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Autore: MaddaLena ME    20/11/2015    1 recensioni
Tutti noi, o quasi, abbiamo un sogno speciale. Così speciale che pensiamo sia irrealizzabile. Ma è davvero così?
One-shot posteriore alla storia "A.S. Potter sul sentiero dell'occlumanzia".
Non è necessario leggerla: può essere affrontata anche come una normale one-shot staccata da essa; tuttavia, per chi l'avesse letta, è da considerarsi posteriore ad essa, dando per scontate alcune informazioni lì riportate, di cui, altrimenti, sarebbe poco chiara l'origine.
Ambientazione: durante qualche giorno di vacanza e/o permessi familiari da Hogwarts per i giovani Potter.
Dal testo:
Severus aveva ancora la bacchetta levata, incredulo, mentre l’altro braccio, inerte, gli pendeva lungo il corpo.
Al glielo prese , vi infilò la fiala sopra il palmo e gli richiuse la mano, ridendo divertito: «Ecco: tutta tua! Solo tua!»
E successe qualcosa che Al non si sarebbe mai aspettato. Aveva gli occhi lucidi, come se stesse per scoppiare in pianto. Allarmato, gli chiese: «Qualcosa non va? Non sei contento?»
«Sì, lo sono… solo… non sono abituato a ricevere regali!» confessò, rabbuiandosi in viso.
Al sorrise, felice di aver fatto una sorpresa tanto gradita a Severus.
Genere: Avventura, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, James Potter, James Sirius Potter, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Al stava passeggiando in giardino, alla ricerca di alcune piante per concludere l’invenzione di una nuova pozione in grado di cambiare i colori agli oggetti. Coi suoi tredici anni e il piglio deciso, era capace di passare ore in giardino ad osservare piante e raccogliere pietre, oppure camminare nella foresta, se gli ingredienti erano più difficili da trovare. Non sempre volentieri, ma in queste sue uscite spesso lo accompagnava il padre, che pareva non riuscire a comprendere la passione del figlio per la preparazione di pozioni. Eppure, c’era della genialità in tutto ciò: non solo era tra i migliori della scuola in quella materia, ma spesso lo si poteva pescare ad inventarne di nuove, a cambiare qualche cosa dal libro. Del resto, su sua esplicita richiesta, le sue lezioni private erano rimaste tali, con la complicità della Preside, per cui nessuno poteva immaginare da chi avesse imparato un così meticoloso e ragionato metodo nel migliorare le pozioni “canoniche”.
Tuttavia, era evidente che qualcosa, in quei mesi, fosse successo.
Continuava a cercare momenti di solitudine, che coltivava e rendeva produttivi con l’invenzione di qualche nuova pozione o lo studio di qualche pianta rara. Ma, di fronte agli altri, era più sicuro e convinto, aveva come una marcia in più e non pareva non temere più il confronto col fratello, tanto che teneva testa od ignorava signorilmente le punzecchiature di quest’ultimo.
L’aria era frizzante, in quel cielo invernale e grigio, da cui però spuntava uno spicchio di sole, circondato da grosse e vaporose nubi grigie. I passi del ragazzo procedevano spediti, nel terreno noto e sicuro del giardino di casa, di cui aveva imparato a riconoscere ogni centimetro.
All’improvviso, il suo sguardo fu attratto da una specie di buco. Sembrava un buco, ma non era un buco. Sembrava una porta o una fessura. Come un cavo d’albero, ma senza l’albero. Ci si avvicinò con circospezione. si guardò intorno, ma, non resistendo alla curiosità, infine ci si ficcò dentro come se fosse stato un tuffo in piscina, con tutto il corpo!
In men che non dica, si ritrovò ad Hogwarts. Il castello, i ragazzi… ad una prima vista, sembrava tutto uguale, ma per prima cosa notò che Silente era preside, ed era molto più giovane. Si guardò intorno, un po’ spaesato e, nella disattenzione, urtò un altro ragazzo. Entrambi caddero a terra.
«Scusa, scusa… non ti ho visto. Mi dispiace, davvero! Tutto ok?»
