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Autore: ThisisAlice    23/11/2015    3 recensioni
Jamie. Michael.
Un'alunna e un professore. Un amore proibito, vietato, ostacolato.
Due destini che si uniscono, due strade che si incontrano.
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Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Due.


 


 


«Ma è giovanissimo per fare il professore!» esclamo dando voce ai miei pensieri. Oops, credevo di averlo detto a voce bassa e invece mi ritrovo una quarantina di pupille girate verso di me, tra cui anche quelle del diretto interessato.
«In effetti sì, ho ventiquattro anni» risponde lui, ridendo e continuando ad osservarmi, cosa che mi fa venire voglia di sotterrarmi esattamente come fanno gli struzzi. Abbozzo un sorriso, sentendo le mie guance colorarsi a causa dell'imbarazzo e mi rifugio nel braccio di Jake, che se la ride per la grande figura di merda che ho appena fatto.
Comunque, ho indovinato sull'età del professor Holbook? Professor Penniman? Mi sporgo verso il mio compagno di banco e gli domando in che modo lo dovrei chiamare, visto che la questione mi sta risultando parecchio complicata. «Ehi J, con quale dei cinquecento nomi dovrei chiamarlo?» chiedo, di nuovo con un tono decisamente troppo alto.
Sì, il professore si è di nuovo accorto dei miei commenti e prontamente smette di rivolgersi a Kayla, con la quale aveva già intavolato una conversazione sul programma di algebra che dovremmo affrontare.
«Chiamami, anzi chiamatemi, Professor Michael» spiega, mentre continua a rivolgersi più a me che al resto della classe «non mi piace che si usi il mio cognome perchè, come hai detto, risulta essere complicato» conclude sorridendo. Inutile dire che Jake si sta praticamente sbellicando e che io, come una povera rincoglionita, sto fissando il ragazzo alla cattedra senza riuscire a dire niente e decido di non farlo neanche per la prossima ora, per non rischiare qualche situazione del genere.

