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Autore: poetaperiferico    22/11/2015    0 recensioni
Abbiamo tutti delle sensazioni, che possono essere positive o negative. In tutta la mia vita, ne ho avute molte, alcune neppure le ricordo più. Ho deciso dopo tanto tempo di parlarvi della mia vita. Di raccontarvi di alcune delle mie emozioni, di raccontarvi alcune persone che ho conosciuto. Non è un’autobiografia, penso solo di aver passato una vita che valga la pena almeno di essere raccontata.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Qual è il vostro primo ricordo? La mia prima esperienza di vita la ricordo benissimo. Avevo 4 anni e mezzo, tenevo quei lunghi e scuri capelli, che sotto al sole bollente diventavano caldissimi, inoltre tenevo quegli occhi scuri e stanchi come i miei piedi, che il più delle volte non avevano voglia di camminare. Il mio essere bambino si basava sulla più completa fantasia, che ancora non ho perso. Giocavo con i miei amici dell’asilo a tutti i giochi possibili: acchiapparella, tocca fulmine, ma fra tutti preferivo nascondino. Si, amavo nascondermi, restare solo per pochi istanti nel mio mondo, nella mia testa, dove nessuno poteva disturbarti ed essere più forte di me. Ora non ricordo esattamente il giorno della mia prima esperienza, ma ricordo il mese e l'anno, era Maggio del 1996. La gente andava in giro cantando “più bella cosa” imitando con voce strana Eros Ramazzotti, ed io ero a casa di un mio amichetto dell’asilo, Francesco, che aveva invitato me ed altri due bambini della mia classe, Lorenzo e Ivano, a giocare da lui. Immaginate una casa grande, con tante stanze. In ogni stanza tanti quadri. In ogni quadro tanti colori. E mi chiedevo già se ognuno di quei colori racchiudesse tante emozioni. La cucina aveva una porta bianca che conduceva dritto ad un giardino. Era immenso, ricordo le sdraie all’ombra, una tartaruga grande dal nome Corinna che se ne andava in lungo e in largo sul tutto il pavimento, ed un'immensa pianta d'edera che copriva pienamente un muro. E poi palloni di cuoio o di plastica, vasi pieni di piante, un tubo rotto e qualche mattone messo qua e là nel grande giardino. Noi quattro eravamo lì e sorteggiavamo chi dovesse contare a nascondino. << Allora facciamo la conta? >> disse Francesco, con il suo ciuffo scuro che gli andava sotto l’occhio. << Si , si >> disse Lorenzo, con i suoi lunghi capelli biondi e ricci. << Tanto lo so che toccherà a me >> rispose a tutti noi Ivano con un tono alquanto triste. Lui era il più alto di noi, ma non il più grande. Era quasi una testa più di me e forse anche due più di Lorenzo, che sfortunatamente era il più basso. Francesco allora partendo da se stesso inizio a dire << sette, quattordici, ventuno, ventotto >> e aveva il dito puntato verso Ivano, << questa è la conta del paperotto.>> Poi il dito andò verso di me. << Il paperotto è andato in cantina a cercare la regina. La regina è andata a Roma a cercare la corona.>> Alla fine aveva puntato il dito contro di se, ma sorrideva perché sapeva che lui non avrebbe contato. Poi continuò a dire << la corona ce l’ha il re e a star sotto tocca a te >> e il dito andò verso Lorenzo, mentre Ivano festeggiava euforico dicendo << evviva, non tocca me stavolta. >> E mentre si stava decidendo quanto dovesse contare il povero Lorenzo, io pensavo già a dove nascondermi. Lui si sarebbe accecato vicino alle sdraie. Valevano sempre le stesse regole: 1) Non nascondersi in bagno e in cucina, altrimenti Patrizia la mamma di Francesco, poteva arrabbiarsi. 2) Non rompere i vasi e le piante in giardino. 3) Non vale nascondersi dietro il divano del salotto. 4) Non correre nel corridoio che porta dalla cucina al bagno, oppure per andare verso le camerette, perché si scivola. Ma tanto quella regola, lo sapevamo tutti che non l'avremmo rispettata. 