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Autore: unannosenzapioggia    22/11/2015    1 recensioni
I am lost for words / The silence burns so much it hurts
[derek hale x female!oc]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Derek Hale, Isaac Lahey, Nuovo personaggio, Stiles Stilinski
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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salve lupetti :-)
strano ma vero, ma sono riuscita a postare molto presto: solo dieci giorni dopo il terzo capitolo, sono stata brava eh? la verità è che ho avuto un po' di tempo libero per scrivere in questi giorni e ne ho approfittato, quindi spero non vi dispiaccia!
intanto, vorrei ringraziarvi di cuore per aver letto, recensito e aver aggiunto la storia alle seguite/ricordate/preferite; come già avevo detto nel precedente capitolo, tengo moltissimo a questa storia perchè è come una nuova sfida per me, quindi grazie davvero! significa molto per me, anche il solo fatto che voi passiate per leggere.
adesso, veniamo alla storia: allora 1) questo capitolo è di passaggio, ad eccezione del finale; mi dispiace molto, ma ho dovuto comunque inserirlo anche se noioso, però vabbè dai potete consolarvi con la fine ;-) 2) è un capitolo interamente dedicato ad Emma e Derek: come vedrete, si stanno avvicinando molto, anche se entrambi - specialmente Derek - non se ne rendono conto; ancora non si fidano completamente l'uno dell'altro, ma cominciano a capire di avere qualcosa in comune, ma soprattutto di desiderare la presenza dell'altro; è il primo capitolo che ho dedicato completamente a loro e l'ho amato, non vedo l'ora di scriverne altri! 3) sto ancora ultimando la scaletta: sono arrivata al 12' capitolo e posso assicurarvi che ne succederanno delle belle, quindi state pronti e non mi abbandonate!
ultima cosa: questa storia potete leggerla anche su Wattpad (il link lo trovate tra i miei contatti)

spero di aver detto tutto, in caso abbiate domande non esitate a chiedere!
adesso vi lascio e vi auguro buona lettura
un bacio,
Giulia
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CAPITOLO 4: BIG BAD WOLF
 
Chiuse definitivamente il libro di spagnolo, esausta ma felice di aver finito di studiare anche per quel giorno. Era stanca, per via del massimo impegno che stava mettendo nella scuola e perché ormai non riusciva a dormire più bene la notte. L’incubo si presentava ogni sera, sempre più realistico e vivo in ogni suo più piccolo dettaglio: la teneva sveglia e quando al mattino, era costretta ad alzarsi, faceva sempre una fatica immensa. Durante la giornata, per quanto cercasse di non perdere la concentrazione durante le ore di lezione, la sua testa ritornava sempre lì. Aveva cominciato a farsi molte domande e le era sorto il dubbio – anzi, giorno dopo giorno ne era sempre più sicura – che ciò che sognasse di notte fosse strettamente legato in qualche modo alla morte dei suoi genitori. La loro scomparsa non era mai stata un problema per lei: alla fine, aveva avuto fortuna, trovando due genitori adottivi come i suoi, quindi non aveva mai dato importanza a quell’incidente. Ma adesso, che era tornata a Beacon Hills e quel sogno si era fatto più presente e vero, non sapeva più cosa pensare. E poi, ci si metteva anche Derek con tutte quelle domande che sotto sotto l’avevano incuriosita e spaventata. Aveva cercato di non pensarci, probabilmente era stata una coincidenza, ma il tono con cui si era rivolto a lei l’ultima volta che si erano visti non era stato per niente amichevole. Forse ce l’aveva con lei, forse non gli stava simpatica, ma non importava essere così maleducato. Nonostante questo, non c’era giorno in cui non pensasse a lui: se da una parte la infastidiva il suo comportamento, dall’altra trovava adorabile e quasi paterno il modo sarcastico in cui rispondeva ad una battuta di Stiles o ad una preoccupazione di Scott. Anche se era ormai sicura che tutti le stessero nascondendo qualcosa: talvolta, il ragazzo aspettava tutti gli altri all’uscita di scuola per poi andarsene insieme, senza dirle niente. Non che lo volesse, ma qualche volta si era chiesta se mai Derek si fosse presentato lì per lei, anche solo per vederla.
