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Autore: Lost In Donbass    19/11/2015    1 recensioni
Tom è un agente dell'Anticrimine, squattrinato, con poca fortuna nelle relazioni, trasognato e tropo romantico. Bill è un mercenario, tossico, ficcanaso, malizioso e dannatamente sexy.
In una Berlino troppo calda, in mezzo a serial Killer psicotici, poliziotti indolenti, trafficanti poco raccomandabili e coinquilini fuori di testa, sarà mai amore tra i due ragazzi? O finiranno anche loro vittime del giro di sangue che ha avvolto Berlino nella sua morsa?
Genere: Angst, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incest
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CAPITOLO QUINDICI: INSIEME CE LA FAREMO

-Hai capito, tutto? Ricordati di sorridere, di non parlare se non ti interpella, e di rimanere immobile.
Lui lo stava tenendo a braccetto, sogghignando in maniera oltremodo inquietante, la treccia tenuta su un lato che riluceva alla luce della luna. Era così bello … il ragazzino si limitò ad annuire e a passarsi una mano tra i capelli accuratamente lisciati per l’occasione.
-Certo, Will. Farò tutto quello che vuoi.
-Bravo, tesoro. E non farmi fare brutta figura: July si aspetta molto da te.
Annuì ancora, sorridendo entusiasta, guardando la sua mise piena di lustrini neri e di gioielli di giada. Era così felice, la prima volta che lo portava in un ambiente così speciale. Si strinse meglio a lui, facendosi trascinare in una sala piuttosto piccola, illuminata con un grande candelabro di ottone e terribilmente calda. Davanti a loro, seduto su un divano verde, sedeva un ragazzo orientale, vestito completamente di lustrini, con i capelli blu elettrico e il viso completamente truccato come una bambola. Ai suoi lati, due ragazze anch’esse orientali, abbigliate di nero, congelate nell’attimo. Lui si inchinò, spingendolo a fare altrettanto.
-Buonasera, July. Buonasera, June e May. Vi ho portato Bill, come richiesto.
L’uomo chiamato July batté le manine entusiasta, alzandosi e sorridendo sardonicamente.
-Will, caro. Come sei stato gentile.- poi si girò verso di lui, sfarfallando le ciglia ricoperte di stelline dorate – E così tu saresti Bill … io sono July. Piacere.
Gli porse la mano e Bill gliela strinse, arrossendo vistosamente. Non era abituato a vedere gente di quel tipo. In realtà, non era abituato a rapportarsi con nessuno che non fosse la sua vicina di casa prima e Will ora.
-Su, tesoro, presentati.- lui stranamente gli sorrise quasi dolcemente, pungolandogli la spalla.
-Sono Bill, piacere mio.
Arrossì ancora un po’, stringendosi a Will, imbarazzato da quelle inquietanti persone che lo fissavano come fosse un fenomeno da baraccone.
-Quanti anni hai, caro?- July si alzò sulle punte dei piedi, e gli accarezzò il viso.
-Sedici.- Bill si lasciò accarezzare controvoglia.
July alzò un sopracciglio perfettamente disegnato, guardando prima Will e poi Bill, con un’espressione vagamente divertita.
-Sedici, diciannove … precoci, ragazzi miei. Forse troppo?
-Oh no!- strillò Bill, sorridendo a trentadue denti, dimenticandosi completamente del non dover parlare se non interpellato – Io e Will siamo una coppia bellissima!
-Stai zitto, Bill. Ti avevo detto di non parlare.
Gli bastò un occhiata gelida da parte sua per zittirsi immediatamente, abbassando lo sguardo. Aveva sbagliato. Di nuovo. Ma perché?
-No, Will. Lascialo stare; mi è simpatico.- July sorrise, facendogli segno di sedersi sul divano. Ed era la prima volta che vide Will obbedire a qualcuno.
 
Tom si grattò il collo, guardando July con aria triste, per poi guardare il suo angelo addormentato stretto a lui.
-Che situazione del cazzo … ma perché proprio lui?- fu l’unica cosa che riuscì a sussurrare, intrecciando le proprie dita con alcune ciocche dei capelli corvini di Bill.
-Esiste qualcosa chiamato Destino, Tom-sama. E il destino di Bill era trovare prima Will e poi te. La grazia esiste per tutti, anche per i perduti.
July aspirò un po’ di fumo dalla kiseru e tornò a sedersi, accavallando le gambe.
