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Autore: bellomia    22/11/2015    2 recensioni
Matilde e Luca sono destinati a stare l'uno con l'altra, questo il destino lo sa, eppure sembra che pur di unirli scelga il metodo peggiore. La prima sera che si incontrano festeggiano la fine degli esami, la seconda Matilde bussa alla porta di Luca con le lacrime agli occhi ed un test di gravidanza in mano. Ecco che quindi il destino ha avuto ciò che voleva, legarli per tutta la vita, ma ai due quella fine sembra tutt'altro che lieta.
Essere genitori a 27 anni è difficile di per se, in più se ci aggiungiamo dei genitori ficcanaso, amici altrettanto impiccioni e una figlia che si autoproclama il loro cupido, la cosa potrebbe diventare piuttosto difficile.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Dicembre del 2009
 
-Oh andiamo Matilde ti vuoi muovere?!- La voce squillante della coinquilina la raggiunse fino al piccolo bagno del loro appartamento dove lei si stava ancora truccando, nonostante l’appuntamento con gli altri al locale fosse stato fissato alle 11, cioè 20 minuti prima.
-Carla vieni un attimo!- Sentì i passi strascicati della sua coinquilina arrivare fino al bagno, spalancò la porta e incrociò le braccia. Carla era visibilmente infastidita, quella volta era veramente impossibile darle torto.
-Qual è il tuo cavolo di problema? Oltre a quello evidente al cervello…- Matilde sbuffò e si guardò allo specchio. Aveva fatto un discreto smokey agli occhi, ma aveva sempre la paura di esagerare e sembrare una delle ballerine della discoteca più che una normale ventenne.
-Troppo pesante?- L’altra fece cadere le magre braccia lungo i fianchi e la guardò sconvolta.
-Ma se si vede solo l’eyeliner!- L’altra si guardò di nuovo allo specchio. Dovette far tacere le sue paranoie e per una volta darle ragione , non aveva per nulla esagerato. Evitò di pensare al fatto di aver perso dieci minuti allo specchio con quell’indecisione idiota, mise il rossetto e uscì dal bagno, sentiva l’amica seguirla velocemente, probabilmente non l’avrebbe più persa di vista, l’avrebbe tampinata e  ad ogni pausa le avrebbe ricordato il già ampio ritardo.
-Sai almeno che metterti?- Lei annuì e indicò i vestiti sparsi sul letto.
-Ho queste tre possibilità.- L’altra sbuffò, aprì l’armadio e tirò fuori un tutina nera dal pantalone corto.
-Questa è spettacolare, ti sta benissimo e non la metti mai. Quindi bando alle ciance e mettitela.-
-Ma non era tra le possibilità!- Carla sembrò non sentirla, tolse l’indumento dalla gruccia e glielo tirò addosso. In effetti, pensò guardandola, non era per niente male.
-Vabbè stavolta posso ascoltare te…- si vestì in fretta e senza ulteriori pause uscirono dall’appartamento.
Nonostante i tacchi evitarono di prendere il taxi, il locale era molto vicino a casa loro, il che probabilmente lo avrebbe reso uno dei loro preferiti.
Era la serata d’apertura, e la fila era già infinita.
-Ok.- Carla sospirò, e prese il telefono –Non esiste che facciamo la fila. Abbiamo mollato cinquanta euro per il tavolo al privè.-
-Scrivi a Jo, quello ti ama. Viene a prenderci in tre secondi.- L’altra abbandonò subito l’espressione cazzuta e sorrise imbarazzata. Se si fossero trovate in casa o davanti a un tea Carla si sarebbe subito messa a negare la cosa, in quel momento però scosse solo la testa e arrossì leggermente. Scrisse comunque al ragazzo che poco dopo uscì dalla porta in metallo del locale e le chiamò a gran voce.
Fece  capire al buttafuori con un gesto cha stavano con lui e poterono  entrare dentro.