Infilò la penna e l’evidenziatore nell’astuccio, tirando poi di scatto la cerniera. Il sole pallido di fine ottobre entrava pigro dalla finestra e illuminava di traverso il letto. La sua luce era più arancione per via delle foglie ormai ingiallite degli alberi. Le piaceva l’autunno, era sempre stata la sua stagione preferita. Non sapeva bene perché, ma quei colori così caldi – arancio, giallo, rosso – la pioggia improvvisa e gli stivali di gomma per non bagnarsi una volta finiti accidentalmente nelle pozzanghere erano sempre stati una sua debolezza.
Ripiombò nella realtà, quando il cellulare emise un piccolo suono, segnalando un messaggio appena arrivato. Rimanendo seduta sulla sedia, si spostò aiutandosi con le piccole ruote attaccate sotto di essa ed arrivò al letto, afferrando il telefono.
Aprì il messaggio e lesse.
 
Da: Malia (5:49 pm)
“Sabato sera siamo invitate alla festa di Halloween di Lydia! Andiamo, vero? Ti prego!!”
 
Sorrise divertita di fronte a quella supplica, anche se decise di non rispondere immediatamente. Però le aveva fatto piacere che Malia avesse pensato subito a lei come compagna di divertimento. Si erano molto avvicinate negli ultimi tempi – soprattutto dopo quella serata così divertente a casa di Derek – e aveva scoperto di avere in comune con lei più di quanto pensasse. Anche la madre e la sorella di Malia erano morte quando era più piccola e lei adesso viveva solo con suo padre. Ma ciò che forse le aveva fatte avvicinare di più era il fatto che fossero poli opposti: Emma era timida, riservata, brava in matematica e chimica, mentre l’amica non perdeva occasione per parlare, era socievole, senza peli sulla lingua, sarcastica e pessima nelle scienze. È proprio con qualche ripetizione di matematica che avevano stretto amicizia. Erano diverse, eppure la personalità frizzante e perennemente vivace di Malia l’aveva conquistata e adesso passavano sempre un sacco di tempo insieme. Ritornò al messaggio: non era un tipo da feste, ma Halloween le era sempre piaciuto molto, soprattutto per il fatto di doversi mascherare ed essere irriconoscibile a tutti. E poi, di sicuro, ci sarebbero stati anche tutti gli altri.
 
A: Malia (5:56 pm)
“Sì, andiamo! Sei felice adesso? (-:”
 
Scese dalla sua camaro nera perfettamente tirata a lucido, ma malamente parcheggiata sul ciglio della strada e si avviò verso la casa di Emma. Non sapeva nemmeno lui perché fosse lì, ma ormai – come d’abitudine – quello di controllarla di tanto in tanto era diventato un rituale a cui non voleva fare a meno. Alla fine, doveva ammetterlo a se stesso, gli piaceva guardarla da dietro la tenda della sua finestra, ovviamente ben nascosto, mentre stava per andare a dormire, mentre ancora studiava con la luna che le illuminava il viso perché i compiti per casa erano sempre troppi oppure mentre rientrava in camera con solo un asciugamano avvolto intorno al corpo, dopo essersi fatta una doccia. Doveva ammettere che fosse carina: era un po’ troppo minuta per i suoi gusti e non dimostrava di certo i suoi diciassette anni, ma questo non gli impediva di certo di godersela mentre viveva la sua routine.
Si avviò lungo il vialetto, immerso nei suoi pensieri: il sole stava per tramontare. Alzò gli occhi per un attimo e ammirò quella casa: dal tetto non vedeva mai niente, ma da lì potè constatare che fosse davvero bella. Chissà quanto bisognasse guadagnare per potersela permettere.
Salì i gradini del portico e si fermò davanti alla porta. Se gli avessero chiesto perché fosse lì e non sopra il garage non avrebbe saputo rispondere, ma era Derek Hale e non doveva giustificarsi proprio con nessuno.
Inspirò profondamente, prima di alzare meccanicamente la mano e suonare il campanello. Aspettò qualche secondo, poi sentì dei passi susseguirsi velocemente e infine un chiavistello che veniva aperto con forza. Non appena la porta si aprì, l’espressione sorpresa sul viso di Emma fu la prima cosa che notò. Poi, i suoi occhi scesero lentamente lungo il suo corpo: indossava una maglietta di tre taglie più grande – probabilmente di suo padre, o… Del suo ragazzo? – e un paio di pantaloni del pigiama grigi con delle stelline blu. Represse un sorriso e finalmente la guardò.