Vide che aveva il mantello da Serpeverde, come lui. Un ciuffo di lunghi capelli corvini gli impediva di vedere gli occhi del ragazzino, che sembravano chiusi. Con un gesto istintivo, glieli scostò leggermente, chiedendo di nuovo, preoccupato: «Tutto bene?»
«Lasciami!» intimò seccato l'altro, allontanandogli la mano.
Albus riconobbe subito quegli occhi corvini. E ne rimase senza parole.
«Ma tu… sei Severus?»
L’altro ragazzino rimase interdetto: «Come sai il mio nome?»
«Perché Lei é…» iniziò Al, poi si corresse, vedendo che doveva avere press’a poco la sua età: «perché sei bravissimo in pozioni!» finì la frase, tutto d’un fiato.
«Sì, sono io. Ma tu chi sei? Assomigli ad un Grifondoro che conosco, ma hai la divisa come la mia!»
Albus non aveva capito cosa fosse successo. Non sapeva se dovesse rispondergli la verità oppure no. Sapeva però che Severus era intelligente, affidabile e sapeva mantenere un segreto.
«Severus, io sono Albus Potter ma il Potter che tu conosci non l’ho mai visto. Puoi coprirmi, per favore?» era incredibile, anche adesso, che erano coetanei, si ritrovava costretto a chiedergli un favore.
Severus lo guardò torvo, sospettoso. Un Potter serpeverde che gli chiedeva un favore? Avrebbe potuto essere un tranello.
Poi, con un moto del capo lungamente calcolato, assentì.
D’improvviso, si rammentò di un dettaglio. Erano mesi che voleva farlo. Non aveva mai potuto, però. Ora, nonostante non capisse che situazione fosse, poteva. Quindi, ritenne di doverlo fare.
Prima che Severus potesse fare qualunque cosa, gli gettò le braccia al collo, ad occhi chiusi e gli disse solo «Mi dispiace per tuo padre, davvero. Uno come te dovrebbe meritarsi il meglio!».
Severus dapprima tentò di ritrarsi, quasi schifato; poi però, comprendendo la sincerità di quel gesto, se lo scrollò di dosso con una smorfia, ringraziandolo con noncuranza: «È tutto ok. Ma tu come lo sai?»
«È una storia lunga…»
Albus vide gli occhi di Severus ingrandirsi per sorpreso terrore.
«Potter!» mormorò soltanto, rassegnato, dopo che il suo sguardo si era spinto oltre Al, che si voltò: «C'è solo Sirius, con lui. Tu vedi altri?»
«No, hai ragione, solo Sirius…»
In un attimo, i due ragazzi gli furono dinnanzi, con le bacchette sguainate.
«Mocciosus, hai trovato un altro sfigato come te? Ci occuperemo anche di lui…come ti chiami!»
«Michael Connor!» disse Albus, mentre Severus annuiva, complice.
«Connor, eh? Due serpi al prezzo di una! Ve la faremo vedere!» proclamò Sirius, beffardo
Al si avvicinò a Severus e sussurrò:«Siamo due contro due… siamo pari. E sappiamo molti più incantesimi noi!». Severus annuì, coi capelli che scivolarono a coprirgli gli occhi.
«Rictu —» iniziò Sirius.
Ma subito Al intervenne, in difesa di Severus, con un Petrificus Totalus che fece subito effetto.
James Potter allora cercò di colpirlo con un Levicorpus, che però fu bloccato da un Impedimenta lanciato da Severus, che, preso per un braccio Al, lo incitò: «Coraggio, andiamo via, prima che finiamo nei guai!»
I due corsero a perdifiato, finché raggiunsero il Castello.
I due ragazzi si guardarono, complimentandosi con gli occhi.
D’improvviso, però, Severus si fece serio e si rivolse al compagno: «Ora però devi spiegarti, se vuoi che mi fidi. Tu sei un Potter e non vuoi che ti si conosca? Che storia è questa?»
«Lo sai fare l’incantesimo del silenzio?»
«Certo, l’ho inventato io!» rispose Severus, con un moto d’orgoglio che gli fece alzare un sopracciglio, con fierezza, poi disse: «Muffliato»
«Non ho capito neanch’io come sia potuto accadere. Probabilmente, senza volerlo ho contravvenuto a qualche legge magica che ignoro. Io… come spiegarti… vengo dal futuro e quel Potter è mio nonno, ma io non l’ho mai visto, né conosciuto. Come pensi che avrebbe reagito se avessi detto una cosa tanto assurda?»
