giù in centro. Te capì? Cristo, otto mesi sono una vita, ragazza!-.
-Lo so…- ed io rischiavo di perderlo di nuovo.
-Allora, vada per la festa da Nik?!- domandò entusiasta.
-Non so … non so se è una buona idea- mi alzai e guardai fuori dalle vetrate.
-Come vuoi. Quindi volete stare un po’ da soli, eh??? Davvero mi fai così stupida? Davvero, non pensavo di sembrarlo… vabbé, io filo. Oggi alzataccia per l’Università- disse.
-Fammi sapere, ciao- mormorai e terminai la conversazione.
Lasciai il cellulare sul tavolo e misi le due tazze di the su un vassoio assieme ai biscotti. Preparai una spremuta d’arancia, un toast e della frutta tagliata a pezzi. Quanto mi piaceva coccolarti in quel modo, anche se nelle coppie normali sarebbe dovuto essere il contrario… vabbé.
Presi il tutto e m’incamminai verso la camera.
Sobbalzai: la porta era spalancata.
Quando mi avvicinai all’uscio e mi affacciai all’interno, il mio cuore ebbe un nuovo gemito. Eri scomparso, le coperte erano scansate tutte da un lato e le federe stropicciate. I cuscini rovesciati a terra. L’unica parte del letto che sembrava mancare all’appello era il copriletto.
Il vassoio mi cadde di mano, e le tazze rovesciarono il loro contenuto sul pavimento della stanza.
Mi sentii mancare l’aria quando il corpo alle mie spalle mi afferrò per la gola e, in un lasso di secondo, mi costrinse con le spalle alla parete del corridoio.
I tuoi occhi vuoti mi fissavano, il tuo pugno chiuso era alzato a minacciarmi e dal tessuto del copriletto che ti eri gettato addosso con disordine spiccava il tuo braccio che riconobbi più muscoloso del solito. Il tuo volto era sconvolto e spaurito, ma allo stesso tempo sapeva mettermi paura. L’altra tua mano mi teneva per la gola, e strine con le mie quel braccio possente che mi teneva sollevata da terra.
Aprivo e chiudevo la bocca senza riuscire a proferire parola, così fu Altair a parlare.
-Dove sono?…- domandò in un sibilo. –è un sogno?!- sbottò con più convinzione.
Desmond, te n’eri andato senza avvertire ancora una volta e al tuo posto era atterrato nella mia vita un uomo che tentava di ammazzarmi dal nostro ultimo incontro.
-Che cosa ci faccio qui? Dimmi come me ne vado! Dimmelo! - gridò l’assassino.
-Ti… prego… la…. Lascia… lasciami… io… Altair!… Fermati!- la vista mi si annebbiò, ma i miei occhi incrociarono quelli dell’uomo, manifestando tutta la loro innocenza.
Altair allentò la presa e i miei piedi toccarono il pavimento del corridoio.
Ero sul punto di crollare al suolo, quando da offensiva, la sua stretta divenne di sostegno. Mi appoggiai a lui che mi guardava in un modo con cui si guarda un film horror.
-Come sai il mio nome?- sussurrò lui facendomi inginocchiare.
Mi passai le mani sul collo, che mi pulsava dolorosamente. Avvertivo la forza mancarmi nelle vene del cervello, perché realizzai in minima parte. –Tu…- balbettai. –potresti… potresti smetterla di cercare di uccidermi… per favore…- tentai di risollevarmi e, quando ci riuscii, l’assassino indietreggiò.
Sì, avevo visto bene: si era coperto una spalla e dai fianchi in giù col solo utilizzo della stoffa del copri letto. Notai subito che non solo la sua voce, e la sua mente medievale avevano sostituito la tua, ma Altair si era trascinato dal suo tempo anche alcuni dettagli del suo corpo. Quali i muscoli da balestrato e le diverse cicatrici che gli attraversavano la pelle ramata.