«Ciao» disse lei, in un sussurro. Derek fece un leggero movimento con la testa accompagnato da un saluto con la mano e non aggiunse altro «Che ci fai qui? E’ successo qualcosa?»
«Mh no, non che io sappia» rispose lui, notando per la prima volta i suoi occhi arrossati. Aveva pianto? E perché? Non è che uno dei gemelli aveva fatto irruzione, facendole del male? No – pensò rilassandosi – era impossibile, altrimenti sarebbe stata ferita o impaurita «A te invece cosa è successo? Stavi piangendo?»
Lei si passò una mano sul volto e rise, di fronte all’espressione eccessivamente preoccupata di Derek. Possibile davvero che si preoccupasse di tutto? «No… Cioè, sì: stavo guardando un film e mi sono commossa»
Il ragazzo rilassò le spalle, rimanendo fermo sulla soglia della porta. Emma fece la stessa cosa, ma alla fine decise di parlare «Vuoi entrare?»
Si mise da parte, per farlo passare, mentre lo sentiva mormorare un veloce «Sei strana» per poi chiudersi la porta alle spalle. Si avviarono entrambi in sala, dove regnava la televisione più grande che Derek avesse mai visto e un divano di enormi dimensioni. Sullo schermo della tv, notò l’immagine in pausa di una nave che stava colando a picco nel mare.
«Devi dirmi qualcosa?» ruppe il silenzio la ragazza, sedendosi sul divano sommerso da coperte e cuscini. Le piaceva stare al caldo quando guardava un film «Sei strano»
«Non dovresti studiare?» rispose Derek con un’altra domanda.
«Ho finito prima oggi» disse, afferrando il telecomando e arrendendosi: si vedeva che non volesse dirle il perché fosse lì «Vuoi vedere il film con me? Hai mai visto Titanic
Lui scosse la testa e si sedette sul divano a debita distanza, lasciandola perplessa più del dovuto. Come faceva a non aver mai visto quel film? Lo conoscevano tutti, anche i bambini più piccoli, nati due generazioni dopo l’uscita di quella pellicola. Nonostante questo, non replicò e fece ripartire il film da dove si era interrotto.
Come da copione, pianse fin quasi alla fine. La tristezza di quella storia era disarmante, ma l’amava talmente tanto da averlo visto milioni di volte e sapere la maggior parte delle battute. Derek invece non versò nemmeno una lacrima, anzi, lo sentì sbuffare un paio di volte, come se la ritenesse una cosa stupida. Non arrivò nemmeno alla fine, che si addormentò lentamente, per via di tutta la stanchezza accumulata nei giorni precedenti.
Quando Derek sentì qualcosa di duro appoggiarsi sulla sua spalla, aprì gli occhi – che aveva tenuto chiusi per un bel po’ per non doversi sorbire quel film orrendo e finto – di scatto, impaurito, e si sentì improvvisamente a disagio quando si accorse che la testa di Emma lo stesse usando come cuscino. Quel gesto inconsapevole della ragazza da una parte lo spaventò e spiazzò completamente: non era abituato a certe cose, anzi, non lo era mai stato; ma dall’altra, sentì una sensazione di calore, tranquillità e intimità invaderlo, fino a entrargli nei polmoni e tra le ossa. Era bello: non aveva mai provato qualcosa del genere. Rimase in quella posizione per un po’, spostando lo sguardo di tanto in tanto su Emma, che così vicina gli sembrava ancora più bella. Il film non gli interessava più tanto, piuttosto non riusciva a staccare gli occhi da quelle labbra piccole ma molti invitanti, dal suo modo di essersi raggomitolata nelle coperte e contro di lui e da quella calma apparente con cui sembrava stesse dormendo.
I titoli di coda arrivarono troppo presto e così anche il momento per Derek di andarsene. Non era stata una brutta idea presentarsi lì senza motivo, ma era sicuro di aver alimentato ancora di più i dubbi della ragazza.
Si mosse lentamente, per alzarsi, cercando di non svegliarla, ma la sentì muoversi contro il proprio braccio.