5) E infine solo l’ultimo può fare tana libera tutti. Dopo esserci ripetuti le regole avevamo deciso che si dovesse contare fino a 20. Anche perché nessuno di noi sapeva che numero ci fosse dopo. Ivano diceva il 30, Francesco il 24, io credevo il 22, ma nessuno di noi era così sicuro. Dopo pochi secondi Lorenzo si girò, si mise il braccio fra gli occhi, iniziò a contare << uno, due, tre, quattro… >> ed eravamo già tutti andati dentro casa, lasciando solo in giardino. Corremmo superando la cucina, senza badare alle regole fino a pochi secondi prima dette e poi guardandoci l'un l'altro ci fermammo, << dove andiamo ora? >>,nel frattempo sentivamo Lorenzo dire <>. << Io mi nascondo nella mia cameretta >> disse Francesco, lasciando me e Ivano nella più completa indecisione di dove andare. > si sentiva ancora la sua voce dal giardino. Ivano in un istante disse << io entro qui >>, e si mise in una stanza, che doveva essere il ripostiglio. A me restava la camera dei genitori di Francesco oppure il salotto.Però non mi sembrava il caso nascondermi nella stanza della mamma del mio amichetto di classe, così prosegui dritto verso la sala. È proprio lì, che ricordo benissimo la mia prima emozione. Mi fermai e alla mia in alto alla mia destra c'era un quadro. Che poteva sembrare un quadro come tanti altri in quella casa, però questo racchiudeva tutti i colori possibili in un solo dipinto. O almeno tutti quelli che credevo di conoscere. L’osservai a lungo, non capendo subito bene cosa rappressentasse. Quello fù il mio primo incontro con l’arte. Rimasi ipnotizzato per qualche secondo. Però dovetti svegliarmi, perché dalla cucina senti provenire dei rumori. Infatti era Lorenzo, aveva smesso di contare e ci stava cercando. Dovevo assolutamente trovare il prima possibile un nascondiglio, altrimenti avrei dovuto accecarmi e chiaramente non ne avevo voglia. D’un tratto, sentì qualcuno correre dentro la cucina. Lorenzo si stava avvicinando. Arrivò di spalle, dandomi di scatto la possibilità, di nascondermi tra le grandi tende del salone, che non erano molto distanti dalla finestra. << Tana per me >>, era il suono della voce di Francesco. Lorenzo si era accorto troppo tardi di lui. Ormai non poteva far altro che cercare me e Ivano. Prosegui convinto verso le tende della sala, lasciando spazio così a Ivano di uscire dal ripostiglio e dirigersi anche lui verso la tana. Infatti non tardò il suo entusiasmo nel dire << tana per me, tana per me. >> Ero rimasto da solo. E questo Lorenzo ormai lo sapeva. Infatti cominciava a cercarmi ed arrivò vicino alle tende. Io bloccai d'istinto il respiro, cercando di non dare nell’occhio e trattendo il fiato il più a lungo possibile. Superò la tenda dove ero nascosto, avvicinandosi verso una poltrona nera, dandomi la possibilità di prendere nuovamente respiro, ma sempre lentamente. Era ancora molto rischioso uscire allo scoperto. Lui continuò a ripetere << ma dove sei? >>, speravo si allontanasse il più possibile da me. Iniziavo a sentire un leggero prurito al naso. Dovevo starnutire. Ripetevo in mente “resisti, resisti”. Ma il naso stava prendendo il sopravvento. Ora era molto distante dalla tenda, avevo un po’ di vantaggio se fossi uscito subito allo scoperto. Così uscì, solo che lo spostamento della tenda sul naso provocò una serie di starnuti, dando non solo la possibilità a Lorenzo di sentirmi e vedermi, ma anche un piccolo vantaggio nella corsa verso la tana. Tempo che presi nuovamente a correre e il mio amichetto era già avanti di qualche passo. Cercai di superarlo in cucina, dove lo spazio era più ampio, ma era anche più pericoloso correre tra tutte quelle sedie sparse qua e là. Non c'era nulla da fare, Lorenzo uscì prima di me dalla grande porta che conduceva alla tana. Pochi secondi dopo lui disse << tana per Fabrizio >>. Toccava a me contare. E mentre Ivano festeggiava ancora, raccontando ad un Francesco disinteressato, la storia di come aveva colto il giusto momento per uscire e fare tana. Lorenzo