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Autore: Taia_Girl    20/11/2015    4 recensioni
"Ciao, mi chiamo Léo, sono un bambino di otto anni e abito a Parigi insieme a mamma e papà. Mi hanno detto di dirvi che 'sono uno dei sopravvissuti alla strage dell'Isis', anche se io non so cosa voglia dire...
Tutti vogliono che vi racconti della sera del 13 novembre, quella in cui ho visto mia sorella Julie morire davanti ai miei occhi al Bataclan, quando quel cattivo terrorista con la cicatrice sulla fronte le ha sparato proprio qui, nel cuore..."
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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                                 Je suis Lèo
 
 

20 novembre 2015.

Ciao, mi chiamo Léo, sono un bambino di otto anni e abito a Parigi insieme a mamma e papà.
Mi hanno detto di dirvi che "sono uno dei sopravvissuti alla strage dell'Isis", anche se io non so cosa voglia dire... Tutti mi dicono di pronunciare questa frase con fierezza, ma io non la capisco.
Che cos'è l'Isis? Cosa significa "strage"?
Non lo so, non ne ho idea e i grandi non me lo vogliono spiegare perché dicono che è una cosa troppo difficile e che io sono ancora piccolo.
"Lo capirai quando sarai un po' più cresciuto, Léo" mi sento dire.
Io proprio non li capisco, gli adulti... Prima mi convincono che "sono un bambino intelligente e sveglio" e poi, d'un tratto, pensano che io sia uno stupido e non sia in grado di imparare la parola "Isis".
L'unica cosa che so di questo termine strano è che è molto brutto ed ha che fare con le persone cattive che l'altra sera hanno ucciso mia sorella, Julie.
Sì, avete capito bene, la mia dolce sorellona non c'è più... Aveva solo diciassette anni e tra un mese avrebbe compiuto i diciotto... È morta qualche giorno fa, mentre assisteva al concerto della sua band preferita in un posto che mi sembra che si chiami Bataclan, ma non ne sono sicuro.
Io ero là, con lei e il suo ragazzo, Jean.
Forse è questo a cui i grandi fanno riferimento: io sono rimasto vivo dopo che che quegli uomini vestiti di nero sono entrati in quel locale e hanno iniziato a sparare contro tutti.
Quei signori malvagi mi facevano tanta paura: avevano un'enorme pistola, che gli adulti definiscono con un nome difficilissimo, credo che si chiami "Kalasnikov". Ma perché i grandi devono inventare delle parole così complicate e impronunciabili?
Inoltre, quei tizi incappucciati seminavano la confusione generale, non facevano altro che urlare il più forte possibile: "Allah u Akbar! Allah u Akbar!".
Cosa voglia dire non lo so, magari è il loro grido di battaglia, come quello che hanno i guerrieri nei cartoni animati...
Ah, la mamma mi ha appena detto che quella frase significa: "Dio è grande".
Che strana come dichiarazione di guerra, non mi sembra molto adatta...
Comunque, da quanto ho capito, l'Isis è il gruppo a cui appartiene questa gente pericolosa.
In questi giorni, ho imparato anche un'altra parola nuova, anzi due: terrorismo e terroristi.
Praticamente, mi hanno spiegato che l'Isis è formato dai terroristi, che sono delle persone che vogliono, appunto, diffondere il terrore e spaventarci, uccidendo degli innocenti e lanciando bombe per distruggere locali pubblici, come il Bataclan.
Ecco, a proposito di questo, tutti vogliono che vi parli di quella terribile notte, quella in cui ho visto mia sorella morire davanti ai miei occhi...