-Ciao bellezze!- Abbracciò le ragazze, ovviamente soffermandosi di più su Carla. Jo, o Jonathan, era un dei senior della loro compagnia o come si vantava sempre lui il vero creatore di quel gruppo di amici, si erano conosciuti ancora prima di entrare all’università, durante i corsi estivi di preparazione ai test di medicina. Lui era stato il solo dei tre a riuscire ad entrare, l’unico in realtà a tenerci realmente. Era un tipo più piacente che bello nel senso classico del termine, aveva in  più dei modi assurdamente affascinanti. Matilde si sorprendeva ogni giorno di come la sua amica potesse resistere alle sue avance.
-è già un delirio dentro!- Le due sorrisero nel vederlo così su di giri.
- E lui invece è già ubriaco da quest’ora…tutto tuo!- Carla scosse la testa e ignorò sia l’esclamazione dell’altra che la sua scherzosa gomitata.
Quando entrarono dentro al locale rimasero senza parole. Il Crazy Monkey era meglio di ciò che si erano aspettate: il piccolo teatro era stato ritirato a lucido e dal soffitto scendevano numerose altalene somiglianti a liane con pupazzi a forma di scimmie.
I due piani erano già stracolmi di persone, molte delle quali avevano già iniziato a scatenarsi. Avanzarono a fatica tra tutta quella gente fino alla zona dei tavolini, dove tutto il loro gruppo era riunito.
-Eccoleeee!- Martina le salutò con il solito calorosissimo abbraccio. Poi fu il turno dei ragazzi, che salutarono quasi tutti con due baci.
-Come mai così in ritardo?- Martina dovette urlare per superare il chiasso e la musica là intorno, in realtà la sua era più una domanda retorica, Carla era una specie di orologio svizzero, non sarebbe arrivata in ritardo nemmeno se pagata, quindi era ovvio chi avesse causato il ritardo.
-Colpa mia. Non mi decidevo col trucco.-
-Fammi indovinare, ti sentivi una battona?-  Matilde sbuffò scherzosamente –Comunque ho già trovato la tua nuova conquista cocca, e fidati mi ringrazierai. Lo vedi quel ragazzo vicino a Matteo?- Lo indicò con un discreto gesto del capo, seguendo il suo gesto Matilde vide un ragazzo a lei sconosciuto, dai capelli castani disordinati e un piacevole sorriso sbarazzino sul viso. Sembrava conoscere i ragazzi, ma per quanto si sforzasse non ricordava di averlo mai visto.
-Carino…-
-Carino un piffero mia cara. Se non stessi con Matteo adesso sarebbe già tutto mio, è un vero bocconcino. E guarda caso mi sembra proprio il tuo tipo.-
-Sai almeno il nome o me lo propini così senza nemmeno sapere chi è?- Lei fece un gesto con la mano come per scacciare una mosca fastidiosa dal viso dell’amica.
-Si da il caso che lo sappia. Luca Rocciani, rampollo della Milano bene e figlio di un chirurgo che sia Jo che Matte venerano, studente al terzo anno di Odontoiatria… purtroppo non so il gruppo sanguigno.- Matilde sollevò sorpresa le sopracciglia, si era informata la ragazza. Lo guardò un’altra volta, ora finalmente curiosa. Doveva ammettere che era veramente bello, aveva un viso elegante dall’aria un po’ aristocratica, non che poi si desse chissà quali arie, rideva e scherzava come gli altri, ma aveva un modo di fare più controllato. Proprio mentre decideva se valesse la pena buttarsi dopo tanto tempo di solitudine sicura lui sollevò di scatto lo sguardo trovandola a fissarlo pensierosa come una stupida. Arrossì di scatto e si sforzò di far finta di osservare la sala.
-Che figura di merda.- Carla le lesse nel pensiero –Ti ha trovato a fissarlo come una scema, e ora ti sta fissando lui.-  Le due ridacchiarono dell’amica, mentre Matilde le malediceva a voce bassa.
-Carla guarda com’è imbarazzata! Che carina…-
-È già amore!-
 
 
Dopo due drink piuttosto carichi aveva già dimenticato la figuraccia con quel ragazzo sconosciuto, la musica aveva iniziato a entrare nel vivo e sia lei che Carla ballavano al centro della pista sulle note dei Lmfao.
-Ehi!- Matilde guardò interrogativa l’altra, che le indicò i due drink ormai vuoti.
