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Autore: Ely_fly    21/11/2015    2 recensioni
Dunque, salve a tutti :)
Sono tornata, stavolta con una song-fic ambientata al liceo.
Garfield e Rachel fanno parte del club di canto e il ragazzo cerca di sfruttare l'occasione per esprimere i suoi sentimenti, con una canzone, appunto. Anzi, più di una. Ma saranno sufficienti ad aprire gli occhi alla ragazza?
Genere: Commedia, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast Boy, Raven
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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«Rachel! Bentornata, tesoro!»

«Ciao, zia!» Rachel abbracciò affettuosamente Selina, prima di salutare anche lo zio e il cugino.

Cugino che guardò per qualche secondo alle spalle della ragazza, prima di esordire con: «Ma quello non è Garfield?»

Selina si voltò di scatto: «Quel povero ragazzo? Rachel, non mi avevi detto che sarebbe venuto anche lui! Dobbiamo assolutamente invitarlo a cena, povero caro!»

 «No, zia. Non dobbiamo. E non è lui. Andiamo» decretò la ragazza, lapidaria.

«Rach, giuro che non ho le traveggole. Quello è proprio…»

«Andiamo» ripeté la ragazza, raccogliendo il trolley dal pavimento e dirigendosi verso l’uscita dell’aeroporto. Ai Wayne non restò altro da fare che seguirla, nonostante la confusione che era chiaramente leggibile sui loro volti.

 

Garfield guardò Rachel allontanarsi a passo di marcia e i Wayne seguirla dopo un attimo. Si attardò a recuperare il proprio bagaglio, poi estrasse il telefono dalla tasca.

«Tara?»

 

Rachel si fece una rapida doccia e dopo un pasto altrettanto veloce, sotto l’occhio vigile della zia, era pronta per andare in ospedale. Richard deglutì l’ultimo boccone di insalata e la seguì fuori.

I Wayne li salutarono dalla porta e quando furono fuori vista, il ragazzo si rivolse alla cugina: «Rachel, quello era Garfield.»

Rachel non rispose, limitandosi a guardare il familiare paesaggio scorrere fuori dal finestrino.

«Che cosa ci faceva in aeroporto? E soprattutto, cosa è successo tra di voi? L’ultima volta che ti ho sentito, stavi uscendo con lui» continuò il ragazzo, senza la minima intenzione di mollare l’osso.

Una lacrima scivolò lungo la guancia della ragazza, che tuttavia rimase in silenzio.

«Rachel. Cosa è successo?» chiese Richard, fermando la macchina e voltandosi a guardare la cugina, che in tutta risposta gli si gettò tra le braccia, piangendo come l’aveva vista fare poche volte. La strinse forte e lasciò che si sfogasse.

Dopo qualche minuto, la ragazza si ricompose e lo lasciò libero. Lui la guardò e a un suo cenno si rimise in carreggiata, in direzione dell’ospedale, in silenzio.

Silenzio che fu rotto proprio da Rachel: «Ha lasciato la Juilliard per seguire me. Per me, capisci? Non posso crederci. L’occasione della sua vita e lui la spreca per me

«Anche tu hai lasciato la Juilliard.»

«Per un valido motivo. Lui no.»

«Chi ti dice che per lui tu non sia un altrettanto valido motivo?»

Rachel tacque, scuotendo la testa.

«Rach, quel ragazzo ti ama. Probabilmente ancora non lo sa, ma ti ama dal profondo, quanto tu ami la zia. E anche tu provi qualcosa di forte per lui, altrimenti non ti saresti mai arrabbiata così tanto e lo sai bene quanto me.»

«Io…» iniziò la ragazza, ma si bloccò, la voce rotta da altre lacrime. Si passò velocemente le maniche della felpa sulle guance, prima di continuare. «Io sono responsabile per tutto questo. Per la mamma, per Garfield, per te…»

«Cosa c’entro io? Sono tuo cugino, sono la famiglia. Ti conosco da sempre e ti voglio bene come a una sorella. E la zia non è in ospedale per colpa tua, ma per colpa di quell’uomo.»

«Quell’uomo ce l’aveva con me! La mamma voleva difendere me!»

«Quell’uomo ce l’aveva principalmente con se stesso! Come si spiegano, altrimenti, le quantità di alcol e droga che si metteva in corpo? Non darti colpe che non hai, Rachel!»

«Ma se io non ci fossi stata…»

«Se tu non ci fossi stata, io non avrei avuto la migliore amica che si possa desiderare. Garfield non sarebbe entrato nel club di coro e si sarebbe messo con Tara. Selina e Bruce starebbero ancora trattando con un ragazzo difficile.»

«Ma la mamma starebbe bene.»

«Forse. Ma forse no. Chi sa cosa avrebbe potuto combinare quell’uomo, anche se tu non ci fossi stata, Rachel. Anzi, soprattutto in quel caso.»

«Richard…»

«Non capisci, Rach? È un bene che tu ci sia. Hai aiutato tante persone, senza nemmeno accorgertene. Sei la cosa migliore nella vita di molti di noi.»

Rachel tacque di nuovo, guardando per un attimo il cugino alla guida.

Qualche minuto dopo, con gli occhi lucidi, mormorò: «Grazie, Rich.»

«Non dirlo nemmeno. Grazie a te. E ora andiamo dalla zia» ribatté il ragazzo, parcheggiando all’ospedale.