-Ora quindi mi puoi spiegare che è successo di così grave per farlo piangere?
-Leggi questa, e forse te ne renderai conto da solo.
Tom ricevette in mano un foglio di carta da lettera, accuratamente scritto con una calligrafia fine e spigolosa, piena di arzigogoli. La carta era spiegazzata, con alcune macchie nerastre, che il rasta poté intuire fossero le lacrime truccate del suo Bill che erano scese sulla carta durante la lettura. Prese un profondo sospiro, e iniziò a leggere quel dannato pezzo di carta:
Mio caro, dolce Bill,
per una serie di fortunate coincidenze sono tornato a Berlino.
Ti sono mancato, in questi due anni? Tu sì, come potrai immaginare.
A parte comunque questi inutili convenevoli di facciata,
cosa mi puoi dire di quel ragazzo?
Pensi forse che non ti abbia visto?
Dolce, illuso: io so tutto tesoro mio. Tutto quello che ti riguarda.
Si chiama Tom, quella specie di rasta idiota che ti sei trovato, no?
Pensavo avessi un gusto più raffinato. Vi ho seguiti, vi ho ascoltati.
Patetici, mio caro, patetici. Sia tu che lui.
Non ti ricordi più quello che ti avevo insegnato “Non esistono
sogni, credenze, e nemmeno dei. Esiste solo la meschinità,
la caparbietà e la cattiveria che tutti noi abbiamo dentro”.
E ora guardati, guardati Bill. Incastrato con un ragazzino
che vive nel suo mondo fatto di sogni, che magari
pensa anche di poterti sposare, di poter vivere con te per sempre.
E sono certo che tu gli avrai dato corda, che magari gli hai anche creduto.
Tu dovevi sposare me, te lo ricordi almeno questo?
Tu hai mai pensato a tutto il dolore che posso aver
provato dopo che ho scoperto che te ne sei andato?
Sono tornato a casa da quello stramaledetto ospedale, sfigurato
per l’eternità, e tu dopo pochi giorni scompari per sempre?
Sei un bastardo ingrato. Ti sei lasciato
corrompere da July, hai permesso che rovinasse noi.
Ti sei dimenticato proprio tutto? Io no.
Mi ricordo anche la più piccola imperfezione della tua pelle,
mi ricordo tutto di te, sei l’unica cosa che non potrò mai cancellare.
Non hai più pensato alla mia situazione, come può essere
peggiorata nel tempo? Sono distrutto, Bill. Avevi paura,
paura delle mie ustioni inguaribili? Paura di dormire con un mostro?
Paura che ti rovinassi ancora?
Comunque sono tornato, tesoro mio. Sono tornato e ti riporterò indietro.
Pensavi che ti avrei lasciato nelle braccia del tuo Tom? Che vi avrei
lasciati in pace? Sono il tuo padrone, Bill, non dimenticarlo.
Posso riscattarti quando voglio e tu non puoi fare nulla.
Ti vengo a prendere, tesoro, e lo sai che non puoi scappare.
Il tuo Will.
 
Tom si ritrovò a dover leggere la lettera circa tre volte prima di potersi anche solo capacitarsi della follia del mittente. E così li seguiva. Sapeva anche chi era. Nessuno era più al sicuro lì dentro, nemmeno lui stesso. Si ricordò la figura che gli era sembrato di intravedere la sera in cui era stato al Bite Vampire: e se non se la fosse sognata? E se allora fosse stato veramente il loro serial killer? Non ci poteva quasi credere di essere stato seguito, spiato, controllato da un pazzo. E poi che diavolo, come osava anche solo pensare certe cose … nemmeno che Bill fosse un giocattolo. Una bambola di pezza. Gli girò la testa, mentre alzava lo sguardo pieno di rabbia e qualche lacrima sul viso apatico di July.
-Hai capito adesso?- chiese il coreano, lisciandosi ancora in un gesto quasi ossessivo il kimono. Quella calma affettata fece infuriare Tom, come mai prima di allora.
-Capito?! Capito?! Ma che cazzo, July, ma ti rendi conto della follia di questo pazzo? E smettila di guardarmi come se fossi solo un bambino che gioca con i Lego, perché non lo sono, dannazione, non lo sono! So come devo comportarmi, sarò occidentale e tutto quello che cazzo vuoi, ma non sono così deficiente!