Si fece più distante da me. –Sto sognando- mormorò.
-No, no!- feci andandogli incontro –non stai sognando, tu…-  ma l’uomo si allontanò ulteriormente, sfociando nel salone luminoso di casa.
Lo vidi guardarsi attorno mentre lentamente sbiancava e le mani cominciavano a tremargli, constatando che fosse tutto troppo reale e chiaro per assumere quel contorno sfocato che avevano i sogni.
I suoi occhi sperduti, che saltavano da un mobile all’altro della camera, mi parvero quelli di un cucciolo prima nascosto in uno scatolone e poi liberato in uno sgabuzzino.
Desmond, perché non mi avevi avvertito su come comportarmi se fosse successo?
-Chi siete voi?- chiese ad un tratto, moderando lo stupore. –Se sto sognando, voglio sapere con chi ho a che fare, dato che non vi ho mai incontrata…-.
Arrossii, perché ora gli occhi dell’assassino si spostavano su di me, analizzando il mio buffo modo di vestirmi. Indossavo un paio di jeans e una camicetta bianca, manco a dire un giubbetto di pelle e un paio di scarpe firmate… insomma, mi feci una vaga idea a cosa potesse essere abituato un uomo del XII secolo, ma dovette comunque trovare assurdo quello che indossavo.
-Per tutti i lumi, vuoi rispondere ad almeno una delle mie domande?!-.
Sobbalzai. –Scusa, ma stento anche io a crederci… è… complicato…- dentro di me gridai il tuo nome, perché forse tu avresti potuto avere un’intesa migliore col tuo antenato. Non volevo fare il lavoro sporco… avrei dovuto dire a quell’uomo che era uscito dal suo tempo e atterrato nel futuro? Ne sarei stata capace, dato che prima di convincere Altair, dovevo esserne sicura io? Ed io non ne ero sicura… ero io quella che credeva di essere entrata in un orribile incubo, uno di quelli che non hanno senso né all’inizio né alla fine, dai quali non puoi svegliarti e non hai neppure la forza per provare a farlo.
Il ragazzo riprese a guardarsi attorno, avvicinandosi alle finestre.
-Oh, be’…- come potevo dirgli che si trovava in America?! Ai suoi tempi si conosceva a mala pena l’India… -Questo è… è il… tu sei… nel… ecco… nel, insomma…-.
-Nel futuro?- domandò voltandosi.
Mi si rizzarono i capelli. –Come fai a saperlo?!- curvai le spalle.
Lui non si curò della mia domanda e seguì il profilo delle tende, scansandone un lembo lentamente. Forse la luce dell’esterno gli fece male agli occhi, perché l’assassino indietreggiò tornando dov’era.
-Tutto bene?- domandai, ma che domanda stupida. Era ovvio che non stava affatto bene!
Ero terrorizzata, io più di lui. Non riuscivo a contenere la mia follia, perché ad ogni suo movimento, ogni suo passo sul tappeto di casa nostra, mi sentivo svenire, realizzando che doveva sempre succedere tutto a me!
-Che domanda stupida…- mi disse quasi sorridendo.
Aveva sorriso! Aveva sorriso!
Altair camminò verso la cucina ed io gli andai dietro tenendomi alla giusta distanza di sicurezza.
-Sì, sei nel futuro- balbettai osservandolo.
L’uomo passò la mano sul tavolo della cucina e anche sul ripiano. Si fermò accanto al tostapane e la sua espressione si fece davvero assurda.
-È questo il futuro?- ripeté più per se stesso che a me. –tanti oggetti di metallo- indicò il tostapane. –e vestiti assurdi?- indicò me.
-Senti, l’unico vestito in un modo assurdo qui sei tu!- gli gridai contro, e quello sarebbe stato il nostro primo litigio, me lo sentivo. Le situazioni assurde cominciavano con azioni assurde. Quale miglior modo per aggravare le cose se non cominciare a rinfacciargli quanto la civiltà del futuro fosse migliore di quella del passato? Sapevo che in molti testi medievali il “futuro” sarebbe stato interrotto dall’anno dell’apocalisse, quindi poteva Altair stupirsi che la razza umana fosse ancora viva?