 

«Signorina Roth? Sua madre è da questa parte» le disse un medico, riconoscendola. La guidò verso una stanza che non ricordava di aver mai visto. L’uomo parve notare la sua confusione, perché si affrettò a spiegare: «L’abbiamo spostata nel nostro reparto speciale, ma temo che sarà tutto inutile. La situazione è critica e non posso prometterle che andrà tutto bene.»

La ragazza respirò profondamente, poi strinse forte la mano di Richard. Lui gliela strinse in risposta, poi i ragazzi entrarono nella stanza.

La situazione era mille volte peggio di quel che Rachel si era immaginata. Sua madre era ormai poco più di uno scheletro ed era letteralmente tenuta in vita dai macchinari che la circondavano. Il battito del cuore era quasi inesistente.

Rachel corse al fianco della madre e prese delicatamente una mano scheletrica tra le sue. Posò un bacio sulla guancia incavata, poi iniziò a parlare piano, a bassa voce, in romeno.

Richard uscì discretamente dalla camera, seguito dal medico. Rachel aveva bisogno di quel poco tempo che le restava con la madre.

 

Un quarto d’ora dopo, Rachel uscì dalla stanza con una calma innaturale. Ignorò il cugino e si rivolse direttamente al medico: «Credo… Credo che sia morta, signore.»

Il medico si precipitò nella camera, dalla quale uscì dopo qualche secondo con un’aria grave. Annuì una sola volta e allora Rachel sembrò capire veramente quello che era successo. Si accasciò tra le braccia del cugino, priva di sensi. Il ragazzo la appoggiò con delicatezza su una sedia, gli occhi pieni di lacrime.

Il dottore soccorse Rachel, poi, constatato che si era ripresa, almeno fisicamente, lasciò i due ragazzi da soli con il loro dolore.

Dopo un tempo che parve eterno, la ragazza alzò lo sguardo sul cugino: «Dobbiamo avvisare la zia. E preparare il funerale. E…»

«E tornare a casa. Per il momento abbiamo bisogno solo di questo» rispose il ragazzo, aiutandola ad alzarsi e muovendosi verso l’ascensore.

Il viaggio in macchina fu incredibilmente silenzioso.

 

Tre giorni più tardi, i Wayne, Rachel e i loro amici erano al cimitero di Jump City. Mentre il prete officiava, lo sguardo di Rachel rimase fisso sulla bara della madre. Legno semplice, eppure forte, proprio come la donna che era stata Arella.

Richard le pose un braccio intorno alla spalla, con fare protettivo, mentre la bara veniva calata nella fossa. I due ragazzi gettarono la prima, simbolica, manciata di terra, lasciando poi ai becchini il resto.

Terminata la triste operazione, i ragazzi e i Wayne fecero per andare, ma Rachel parlò per la prima volta da tre giorni: «Vorrei… Vorrei cantare qualcosa. La canzone preferita della mamma.»

I presenti quasi sorrisero: finalmente Rachel sembrava mostrare interesse per qualcosa. Negli ultimi tre giorni era stata il fantasma di se stessa e solo le cure amorevoli degli zii e di Richard l’avevano salvata da un tracollo fisico.

La ragazza si guardò rapidamente intorno, poi attaccò a cantare.

Today is gonna be the day
That they're gonna throw it back to you
By now you should've somehow
Realized what you gotta do
I don't believe that anybody
Feels the way I do, about you now

Back beat, the word was on the street
That the fire in your heart is out
I'm sure you've heard it all before
But you never really had a doubt
I don't believe that anybody
Feels the way I do about you now

Selina scoppiò a piangere e abbracciò la nipote, che si interruppe per un momento, sopraffatta dall’emozione. La zia aveva perso una sorella, lei una madre.

And all the roads we have to walk are winding
And all the lights that lead us there are blinding
There are many things that I
Would like to say to you but I don't know how

Because maybe, you're gonna be the one that saves me
And after all, you're my wonderwall

Rachel si appoggiò alla lapide della madre, stringendola in una sorta di abbraccio. Sua madre era stata la sua forza e avrebbe continuato ad esserlo, per sempre.

Today was gonna be the day
But they'll never throw it back to you
By now you should've somehow
Realized what you're not to do
I don't believe that anybody
Feels the way I do, about you now

A questo punto della canzone, la ragazza lanciò un’occhiataccia in direzione di Tara, praticamente appiccicata al braccio di Garfield. Da quando era tornato da New York e le aveva chiesto di andare a prenderlo in aeroporto era diventata la sua ombra, convinta che ormai tra lui e Rachel fosse tutto finito.

And all the roads that lead you there are winding
And all the lights that light the way are blinding
There are many things that I
Would like to say to you but I don't know how

Rachel si alzò da terra, incurante del terriccio che le si era attaccato alle calze velate e iniziò a camminare verso Garfield, senza smettere di cantare.

I said maybe, you're gonna be the one that saves me
And after all, you're my wonderwall

I due ragazzi erano uno di fronte all’altra e Tara batté in ritirata.

I said maybe, you're gonna be the one that saves me
And after all, you're my wonderwall

Rachel gettò le braccia al collo di Garfield, stringendolo come se non ci fosse un domani o come se lui potesse scappare da un momento all’altro.

Il ragazzo restituì l’abbraccio con forza superiore.

I said maybe, you're gonna be the one that saves me
You're gonna be the one that saves me
You're gonna be the one that saves me

I due si guardarono, poi Rachel stupì tutti quanti, baciandolo sulle labbra.

  
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