-Ne vado a prendere due, dammi il bicchiere!- Carla capì poco o nulla, ma le passò il bicchiere. Era già brilla da un po’, anzi diciamo che un altro drink non era proprio raccomandabile. Era anche vero che erano rimaste a casa per quasi un mese a studiare e abbruttirsi sui libri, un po’ di divertimento era quello per cui erano uscite. Decise così di arrivare ad un compromesso e caricarlo poco di vodka.
Prese il bicchiere dell’amica, le raccomandò di non muoversi  e si avvicinò al tavolino poco distante, prese la grande bottiglia di belvedere ormai agli sgoccioli e ne mise poca in entrambi i bicchieri, per poi rovesciarci dentro due lattine di redbull e due cubetti di ghiaccio.
Quando si girò vide che Carla non era più dove l’aveva lasciata.
-Oh cazzo. Merda…- lasciò i bicchieri sul tavolo e si guardò intorno confusa, della figura minuta dell’amica non c’era traccia. Si avviò veloce verso i bagni, scansando gli altri e guardandosi sempre attentamente intorno. Spalancò la porta di ogni cubicolo, pensò di entrare anche in quello degli uomini ma preferì prima tornare al tavolo, era meglio non fasciarsi la testa prima del necessario.
Quando però per la seconda volta non la trovò si fece davvero prendere dall’ansia.
-Mati!- Una mano sulla spalla la fece sussultare e girare di scatto. Se Jo si era sorpreso da quella sua reazione strana  non lo diede a vedere, mentre al suo fianco Luca Rocciani la guardò confuso, e forse un po’ sospettoso.
-Ti devo presentare un mio amico, guarda che…- fu Luca però a interromperlo prima che potesse continuare.
-È  successo qualcosa?- Lei annuì, lo ringraziò mentalmente per quella accortezza e spiegò ai due la situazione. Vide l’espressione di Jo cambiare e imbuirsi gradualmente.
-Ha bevuto un po’, ma non pensavo così tanto da allontanarsi.- Nel raccontare l’accaduto non potè non sentirsi una stupida, perché diavolo non le aveva detto di seguirla al tavolo e l’aveva lasciata sola?
-Sono passati comunque solo cinque minuti, non può essersi allontanata tanto- Jo la guardò scocciato.
-Lo spero!- Se fosse stata un’altra occasione gli avrebbe risposto a tono, ma in quel caso la sensazione di essere responsabile di quanto era accaduto la spinse a tacere.
-Discutere qui non ci servirà a nulla. Ci dividiamo e la cerchiamo dappertutto.- i due ragazzi lo guardarono sorpresi, sembrava aver preso in mano la situazione in pochi secondi, perciò annuirono d’accordo.
-Io vado al secondo piano, è più piccolo.- Jo indicò tutta la balconata superiore.
-Voi due invece controllate qui sotto.- Si divisero di fretta e cominciarono a cercarla.
-è la tua amica bassina, bionda con il vestito blu vero?- Lei annuì, in effetti non aveva pensato che lui non la conosceva. Evitò perciò di proporgli di dividersi a loro volta, avrebbe fermato ogni bionda.
-Quella?- Lui indicò un punto alla sua sinistra. Lei si alzò ancora di più sulle punte, ma non vide nulla.
-Non vedo…- Non finì la frase che Luca le mise le mani calde ai lati del suo viso e le girò leggermente la testa. Intravide una ragazza dai capelli biondo platino. Non era decisamente lei.
Continuarono per altri dieci minuti, poi il telefono del ragazzo vibrò.
-Aspetta è Jo…- Lesse velocemente il messaggio, poi le sorrise e lei capì..
-L’ha trovata?-
-Si, ci aspettano al tavolo.-  Quando arrivarono li videro seduti nei divanetti, Carla curva su stessa mentre Jo le accarezzava il braccio e le diceva qualcosa. La prima cosa che Matilde fece fu correre e abbracciarla, poi cominciò a farle la peggiore ramanzina nella storia della loro amicizia.
-Mi dispiace… mi sono allontanata e poi un idiota mi ha bloccata.- Carla la guardò affranta, così Matilde non se la sentì di continuare a rimproverarla, le disse semplicemente che era contenta di averla ritrovata.
