Ciao!Ecco,ho scritto una breve storiella-niente di che,non
avevo nulla da fare- su Twilight.
Edward e Bella si sono lasciati,lei sta con Jacob,ed Edward
è preso dall’ accanimento contro se stesso,dato che il suo egoismo ha subissato
del tutto il pensiero del ‘proteggere la fragilità ‘ di Bella,anche a costo di
lasciarla andare… non lunga,spero vi piaccia.
NB non è assolutamente un’offesa a Edward,per carità!!!! xD
non vorrei mai si fraintendesse ciò!xD
Guardai preoccupata l’armadietto che si piegava sempre di
più,sotto il tocco più che delicato di Edward.
“Allora,stai ancora con Jacob?”
“si”.
“E hai ancora intenzione di andartene?”.
“.. si”.
“Bene”.
Bene. I suoi occhi dorati tremavano,più rabbia che una
tristezza,ancor più triste se senza lacrime.
Ormai celavano tutto quel che avevano da dire;avevo
sostenuto migliaia di volte uno sguardo simile,e imparato a non farmi ingannare
dai penetranti specchi topazio,che ora mi fissavano.
Contemplai ancora l’armadietto,ormai distrutto totalmente.
Quando mi voltai,era già scomparso,prima ancora che la campanella suonasse il
suo primo rintocco.
Era l’unico posto dove potessi trovarmi al sicuro,lontana da
lui. Forks era diventata una seconda casa: un po’ come una pendolare,viaggiavo
di continuo dalla scuola alla riserva. Quella era la mia vera
abitazione,oramai,e Charlie non aveva colto nulla da ridire a proposito.
Anzi,più tempo trascorrevo con Jacob,maggiori erano le possibilità di
ritrovarlo col buonumore addosso.
Non che si trattasse di una soluzione brillante;la fuga non
lo era mai. Soprattutto contando l’inconveniente poco scampabile di incontrarlo
a scuola,come quella mattina. E di evitare certi discorsi,e certi occhi
furenti. Avevamo interrotto i rapporti da tre mesi,eppure cercava ogni scusa
per comparirmi d’improvviso alle spalle,e mostrarmi ogni volta il suo
rammarico. Il dispiacere per essere così,per dover nascondere quel mostro
irrefrenabile che in realtà popolava il suo corpo come un parassita. Ero
persino arrivata al punto di passare notti intere nella riserva dei
Quileute,con la paura,anzi,la certezza che se avessi aperto gli occhi,me lo
sarei ritrovata al capezzale del letto intento a vegliare il mio sonno.
Sospirai,e posteggiai sul vialetto il vecchio pick up,che si
spense in uno scoppio rumoroso.
“Jacob,sto morendo di caldo!”.
Neppure avevo posato un piede a terra,che il ragazzo
nerboruto mi aveva afferrato le spalle e ora mi stringeva in un abbraccio
soffocante e oltremodo infuocato.
“Scusa..”. Mollò la presa,e posò le sue labbra,ardenti
anch’esse, sulle mie.
Sorrisi,e presi a camminare verso la casa,Jake al mio fianco
e la sua mano che cercava la mia. Richiusi la porta alle spalle,ed ero sicura
che dal verde fitto del bosco,che fronteggiava l’abitazione,due occhi liquidi
intrisi di collera stessero studiando i miei movimenti.
“Ciao Seth,Quil”. Salutai con un cenno affrettato,i due
ragazzi che si prestavano piuttosto atipici a rappresentare la categoria degli
adolescenti. Mi alzai dal divano,anche se il mio contributo si rivelò
effimero;il posto,che a malapena avrebbe ospitato uno di loro,era appena stato
occupato dalle gambe di Jacob.
“Bella,sei sicura di non volerti fermare stasera?”.
Sorrisi,comprensiva,alla faccia color bronzo.
“Non voglio far preoccupare troppo Charlie,non si sa mai”.
Si avvicinò repentino e di nuovo mi baciò,con un’irruenza
insolita. Raggiunsi l’auto e mi fiondai nel pick up,avvolto dal buio della
notte.
“E’ in arrivo un temporale,dal fronte ovest..”.
Figuriamoci. Un temporale a Forks,nulla di più singolare. La
radio locale non era mai stata particolarmente brillante,se si trattava di
previsioni meteorologiche. Spensi l’apparecchio.