Era la sera del 13 novembre e Julie, dopo aver pregato e supplicato a lungo i miei genitori, era riuscita ad ottenere il permesso di andare al concerto con Jean, a patto di portare anche me, dato che loro dovevano lavorare e non volevano lasciarmi a casa da solo.
"Dai, vi prego... Ormai sono grande! Ci tengo tanto... Uffa, dai..."
Così, siamo andati e alle nove e mezza la band ha iniziato a suonare.
Erano tutti agitatissimi ed emozionatissimi: il pubblico urlava dalla gioia, cantava, saltava e si muoveva a ritmo della musica altissima.
"Che bello!"
"Sìììì!"
"Dai, balliamo!"
"Che figata questa canzone!"
Io ero completamente travolto dalla folla e continuavo a venire spinto di qua e di là, sono anche caduto due volte e un ragazzo grasso mi ha pestato il piede mentre ero a terra.
Mia sorella e il suo fidanzato erano troppo occupati a ballare per preoccuparsi di me, non si sono nemmeno accorti che ero in difficoltà. Io cercavo in tutti i modi di non soffocare in mezzo a quella marea di gente scatenata, ma non è stato per niente facile...
"Aiuto! Aiuto!" gridavo, quando pensavo che mi schiacciassero come una mosca "Attento! Ehi... Ci sono anch'io! Guarda giù..."
Ma tanto loro non mi ascoltavano, o non sentivano a causa del volume della musica, e io protestavo nel vuoto, inutilmente, senza ottenere risultati, come se non esistessi.
Non ce la facevo proprio più, ormai avevo esaurito tutte le mie forze e stavo per svenire, quando ad un certo punto...
Ad un certo punto, qualcuno ha fatto scoppiare dei petardi...
BOOM, BOOM, PUM, PAM!
Il loro rumore era ancora più alto della musica e ha attirato subito l'attenzione del pubblico.
BOOOOM!
"Che cosa succede, Julie?" ho chiesto a mia sorella, tirandole la manica della felpa nera e urlando per farmi sentire.
"Niente, non preoccuparti, Léo. Sono solo degli effetti speciali per rendere più bello il concerto"
Io ho fatto di sì con la testa, per farle vedere che avevo capito, e mi sono tranquillizzato.
Poi, però, nell'aria è rimbombato un forte grido, disperato, seguito da altri petardi.
"AAAAAH!"
In quel momento, mi sono girato e ho visto quattro uomini incappucciati e vestiti di nero che "facevano irruzione" (i grandi mi hanno detto che si dice così) e iniziavano a sparare all'impazzata, senza controllo.
Il sangue, il sangue dappertutto.
I corpi dei ragazzi e delle ragazze che poco prima saltavano allegramente erano per terra, morti, ammucchiati uno sopra l'altro, come il mazzo di carte che mi ha regalato Babbo Natale l'anno scorso, nonostante io fossi troppo piccolo per giocarci.
In quei minuti c'era una confusione pazzesca: tutti correvano da una parte e dall'altra, si buttavano sul pavimento e si coprivano la testa per non essere colpiti.
Io sono rimasto immobile...
Piangevo disperatamente e strillavo, stringendo con tutta la forza che avevo la mano della mia sorellona.
"Chi sono, Julie? Cosa vogliono? Perché stanno facendo tutto questo?"
Lei non mi rispondeva ed era come paralizzata dalla paura, come Jean.
Poi è arrivato l'uomo barbuto con la cicatrice sulla fronte e con una pistola gigante.
Mi ha guardato negli occhi per alcuni secondi.
Ero spaventato, non sapevo cosa fare... Il cuore mi batteva forte. Avevo paura di morire perché sapevo che quell'uomo era malvagio.
Ad un tratto, però, mi ha sorriso...
"Perché ride, Julie?" ho domandato a mia sorella, senza capire.
"Non. Muoverti" mi ha risposto, stringendo i denti.
"Ma non c'è niente da ridere!" ho insistito io, senza comprendere il comportamento di quel terrorista.
"Sta' zitto!" è sbottata lei, arrabbiata ed impaurita, piangendo e voltandosi appena appena verso di me.
Julie non avrebbe mai dovuto fare quel minuscolo movimento...
Sembrava una cosa da niente e invece... Invece...
Non si doveva girare! È tutta colpa mia, solo mia! È colpa mia se lei è morta... Se solo avessi tenuto la bocca chiusa... Tutti mi dicono sempre che io sono un bambino "loquace" e mi hanno spiegato che significa che sono un chiacchierone, ma non l'hanno mai definito come un difetto.
Ora so che lo è perché se non avessi parlato forse la mia sorellona sarebbe ancora viva!
Non si doveva girare...
Quell'uomo cattivo, infatti, dopo quel piccolo spostamento, le ha sparato, così, "a freddo" (l'ho sentito dire dalla polizia quando gli ho descritto la scena).
"Allah u Akbar!" ha detto il terrorista, e poi le ha sparato proprio qui, nel cuore. Il proiettile ha colpito il suo petto e ha cominciato a perdere tanto sangue.
Il sorriso di quell'uomo era falso, era un sorriso crudele, era come un avvertimento silenzioso che diceva: "Ora ammazzo la tua adorata sorella"
"JULIEEE!" ho urlato, disperato, tremando.
Mi sono rannicchiato a terra, chiudendo gli occhi e tappandomi forte le orecchie.
"No... no... noooo... È tutto un sogno, un orribile sogno... Non può essere vero..."
Ero in preda al panico ed ero pronto a morire anch'io, ma poi ho sentito qualcosa cadermi addosso, una cosa pesante, che mi ha schiacciato e che ha fatto sì che un proiettile non mi colpisse...
Era il corpo di mia sorella.
Non sapevo cosa fare... Sapevo che se avessi gridato o avessi scansato il suo cadavere, l'uomo con la cicatrice avrebbe capito che non mi aveva ucciso.
Così, sono rimasto a terra, immobile, coperto da Julie, la quale mi faceva da scudo.
Lei mi fissava con i suoi occhi azzurri, completamente spalancati: era morta con gli occhi aperti.
Mi faceva impressione guardarla, quindi ho chiuso di nuovo gli occhi, cercando di resistere.
Avevo paura, tanta, sudavo e non riuscivo a respirare.
Non so per quanto tempo sono rimasto in quel modo, comunque per tantissimo.
"Voglio tornare a casa... Mamma, dove sei??" piagnucolavo, mentre sentivo altri spari intorno a me e sentivo la gente che correva e cercava di nascondersi.
BOOM, BANG, BOOM!
"Aiuto!"
"No, vi prego!"
"Si salvi chi può!"
"Le scale, le scale! Dobbiamo scendere!"
"Non si può! Il corridoio è completamente invaso dai morti e dai feriti!"
"Dobbiamo scappare, dobbiamo calpestarli!"
"Tutti fuori, in strada!"
"Aspettatemi, mi hanno sparato ad una gamba, vi prego, non lasciatemi qua!"