«Smettila di ridere, tu» lo rimprovero offesa, dandogli uno schiaffo su una spalla, ricevendo una faccia addolorata come risposta da parte di quest'ultimo. «E tu smettila di picchiarmi! Mi stai praticamente uccidendo!» reclama, poi, guardandomi male.
I nostri battibecchi terminano almeno per il momento, anche se avrebbero potuto continuare all'infinito, dalla voce di Penniman che intanto ha iniziato a fare l'appello. Siccome Jacob non intende socializzare con me fino a quando io non smetto, a detta sua, di “trattarlo male”, inizio a prestare attenzione verso il mio nuovo professore.
Osservandolo minuziosamente, mi rendo conto che è molto più bello di quello che inizialmente avevo pensato. Era di una bellezza particolare e disarmante, che ti colpisce immediatamente, accecandoti.
Credo sia la prima persona a cui i capelli, ricci, castani e scompigliati, stanno bene così come sono, senza doverseli sistemare. Gli occhi grandi, ma non troppo, sono profondi come se avessero tanto da raccontare e il colore, un nocciola caldo e liquido, che non fa altro che approfondire la mia curiosità. La bocca non è tanto sottile, ma neanche troppo accentuata. Non assomiglia a quella di un principe azzurro, anzi, sembra quella di un ragazzo che sorride poco, ma che quando lo fa ti blocca il respiro.
Era un soggetto giovane, ma aveva espressioni mature. Perlomeno quando diventava serio tutto a un tratto, quando ragionava su qualche domanda fattagli da un alunno, o quando parlava semplicemente della sua materia. Gli si formava una rughetta sulla fronte e le sopracciglia, curate, si corrugavano.
Sarei stata ore ad osservare ogni suo piccolo particolare, c'era così tanto da scoprire su quest'uomo, eppure la sua voce ovattata mi ha fatto riprendere da questo stato di trance. «Jamie Lester»
Alzo la mano, pronunciando un 'presente' abbastanza flebile, sono ancora imbarazzata per le due figuracce di prima e per averlo studiato così tanto. Era come se fosse proibito, come se avessi fatto qualcosa che non dovevo. Mi stavo sentendo colpevole, ma per cosa?
Evito di guardarlo per il resto dell'ora, nonostante la sua voce, che spiega già i primi argomenti di algebra, mi arrivi comunque chiara e forte alle orecchie e mi limito a disegnare qualsiasi cosa attiri la mia attenzione sul mio quaderno. Avrei parlato anche con Jake, ma purtroppo il mio carissimo migliore amico ha deciso di dormire e, visto che stiamo nell'ultima fila, non posso neanche svegliarlo con la scusa che l'abbiano visto.
Guardo l'ora, sperando che la lezione, di cui non ho ascoltato assolutamente niente, sia finita. Il telefono segna le 15:28, due minuti e ce andiamo.
Provo a svegliare Jake, che per tutta risposta mugugna in qualcosa simile a un 'vaffanculo'. Già che non mi ha parlato per tutto il tempo, ora mi insulta anche. Decido di non colpirlo, sta volta, altrimenti ci saremmo dovuti picchiare peggio di due wrestler in gara per la WWE. Rimarrà qui, affari suoi.
Per mia sfortuna, però, al suono della campanella Jacob si sveglia e fa cadere tutte le mie speranze di vederlo continuare a dormire e di prendersi così un richiamo da Penniman. «Finalmente» bofonchia poi, stiracchiandosi e alzandosi dal banco.
Lo trucido con lo sguardo «Ma se hai dormito tutto il tempo!» esclamo completamente sconvolta dalla sua affermazione. Cioè, parliamone Jacob Kennet, sul serio. Scoppia in una risata fragorosa che solo lui sa fare, mostrando addirittura quelle fossette che tanto mi piacciono e mette un braccio attorno alle mie spalle.
Mentre andiamo verso l'uscita, ci fermiamo a scambiare due chiacchiere con alcuni nostri compagni, i quali molti di loro prendono in giro il mio amico per aver addirittura perso bava mentre dormiva. Il solito.
Non faccio in tempo a oltrepassare la porta della classe 5c per andare con gli altri nel corridoio, che vengo richiamata dal professore, cosa che mi ha fatto ricevere non poche occhiatacce invidiose dalle mie compagne. Ma non presto caso a loro e guardo allarmata Jake, che ricambia il mio sguardo però confuso e alza le spalle, mimando un 'ci vediamo di là'.
Mi giro lentamente verso di lui, confusa e curiosa di sapere cosa voglia. «Mi dica, prof» mi rivolgo all'uomo davanti a me, puntando gli occhi sulla cattedra in quanto non riesco a guardarlo negli occhi.
«Sei tu Jamie Lester, no?» domanda forse più a se stesso che a me. Io comunque, nel dubbio annuisco convinta, invitandolo a continuare. Non credo di mi abbia fermato solo per sapere il mio nome, visto che aveva già fatto precedentemente l'appello.
