Number 08- Gods' guilts
Se vuoi uccidermi, fallo...
Al
suono di queste parole fermò la mano a mezz'aria, con gli
occhi
fissi sull'uomo sotto di lui. Incrociò il suo sguardo vuoto
e
impassibile e la rabbia montò di nuovo: quelle iridi rosso
cupo
continuavano a guardarlo come se fosse solo lo spettatore di una
tragedia e non l'attore protagonista. Come se non fosse lui la
persona che stava per morire. Guardò ancora gli occhi rosso
sangue
dell'altro, chiedendosi quali pensieri lo stessero attraversando in
quel momento. Non sembrava avesse ancora voglia di combattere e forse
si era già rassegnato all'idea di morire. Forse si stava
già
pentendo per i suoi crimini atroci e forse stava solo aspettando
l'eterno riposo per non dover fare i conti con la sua coscienza e i
suoi sensi di colpa. Forse era per quello che lo aveva quasi
supplicato di ucciderlo; forse ciò che desiderava in quel
momento
era morire per mano del suo migliore amico. Ma lui non sarebbe mai
stato in grado di abbassare la lama della spada e dargli il colpo di
grazia. Non avrebbe mai potuto fare questo, non a lui.
«Dimmi
perché... Voglio solo sapere perché l'hai uccisa!
Cosa ti ha fatto
di male?!» esclamò, con il braccio ancora alzato
verso l'alto e la
punta della lama che brillava in maniera sinistra alla luce flebile
della notte astrale. La vista stava iniziando a diventare sempre
più
confusa, quasi appannata, come se si trovasse sott'acqua;
cercò di
reprimere ciò che di lì a poco sarebbe sgorgato
copioso dai suoi
occhi, continuando a tenere lo sguardo fisso sull'uomo che si trovava
sdraiato supino sotto di lui. «Dimmelo!»
L'uomo
chiuse gli occhi dello stesso colore del sangue di cui si era
macchiato e rispose:
«Sapere
la verità ti farà stare meglio?»
«Niente
mi farà stare meglio, nemmeno ucciderti. Eh'ra è
morta e tu l'hai
assassinata, ma non c'è niente che possa fare per riportarla
indietro. Niente!»
«Era
una delle persone più dolci che avessi mai
conosciuto...» mormorò
l'uomo, distogliendo lo sguardo color sangue da quello azzurrino
dell'uomo armato che lo sovrastava.
«Allora
perché? Cosa ti aveva fatto di male?! Perché
l'hai uccisa?!»
L'uomo
dagli occhi di sangue non rispose. Continuò a fissare
l'altro, con
lo stesso sguardo vuoto e spento che aveva avuto fin dall'inizio del
loro scontro e che aveva nel momento stesso in cui gli aveva detto
quella frase.
Se vuoi uccidermi, fallo...
Rabbrividì,
inconsciamente. Il tono con cui l'aveva detta era talmente atono che
ebbe la sensazione che l'uomo che aveva di fronte non avesse
più
interesse nella vita. Abbassò l'arma che riluceva alla tenue
luce
bluastra del pianeta e si spostò di qualche passo dal corpo
dell'altro, cercando di mantenere i nervi saldi ed evitare che la sua
rabbia gli annebbiasse di nuovo la vista. Se avesse lasciato che i
suoi sentimenti prendessero di nuovo il sopravvento, l'avrebbe di
certo ucciso. Ma forse non era quella la punizione giusta per i suoi
crimini? Non era stato lui il primo ad uccidere, colui che gli aveva
portato via l'amore e la speranza? La sua morte non avrebbe portato
indietro la sua Eh'ra e probabilmente non avrebbe mai sanato del
tutto quella ferita invisibile che continuava a fargli male e a
sanguinare, ma sicuramente avrebbe portato un po' di pace alla sua
povera mente stanca. L'idea di essere finalmente riuscito a vendicare
il brutale omicidio della sua fidanzata avrebbe lenito per un po' il
suo dolore e avrebbe riportato un po' di giustizia nel Mondo Astrale.
Ma il prezzo da pagare era veramente equo? Uccidere l'uomo che aveva
sempre considerato quasi come un fratello era veramente la cosa
giusta da fare?
«Vattene.»
pronunciò a bassa voce, senza voltarsi di nuovo a
fronteggiare
quegli occhi vuoti e privi di quella luce che tanto lo avevano
colpito anni prima. L'uomo alle sue spalle si alzò,
lentamente,
senza aggiungere niente. Si chiese se si fosse aspettato quella
decisione o se ormai si fosse rassegnato all'idea di dover morire per
mano del suo migliore amico; probabilmente era sorpreso che avesse
deciso di risparmiargli la vita.
«Ho
rinunciato ad ucciderti solo in nome della nostra amicizia. Sappi che
non ti ho perdonato per ciò che hai fatto e non credo che lo
farò
mai. Adesso sparisci, prima che possa cambiare idea!»
continuò,
lanciando uno sguardo fugace all'uomo. Le sue spalle larghe e i
lunghi capelli biondo oro che ondeggiavano alla tenue brezza gli
sarebbero rimaste impresse nella sua mente per milioni di anni. Non
le avrebbe mai potute dimenticare, esattamente come non avrebbe
potuto dimenticare tutti i momenti che avevano trascorso insieme. Non
poteva dimenticare la figura del suo migliore amico e dell'unica
persona al mondo che fosse riuscito a capirlo e a tenergli testa. E
non poteva dimenticare quelle iridi color rosso sangue che lo
fissavano vuote.
«Non
cambierai mai, Eliphas...» mormorò l'altro, con un
filo di voce.
«Non
aggiungere altro! Per favore, Don...»
L'uomo
dai lunghi capelli biondi lo guardò per qualche altro
secondo, in
silenzio, poi si voltò dalla parte opposta e, senza
aggiungere
altro, scomparve in un fascio di luce accecante. Eliphas si
voltò a
guardare il punto in cui fino a pochi secondi prima c'era la figura
statuaria del vecchio amico. L'unica cosa rimasta erano le orme dei
suoi piedi ed una strana sensazione di vuoto nel suo cuore. Strinse
l'elsa della spada fino a che un rivolo di sangue non iniziò
a
scorrere dal suo palmo. Era rosso vivido, come il sangue sul petto e
sull'abito di Eh'ra. Come le iridi dell'uomo che aveva sempre
considerato come un fratello e che d'ora in avanti sarebbe stato solo
un assassino ed un traditore.