rideva per il mio e il suo fiatone, mostrandosi pienamente contento che non toccasse a lui stavolta. Dovevo iniziare a contare. Così misi la mano sul braccio coprendomi gli occhi e sperando di arrivare a 20 il prima possibile. Volevo cercarli. << Sette, otto, nove… >> dal mio orecchio destro sentivo un rumore strano che proveniva sicuramente intorno a me. Come se qualcuno o qualcosa stesse muovendo delle foglie. << Dodici, tredici e … >> il rumore era sempre più forte, continuava insistentemente, facendomi credere che non fossì da solo. Ma c’era veramente qualcuno? << Quindici, sedici, diciasettte … >> avevo capito. Qualcuno dei miei amichetti, si era nascosto vicino alla tana per farla subito. Non dovevo permetterglielo. Arrivato a 20, dissi senza neppure aprire gli occhi << tana per… >> Ma aprendoli poi, non vidi nulla, non c’erano Francesco, Ivano o Lorenzo. Eppure quel rumore l’avevo sentito. Cosa o chi poteva essere? Forse si erano nascosti nelle vicinanze. Non bisognava assolutamente abbassare la guardia. Iniziai a cercarli in tutto il giardino. Cercai dietro i vasi, sotto le sdraie e pure accanto ad un sacco nero. Ma niente. Forse uno di loro era entrato a casa, poco prima che terminassi di contare, pensando che l'avrei potuto subito vedere se fosse rimasto lì. Sentì di nuovo il rumore, proveniva in alto nel cielo. Poi vicino all’edera, dove fino a poco fà stavo contando. Un’aria fresca, mi accarezzo i capelli e la faccia. Quell'aria fece un suono nuovo, che non avevo mai sentito prima. D’istinto alzai le braccia. E vidi l’ombra delle foglie d'edera, che sembrava formassero la sagoma di un uomo nero. Quello in pochi secondi e con tanta fantasia, diventò il mio primo amico immaginario. Gli dissi di restare lì, di fare in modo di avvertirmi, se qualcuno tra Lorenzo, Ivano oppure Francesco, fosse uscito allo scoperto. Così entrando in cucina e vidi Patrizia, la mamma di Francesco, con quei suoi lunghissimi capelli rossi, preparare qualcosa sul tavolo. Non sapevo cosa stesse facendo, perché non arrivavo al tavolo con tutta testa, siccome era parecchio alto, però sentivo un grandissimo odore di Nutella. Non potevo permettermi di perdere altro tempo lì, dovevo per forza andare a trovare gli altri. Infatti, uscito dalla cucina, notai subito Lorenzo. Nascosto dietro la porta del bagno semi aperta, con un piede dentro ed un piede fuori, pronto a correre ad ogni mia distrazione. Che non avvenne però, perché andai subito a fare tana per lui. <> Era ovvio che fosse la porta del bagno vicino alla cucina, anche perché era il solo bagno che avevano in casa. Ma volevo che Lorenzo uscisse allo scoperto il prima possibile, mentre la sagoma nera rimaneva lì all’ombra, vegliando sulla tana senza dire una parola. Lorenzo arrivò poco dopo, con un'espressione triste. << Noooo, mi hai trovato. Uffì >> disse demoralizzato. Poi lo vidi guardare verso la tana e verso la sagoma nera. Aprì la bocca stava per dire qualcosa, lasciando gli occhi posati sulla sagoma, mentre pensavo che avesse scoperto il mio segreto. << Hai trovato anche gli altri? >> disse, come se non avesse notato nulla di strano nel vedere la sagoma nera. Probabilmente solo io potevo vedere e percepire vita in quell'ombra. Meglio per me. Non avrei detto a nessun altro della sagoma, sarebbe stato il mio segreto. Anche perché altrimenti sarebbero diventati suoi amici anche loro, non permettendomi così di vincere a nascondino. <> risposi e poi entrai in cucina alla ricerca di Francesco e Ivano. Sentivo la voce di Lorenzo che da lontano diceva, “ah, allora tocca nuovamente a me se non fanno tana libera tutti, uffy” e poi iniziò ad urlare << dovete fare tana libera tutti >>, sperando che qualcuno lo sentisse. Avevo superato silenziosamente e in punta di piedi la porta del bagno, per non farmi trovare e stavo entrando nella cameretta di Francesco. Aprendo la porta sentì il rumore di alcuni passi