Il motore borbottante colmava il silenzio della strada
deserta,e particolarmente buia. Il trasloco previsto per la settimana
seguente,non avrebbe giovato al branco,che avevano per l’appunto trovato la
notizia alquanto avvilente. In realtà,neanche a me allettava l’idea di porre
chilometri di distanza tra me e Charlie-era terrorizzante il pensiero che
dovesse cavarsela da solo-,e per quanto odiassi Forks,ciò che mi legava ad essa
era quasi indissolubile.
Urtai la schiena contro il sedile,cacciando un urlo,e
realizzai di essermi appena scontrata con qualcosa- o qualcuno. Aprii gli
occhi: due mani bianche come neve bloccavano il cruscotto,impedendomi la
marcia,così come l’espressione terrificante e spaventata al contempo che mi
fissava,totalmente paralizzante.
Dopo alcuni secondi,spalancai la portiera e balzai fuori
dall’abitacolo,accompagnata da un dolore lancinante al collo.
“Ma che cavolo combini?Sei deficiente?”.
“Scusa..”.
“Volevi ammazzarmi per caso?!”.
“Non dirlo neanche per scherzo..”.
Pestai i piedi contro l’asfalto,e guardai lontano oltre la
cortina di nebbia che si stava formando.
Le mani ghiacciate,che conoscevo talmente bene,mi strinsero
i polsi con delicatezza,e l’istante successivo mi ritrovai sulle spalle di
Edward immersa nell’oscurità del bosco.
Caddi a terra tra le felci,ribellandomi al braccio candido
teso in un soccorso.
“Scusa anche per questo..”.
“Riportami indietro”.
Il suo viso,a pochi centimetri dal mio,era pietrificato,e
splendido come sempre,che vedendolo lì illuminato dalla luce fioca della luna
persino un dio avrebbe provato invidia.
“Non ha senso,e lo sai”.
“Sei stato proprio tu ad insistere perché ce l’avesse,un
senso”.
Digrignò i denti.
“Sì,ma non doveva andare così”.
“E perché no?Tu mi hai dato una scelta,hai premuto perché la
facessi,e io ho ceduto”. Avevamo spezzato definitivamente la quiete notturna del
bosco. La mia voce si era trasformata in grida,il suo era un sussurro rabbioso
e deciso,e comunque melodioso.
“Ma hai scelto lui!”.
“Sì,e quindi?”.
“E’ una scelta stupida”.
“E’ la più ragionevole”.
Scomparve e riapparve,probabilmente nel tentativo di far
scemare l’ira che lo pervadeva.
“Ma tu non lo ami!”.
“E invece sì!”.
“Non quanto me,e lo sai!”.
Strinsi le braccia al petto,e mi accucciai. Attesi,e dovetti
aspettare soltanto pochi secondi prima di sentire le lacrime sgorgare per
l’ennesima volta. E sempre a causa sua.
“Perché..? perché ogni volta devi comparire e farmi del
male?non ti è bastato,tutto ciò che è successo?Tu hai voluto che io ti
lasciassi,tu non mi desideravi,e avevi ragione perché io non sono abbastanza
per starti affianco e non lo sarò mai.. ma perché farmi questo?”.
Il suo pensiero mi tormentava,e non riuscivo a negarlo. Lo
vedevo,e l’impossibilità di sfiorarlo,di baciarlo mi rendeva
paranoica,pazza,costretta in ciò che per me non era vita ma prigionia.
In fondo,lui non era solo il custode della mia vita,colui al
quale l’avevo affidata,lui era la mia stessa vita,il mio stesso cuore,tutto
quel che anelavo,e che ora non possedevo più.
“Bella,queste parole sono false almeno quanto insopportabili
a sentirsi. Non sono mai uscite dalla mia bocca”.
Ignorai il suo egoismo,accecante,che dopo quei mesi aveva
prevaricato la sua costante preoccupazione per le decisioni che per me fossero
le migliori;erano entrambi sentimenti dettati dal suo amore,e io non ero in
grado di frenare comunque quel che provavo per lui,in qualsiasi caso.
Si fece vicino,accarezzandomi il viso e tentando di
asciugare le guance bagnate.
“Dimmi che mi ami,Bella”.
“Non serve”.
“Tu dillo”.
