Lasciatemi un pensiero se vi va, un abbraccio. Roby.
WHAT IF CAMILLE CALLED HER?
-ARKANSAS-
“Elijah” Camie
si avvicinò cauta, approcciandolo mentre lui era di spalle, lo sguardo fisso
fuori dalla finestra.
Sembrava perso nei suoi pensieri,
calmo, metodico… Esattamente l’Elijah che tutti conoscevano. Ma la donna sapeva
che in realtà, l’uomo chiuso in quel completo elegante era quasi fuori
controllo.
Glielo aveva dimostrato quando il
giorno prima si era messo ad asciugarsi la camicia con fare quasi maniacale,
gli occhi cupi quando le aveva afferrato il braccio perso in un ricordo che lo
allontanava dal presente e lo metteva di fronte a quella porta rossa che
sembrava tanto temere.
La porta dietro la quale la prima donna
che avesse mai amato gli aveva detto di amarlo a sua volta; la porta dietro la
quale l’aveva uccisa gettando poi la colpa su sua madre.
Nessuno
lo sa le aveva detto,
neppure Niklaus,
perché lui amava Tatia tanto quanto la amavo io.
Tatia… il primo amore ma di certo non il più
grande, di questo Camille era sicura. Chi era l’amore
più grande che lui avesse mai avuto lei lo sapeva benissimo, chiunque lo
sapeva… ed era questo il motivo per cui quel sentimento aveva dovuto smettere
di esistere. Era un punto debole, lo rendeva vulnerabile e rendeva vulnerabile
anche lei.
E con la mole di nemici che entrambi
avevano non era certo una buona cosa.
Camille non sapeva esattamente come era andata
il giorno dell’addio, ma ricordava lo
sguardo vuoto dell’Originale in completo, o elegante
come quel grande amore usava chiamarlo.
Poi ricordava di aver incontrato lei e di aver visto in quegli occhi
nocciola lo stesso vuoto, lo stesso senso di perdita, lo stesso annullamento.
L’aveva mascherato bene quando le aveva chiesto come se la cavava, perché Allison Morgan aveva imparato ad essere una brava attrice,
per sopravvivenza… non solo fisica.
Quel cassetto interiore doveva essere
pieno fino all’orlo quel giorno che l’aveva incrociata in un bar di New York,
per caso. Perché, anche se non glielo aveva detto, l’aveva vista asciugarsi gli
occhi mentre si allontanava salutandola.
Forse fare pace con il passato avrebbe
aiutato Elijah ad andare avanti, a smettere di aver paura. Ma non si sarebbe
aperto con lei perché stava troppo attento a non lasciare che accadesse.
Parlare e condividere non era nella sua natura, meglio tenersi tutto dentro.
Era questo l’atteggiamento costante,
quello che assumeva con chiunque, tranne che con lei.
Sperò che averle telefonato il giorno
prima non fosse stata una cattiva idea. Poco male, visto che sarebbe stata lì a
momenti. Camie sperò prima che fosse troppo tardi.
“Elijah” ripeté poggiandogli una mano
sulla schiena.
Lui si voltò, il viso venato, gli occhi
iniettati di sangue. Il vampiro fuori controllo che aveva ucciso dietro quella
porta rossa. La donna pensò che il troppo
tardi era arrivato… mentre pronunciava il suo nome, con gli occhi chiusi
chiedendogli di calmarsi, lanciò un pensiero a tutti quelli a cui voleva bene,
pregò di non morire.
“Elijah!” sentì esclamare. Ed aprì gli
occhi.
Allison stava sulla soglia della porta,
indossava gli stessi vestiti del giorno in cui l’aveva incontrata, tanto che
per un attimo credette di stare immaginando tutto… rivivendo inconsciamente il
momento in cui aveva conosciuto l’unica donna che in quel momento avrebbe
potuto salvarle la vita.
La cacciatrice fece qualche passo verso
l’Originale, sembrava non avere alcuna paura di quell’espressione feroce sul
viso di solito calmo e bello di Elijah. Alzò la mano lentamente e gliela poggiò
su una guancia, con le dita dell’altra prese a sfiorargli le occhiaie iniettate
di sangue.
“Elijah” ripeté, stavolta in un
sussurro.
Il viso del vampiro tornò lentamente
normale, ma una mano afferrò il braccio di Allison
esattamente come aveva fatto con quello di Camille il
giorno prima. Piano allentò la presa ed entrambe si poggiarono sul volto dolce
della donna che gli stava davanti.
“Allison?”
mormorò con tono di domanda. Quasi neppure lui credesse possibile averla lì, ad
un soffio di distanza.
Lei sorrise, con quel sorriso sincero
che le faceva spuntare le fossette sulle guance. “Va tutto bene” gli disse
calma annuendo, chiudendo gli occhi per un attimo sotto il tocco deciso di
quelle mani grandi sul suo viso.
Quando li riaprì Elijah le stava
sorridendo, pochi secondi dopo la stava stringendo forte a sé col viso
affondato nei suoi capelli castani.