«Emma, devo andare» sussurrò.
«Mhmh» rispose lei, senza nemmeno aprire gli occhi. Si alzò definitivamente, facendole appoggiare delicatamente la testa su un cuscino e si avviò verso l’ingresso. Si sistemò meglio la giacca di pelle sulle spalle ed uscì, chiudendo piano la porta.
Salì in auto e respirò profondamente stringendo il volante: osservò il suo riflesso nello specchietto retrovisore e notò che i suoi occhi brillassero, fossero lucidi. Non era merito delle sue doti da lupo, ma di quello che Emma, involontariamente, gli stava facendo.
 
La casa di Lydia Martin era una reggia: una di quelle case enormi, eleganti, regali che si vedono soltanto nei film. E invece eccola qua, proprio a Beacon Hills. I giorni erano passati velocemente: scuola, compiti, notti insonni e la solita quotidianità ricominciava. Ma Malia le aveva tenuto la mente occupata per tutta la settimana, per via della scelta della maschera da indossare per la festa. Alla fine aveva optato per qualcosa di elegante, ma non troppo particolare: un semplice abito bianco che le arrivava alle caviglie ed una coroncina di fiori appoggiata sui capelli scuri, lasciati sciolti. Aveva trovato quell’abito in uno scatolone in soffitta e su consiglio di Malia aveva aggiunto dei fiori, così da assomigliare di più ad una ninfa dei boschi.
La famiglia Martin aveva addobbato la casa in modo che assomigliasse ad una infestata; c’erano luci introspettive, sagome di fantasmi, vampiri, zombie sparse per tutto il giardino e ovviamente, l’immancabile zucca, vicino al cancello d’entrata.
Emma e gli altri si ritrovarono proprio di fronte alla zucca, prima di entrare tutti insieme. Malia era vestita da cappuccetto rosso, Kira da una Dorothy versione zombie de Il mago di Oz e, per finire in bellezza, Isaac, Stiles e Scott da tre moschettieri.
Si diressero all’interno della casa, dove una Lydia mascherata da sposa fantasma li accolse sorridendo e offrendo loro qualcosa da bere. C’erano davvero tante persone: probabilmente la rossa non aveva badato a spese e aveva invitato tutta la scuola. Emma non la conosceva ancora bene per poter esprimere un vero e proprio giudizio su di lei, ma le sembrava simpatica. Si erano parlate poco nelle settimane precedenti ma le aveva fatto piacere ricevere l’invito per la sua festa.
Alcuni ragazzi le fecero i complimenti per la maschera e la ragazza non potè fare a meno di arrossire lusingata, sotto lo sguardo divertito e malizioso di Malia.
«Sei davvero bella con quest’abito» le disse Isaac aggiungendosi agli altri, mentre camminavano verso la sala più grande della casa.
«Anche tu stai molto bene, mi piacciono i moschettieri»
Lui le sorrise prendendola per mano e portandola a ballare. Si vergognava moltissimo, ma le luci psichedeliche nascondevano le sue pochissime abilità, quindi non si preoccupò più di tanto.
Alla fine, decise di fermarsi per riposarsi un po’: aveva accumulato abbastanza stanchezza anche quella settimana e cominciava a farsi sentire.
Si stava divertendo molto, ma – se avesse dovuto ammetterlo a sé stessa – sarebbe tornata a casa immediatamente, per infilarsi sotto le coperte e dormire.
Bevve un sorso d’acqua e dopo aver avvisato Malia che sarebbe andata a prendere una boccata d’aria, si fece spazio tra la gente per raggiungere la grande porta a vetri che dava sul giardino. Uscì, rabbrividendo quando la sua pelle entrò a contatto con l’aria gelida ed una piccola nuvola di vapore uscì dalla sua bocca. Fece qualche passo, allontanandosi dalla marea di gente e si sedette su un piccolo muretto in fondo al giardino, proprio a ridosso del cancello da cui erano entrati. L’aria era umida e gelida e nonostante il freddo e la stanchezza, che calava inesorabilmente sulle sue palpebre, stava bene. Dentro era troppo affollato e si moriva di caldo.
Si guardò un po’ intorno curiosa, finchè i suoi occhi si fermarono su una figura scura che andava verso di lei. La conosceva troppo bene, per non sapere chi fosse. Stava parlando al telefono e lo sentì sbraitare un «Scott! Scott, mi senti? Scott- Dovevi dirmelo, ok?»