Esitai,mordendomi il labbro. Apparve il volto di Jacob. Non
l’avevo ingannato,lo amavo,ed era sempre stato importante per me. Perderlo
avrebbe significato distruzione:era uno dei pezzi fondamentali del puzzle,senza
non avrebbe funzionato allo stesso modo. Ma lui,lui era l’anima del puzzle.
“Ti amo”. Stupido vampiro egoista.
Annuì,e si rialzò risoluto,stringendo i pugni.
“Ti prometto,farò qualsiasi cosa in mio potere per
riaverti”.
In un lampo,di nuovo la strada,e io seduta nel mio pick up.
La figura statuaria di Edward ancora mi fissava,con occhi più dolci. Scostò una
ciocca dei miei capelli dal viso,e portò le labbra gelide e morbide a contatto
con le mie,e si lasciò trasportare per alcuni secondi,eterei.
“E’ una promessa. Ti amo,Bella”. Sbatté la portiera,e sparì
veloce nel bosco.
Ero rimasta quasi un’ora immobile nell’auto,nel tentativo
disperato di risolvere la situazione.
“Jacob,non riesco a stare con te,non posso”. Pretendere solo
che ascoltasse le mie parole,quello era troppo;e chiedere una parvenza di
perdono,o indulgenza,era idiozia pura.
Io stessa non mi sarei perdonata.
Girai la chiave,e feci inversione diretta nuovamente alla
riserva. Gli dovevo un chiarimento,e quella sera stessa. Non sarebbe servito
dilungare,lasciare il discorso in sospeso,e non potevo adagiarmi ogni occasione
sulla certezza dell’affetto altrui, men che meno stavolta.
Mi sentivo una bimba viziata, ch’esigeva tutto da tutti
immeritatamente. Che pretendeva un amore che non le spettava.
Parcheggiai la macchina,e presi un respiro. Corsi
all’entrata,e bussai,una,due volte,senza ottenere risposta. La porta era
socchiusa,inspiegabilmente,ma l’interno vuoto. Lo chiamai a gran voce;nulla.
Sentii ululare,non lontano. Ma un ululo diverso dal
solito,impregnato di dolore puro e sofferenza fisica,quasi scorticassero pelle
viva a un umano.
Accelerai il passo verso il bosco,salendo per il
promontorio,e avvertii l’ansia crescere man mano che avanzavo forse frutto di
un presagio. Troppo orrendo per essere accettato dalla mente stessa.
Incespicai tra i rami nascosti e comunque ostacoli alla mia
impacciataggine congenita.
Il chiarore lunare gli rendeva la pelle scintillante,quasi
la luna si stagliasse proprio alle sue spalle in tutta la sua grandezza,e
bagliore. La camicia strappata lasciava scorgere appena il petto marmoreo e
scolpito. Edward. Edward in piedi,fermo. Edward con le mani,i vestiti,il viso
impregnato di sangue e uno sguardo glaciale.
“Non dovresti essere qui”.
Mi si mozzò il respiro,letteralmente. Anche senza seguire
forzatamente la traiettoria dei suoi occhi.
“No. No”.
Mi accasciai a terra,presso il corpo giacente sullo sperone
di roccia appuntito;le mani mi si disegnarono di graffi,che sfociarono in
rivoli di sangue,quasi non ce ne fosse abbastanza sparso intorno.
“No”.
Afferrai la folta pelliccia color castagna,e presi a
scuoterla,con mere speranze. Nessun segno di vita apparente,non un respiro,il
respiro affannoso del lupo.
Gli occhi spalancati,neri e profondi fissavano un punto
imprecisato del bosco,senza muoversi. Guardai il sangue che mi ricopriva le
braccia,ora,ancora caldo;lo stesso sangue che mi aveva intiepidito centinaia di
notte,e scorreva nelle vene di un licantropo folle pronto a sacrificare la vita
ad un amore non pienamente corrisposto. Moriva per difendere un essere privo di
dignità,a causa mia;avevo scoperto d’essere brava a far soffrire la gente che
amavo. Ora scoprivo d’esser capace di ucciderla. Lo fissai, vanamente in
grado,in quegli istanti,di ricordare il suo sorriso affettuoso;e non seppi
valutare se il non vedere il suo volto agonizzante in quell’ultimo momento
fosse o meno un privilegio.
“Jacob..”.
Mi adagiai sul corpo,lo abbracciai avvertendo l’ultima
vampata di calore.
“Che cosa hai fatto..”.
“Bella.. qualsiasi cosa..”.