«Ti chiederai perchè io ti abbia richiamato» continua con una calma che mi sta dando i nervi. Perchè sono così agitata? A scuola vado bene, ho voti alti e lui è un mio professore, esattamente come quella stronza della Mejer e come il Signor Hummel. Eppure c'è qualcosa in lui, che mi provoca un misto di sensazioni, tra cui anche l'impazienza.
«Ho notato, durante la lezione, che non hai ascoltato molto» mi ammonisce «quindi volevo sapere, come mai?» Non ho ascoltato un emerito niente perchè è talmente bello che mi sarei persa ad osservare le sue labbra muoversi e distendersi, vorrei dirgli.
Ma mi limito ad alzare le spalle, imbarazzata e colpevole. «Non mi piace in particolar modo la matematica professore» gli dico onesta. Perlomeno in parte sto dicendo la verità.
In effetti, non sono una fan sfegatata di questa materia, nonostante non me la cavi male. Preferisco le materie letterali, piuttosto che l'algebra. Almeno quelle le capisco senza neanche tanti giri di parole, mentre per quanto riguarda la sua materia, beh, è un agglomerato di lettere e numeri che mi mandano letteralmente il cervello in pappa.
Annuisce, capendomi «Beh, dobbiamo migliorare assolutamente a questo» conclude poi. Cosa? Spalanco la bocca, scioccata dalle sua parole. Non è che ho voti molto alti in questa materia, ma non faccio neanche tanto schifo insomma.
«Mi scusi, sembrerò un po' irrispettosa, ma non penso abbia ragione. Vado bene a scuola e in qualche modo me la cavo, dov'è il problema?» forse me la sto prendendo troppo, ma non capisco quale sia il succo della questione.
Potrà essere bello quanto gli pare, ma è odioso. Ci sono elementi in classe che hanno addirittura l'insufficienza ad algebra e lui se la viene a prendere con me! È uno scherzo, andiamo.
Ora mi sorride, con quel suo solito sorrisino da bimbo che fino a dieci minuti fa mi avrebbe fatto quasi girare la testa, ma che adesso come adesso non trovo più così interessante. «Non so come funzionasse con il tuo vecchio professore, ma ci tengo che i miei alunni comprendano e si interessino alla matematica» dice semplicemente «so che non te la cavi male, ma vorrei che in qualche modo, diventasse una delle tue materie preferite».
Capisco cosa intende, è giusto. In fondo è il compito di ogni professore che si rispetti far piacere la propria materia ai suoi studenti. È che non mi va giù il fatto che se la sia presa solo con me e non con il resto dei miei compagni e non con Jake, per esempio che ha dormito tutto il tempo.
Tuttavia sospiro, arrendendomi. Sa che l'ha avuta vinta e che gli darò retta, perciò sorride contento e batte le mani, esattamente come farebbe un bambino di cinque anni.
«Che devo fare?» domando con aria sofferente all'uomo davanti a me. Quasi quasi preferivo il buon vecchio e rincoglionito professore Karl Stevensoon rispetto a Michael Holbrook eccetera eccetera Junior.
«Non so ancora, vediamo come fa il primo compito e poi decideremo sul da farsi» risponde lui, per poi proseguire, vedendo la mia espressione sorpresa. Compito?Quando? Come? Perchè? «Non hai ascoltato vero?» mi chiede ridendo e sistemandosi con un colpo solo il ciuffo ricciolino che gli era caduto davanti agli occhi.
Mi gratto il collo, arrossendo «Ehm.. No, scusi» ammetto infine, tanto aveva già capito che era come se non ci fossi stata per tutto il corso delle sue due ore.
«Si, lo faremo la settimana prossima. Sulle conoscenze che avete dell'algebra» spiega come se fosse una cosa da niente. Certo, proprio da niente. Io sono andata avanti in questa disciplina grazie alle ripetizioni che mi faceva Lisa, che però si è trasferita a Manchester e che quindi non può più farmele.
Mi esibisco in una delle mie espressioni allarmate e spaventate migliori. Come cazzo faccio adesso? «C'è qualcosa che non va?» mi chiede corrugando le sopracciglia e io, visto che ormai ho fatto già tre figure di merda e che gli ho detto che la sua materia mi faceva praticamente schifo, gli spiego la favolosa avventura della mia insegnante di ripetizioni.
Lui mi ascolta attentamente, annuendo di tanto in tanto per mostrarmi di star seguendo la logica del mio discorso. Fino a quando, boom, un'idea meravigliosa.
«Prof, scusi, ma lei sarebbe disposto a rispiegarmi le cose che non ho capito?» domando speranzosa. Ti prego di di sì, ti prego. Tuttavia appare titubante, giustamente un professore e un'alunna non possono vedersi fuori dall'ambiente scolastico, quindi abbasso lo sguardo imbarazzata e gli dico di far finta che io non glie l'abbia chiesto.
Mi congedo così, salutandolo mentre sento di nuovo uno strano calore sui miei zigomi, segno che sono arrossita e scappo a gambe levate verso l'uscita, senza neanche sentire la sua risposta e senza rivolgergli un ultima occhiata.