«Probabilmente male… si sarebbe arrabbiato e ti avrebbe dato del bugiardo, credo. Avrebbe chiamato il Preside, forse…» ipotizzò Severus.
«Esatto, Sev! Capisci perché posso fidarmi solo di te! Come sempre…» sospirò.
«Perché dici come sempre? Vuoi dire che da dove vieni ti sono stato utile? In futuro ti sarò utile?» domandò Severus, sinceramente incuriosito.
«Utile? Vuoi scherzare? Senza di te, io non sarei neppure nato!» gli spiegò Albus.
Severus ghignò di soddisfazione. Allora, nel futuro, sarebbe stato importante. «Dimmi altro. Sarò forte?»
«Forte? Sei già fortissimo. Il migliore in pozioni, un grande occlumante, ma soprattutto un grandioso insegnante, davvero!»
«Avrò un futuro così bello?» domandò allora
«Forse bello non è la parola giusta. Ma c’è da essere fieri del tuo operato. Sarai un grande guerriero!» concluse Albus, tutto eccitato, poi, però, timoroso, gli chiese: «Ma tu davvero mi credi?»
«Hai gli occhi come Lily. Sinceri. E le stesse fossette, lo sai?»notò Severus, che si ritrovò incredulo di confessare tutto questo ad uno sconosciuto venuto dal futuro e imparentato con quell’odioso Potter.
«Quindi potremmo essere amici?» azzardò Al, titubante.
Severus si stupì che il Serpeverde non si sincerasse prima del suo stato di sangue, che appartenesse al numero delle famiglie pure «Siamo una bella squadra!» constatò, evitando furbescamente di rispondere alla domanda di Al. Ma per il piccolo Potter era già musica per le sue orecchie.
L’orologio batté le 11.
«Oh, no!» esclamò Severus: «Lumacorno! Dobbiamo andare!» disse, coinvolgendo istintivamente anche Al.
«Dobbiamo? Dici che devo venire anch’io?» domandò Al. Nonostante avessero la stessa età, si sentiva sempre in dovere d chiedergli il permesso, come se gli fosse superiore.
Sev arricciò un labbro, inspirò profondamente con il naso, poi con una smorfia rispose: «Non vedo perché no!» poi, più convinto disse: «Sì, dai: seguimi! Oggi siamo coi Tassi…»
Arrivarono dunque nei sotterranei, dove ormai quasi tutti gli studenti erano già entrati. Lumacorno accarezzò con lo sguardo tutti i suoi prediletti, nel cui numero era naturalmente inserito anche Severus, che fece un ghigno d’approvazione al suo sguardo. In quella, però s’accorse di quella testa corvina che accompagnava il dotato allievo di sua conoscenza e gliene domandò ragione.
«È amico mio» spiegò soltanto.
Al professore, quella risposta bastò. Dopo aver spiegato, dalla cattedra, la pozione da realizzare, li invitò a formare delle coppie, mettendo in palio una fiala di essenza di dittamo al miglior risultato ottenuto. Pieno di entusiasmo, Al prese Severus per un braccio e lo trascinò letteralmente verso un calderone, spiegandogli concitato:
«Io mi atterrò alle tue indicazioni, tu dimmi cosa fare e vedrai che vinciamo noi. Sei il migliore, Sev… il migliore!».
Severus, infastidito da quell’eccesso di entusiasmo, protestò: «Mollami! Mollami! Ehi, non sono di pezza… e se te lo facessi io? Piccolo ragazzino viziato, io….».
Severus non trovava le parole.
Albus, vergognoso, era impallidito dal terrore: «Scusami, ero solo felice di poter fare una pozione con te!» confessò, poi aggiunse: «E con quella fiala, tu potrai fare qualche pozione di guarigione. Sono sicuro che ne sai fare un sacco!»
A questa confessione, non gli venne alcuna parola negativa e poté solo intimargli, con una decisione che fece sentire Albus, al contempo, protetto e succube della sicurezza del pozionista in erba: «E va bene! Ora fai come ti dico e non prendere iniziative personali, ok?»