veloci superarmi. Era Ivano, che stava correndo verso il giardino per fare tana. Provai a superarlo, ma non c'era niente da fare. Nonostante non fosse il più grande di età, era il più alto ed aveva da sempre le gambe più veloci delle mie. Tocco il muro dove avevo contato dicendo << tana libera tutti >>. Aveva creduto di essere l'ultimo e non si era accorto che mancava Francesco. Quindi non valeva fortunatamente per me, questa tana libera tutti. Però Ivano era salvo dalla prossima conta. Anche lui guardò per un istante quell’ombra nera. Però nella sua mente c'era solo un pensiero ora. La merenda. Che presto sarebbe arrivata. Continuavo a cercare Francesco nella sua cameretta. Lo cercai per parecchio tempo, almeno tre minuti. Ma non lo trovai. Gli altri non sapevano dove si fosse nascosto. Arrivò il punto in cui Francesco uscì allo scoperto, ma non potemmo sapere chi di noi sarebbe stato il primo ad arrivare alla tana, semplicemente perché Patrizia, ci chiamò tutti dicendoci di smettere di giocare, perchè la merenda era pronta. Ivano era arrivato in cucina prima di tutti. Gioco sospeso. La merenda era a base di pane con la Nutella e un bicchere per ognuno di succo alla pera. In quel momento era un sogno vero. Avete presente quella fame vera. Quella sensazione dopo aver giocato che vi ruba lo stomaco? Ecco, era una sensazione che provavo spesso in quei giorni, soprattutto quando avevo corso troppo, proprio come quella volta. Ma la nostra pancia si stava rimpiazzando per benino. La Nutella ci sporcava tutta la faccia e sembrava dei pagliacci. Ci piaceva sporcarci di Nutella. Patrizia ci osservava non dicendoci nulla. I suoi capelli scuri, mi ricordavano lo stesso rosso che avevo visto nel quadro prima in salotto. E dopo aver bevuto il succo di frutta in tutta fretta, eravamo pronti per continuare a giocare. Stavamo scendendo dalla sedia, quando sentimmo il rumore di una porta aprirsi e successivamente, uno zaino cadde sul pavimento. O almeno sembrava il rumore di una sacca. Guardai Patrizia, con un espressione preoccupata e pensai “che succede? Ci sono dei ladri? ”,lei con un sorriso ci guardò tutti, soprattutto Lorenzo, che era preoccupato come me, ma aveva la faccia pienamente sporca di Nutella. Francesco non era pauroso, infatti aveva capito tutto. Mentre Ivano continuava a ingozzarsi di pane e Nutella, senza preoccuparsi di nulla. Sarebbe potuto esplodere anche il mondo in quell'istante, nulla l'avrebbe distolto dalla sua merenda. << È arrivato papà >> urlò Francesco scendendo dalla sedia, per poi dirigersi verso la porta. Lasciammo tutti la cucina, tranne Ivano, che continuò a mangiare mentre guardava il suo panino. Arrivammo nel salone e davanti a noi c’era un uomo grande, che sistemava la sua valigetta in un angolo. Era Bacco il papà di Francesco, che subito prese in braccio il figlio. Se solo avesse voluto quell’uomo avrebbe potuto prendere in braccio tutti noi, compreso Ivano. << Ciao bellissimi >> disse Bacco, mentre Francesco gli toccava la lunga barba nera. Anche quel nero era uguale allo stesso di quel dipinto. Un po' tutti i colori erano simili a quelli del quadro. Ed uscì un coro di “ciao”. L’uomo fece scendere suo figlio dalle braccia e poi iniziò a parlare con la moglie, probabilmente gli stava raccontando la sua giornata di lavoro. Mi distaccai, cercando di capire perché Ivano non era ancora venuto a salutare il papà di Francesco. E mentre tornavo in cucina vidì nuovamente quel quadro, che prima aveva completamente preso la mia attenzione e rubato gli occhi. Erano rappresentate due persone. Dovevano essere un uomo e una donna, che fuggivano da un paese in fiamme. Quest’ultime erano di tutti i colori: rosse, rosa, viola, blu, verdi, persino bianche. Tutto intorno era immerso da un cielo grigio, sicuramente stava per piovere. Le due persone però fortunatamente avevano l’ombrello. Gli alberi sembravano seguire l'aria, che pian piano