 

Appena arrivo nel corridoio inizio a cercare con lo guardo i miei amici fino a quando non li trovo vicino agli armadietti, che stanno parlando con Lucas. Mi addentro così tra le persone che si frappongono tra me e la mia combriccola, ricevendo addirittura qualche gomitata o spintone da parte di individui le cui capacità di coordinazione sono presso che inesistenti.
Finalmente, dopo quella che sembra essere stata una vera e propria impresa, li raggiungo e mi fiondo per cercare di prendere il materiale per la lezione di arte.
Appena mi vede arrivare, Jake mi accoglie con una serie di domande, che richiamano l'attenzione di tutti, su cosa voleva il prof e sul perchè io ci abbia messo così tanto. Mi appoggio a lui come se avessi fatto una maratona e inizio a spiegare la mia chiacchierata con Penniman.
Alla fine del racconto ricevo le prese in giro da parte dei ragazzi e alcune frasi di consolazione da parte delle mie amiche, ma che purtroppo se ne vanno per andare in classe lasciandomi da sola con questi energumeni.
Anche Lucas si intromette e inizia a fare battutine a voce troppo alta da richiamare l'attenzione di Nick, che in un batter d'occhio si ritrova vicino a me.
«Ehi J» mi saluta, utilizzando un tono dolce che fino ad allora non aveva mai usato con me. Alzo un sopracciglio, sorridendo ironicamente. Stiamo scherzando, oggi?
Lo saluto educatamente, nonostante avrei solo voglia di strangolarlo e di buttare il suo cadavere in un fosso, sentendo poi una certa tensione nell'aria che fortunatamente viene smorzata dal mio migliore amico, alias il mio salvatore, che mi trascina via verso la classe di arte.
«Grazie» gli dico riconoscente appena poggio la mia borsa sul banco che ormai condividiamo da cinque anni. Per far sì che nessuno occupi il nostro posto, abbiamo inciso le nostre iniziali sopra già dall'inizio del primo liceo, tant'è che ora tutti sanno che questo è il banco della doppia J.
Questa lezione ci voleva proprio. Dopo quella che sembra essere una giornata priva di una fine, dipingere è l'unica cosa che poteva migliorarla. In più l'ottimismo e la positività della signorina Colman mi mettono sempre di buonumore.
Questa donna è uno spirito libero, pazzo certo, ma libero. Non si ferma davanti a niente e a nessuno ed è per questo che è la mia insegnante preferita. Inoltre, il fatto che abbia quarant'anni suonati la rende ancora più simpatica ai miei occhi, visto che, nonostante la sua età, si comporta come una vera a propria adolescente.
Le lezioni con lei volano, sul serio. Potrei stare ad ascoltarla e a vederla fare le cose più stravaganti per ore e infatti, anche questi sessanta minuti mi risultano essere sempre troppo pochi.
«Oggi amigos, dovrete dipingere qualsiasi cosa voi vogliate. Che sia un paesaggio, un oggetto, una persona, tutto» spiega «purchè, però l'abbiate visto oggi» conclude, dandoci il compito della giornata.
Tutta contenta e concentrata inizio, lasciando che la tempera colorata vada a imprimere i miei pensieri sulla tela candida. Dopo una mezz'ora che ho iniziato, alzo gli occhi dal mio lavoro e osservo il ragazzo accanto a me disperarsi.
«Come cazzo fai ad essere così brava a disegnare, cazzo» mi dice, rivolgendomi un'occhiataccia «io son una cazzo di frana e mi sporco sempre con queste tempere del cazzo! Vaffanculo» impreca contro il pennello, che, per la decima volta da quando siamo arrivati, gli cade addosso sporcandolo di nuovo.
Non posso fare altro che scoppiare a ridere di fronte alla scena che mi si presenta davanti e richiamando, così, l'attenzione della professoressa che, avendo assistito alla disperazione di Jake, inizia a deriderlo anche lei.
Mentre noi continuiamo a prenderlo in giro e lui a lanciarci sguardi omicidi, fa la sua comparsa un uomo ricciolino di un metro e novanta. Il nuovo professore di algebra.
«Potrei parlare un secondo con Jamie Lester?» chiede, non prima di aver chiesto scusa per l'interruzione alla Colman, che intanto lo sta praticamente mangiando con gli occhi. Che cosa vuole ancora da me?
La professoressa di arte annuisce, per poi darmi qualche pacca sulla spalla per incitarmi ad andare verso di lui, visto che ero rimasta ferma immobile sul mio sgabello senza accennare a muovermi da qui.
Inizia quello che sembra il percorso verso il patibolo, causato un po' dall'imbarazzo che ancora provo nel parlare con Penniman e un po' dalla paura di una possibile sgridata sulla nostra precedente conversazione.
«Scusa per aver reagito in quel modo prima» comincia lui, vedendo che io non ho alcuna intenzione di pronunciare una qualche tipo di parola. Mi sto infatti dondolando sui talloni e cerco di evitare in qualsiasi modo i suoi occhi nocciola.
«Non si deve scusare, non avrei dovuto chiederglielo» mi intrometto, senza lasciarlo finire. La questione sarebbe potuta finire per me nella sua aula senza tante cerimonie, non c'era bisogno che venisse qui a dirmi queste cose.
«No, devo» replica, riprendendo a sorridere felice come un bambino, non appena si rende conto che io non sono né arrabbiata né offesa. Credo che la conversazione sia terminata qui, perciò lo saluto e per la seconda volta gli do le spalle, andandomene da questa situazione imbarazzante.
Ma di nuovo vengo richiamata dall'uomo con cui ho avuto da fare fino ad ora «Ehi Jamie! Quando iniziamo le ripetizioni allora?» chiede, sempre sorridendomi felice. Spalanco la bocca, confusa. Ma cos.. «Ti ho chiesto scusa proprio per questo, credevo avesi capito che ero disposto a dartele!» conclude, ridendo divertito a questo punto.
Non riesco a dire neanche una parola, questo tizio è bipolare, diamine. Ne conosco di gente strana ma lui la batte tutta, credetemi. Deve essersi resoconto che il mio cervello è andato momentaneamente in standby, visto che continua imperterrito a sorridere e a parlare «Facciamo venerdì alle quattro a casa mia, okay? Poi ti dico l'indirizzo» mi da appuntamento per le ripetizioni.
Annuisco, incapace di fare altro e ritorno in classe con un'aria sempre più sconvolta, dove mi attende un Jake sempre più disperato e una Coleman in piana attività artistica.











 

  
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