Lui s’incupì visibilmente. –In che anno sono finito?-.
-Benvenuto a New York! Anno 2013 e splende alto il sole!- imitai una di quelle radio sveglie che fanno venire i cinque minuti già la mattina, con tono arrogante.
-Se sono un peso per te, allora dimmi come faccio ad andarmene. Ci leviamo il pensiero tutti e due…- proruppe nervoso.
-È questo il problema…- piagnucolai. –non ho idea di come aiutarti!- alla fine non riuscii a contenermi e dovetti voltarmi per nascondergli il pianto. –scusami… io… non ce la faccio- mi allontanai sparendo dietro l’angolo del corridoio. Mi rannicchiai in un angolo dell’ingresso, accanto al portaombrelli e alla porta. Le ginocchi al petto e gli occhi colmi di lacrime.
Non solo non mi sentivo abbastanza emotivamente forte per reggere tutte quelle assurdità, ma nella mia mente balzavano continue immagini di te, il mio ragazzo, che avresti dovuto cavartela col sangue fino al collo. Desmond, se il tuo antenato era qui, tu dovevi per forza essere lì, tra la guerra, tra le lance e gli scudi. Tra le frecce e le balestre…
Ti pregai di tornare il prima possibile, invocai Dio affinché quella notte non fosse stata l’ultima, poiché lo scambio tra di voi non era mai stato così lungo! Mai così durevole! Volevo poterti vedere di nuovo, avrei potuto sopportare i vostri mutamenti che speravo tanto si sarebbe diradati nel tempo, come mi dicesti tu una volta.
Altair mi raggiunse con pochi passi. Si chinò al mio fianco e mi porse una mano. –Quello in lacrime dovrei essere io, non credete?-.
Afferrai la sua mano e mi aiutò a tirarmi su.
-Qual è il vostro nome, visto che voi sembrate conoscere tanto bene il mio e al più presto vorrò intendere delle spiegazioni a questo…- la sua voce aveva dei tratti simili alla tua, sai? Ma era così adulta eppure dovevate avere entrambi la stessa età.
-Giorgia - mi allontanai appena da lui. –sai- cominciai e l’assassino si fece attento. –di solito a questo punto tu… dovresti essertene già andato, è strano…- borbottai asciugandomi gli occhi.
-Come fate a dirlo?- mi lanciò un’occhiata confusa.
-Ecco… la verità è che tu sei qui e il mio ragazzo è nel tuo tempo- dissi d’un fiato.
-Questo sì che è buffo- commentò. –Credevo che fosse stata tutta colpa del Frutto…- pensò ad alta voce.
Io mi schiarii la voce. –Parli del Tesoro dei Templari?- chiesi, ricordandomi quello che mi avevi detto tu, Desmond.
-Sì…- lui alzò lo sguardo. –quando sono apparso qui la prima volta- tremò al solo pronunciare quella frase. –stavo provando a controllarne alcuni dei poteri più insignificanti, quale sollevare gli oggetti- disse.
-Allora quel coso esiste, ed è la causa di tutto questa merda!- strinsi i denti.
-Calmatevi, dev’esserci un modo per risistemare le cose e non è certo quello che stiamo facendo noi ora- affermò serioso.
Aggrottai la fronte. –Hai qualche idea?- incrociai le braccia sbuffando.
-Certamente- sorrise lui. –posso osare chiedendovi se in questo tempo è stata inventato un Cavallo del Tempo?- chiese, ma mi parve uno scherzo e cominciai a ridere.
-Intendi una macchina del tempo?- domandai esilarata.
-Macchina?- fece lui disorientato.