Si alzò di scatto, lasciando il viso di Bill ciondolare mollemente sul divano, mentre si mise a gesticolare e a girare nervosamente per quella stanza fattasi improvvisamente bollente e piccolissima.
-Non ho detto questo. E non ho mai dubitato della tua intelligenza. Comunque, vediamo, cosa penseresti di fare ora?- July sospirò tranquillo, versandosi del the verde in una delicata tazzina di porcellana.
-Io … io … - Tom si ritrovò a boccheggiare, le mani nei capelli, la faccia stravolta e allucinata – Non lo so, va bene, non lo so! Però Bill è in pericolo. E so che è mio dovere proteggerlo sino in fondo. Quindi … potrei metterlo sotto protezione!
-Sotto protezione? Tu?- July alzò un sopracciglio sarcastico.
-Senti, lo so che il Distretto Dieci non sarà una garanzia, ma proprio così scassi non lo siamo. Potrei convincere i miei colleghi ad aiutarmi sinché non catturiamo Will a fargli tipo protezione armata. Lo hai detto anche tu prima a Bill, che io avrei potuto proteggerlo in quanto agente!- Tom si sentì stranamente esaltato, un misto di rabbia, sconcerto, eccitazione, un qualcosa di altamente distruttivo gli impregnava il cuore, l’anima, la pelle, rendendolo una bomba sul perenne punto di detonare.
-Lascia perdere, Tom-sama. Lo avevo detto solo per calmarlo. Non dimenticarti che Will era uno dei miei gattini; per lui quattro agenti dell’Anticrimine tedesca non sono nulla. Non sottovalutarlo mai, ti prego. Non fare l’errore che ho fatto anche io e che ha portato a questo.- in quel momento a Tom July parve come invecchiato di moltissimi anni. Sotto il trucco pesante si intravedevano delle rughe stanche, come le occhiaie sotto gli occhi accuratamente mascherate dai brillantini; tutto il suo essere sembrava essersi afflosciato come una marionetta.
-E allora me lo porto a casa.- Tom incrociò le braccia al petto – Lo tengo con me. Sarà al sicuro, e poi Claudia è una campionessa di arti marziali russe e krav maga. E anche Kalle e Raghnild se la cavano.
-Evita di portarti i demoni in casa, e di mettere in pericolo i tuoi amici.
-E allora cosa proponi?- Tom si lasciò cadere di nuovo vicino al suo angelo dormiente – Anzi, perché non lo proteggi tu? Insomma, con te non dovrebbe essere al sicuro?
-L’avrei già fatto, non credi?- July lo fulminò e fu come se tutte le rughe e i fantasmi di un’età fossero passati in un secondo – Con me è ancora più a rischio.
Tom si passò le mani sul viso, respirando rumorosamente.
-Va bene. Ho capito, Bill è in una posizione assolutamente pericolosa e pare quasi impossibile salvarlo in qualche modo. Ma ora la mia domanda è: se Will vuole il mio Bill – il rasta si premurò di calcare per bene sul “il mio Bill” – perché avrebbe dovuto ammazzare tutti quegli innocenti, e in quei modi orrendi? Non bastava farlo tornare di nuovo suo schiavo e portarlo via dalla Germania?
-Non so risponderti, Tom-sama. Me lo sto chiedendo anche io, ma finora non sono giunto a nessuna conclusione plausibile.- July alzò le spalle.
-E allora è un bel casino. Però tu, come mai non puoi fermarlo? Insomma, eri il suo capo. Non puoi cercare di farlo fuori?- disse Tom, grattandosi la testa.
-Come si vede che sei un agente.- July sogghignò – Nessuno tocca i jejag doen inkgeu. Comunque, queste sono sottigliezze del nostro sistema che non concernono il nostro problema. Sappi solo che è come se avessero un Marchio di Caino.
Un gemito prolungato interruppe la risposta di Tom sul nascere. Bill si stava svegliando.
-E ora devi sbrigartela da te con il nostro Bill-chan. Non lasciare che le vostre stesse ceneri vi seppelliscano.
Con questa frase sibillina, July scomparve nel fumo azzurro della kiseru, e nuovamente Tom si chiese dove diavolo passasse, per nebulizzarsi via con quella velocità inquietante e rapidissima.
Si voltò verso Bill, che cominciava a stiracchiarsi come un gatto intento a fare le fusa sul divano, sentendo un groppo in gola e un terribile mal di testa. Quanto avrebbe voluto dormire, nascondersi nel buco di Alice e cancellare tutte quelle cose dalla sua testa pesante e sconvolta.