-Vorrei tornare a casa…- Matilde annuì d’accordo, aveva veramente una brutta cera.
-Ti accompagno io…- Jo la guardò preoccupato, poi scambiò uno sguardo con Matilde che dal canto suo non aveva nulla in contrario a lasciargli l’amica in custodia. Carla gli sorrise riconoscente mentre lui le accarezzava una mano.
“Qui gatta ci cova…” un sorrisino fece capolino nel suo viso ma preferì non dire nulla, si girò e quando intravide Luca gli sorrise.  Lui si avvicinò e lei finalmente lo ringraziò dell’aiuto.
-Di nulla, aiutarti è stato un piacere.- il sorriso che le fece riuscì a farla arrossire tanto da sperare che le luci azzurre del locale mitigassero le sue guance rosse.
-Si ehm… ora Jo la riaccompagna a casa.-
-E tu con chi torni?- lei fece spallucce.
-Sono qui vicino…-
-Si, ma piove a dirotto fuori!- Matilde non riuscì a trattenere un grugnito arrabbiato, diavolo di previsioni del meteo, non ne azzeccavano una.
-Ti accompagno io, sono in macchina.-
 
-------Ottobre 2014 

Quel venerdì per la prima volta da un po’ di tempo sia Eva che Matilde riuscirono ad arrivare in tempo rispettivamente all’asilo e a lavoro, nonostante la piccola avesse fatto di tutto quella mattina per ostacolare sua madre nel preparala. Era talmente emozionata per la cena di quella sera da agitarsi e dimenticarsi ogni cosa le chiedesse la madre.
Entrambe passarono la giornata pensando quasi ininterrottamente alla serata che le aspettava, Eva raccontando a tutti di come sua mamma e papà si amassero, mentre Matilde ci rimuginava un po’ preoccupata. Dal giorno prima, quando sua figlia aveva fatto quell’osservazione, i pensieri malinconici sembravano non volerla lasciare. Alfredo arrivò alle 12 spaccate e vedendola così malinconica  le ordinò di alzare il culo e accompagnarlo alla Rinascente a scegliere una borsa, secondo lui lo shopping poteva risolvere qualunque problema femminile.
-Per tua madre?- Dovette trattenere una risata nel vedere il viso dell’amico incupirsi offeso.
-Scusa vorresti dire che ho solo una donna a cui fare regali… e questa è mia madre?!-
-Nooo. Mai detto o pensato.-
-Beh detto da te guarda… ultimamente non sei proprio una latin lover.- Lei gli dedicò la sua linguaccia più brutta mentre si vestiva per affrontare il freddo di quell’autunno.
-Dai per chi sarebbe la borsa?- Lui fece un gesto vago.
-Un’amica.- Lei sollevò le sopracciglia e lo guardò scocciata. Sapeva che lui non aveva amiche, se non se stessa e il motivo era proprio l’essere una mamma, non era nel suo radar. Se avessero cominciato a illustrare lo Zanichelli di fianco al termine sciupafemmine Alfredo si sarebbe di certo guadagnato il posto d’onore. Lo aveva visto accompagnato da donne di tutti i tipi, nazionalità ed età. Donne eleganti e colte, ragazzette urlanti, musiciste rock, bisessuali alternative e persino qualche sportiva piuttosto famosa.
-Si certo…- Preferì comunque non insistere, sapeva che non avrebbe mantenuto per tanto il segreto, doveva solo aspettare e il nome lo avrebbe scoperto da lui.
-Avevi qualcosa in mente?-
-Si, dai 400 euro in su. Devo farmi perdonare.- Lei lo guardò a bocca aperta.
-Le hai ucciso il gatto?- Lui ridacchiò, ma dallo sguardo cupo nei suoi occhi verdi capì che se anche non le aveva ucciso il gatto aveva combinato qualcosa di grave.