Lo osservò attraversare il cancello per poi voltarsi di scatto verso di lei, come se avesse percepito la sua presenza. Lo vide calmarsi, rilassarsi, come se fosse stato contento di averla vista viva e vegeta, e si incamminò verso di lei.
«Ciao» la salutò, riponendo il cellulare in tasca. Emma si alzò e lo salutò, sorridendo. Derek inspirò a fondo: se solo Scott gli avesse detto che sarebbero andati ad una festa, in cui probabilmente anche i gemelli si sarebbero fatti vedere, si sarebbe sentito meglio e avrebbe potuto controllare la situazione. E invece no, di nuovo aveva prevalso il cervello di un normale diciassettenne.
«Ti stai divertendo?» le chiese allora, più gentilmente. Voleva portarla via di lì: non era al sicuro, nemmeno con la sua presenza. Se i gemelli fossero arrivati, non sarebbe finita per niente bene.
«Sì» rispose Emma, sbadigliando «Ma sto morendo di sonno»
«Vuoi che ti porti a casa?» domandò, senza nemmeno pensarci. Da quando era così gentile?
Emma non rispose subito, Derek notò che fosse un po’ interdetta. Avrebbe voluto dire sì, ma non lo conosceva abbastanza da fidarsi, però dall’altra parte era davvero stanca e non sarebbe riuscita ad aspettare Malia, visto che erano venute con la sua auto: conoscendola, avrebbe fatto baldoria fino all’alba.
«Va bene» rispose infine titubante. Si alzò e si incamminarono in silenzio e rimanendo a debita distanza l’uno dall’altra, verso l’auto del ragazzo.
«Tieni» disse, all’improvviso Derek, cercando di mantenere la sua facciata seria e da duro, dopo essersi accorto che stesse tremando come una foglia. Si tolse la giacca nera di pelle e gliela passò «Non voglio che tu muoia di freddo»
Emma la infilò, crogiolandosi nel calore che emanava.
Nessuno dei due parlò più: salirono in macchina, Derek partì e il silenzio regnava. Però, ad Emma non dava fastidio: non era imbarazzante come si era aspettata, anzi, era quasi confortante. Poteva osservare Derek, nella poca luce dell’abitacolo, mentre guidava. Era rapita dal modo in cui le sue mani erano strette intorno al volante, dell’espressione seria stampata sul volto, dalla meccanicità con cui cambiava le marce e i muscoli delle sue braccia si contraevano ad ogni movimento.
Quell’auto poi, secondo Emma, rispecchiava a pieno la sua personalità: era nera e misteriosa. Proprio come Derek, che parlava il giusto e si relazionava a fatica con gli altri. Era sicuramente misterioso, ma per il semplice motivo di non voler parlare di sé a tutti. Non lo faceva di proposito, era così e basta.
All’improvviso Derek si accorse di una presenza dietro di loro. La ragazza accanto a sé non avrebbe mai potuto percepirla, ma lui, con i suoi sensi sopra sviluppati, sì. Aveva intravisto dei movimenti attraverso lo specchietto retrovisore, aveva sentito dei passi furtivi dietro di lui e, infine, l’odore che gli aveva permesso di riconoscere con sicurezza di chi si trattasse: suo zio.
Lo avevano fregato: i gemelli alla festa non si erano visti e lui si era rilassato, ma la verità era che tutto era stato programmato. Chiunque fosse tornato a casa con Emma, si sarebbe imbattuto in Peter Hale. Ma suo zio non sapeva che ci fosse lui, al posto di Scott o Malia e che non sarebbe stato così facile come previsto.
Sul volto di Emma si dipinse un’espressione interrogativa e preoccupata, quando si accorse che Derek stesse rallentando per poi fermarsi sul ciglio della strada, sebbene fossero a cento metri da casa sua.
«Rimani qui e non ti muovere, va bene?» le impose, guardandola negli occhi. Sapeva di averla spaventata, ma doveva affrontarlo.