-Oh, giusto. Sì, esiste, ma non potete portare con voi il corpo del mio ragazzo! Quello mi serve!- gli intimai contro.
Lui tacque.
Io sbuffai, di nuovo. Desmond, torna qui, ti prego…
-Stavo pensando…- sussurrai così da attirare su di me un ulteriore occhiata dell’assassino.
-Quel Frutto dell’Eden… so che alcuni uomini del mio tempo sanno dove si trova. Forse, se…-.
-Lady Giorgia…- assentì l’assassino –intendete dire che il Frutto non è stato distrutto?- domandò sconvolto.
-No, da quanto mi ha detto Desmond, no…-.
-Chi è costui?-.
-Il mio ragazzo-.
-Come fa lui a saperlo?-.
-Qui arriva la parte complicata…- borbottai.
-Sarebbe?-
Esitai, mi serviva del tempo per pensare a cosa e a come dirglielo. –Seguimi, non posso vederti vestito così-.
Se proprio dovevo arrendermi al fatto che Desmond non sarebbe tornato per parecchio tempo, tanto valeva far sentire Altair a suo agio.
Mi avvia nella stanza da letto, ma non sentii Altair venirmi dietro. Mi voltai, ma me lo trovai a pochi centimetri di distanza.
-Ci sono problemi?- chiese facendo un passo indietro.
Incredibile… non l’avevo avvertito seguirmi, i suoi passi non si sentivano sul pavimento. Sembrava così robusto ed invece era silenzioso come un gatto. D’altro canto, era un assassino…
Ripresi ad attraversare il corridoio cercando di non badare a quella sensazione di essere come pedinata ed entrai nella camera, spostandomi poi svelta verso l’armadio.
Aprii i tuoi cassetti e cercai qualcosa che potesse infilarsi senza troppe difficoltà.
Altair prese a curiosare per la camera guardandosi da ciascuna novità che quel tempo gli riservava. Pareva sorprendersi nel vedere la sveglia che segnava le 11 del mattino, poi la moderna mobilia che faceva parte della camera da letto, del bagno e delle altre stanze.
Ecco, notai che l’assassino era entrato nel bagno e si stava guardando allo specchio.
Chissà quale effetto gli procurò non riconoscersi nel proprio corpo, chissà quale paura e sconforto, il tutto accompagnato dall’imbarazzo.
Trovai una maglietta a maniche lunghe grigia e dei jeans. Però rimasi incerta sul da farsi: se gli avessi dato un paio di boxer Altair avrebbe capito di cosa si trattavano?
L’assassino ricomparve nella stanza da letto e rimase a guardarmi, perché ero immobile davanti ai cassettoni chiusi senza muovere un muscolo o battere ciglio.
-Ebbene?- gli sentii dire alle mie spalle.
Mi voltai di colpo, porgendogli i vestiti.
Lui li afferrò e se li guardò sospettoso. –Perché ho ancora l’impressione che sia solo un sogno davvero assurdo?…- disse.
-A chi lo dici…-.
Hmm. Forse un assassino del XII secolo e una newyorchese ventenne, qualcosa in comune potevano avere, pensai.
-Puoi… andare lì… se vuoi- gli indicai il bagno.
Lui non disse nulla, andando dove gli avevo detto. Accostò la porta e contai solo qualche decimo di minuto prima che tornasse nella camera.
Aveva ripiegato il copriletto e me lo diede.
I tuoi vestiti gli stavano a pennello, era una tua esatta copia e in parte sentivo di non stupirmene. Desmond, l’unica differenza era che il tuo antenato non aveva ricordo degli ultimi 19 secoli, sennò avrei potuto quasi far finta che fossi tu. Eravate identici, e quell’uguaglianza mi metteva a disagio allo stesso modo di come mi consolava.
Rimasi in silenzio per parecchio tempo mentre l’assassino girovagava per la nostra casa esattamente come avevi fatto tu il giorno in cui ti avevo riportato a casa.