-No, le ho solo ucciso l’orgoglio. Il che per alcune donne è peggio.-
 Rimasero fino alle tre dentro al primo piano del negozio a valutare i pro e i contro di stupende borse insieme ad Alfredo. La commessa all’inizio aveva ronzato attorno al ragazzo come un’ape sul miele, poi dopo la sua seconda ora di atroci dubbi era fuggita a gambe levate ignorando la somiglianza a Jude Law e il portafoglio evidentemente pieno.
-Alfri, ora davvero mi sto irritando… o la nera o la grigia, non c’è tanto da scervellarsi.- Guardò le due borse e sembrò ancora più confuso di prima. Si sedette su una delle poltroncine e sospirò stanca. Poco prima aveva preso un’aspirina, ma sembrava essere servita a poco contro quei fastidiosi sintomi. Lui la guardò interrogativo, probabilmente doveva aver notato il suo stato.
-Tutto bene?-
-Insomma, ieri ho preso un po’ di freddo. Niente che un buon tea caldo non possa risolvere.-
-Te ne offro uno io appena finiamo qui.- Lei scosse la testa, per quanto bere te e mangiare biscotti in qualche bel localino non le dispiacesse ne aveva piene le tasche di Alfredo, almeno per quel giorno.
-Oh basta. Io devo andare, ti arrangi! Sai com’è ho la tua galleria da mandare avanti.- Lo sentì lagnarsi, ma evitò di ascoltarlo e senza guardarlo attraverso le porte scorrevoli lasciandolo alla mercè di Gucci e Michael Kors.
 
 
Quando alle sei andò a prendere Eva all’asilo evitò di aspettare fuori con le altre mamme. Quel giorno non aveva voglia di ascoltare le solite frasi fatte, le vanterie false sui loro figli fenomeni e le inutili lamentele sulle maestre. Afferrò una bottiglia d’acqua e mandò giù una moment.
Uscì solo al suono della campanella e fece un gesto appena vide Eva. La bambina la raggiunse subito, forse aveva capito l’antifona o più probabilmente aveva fretta di tornare a casa in vista della cena.
-Ciao tesoro. Com’è andata?-
-Ciao ma! Da oggi mi dovrete chiamare principessa o ballerina! È andata bene, la maestra però mi ha messo in punizione per cinque minuti.- Nel sentire quelle parole non seppe se arrabbiarsi o ridere. Prima di tutto c’era da investigare su cos’aveva combinato per meritare una punizione, ma soprattutto sul motivo di quei due ridicoli soprannomi.
-Prima di tutto le principesse e le ballerine non finiscono in punizione, quindi al massimo ti chiamerò disgrazia, e quando racconterò a papà cos’hai fatto sarà d’accordo con me.- Vide sua figlia agitarsi sul posto, ma con un gesto secco bloccò il suo solito scoppiò di spiegazioni e scuse campate in aria.
-Cos’hai fatto? E stavolta non inventarti storie sui fantasmi perché lo sai benissimo che non ci credo.- Eva ci pensò su per qualche secondo, il che significava che stava inventando qualche balla colossale.
-Se menti ti chiamerò Pinocchia davanti a tutti.- Si fermò al rosso e la guardò mentre si toccava il naso preoccupata. Era incredibile quanto fossero creduloni i bambini.
-Ho tirato i capelli a Noemi.-
-Oh, e ci voleva tanto a confessarlo? Perché le hai tirato i capelli?- La bambina cominciò a raccontarle una confusa vicenda in cui centravano ruoli da protagoniste in giochi, bambole e padelle giocattolo. Inutile dire che lei si perse dopo poco, ma annuì comunque e alla fine le fece una ramanzina coi fiocchi. In realtà, per quanto la violenza non fosse il mezzo giusto, era contenta che sua figlia si sapesse difendere. Anche lei alla sua età ne aveva combinate, perciò da un certo punto di vista poteva persino capirla.
Quando arrivarono a casa si prepararono, più che altro Eva si mise particolarmente in ghingheri: mise il nuovo vestitino in velluto rosso scuro e un paio di scarpette nere e lucide, scelse di lasciare i capelli sciolti e mettere solo  due forcine argentate. Matilde sorrideva e la guardava specchiarsi, se le marachelle le aveva ereditate da lei  era certa invece che la vanità era un lascito dell’altro ramo della famiglia.