Lo guardò scendere dall’auto per poi incamminarsi lungo la strada. Guardò oltre il finestrino, ma non vide nulla se non il cemento nero illuminato da qualche lampione e la nebbia bassa. Quella situazione era inquietante, ma perché allora Derek era sceso se non ci fosse nulla di cui preoccuparsi? Si appoggiò di nuovo al sedile e aspettò. Improvvisamente, sentì un suono acuto e prolungato molto vicino a lei, come una specie di ululato. Poi ne sentì un altro, leggermente diverso.
Era terrorizzata, ma se davvero c’erano i lupi a Beacon Hills non poteva rimanersene lì e non avvertire Derek. Gli avrebbero fatto del male.
Così, senza nemmeno pensarci due volte, sbloccò la cintura ed uscì dall’auto, lasciando lo sportello aperto dietro di sé. Adesso c’erano due persone in lontananza, anche se le loro fattezze sembravano diverse: erano più alti del normale e di massa eccessiva. Solo che erano figure nere, non riusciva a distinguerle. Provò a chiamare il ragazzo, ma non uscì nemmeno una sillaba dalla sua bocca.
Come se si fossero accorti della sua presenza, entrambe le figure si voltarono vero di lei e cominciarono a correre – troppo – velocemente nella sua direzione.
E poi li vide: due occhi rossi che venivano verso di lei, pieni di rabbia, di cattiveria, di voglia di uccidere. Si tappò la bocca con le mani e rimase ferma. Voleva urlare, chiamare aiuto, ma non ci riuscì.
Stava per morire e non sapeva cos’altro fare. Chiuse gli occhi aspettando la fine, che però non arrivò quando sentì alla sua destra, al di là dell’auto, uno spostamento veloce che si appropriò di quel corpo dagli occhi rossi, facendolo finire rovinosamente a terra.
Il suo sguardo spaventato si mosse verso di loro: erano uguali, sembravano umani in carne ed ossa, ma non lo erano completamente. Fece un passo indietro, quando quello che l’aveva salvata si voltò verso di lei.
Le si mozzò il fiato in gola, quando si ritrovò faccia a faccia con lui: gli occhi azzurri brillavano sotto la luna ed erano contornati da una viso che conosceva troppo bene, ricoperto da un’eccessiva quantità di peli. I canini spuntavano da sotto le labbra e le mani piene di artigli tremavano leggermente.
«Derek…» sussurrò, ma la voce le morì in gola. Il ragazzo continuava a guardarla, dispiaciuto perché sapeva che adesso non avrebbe mai più voluto avere a che fare con una bestia come lui. Però non poteva rimanere lì senza far niente: doveva proteggerla comunque, doveva occuparsi di suo zio.
«Corri!» le urlò forte, ma la sua voce uscì mescolata ad un ringhio. Cercò di non farci caso e la intimò ancora «Corri! Vattene, Emma!»
Come se tutte le sue forze fossero tornate per magia, la ragazza cominciò a correre verso casa, senza guardarsi indietro. Correva veloce, nonostante il fiato le mancasse sempre di più nei polmoni. Corse finchè non arrivò di fronte alla porta di casa. Entrò immediatamente, fregandosene del rumore che avrebbe potuto fare, visto che i suoi genitori dormivano già da un pezzo. Si chiuse la porta alle spalle, girando la chiave un paio di volte, e vi si appoggiò.
Non poteva credere a quello che aveva visto: Derek era… Un lupo mannaro? Non ne era sicura al cento per cento, visto che non era mai stata un’appassionata di soprannaturale, ma soprattutto perché era sempre stata sicura che creature del genere non esistessero nella realtà.
Salì le scale e ancora ansimava, mentre mille domande le affollavano la mente: chi era l’altro? E perché i loro occhi avevano colori diversi? Scott e gli altri lo sanno? Oppure… Oppure anche loro sono come lui?
Si spogliò velocemente, gettando tutto a terra senza preoccuparsene molto. Infilò il pigiama e controllò che la finestra fosse ben chiusa. Non solo aveva paura, ma era terrorizzata. Quanti ce n’erano come lui a Beacon Hills?
Si sdraiò sotto le coperte e spense la luce.
Cercò di respirare e di rilassarsi, ma non ci riuscì molto bene.
«Lupo mannaro…» furono le ultime parole che pronunciò, prima di prepararsi e abbandonarsi all’ennesimo sonno ricco di incubi.


 
  
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