Altair si fermò davanti al televisore, si chinò ad osservare la Play e, chissà, magari aveva una dote genetica come la tua e sarebbe stato in grado di confrontarsi con me. Poi l’assassino tornò a guardare fuori dalle finestre e il fatto che io lo seguissi ovunque non sembrava turbarlo. Così proseguì il suo giretto turistico anche in cucina, passò lo sguardo sulla libreria e sostò parecchio su di essa. Trasse uno dei volumi e cominciò a sfogliargli.
A quel punto mi chiesi se sapesse leggere l’inglese… e un dubbio mi avvolse: ma in Terra Santa come all’interno della setta degli assassini, non si parlava l’arabo o un suo dialetto? Com’era possibile che Altair conoscesse alla perfezione l’inglese?
Non ne potei più, così lasciai che vagasse da solo per casa.
Mi diressi di nuovo nella stanza da letto e cominciai ad occuparmi del casino che avevamo lasciato io e te quella notte… alzai i cuscini da terra e cambiai le federe del materasso. Feci tutto con lentezza, come volessi impiegare tutta la giornata a fare qualcosa che non fosse pensare a te o al tuo trisavolo. Mi toccò pulire il bel casino che avevo fatto nella camera da letto con il the, così impiegai gran parte della mattinata.
Quand’ebbi finito, tornai in salone e trovai l’assassino che leggeva seduto sul divano.
Era seduto composto con la schiena contro i cuscini, e allungando l’occhiata, scorsi cosa l’aveva attirato tanto: la Divina Commedia che mi aveva regalato mio padre quando studiai Dante alle medie. Era scritta in lingua originale, ovvero il dialetto Fiorentino del grande Alighieri.
Lo guardai assorta che sfogliava una pagina dopo l’altra.
Era voltato quasi di tre quarti, quindi ero l’unica tra i due che potesse vedere l’altro. Ovviamente sapevo che si fosse accorto di me già da parecchio.
-Hai fame?- domandai ad un tratto.
Invece mi ero sbagliata: non si era per niente accorto di me, perché si era voltato colto di sorpresa. –Io?- domandò.
Sorrisi sarcastica. –No, guarda…- sbuffai.
-Certo che ho fame- si alzò e mi venne vicino. –Ma è soprattutto curiosità…- disse.
Io m’irrigidii. Forse non era una buona idea istruire un uomo del passato così approfonditamente sulle attività del mondo futuristico. Se mai un giorno fosse tornato nel suo tempo, avrebbe lasciato un segno nella storia e forse sarebbe stato capace di inventare lui stesso la lampadina. No, mi dissi che sarebbe stato meglio chiuderlo in uno stanzino e buttare la chiave fin quando non fossi tornato tu.
Eppure non lo feci. –Va bene…- andai verso i fornelli e, quando accesi il fuoco, avvertii un sibilo si sorpresa da parte dell’assassino.
-Impressionante- fece lui.
-Eh, già…- cominciai a scaldare dell’acqua in una pentola, con l’intenzione di servire ad entrambi della roba semplice come un piatto di pasta.
Dopo poco Altair parve annoiarsi perché tornò a sfogliare la Commedia che aveva lasciato sul divano.
Mi dissi che leggere qualcosa che riguardasse il suo tempo sarebbe stata la sua unica consolazione, il modo per distrarsi e per avvicinarsi al mondo da quale era stato strappato via. Ma infondo se l’era cercata provando a controllare i poteri del Frutto. Ma andiamo, le leggende del Tesoro dell’Eden narrano che solo una mente superiore è in grado di moderarne i poteri; si sapeva sia prima che dopo l’anno 1000.
Ad un tratto scorsi Finger stiracchiarsi nel mezzo del corridoio, poi cominciò a slinguazzarsi il pelo.
Sorrisi: ne avrei viste delle belle.
Il gatto si avvicinò al divano sinuosamente, prima guardò me, poi spostò i suoi occhioni gialli sull’estraneo che non si era accorto di lui.