Bill nel frattempo aveva aperto gli occhi, ancora leggermente arrossati da tutte le lacrime che doveva aver versato, la bocca contratta in una smorfia con i rimasugli di rossetto sbavato e il trucco simile a quello di un piccolo e indifeso Pierrot.
-Ehi, Bill … - Tom fece un sorriso stanco, sedendosi ai piedi del divano e posando una mano su quella del angelo, fredda come quella di un morto.
-To … Tom … - il ragazzo cercò di sopprimere un singhiozzo, nascondendo il viso nel cuscino, facendosi schermo con le braccia, come se si vergognasse troppo per guardarlo in faccia.
-Non piangere, piccolo, va tutto bene.- sussurrò il rasta, accarezzandogli i capelli.
-Non va tutto bene.- pigolò Bill da sotto cuscino, capelli e braccia.
Tom sospirò rumorosamente di nuovo, avvicinandosi ancora al divano e posò la testa di fianco a quella dell’angelo, soffiandogli nei capelli l’ombra di un bacio.
-Mi guardi o vuoi tenere il muso per sempre?- gli solleticò la schiena, cercando di ottenere una piccola reazione.
-Io non ti merito.- Bill si raggomitolò ancora di più su se stesso, cominciando di nuovo a piagnucolare, stringendosi il cuscino sulla testa.
-Tu mi meriti più di tutti, Bill. Non dirlo nemmeno per scherzo!- scattò Tom, riuscendo a tirargli su il viso sconvolto dal pianto e rosso come un pomodoro. No, quello non era pronto ad accettarlo! Lui e Bill dovevano diventare un “noi”, che diavolo, e entrambi si meritavano più di qualunque persona al mondo. Loro erano due anime che insieme facevano combaciare perfettamente lo specchio; per loro non esisteva “il futuro di Tom e quello di Bill”. No, per loro esisteva “il nostro futuro, quello di Tom&Bill”. Non poteva mandare tutto al diavolo a quel modo: non ora che si erano finalmente trovati, in un mare di anime sconosciute e scorrette.
-Non è vero!- lo strillo di Bill riverberò tra le pareti, insieme alle sue lacrime che scorrevano incessanti sulle dita di Tom – Io non merito una persona perfetta come lo sei tu. Ti prego Tom, lasciami andare. Dimenticami. Seppelliscimi nel tuo cuore come una sbandata giovanile e rifatti una vita! Non puoi amarmi, Tom, non ti rovinare così, sono solo un assassino, una puttana, un inconcludente, una persona debole e senza carattere! Non sono niente di bello, sono solo una bambola fatta di sangue altrui e violenze che tu non puoi nemmeno immaginare!
-E non me ne frega un cazzo!- Tom si meravigliò da solo per aver alzato così la voce, ma si sentiva troppo arrabbiato in quel momento per poter anche solo permettersi il lusso di ragionare lucidamente – Puoi anche essere un assassino, una puttana, un inconcludente, che a me non importa. Ti ho trovato una sera per caso, solo perché mi ero attardato in ufficio, e mi sono innamorato di te appena ti ho messo gli occhi sopra. E non mi sono innamorato del tuo viso perfetto, del tuo culo da favola, dell’aura maledetta che ti grava addosso, del tuo sorriso malizioso. Il Bill che ho amato quasi da subito non è stato quello orgoglioso, lussurioso, peccaminoso. No, il Bill che mi ha semplicemente lasciato di stucco è quello che hai dentro le tue pupille, chiaro come la luce del sole. È il Bill tenero, quello che mi imbocca perché non sono ancora in grado di mangiare da solo, quello che mi abbraccia appena mi vede, quello che affonda il naso nel mazzo di fiori più male assortito del pianeta, che io ho amato da subito. Il primo Bill che ho letto nei tuoi occhi.
A quel punto mollò la presa dal viso del suo angelico demonio, e sentì delle lacrime di fuoco rigargli gli occhi. Eppure lui non avrebbe dovuto piangere, non adesso, doveva mostrarsi forte per qualcuno che non lo era. Doveva farsi coraggio per qualcuno che l’aveva perso.
Bill continuava a piangere, un pianto liberatorio, di sfogo per qualcosa che aveva tenuto dentro troppo tempo.
-Io non voglio farti del male, Tom. Non voglio, perché penso di amarti. Ma per favore, renditi conto del casino in cui sono finito: sto per morire!