«Ok!» rispose Albus che, curioso da sempre di poterlo vedere all’opera, non si azzardò assolutamente a rivelargli che anche lui non era male in pozioni e che, anzi, si dilettava nell’invenzione di.. qualche alternativa!
I due lavorarono alacremente e ad Al sembrò di rivivere i pomeriggi nella grotta. La differenza era che Severus era meno esperto, un po’ più gentile, ma ugualmente geniale e metodico. Non glielo disse apertamente, ma un paio di occhiate ammirate fecero capire ad Al che Severus aveva capito che non aveva a che fare con un pivellino, ma con un grande appassionato di pozioni, come lui.
Alla fine della lezione, Lumacorno passò tra i calderoni e, giunto accanto a quello di Sev e Al, si illuminò al vedere quanto il colore fosse lucente, l’odore preciso e la densità adeguata alla richiesta.
«Voi non avete seguito le istruzioni del libro…» iniziò Lumacorno, apparentemente insoddisfatto, ma intimamente orgoglioso del suo pupillo e di quel neoacquisto che sembrava ottimo.
«Non del tutto…» ammise Al, mentre Sev gli dava una gomitata.
«Comunque, il risultato è davvero pregevole!» commentò compiaciuto il professore.
Severus sembrò sollevato. Era una delle prime volte che modificava quella pozione, che ancora non padroneggiava del tutto.
Prima ancora che il docente finisse il proprio commento, Al intervenne: «Severus è proprio portato, sa cogliere davvero l’essenza di una pozione! È un mostro di bravura!»
«Già, ragazzo, è vero… come hai detto che ti chiami?»
«Non l’ho detto, signore» ammise, candidamente, Al.
«È tardi, professore! Se tardiamo a Storia della Magia, riceveremo una punizione!» intervenne prontamente Severus.
«Giusto… mentre, essendo la pozione migliore, vi meritate la fialetta!» proclamò Lumacorno, lasciand la alta fra i due, spiegando, con un lampo negli occhi: «È una sola. Decidete voi come dividervela!»
Albus allungò lestamente la mano, poi con l’altra spinse Severus fuori dalla porta, dopo aver salutato frettolosamente il professore.
«Accidenti, Severus! Sei stato perfetto, nel tempismo… stavo quasi per rivelare il mio nome! Che poi è quello del Preside, ma col cognome di un ragazzo mio coetaneo, per cui non mi avrebbero creduto per nessun motivo…»
Severus lo fermò con un gesto imperioso della mano, bloccandolo nel corridoio:
«Allora?»
«Allora cosa?» domandò Albus
«Che ne facciamo del premio?» chiese Severus. Poi lo guardò perplesso: «Hai già deciso, vero?»domandò, alzando poi la bacchetta, pronto a combattere per ottenere quel premio che gli spettava. Almeno in parte.
«In effetti, avevo già preso una decisione» disse, porgendogli la fiala «Te la regalo. Senza di te, non avrei mai vinto! E… anche se in minima parte, è un modo di ripagarti per… tante cose che nemmeno riuscirei a spiegarti, adesso! Ma fidati che sono tante!» ridacchiò Al.
Severus aveva ancora la bacchetta levata, incredulo, mentre l’altro braccio, inerte, gli pendeva lungo il corpo.
Al gli prese il braccio, infilò la fiala sopra il palmo e gli richiuse la mano, ridendo divertito: «Ecco: tutta tua! Solo tua!»
E successe qualcosa che Al non si sarebbe mai aspettato. Severus aveva gli occhi lucidi, come se stesse per scoppiare in pianto. Allarmato, gli chiese: «Qualcosa non va? Non sei contento?»
«Sì, lo sono… solo… non sono abituato a ricevere regali!» confessò, rabbuiandosi in viso.
Al sorrise, felice di aver fatto una sorpresa tanto gradita a Severus.
Chissà come avrebbe potuto tornare nel suo mondo? Chissà cosa gli avrebbero detto gli insegnante, se suo nonno lo avrebbe riconosciuto? Se avrebbe fatto una brutta fine, per aver rivoluzionato il corso degli eventi?