Finger fece il giro del divano con la coda alzata.
-Hai un gatto?- domandò Altair seguendo Finger con lo sguardo, e l’animale balzò sul divano rannicchiandosi accanto a lui.
Finger era noto per il suo socievole fare con gli estranei.
Le fusa della bestiola giunsero fino a me, perché Altair aveva cominciato ad accarezzarlo e a grattargli dietro l’orecchio.
-Sì, ho un gatto- dissi rovesciando la pasta nell’acqua calda. –Si chiama Finger-.
-Dito?- fece lui riprendendo a leggere.
Mi chiesi se dirgli che si chiamava così in onore di James Bond non avrebbe avuto senso, tanto meno parlargli dicendo che aveva il nome di un film. Doveva essere una palla vivere nel medioevo… senza James Bond.
D’un tratto mi spiccasti tu in mente, e un cupo pensiero mi fece cambiare atteggiamento. Il mio sorriso si spense lentamente, perché sapevo che tu eri in pericolo là mentre il tuo antenato oziava qua. Ero avvilita di quello… non perché lo trovassi ingiusto, ma perché il mestiere di un assassino doveva essere pieno di rischi. Poteva accaderti qualunque cosa da un momento all’altro ed io non l’avrei mai saputo…
-Cristo, no!!!- ti sentii gridare.
Mi sfuggì di mano il piatto che cadde a terra e si ruppe in centinaia di pezzi.
Finger si lanciò lontano dal tuo corpo scappando col pelo rizzato nel corridoio.
-Desmond!- saltai il casino che avevo fatto e mi avvicinai a te che eri seduto sul divano dove prima  c’era stato il tuo antenato.
Tenevi le braccia davanti al volto, come a pararti da qualcosa e forse la tua coscienza era tornata nel giusto corpo in un momento fatale.
-Desmond, Desmond sono io! Desmond!- ti abbracciai chinandomi su di te e tu, tremante, ti strinsi a me tirandomi sul divano.
-Giorgia…- avevi il fiato corto e il respiro irregolare, il tuo cuore batteva senza rallentare la sua corsa ed eri sudato. –Giorgia…- mormorasti.
-Sei tornato…- ti sussurrai sul collo, e tu scoppiasti a ridere.
Era una risata isterica, lo sentivo, perché dalla gioia comparvero dal nulla le lacrime.
Ti baciai io, interrompendo il tuo pianto adulto. Come sollevato da un peso, ricambiasti alla svelta quel contatto, ma dopo poco mi staccai dalle tue labbra per tornare a stringerti.
-Sei tornato…- ripetei.
-E non è stata una cosa semplice- eri esausto, e il tuo corpo debole da troppo sforzo.



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Dopo questo nuovo chappo non ho molto da aggiungere. Passo ai ringraziamenti, magari mi salta qualcosa in mente da dirvi mentre scrivo i nomi dei migliori utenti di questo sito!

Saphira87
Lilyna_93
Goku94
Sparrow

P.S.
Sììì, mi è saltato in mente come speravo: che pena, mi faccio pena. Questo capitolo non mi è piaciuto, insomma… non ho saputo simulare al meglio le reazioni di entrambi i personaggi (Giorgia e Altair) e d’altro canto ho dovuto “toppare” la situazione con il ritorno di Desmond! Non dico di aver scritto forzatamente questo ultimo capitolo, ma diciamo che più o meno è andata così… ero a corto di idee per il vero e proprio primo incontro tra Giògiò e Alty e piena zeppa d’ispirazione per quello che verrà dopo! Insomma, sono giorni che penso ad alcune scenette… (non quello che state pensando XD XD anche se… O.O Uh, mi sorprendo di me stessa…).

X goku94 & Sparrow: ci avevo pensato ad Altair che sbuca dal nulla in “quel” momento… O.O


   
 
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