-Non stai per morire, Bill, porca troia, lo vuoi capire!? Finché io sarò a questo mondo, quel bastardo non ti toccherà più nemmeno con un dito. Sei solo tu che devi convincerti. Cosa devo dire per fartelo capire?
Tom era esasperato mentre seguiva i movimenti incontrollati ma comunque sinuosi di Bill in giro per la stanza, i capelli che ondeggiavano sulle spalle, le collane e i bracciali che cozzavano tra loro come campane tibetane.
-Il fatto è che non sono nemmeno sicuro di quello che voglio, ok?
-Come sarebbe a dire? Che sei indeciso tra lui e me? Tra una specie di mostro e un deficiente? Complimenti, Bill, vedo che hai delle ottime scelte.
Tom sentì immediatamente le lacrime asciugarglisi sul viso, come se fosse stato appena picchiato a sangue da mani invisibili. Era così allora? Lui, che aveva dato tutto, la sua mente, il suo corpo, tra un po’ avrebbe rischiato il posto al commissariato per tutti i casini che stava combinando solo per vederlo, lui che aveva pensato di aver finalmente trovato l’unico uomo degno di prendersi il suo cuore, che si era completamente dimenticato del resto per il suo amore, con cosa veniva ripagato? Con indecisione? Ma verso cosa? Il rasta si sentì punto al cuore, smontato pezzettino per pezzettino, e la coscienza tornò a farsi sentire “Te lo avevo detto, Tom: tu non vali nulla. Nemmeno lui ti vuole. A nessuno frega niente dei tuoi patemi mentali e delle tu voci in testa. Sei solo, Tom. Come lo sei sempre stato”. Ma lui non voleva più restare solo: voleva solo essere amato da qualcuno che non fossero i suoi amici. Aveva solo bisogno di amore.
-Tu non mi puoi capire!- Bill lo afferrò per la manica della felpa enorme e se lo tirò vicino. Tom avrebbe tanto voluto scostarsi, ma la presa ferrea del ragazzo gli impediva di farlo, costringendolo ad ascoltare – Non lo puoi capire, perché hai avuto una famiglia che ti ha cresciuto, una casa dove poter tornare ogni notte, degli amici che ti hanno voluto bene e che ti aiutano ad affrontare le difficoltà, una vita normale che ha avuto il suo corso tranquillo e regolare. Quindi non venirmi a dire che capisci me, perché non puoi! Non puoi, perché io non ho mai avuto altro che una vecchia zia che a stento sapeva il mio nome, non ho mai avuto una casa che sia stata degna di essere chiamata così, non ho mai avuto il minimo stralcio d’amico. Quando hai perso la verginità, Tom? Eh, dai, dimmelo!
Tom rimase boccheggiante di fronte alla faccia distorta dalla furia, dal pianto e dal dolore del suo angelo, che ora sembrava l’esatta reincarnazione di uno dei famosi angeli cacciati dal Paradiso. Si ritrovò a sussurrare con voce strozzata
-Diciotto anni …
-Appunto! Io ne avevo dodici, ok? E fammi indovinare, magari sarai andato a letto con un ragazzo che ti piaceva, oppure una ragazza, non lo so. Bene, io mi sono venduto a un tizio che la parola osceno è un eufemismo, solo per pagare quel dannato affitto di quel buco di casa. Primo esperimento del sesso per il sottoscritto. E fammi indovinare, tu non avrai mai ucciso nessuno, no? Io ho ucciso il mio primo uomo che avevo sedici anni! Ti sembra di potermi capire, Tom?!
-Io non ho detto di capirti! Ho solo detto che mi sembra assurdo …
Tom non fece nemmeno in tempo a finire la frase, che subito Bill lo interruppe urlando, aggrappandosi alla sua felpa come fosse una roccia.
-E quindi, quando hai vissuto un’infanzia inesistente, perché tu non sai cosa vuol dire non essere mai stato bambino, mi sembra logico che puoi vedere un angelo anche dove si annidano demoni di ogni sorta. Beh, diciamola così Tom: lui mi ha salvato la vita, prima di tutto. Mi ha portato con lui in una casa decente, mi ha fatto sentire amato, mi ha cresciuto, mi ha insegnato tutto quello che non avevo mai imparato in quasi quindici anni di vita. Se non fosse per lui, io sarei già morto da anni! Quindi, scusa se a questo punto, per quando ammetto che mi abbia rovinato, che mi abbia picchiato, che mi abbia distrutto, sono ancorato a colui che mi ha fatto diventare quello che sono. È stato come un fratello maggiore, un migliore amico, un fidanzato, un padrone, è stato tutto quello che non ho mai avuto in vita mia. Non ti sto dicendo che lo amo, ma ti sto dicendo che il rapporto che ci lega non è facile da spezzare. E ti ho appena spiegato perché.