Si rese conto che non gli importava davvero riuscire a rispondere a queste domande. Aveva realizzato un sogno che gli era sempre parso impossibile. Poter fare una pozione con Piton. Poter vedere come potesse essere stato, alla sua età. Se avesse mai avuto anche lui paura, almeno qualche volta, di qualcuno o di qualcosa.
Se anche Piton, che aveva dimostrato tanto coraggio da stare coi Mangiamorte per ordine di Silente, rischiando la propria vita, aveva avuto paura, allora anche per lui, che tutti dicevano codardo, c’era speranza.
Non è importante non aver paura, ma essere in grado di superarla, quando arriva.
D’improvviso, però, proprio mentre stava facendo questi pensieri, iniziò a sentire delle scosse, come se ci fosse un terribile terremoto.
«Insieme, faremo fronte anche questo, Sev… avrai di sicuro una pozione che io non conosco per risolvere questo problema. Sei così bravo tu a inventarne!» disse Al, fiducioso, rivolgendosi all’amico. Che però pareva allontanarsi sempre più da lui, in un vortice di colori che andavano sbiadendo.
Tutto sembrava basculare, intorno a lui. Tonfi sordi e regolari.
«No, non te ne andare. non so chi sia che…» Al aprì gli occhi, quasi all’improvviso. La luce li inondò.
«salta a questo modo!» concluse, a mezza voce, Al.
Era Jamie che saltava sul suo letto, gridando: «Sveglia, Al! Svegliaaa!»
«Possibile che tu debba saltare a questo modo come una scimmia?! Mi alzo, ma con calma, ok?»
Jamie camminò carponi fino alla sua faccia, estrasse due piccoli ghiaccioli da una busta e glieli appoggiò alla faccia, urlando: «Faccia da serpe!»
«Aaah!» sobbalzò Al «Accipicchia, Jamie, possibile che tu riesca a rovinarmi persino i sogni? Non bastava avermi fatto bruciare l’Occhiopallato per l’ennesima volta, eh?»
Harry tese l’orecchio dal piano di sotto e si avvicinò di gran carriera. Riconosceva da lontano quando il solitamente placido Al era portato all’esasperazione da James: in quei casi poteva diventare molto pericoloso. Per James, s’intende. Quindi, affrettò il passo, superando in rapide falcate gli ultimi scalini.
«Buongiorno, ragazzi! Era un sogno bello, Al?» chiese Harry, affacciandosi sulla porta e cercando di placare l’aria di rissa, che s’iniziava a respirare.
«Sì, ero in classe con Piton e vincevamo un premio da Lumacorno perché siamo una grande squadra in pozioni…ma James mi ha svegliato e me lo ha rovinato!»
«Beh, forse lo avrà fatto con malagrazia, ma, Al, era effettivamente ora d’alzarsi!» puntualizzò il padre.
«Non c’entra forse.. Rebeccaaaa.. Rebecca!» gli fece il verso James
«Sta’ zitto, scemo!» s’irrigidì Al, centrandolo in pieno con una pantofola.
«Ehi, calmi!»intervenne Harry, cercando di dividerli e frapponendosi tra i due, senza riuscire a non pensare che, come cacciatore, magari avrebbe potuto far bene, Albus - Severus - che - odia - il -Quidditch! Non fu capace infatti di trattenere un sorriso, ma, cercando di riprendere almeno un minimo di contegno, si rifugiò in una citazione del suo Preside preferito:
«Silente diceva che nei sogni entriamo in un mondo interamente nostro. Potrai incontrarlo ancora, nei sogni, ogni volta che vorrai. Magari sarà più simpatico del solito!»
Al lo guardò torvo, come se fosse stata un’offesa mortale.
«Ehi, scherzavo, ok?» poi allargò lo sguardo anche verso il primogenito e disse: «Siete in ritardo, tutt’e due! Sbrigatevi, se non volete mangiare tutto freddo!»
Con un balzo, Al scese dal letto, James lo seguì a ruota e scesero per la colazione, rincorrendosi e spingendosi a vicenda.
Harry sospirò, sperando che i suoi ragazzi non si stessero facendo troppo male…

   
 
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