Ci mise talmente tanto a preparare Eva che quando Luca suonò il citofono lei non aveva nemmeno iniziato a vestirsi.
-Eva guarda dal videocitofono se è papà. Se è lui apri.- Qualche secondo dopo sentì la bambina urlacchiare felice e la voce di Luca riempire il salotto.
Si infilò velocemente un paio di jeans, il meraviglioso maglione bordeaux che le aveva regalato sua madre pochi giorni prima (sperò vivamente non ci fosse puzza di cibo nella trattoria, nemmeno sapeva come si lavava quella meraviglia) e le converse. In due minuti ritoccò il trucco e finalmente si unì ai due in salotto.
-Ciao.- Luca sollevò lo sguardo dal viso di Eva e le sorrise.
-Mamma papà ha la barba che pizzica!- L’esclamazione la fece ridere. Si avvicinò e lo salutò come al solito con due baci sulle guance, quando sentì lo sfregare piacevole della barba sul viso guardò  sorpresa la bambina.
-Hai pizzicato anche mamma!- Li guardò ridere e non potè che sorridere anche lei di quella scena. Notò, con una materna nota apprensiva, che Luca aveva iniziato a fare il gioco preferito di Eva: sollevarla e farla girare un paio di volte in aria. 
Anche lui aveva scelto un abbigliamento casual quella sera. Doveva aver finito come al solito le lenti a giudicare dagli occhiali, insieme al maglioncino e alla barbetta da uomo vissuto sembrava un professorino di Matematica pronto da prendere in giro. Si ripromise di ricordarglielo durante la serata e farlo un po’ arrabbiare. In realtà stava bene anche così, se fosse stato davvero un professore avrebbe infranto abbastanza cuori nelle sue classi da giustificare un suo licenziamento.
Appena si stancò di lanciare in aria la bambina si scambiarono le solite frasi di circostanza, poi finalmente partirono.
Durante il tragitto in auto fu soprattutto Eva a parlare, raccontò a Luca di tutto, mentre lui rideva o faceva qualche domanda idiota come suo solito, in più le diede anche corda sulla storia dei soprannomi chiamandola Principessa ballerina ogni volta che poteva.
Il locale era strapieno, per fortuna Luca aveva chiamato prima per prenotare un tavolo, perciò quando il cameriere sentì il cognome li accompagnò fino ad un tavolino un po’ in disparte.
Luca scelse subito, mentre Matilde aiutò Eva e poi andò sul sicuro prendendo dei ravioli ai funghi e lo spezzatino della casa.
-È un bel posto, molto rustico, ma comunque elegantissimo.- Lui annuì.
-Non posso prendermi il merito di averlo scoperto. Ci ha portato qui uno dei professori che dirigevano il congresso della settimana scorsa.- Lei annuì, ricordava di avergli sentito parlare di qualche nuova riunione.
-È andato bene?- Lui annuì, in generale parlava poco del suo lavoro,  le confessato un giorno di avere sempre paura di annoiare.
-Si va tutto bene, anche il lavoro va a gonfie vele, ogni tanto anche troppo.-
-Perché non prendi un aiuto, fare tutto da soli non è sempre una buona idea.- Lui annuì.
-Si, ma lo ha detto mille volte anche papà, e stavolta dovrò ascoltarlo. Anzi stavo già pensando di chiedere a un paio di persone di venire un paio di volte alle settimana nello studio, fare le cose più semplici e liberarmi così da un po’ di lavoro.- Lei lo ascoltò attenta.
-Ah mi stavo dimenticando, la prossima settimana accompagno una collega nella tua galleria. Stava cercando un dipinto, suo padre le ha chiesto qualcosa per una villa fuori città.- Doveva essere una della sua comitiva di ricconi se cercava un quadro d’autore per una casa in campagna.