Era orribile e sembrava una di quelle brutte scene di guerra di quei film violenti che piacciono solo ai grandi...
Ho visto morire tanta gente, anzi tantissima, quella notte...
Io piangevo, in silenzio.
D'altra parte, cosa può fare un bambino di otto anni come me in una situazione del genere?
Quanto mi sarebbe piaciuto, in quel momento, essere Goku, il mio eroe preferito di Dragon Ball, il cartone animato che guardo tutti i giorni... Lui avrebbe sconfitto come niente quei cattivi terroristi e avrebbe salvato tutti!

Quando sono arrivati i poliziotti e gli uomini vestiti di nero sono scappati, non ero proprio cosciente e sono stato preso in braccio da un poliziotto con la divisa blu, che mi ha portato fuori.
"È sotto stato di shock, ma è vivo" gli ho sentito dire ai miei genitori, che, dopo aver saputo dell'attentato, erano corsi al Bataclan.
Ero stordito e non capivo più niente. La testa mi faceva tanto male e la mia felpa azzurra era completamente ricoperta del sangue di Julie.
"In quanto a vostra figlia..." ha proseguito il poliziotto "Purtroppo non c'è stato niente da fare"
Udendo quella frase, mi sono come risvegliato e ho sentito un forte dolore al cuore, come se uno di quei cattivi mi avesse colpito con un coltello.
La mamma ha iniziato a urlare e ad agitarsi in un modo assurdo, completamente fuori di sè: non avevo mai visto niente di più terrificante; era anche peggio di quella volta che lo zio Paul mi ha fatto vedere un film vietato ai minori, dicendo che ormai ero un "ometto".
Il papà l'ha stretta tra le sue braccia, piangendo in silenzio.
In quel momento, ho visto un signore dell'ambulanza che spingeva fuori dalla sala da concerto una barella: sdraiato sopra di essa c'era Jean.
Sì, lui si è salvato. Gli hanno solo sparato lievemente ad una spalla, ma ora sta bene.
E io... Non so... Credo che quella sera non mi rendessi ancora veramente conto di quello che era successo, ero troppo spaventato e confuso...
Tuttavia, ora l'ho capito e so cosa voglio fare da grande.
Adesso sono ancora un bambino piccolo, anche se la mia famiglia dice che ragiono già come un adulto, ma so già cosa farò nel mio futuro.
Questo "Isis" si è portato via una delle persone più importanti della mia vita, la mia amata sorellona Julie, a cui volevo tanto bene e a cui ero tanto legato...
Lei ora mi protegge da lassù: quando guardo il cielo la riconosco subito perchè è la stella più bella e luminosa e a volte mi sembra ancora che mi parli... Sento la sua dolce voce che mi tranquillizza e mi dice: "Non preoccuparti, non è stata colpa tua", però io mi considero sempre un po' responsabile della sua morte.
Ho deciso: da grande voglio diventare un eroe e sconfiggere i terroristi che hanno fatto del male a Julie, voglio lavorare in una di quelle associazioni segrete che hanno il compito di scovare i criminali e di mandarli in prigione.
Ho anche già pensato a come presentarmi quando parlerò con uno di quegli agenti speciali.
È semplice, lo farò così:
"Mi chiamo Léo e sono uno dei sopravvissuti alla strage dell'Isis del 13 novembre 2015. Ho un obiettivo: vendicare mia sorella".






ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tutti! Mi presento: sono Maria e ho 15 anni. Sono iscritta a EFP da più di un anno, ma sono nuova in questa categoria.
Dopo l'orribile strage di Parigi della settimana scorsa, la quale ha causato centinaia di morti e feriti, ho sentito la profonda necessità di scrivere qualcosa su questo fatto inaccettabile e ingiusto, mi sono sentita in dovere di ricordare a modo mio le vittime di questo massacro.
Così, è nata questa breve storia...
Come avete notato, il linguaggio è estremamente semplice ed infantile e il lessico è molto limitato, ma ci tengo a dire che ciò è assolutamente voluto: infatti, ho cercato il più possibile di immedesimarmi in un bambino di otto anni e di raccontare i fatti come avrebbe fatto uno della sua età.
Mi rendo conto che questa è una tematica molto forte e crudele da affrontare, anche perchè è molto attuale, ma spero comunque che vi sia piaciuta e, soprattutto, che vi abbia emozionata come è accaduto a me mentre scrivevo questa breve storia.
Se vi va, mi farebbe molto piacere ricevere i vostri pareri, consigli e recensioni, anche per sapere qual è la vostra opinione riguardo l'attentato di Parigi.
Vi ringrazio per la lettura!
Taia_Girl
   
 
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