diventava sempre più grande più viva nel quadro. Forse rappresentava un fuga. Oppure era solo un incendio. Era bello, mi piaceva tanto. << Ehi, cosa stai guardando? >> disse una voce alle mie spalle. Era Ivano che finalmente si era alzato dalla sedia della cucina, aveva finito di mangiare, aveva infatti la bocca tutta sporca. E pure le mani. << Nulla i colori >> avevo mentito, non sapendo cosa mi attirasse davvero. Lasciai perdere il quadro e tornai con Ivano dagli altri. Lorenzo e Francesco avevano finito di parlare e si erano seduti sul grande divano del salotto e guardavano la televisione. Era l’ora dei cartoni animati. Patrizia guardando Ivano e si accorse che era più sporco di prima e disse << ma come ti sei sporcato? >> << ho mangiato un po’ più di Nutella >> disse guardandosi le mani pur’esse sporche tutte. << No ora vai subito in bagno e ti lavi tutte le mani >> disse guardandolo mentre cercava di seguirlo con gli occhi, sperando che entrasse nella porta del bagno. Si voltò verso di me con un tono delicato << Fabrizio, vai a vedere i cartoni con Lorenzo e Francesco. >> Stavo andando quando suonò il citofono. Sentì Bacco rispondere al citofono << chi è? ah si, ora lo faccio scendere Giusy. >> Questa frase voleva significare solamente una cosa. Mamma era venuta a prendermi. Bacco avvertì Patrizia che dovevo scendere. Mamma mi aspettava. Subito lei andò a prendermi il giacchetto, che avevo lasciato nella sua camera appena ero venuto. Nel frattempo Ivano era tornato tutto pulito in salotto, si era seduto pure lui a guardare i cartoni. Mi avvicinai anch'io verso la TV. << Ciao ragazzi, devo andare via >> dissi con un po' di tristezza. << No, già te ne vai? >> disse Francesco, << dopo i cartoni potevamo giocare ancora >> aggiunse Lorenzo, << e magari mangiare ancora Nutella >> aveva parlato euforico Ivano. << No devo andare, ho mamma sotto che mi sta aspettando.>> E dopo tutti i saluti, Bacco aprì la porta e disse << ciao piccolino >>, mentre guardava che scendessi le scale senza scivolare. Ero arrivato al portone, vedevo mia madre con i suoi cappelli scuri e gli occhiali neri da sole salutarmi. Ero triste per aver lasciare i miei amichetti, avrei voluto giocare ancora con loro per ore e ore. Non ero assolutamente stanco. In quell'età, quando si gioca non si è stanchi mai. Però ero anche molto contento di vedere la mamma. Non l’avevo vista per tutta la giornata. La mamma mi prese in braccio e mi disse << ti sei divertito? >>, << si mamma, abbiamo mangiato tanto pane e Nutella e giocato a nascondino e poi … >> E poi pensavo che non avevo fatto una cosa molto importante. Avevo lasciato a casa di Francesco il mio amico immaginario. Lui non era stato ancora avvertito che la partita a nascondino era finita. E che tutti gli altri erano in sala a guardare i cartoni. Era fuori all'aria, che giocava libero con le foglie. << E poi… >> disse la mamma aspettando che continuassi il discorso, << niente e poi devo andare in bagno >> inventai una scusa. Non dovevo andare in bagno. E mentre mamma diceva di non preoccuparmi e che presto saremmo andati a casa, io avevo aperto lo sportello della macchina e mi ero messo seduto. Ero triste. Mi ero scordato di salutarlo, che amico ero? Mamma aveva acceso la macchina. Tirai giù il finestrino. Facevo sempre così quando ero triste o avevo qualche pensiero. Mi piaceva che l'aria mi accarezzasse la faccia. Non pensavo più ai miei problemi. Lo feci pure quella volta. La musica della radio era ad alto volume, io sapevo che avrei potuto rivedere l'uomo nero tante altre volte a casa di Francesco, quindi non dovevo preoccuparmi. Sicuramente sarei tornato lì di nuovo. Così chiudendo gli occhi, sentì l'aria fresca sulla faccia. Che bello. Poi aprendo gli occhi vidi il cielo, era sparso di nuvole. Pensai che anche il mio amico immaginario ora lo stesse guardando.
   
 
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