- Ho subito pensato alla vostra galleria. Per quanto Alfredo mi stia sulle balle mi fido del tuo giudizio.- La guardò con un sorriso dolce in viso, ma questa volta lei non gli rispose con altrettanto calore. Non aveva mai digerito tanto la confidenza che Alfredo aveva con lei ed Eva, ma non aveva mai espresso la cosa tanto chiaramente prima.  Sapeva che non ne aveva diritto, in più Alfredo per lungo tempo aveva tappato il vuoto che lui aveva lasciato e nonostante fossero passati anni i sensi di colpa erano difficili da far tacere. Invece quel giorno era scoppiato con quell’esclamazione senza senso. Matilde evitò di farglielo notare, non voleva rovinare quella serata a causa delle vecchie gelosie di Luca.
-Certo, tanto gli orari li conosci. Sono arrivate nuove tele molto interessanti. E comunque anche Alfredo ti odia sempre, in modo estremamente elegante sia chiaro- Gli sorrise educatamente, lui la guardò pensieroso ma sembrò trattenersi dal dire qualcos’altro. Guardò semplicemente l’anatra sul suo piatto e ne infilzò un pezzo nervosamente. Per fortuna poco dopo Eva ricominciò a raccontare di qualche sua avventura strampalata e l’aria sembrò alleggerirsi, nonostante per tutta la sera i due genitori si scambiarono si e no altre quattro parole
 
La cena finì presto, erano tutti e tre piuttosto stanchi, perciò appena terminarono il dessert ritornarono alla macchina. Eva si coricò nei sedili posteriori, addormentandosi in poco tempo.  
-Stai bene?- La domanda di Luca la colse un po’ di sorpresa, pensava non si fosse accorto della stanchezza e di quei brividi di freddo che ogni tanto l’avevano fatta tremare durante la cena, e soprattutto credeva fosse ancora troppo offeso per rivolgerle la parola.
-Insomma… ieri ho preso freddo.- Lui la guardò leggermente corrucciato.
-E perché non me lo hai detto prima? Avremo potuto rimandare…-
-Se avessi visto come era felice Eva non diresti così, è da ieri sera che non fa altro che parlare di te.- Lui sorrise e guardò la piccola dallo specchietto retrovisore. Nei suoi occhi vi era un affetto talmente forte da lasciare quasi incantata Matilde, poi però si rigirò verso di lei e qualcosa inevitabilmente cambiò. C’era stato un tempo nel quale anche a lei venivano dedicati sguardi di nascosto e carezze leggere, ma era bastato un no per distruggere quell’equilibrio un po’ sbagliato che si erano costruiti.
Non aggiunse nulla, semplicemente allacciò la cintura e accese la radio. Luca sembrò capire  e senza dire altro infilò le chiavi nella toppa e partì.
Era proprio per quel motivo che preferiva non unirsi alle cene insieme a loro due, i problemi tra lei e Luca erano ancora irrisolti e ogni volta finivano per discutere. Non era un bene  per nessuno, perciò si ripromise di non accettare altri inviti, per quanto le dispiacesse era meglio allontanarsi da Luca.
Appoggiò la testa sul finestrino e guardò le luci fuori dalla macchina scorrere veloci, sospirò piano e sperò solo che quella decisione non ferisse nessun’altro oltre a se stessa, o almeno non così tanto. Lei ormai aveva imparato a relegare i suoi sentimenti in un cassetto insieme a quell’anello maledetto. 

Ciao gente!!! Eccomi con il secondo capitolo, dove come vi avevo promesso ho inserito anche un frammento del Flashback della prima parte della serata ell'incontro tra Matilde e Luca. La seconda parte della serata sarà inserita nel prossimo capitolo (che sarà dal punto di vista del nostro infallibile Luca). 
Che dire, questo capitolo mi ha lasciato un pò con l'amaro in bocca... non ne sono molto soddisfatta... Spero che Luca non vi sia piaciuto, perchè in questo momento non piace molto nemmeno a me, ma non preoccupatevi si rifarà in futuro!!! 
Fatemi sapere cosa ne pensate ragazze!! Ah e ringrazio tutte coloro hanno commentato, e inserito la storia tra seguite, preferite ecc... Grazie mille! A presto gente!!
P.S: Io non amo molto quando gli altri autori mettono delle immagini di attori ecc.. a cui i personaggi possono assomigliare o a cui si sono iscirate, ma se qualcuna di voi volesse sapere quali sono i miei me lo faccia sapere!!! 


 
   
 
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