****
Camille versò tre tazze di caffè, poi si mise
a sedere sulla poltrona di fronte al divano su cui Elijah stava seduto con lo
sguardo fisso su Allison seduta accanto a lui. Si
accorse che era chiaro come il sole che si amassero ancora e d’altronde
lasciarsi non era stata una loro scelta… o meglio sì, ma non era così semplice.
Il vampiro sembrava tornato il suo
vecchio sé, col viso tranquillo, concentrato, l’Elijah che lei conosceva,
quello che preferiva tra le due versioni che aveva conosciuto di lui.
“Io… io vado a controllare Hope, poi penso che finirò di leggere un libro che ho
iniziato qualche giorno fa” disse sentendosi improvvisamente la terza incomoda.
Né Elijah né Allison
si voltarono a guardarla, semplicemente annuirono in sincrono facendola ridere.
Rimasti soli, il silenzio proseguì per
alcuni secondi, poi Allison finalmente ruppe il
ghiaccio.
“Allora,” iniziò bevendo un sorso dalla
tazza, distogliendo lo sguardo. “Che succede Elijah?”
Lui sospirò, ma senza staccare gli
occhi da lei. “Alcuni… ricordi sono tornati a galla, gentile omaggio di mia
madre.”
“Ah” mormorò Allison.
“Tua madre e i suoi… omaggi” concluse ricordandosi quando anche lei ne aveva
ricevuto uno che l’aveva quasi uccisa. “E questi ricordi, ti fanno totalmente
perdere il controllo? Cosa senti? Spiegami.”
Il vampiro rise allungando la mano fino
ad accarezzarle i capelli. “Stai cercando di fare quello che credi Camille farebbe?”
Lei rise a sua volta girando il viso
per guardarlo, accorgendosi solo allora di quanto fossero vicini. “Vorrei solo
aiutarti” gli sussurrò guardandogli le labbra per un istante, respirando a
fondo per riprendere il controllo delle sue emozioni. “Ma non sono brava come Camille.”
“L’ho quasi aggredita due volte,”
rispose lui abbassando il capo e piegandolo per cercare gli occhi belli della
cacciatrice. “Non sono certo che sarei stato in grado di fermarmi la seconda
volta se tu non fossi arrivata. Quindi, come vedi… hai avuto più successo tu
semplicemente pronunciando il mio nome che lei con tutti i suoi trucchi da
psicanalista” le fece sapere quando finalmente riuscì a fissare lo sguardo
dentro il suo.
Allison abbozzò un sorriso. “Fa’ del suo
meglio.”
“Lo so,” rispose Elijah. “E gliene sono
grato. Le sono grato per aver provato ad aiutarmi con tanto impegno, ma ancor
di più le sono grato perché ha chiamato te.”
“Elijah…”
Il resto della frase le morì in gola
quando Elijah poggiò con decisione le labbra sulle sue.
Mentre schiudeva la bocca per lasciare
che la lingua calda dell’Originale incontrasse la sua in quel bacio, Allison si accorse che in realtà non c’era una frase vera e
propria che voleva pronunciare.
Quello che voleva dirgli era che le
mancava. Voleva chiedergli di stringerla e farla sua ancora una volta, come
tante volte aveva fatto in passato.
Quando lui la sdraiò sul divano e la
sua mano si infilò dentro i suoi jeans prima e la sua biancheria dopo, il
brivido che sentì scuoterla violentemente le fece capire che anche se non aveva
detto nulla, il suo Originale
elegante aveva ricevuto il messaggio.
Forte e chiaro.
****
Elijah stava stringendo Allison tra le braccia quando Camille
era tornata di sotto due ore dopo averli lasciati da soli. Anche se l’Originale
aveva gli occhi chiusi poté sentire la donna avvicinarsi e poggiare su di loro
una coperta.
Con un sorriso aprì gli occhi grato al
fatto che dopo quello spettacolare incontro d’amore sia lui che Allison avevano deciso di rivestirsi. Sarebbe stato
imbarazzante farsi trovare nudi dalla bionda psicanalista.
“Scusa” gli disse proprio lei a bassa
voce. “Non volevo svegliarti.”
Lui scosse il capo per quanto fosse
possibile senza rischiare di svegliare Allison. Con
una mano prese a disegnare piccoli cerchi sul fianco della cacciatrice, con
l’altra le accarezzava dolcemente i capelli.
“Ti chiedo scusa, Camille”
le sussurrò. “Per averti spaventata e per aver rifiutato il tuo aiuto. Credevo
che non avessi idea di cosa fare per aiutarmi davvero, ma” si fermò per dare un
bacio sulla fronte ad Allison, sorridendo appena
quando lei sospirò stringendosi di più a lui. “In realtà sapevi esattamente
come farlo. In realtà sei l’unica che ha veramente capito di cosa avevo
bisogno.”
Camille sorrise. “Prima hai nominato Freud,”
gli ricordò. “Io so una cosa che neppure lui sapeva.”
“Sentiamo.”
“Non importa quanto forte sia tua madre
Elijah, nonostante tutto l’amore è ancora la magia più potente che esista.”
L’Originale sorrise mentre lei lasciava
la stanza; la sensazione che il calore del corpo di Allison
stretto al suo gli offriva provava che Camille aveva
ragione.