A quel punto Tom si sentì semplicemente svuotato da tutto. Gli aveva appena raccontato la sua vita, e lui non avrebbe potuto far nulla per cambiare il passato. Ma forse avrebbe potuto cambiare il presente per tenere in piedi un futuro che potesse reggere, per entrambi. Lui non voleva rinunciare a Bill, voleva il meglio per il suo angelo. Voleva essere in qualche modo all’altezza di Will, voleva salvarlo da se stesso ancora una volta. Ma invece che tirarlo su e poi distruggerlo, lo avrebbe tirato su e poi se lo sarebbe legato alla vita e non l’avrebbe mai più lasciato andare. Si limitò a stringerlo tra le braccia, e sentì il corpo di Bill tendersi e poi cominciare a rilassarsi, schiacciandosi contro il suo petto.
-Bill, io … voglio solo salvarti.
-Come puoi salvare una persona che si è uccisa da sola, Tom?- Bill alzò lo sguardo, inchiodandogli quegli occhi nerissimi e arrossati, rovinati e stanchi con quelli di Tom.
-Perché io ti amo. E lo so che potrà sembrare una cosa banale, da quelle sullo stile dei Baci Perugina, ma non mi interessa. Ti amo, Bill. Ti amo quando ridi, ti amo quando piangi, ti amo quando urli, ti amo quando mi chiami “gattino”, ti amo quando balli, ti amo quando ti vesti in quei modi assurdi, ti amo quando ti diverti a prendermi in giro, ti amo quando mi racconti aneddoti della tua vita, ti amo quando facciamo l’amore, ti amo quando mi baci, ti amo quando dormi, ti amo quando ti arrabbi, ti amo quando ti autodistruggi, ti amo quando mi tiri su di morale, ti amo quando se mi punti le tue pistole e i tuoi coltelli alla gola, ti amo quando sei dolce, ti amo quando sei malizioso, ti amo e basta. Ti amo per come sei, per come ti comporti. E questa volta sei tu che ti sbagli, Bill: perché io posso salvare la persona che si è uccisa da sola. Lo posso fare perché la amo più della mia stessa vita. Lo posso fare perché so che il mio amore per te è più forte di qualunque altra cosa.
Tom tirò il fiato quando finì quel discorso, il più lungo, romantico, appassionato, vero discorso che avesse mai fatto nella sua intera vita. E a quel punto si sentì completo: aveva fatto a capire al suo angelo tutto quello che provava per lui, non rimaneva che affidarsi a qualcuno lassù in cima per far sì che non avesse rovinato tutto un’altra volta. Si sentiva felice, comunque. Felice perché sentiva che qualcosa aveva smosso nel cuore dell’altro.
Gli bastò solo un secondo fatto di occhi incrociati e tutte le parole dette che ballavano tra di loro come impazzite. Gli bastò solo uno sguardo carico di tutto quello che erano loro due insieme.
E poi, semplicemente, forse anche troppo, Bill si alzò sulle punte dei piedini nudi e posò il primo, dolcissimo, bacio sulle labbra di Tom, circondandogli il collo con le braccia. Il primo bacio carico di dolcezza e di sentimento, senza la minima passione divoratrice che li aveva scavati dal loro primo incontro. Il primo bacio da innamorati come si deve, il primo bacio per qualcosa di molto grosso. E un sussurro a fior di labbra, come un altro passetto per la loro casa di nuvole
-Ti amo, Tom. Ti amo davvero, e ti credo. Ti credo, amore mio, ce la faremo.
 
****
Ciao ragazze, volevo solo dirvi che tra circa quattro capitoli la storia si concluderà. Mi dispiace se questo capitolo fa schifo, ma stavo sentendo canzoni allegre come Run Run Run e Invaded e così mi sono lasciata andare a ste scene orrende.Chiedo venia! Vi ringrazio un sacco tutte, baciiiiiii
Charlie.
P:S: quanto sono belle le due canzoni citate sopra?
  
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