Fanfic su artisti musicali > Mika
Segui la storia  |       
Autore: ThisisAlice    22/11/2015    3 recensioni
Jamie. Michael.
Un'alunna e un professore. Un amore proibito, vietato, ostacolato.
Due destini che si uniscono, due strade che si incontrano.
-
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Author's corner.

Scusate l'intromissione, sono di nuovo io con un'altra fanfic. Il caro vecchio Michael mi dà sempre ispirazione per scrivere nuove storie. Ovviamente continuerò "Just take a breath", però volevo un'altra storia con un'altra dinamica: Michael Holbrook Penniman Junior non sarà il solito cantante famoso, bensì sarà un professore di ventiquattro anni.
Come alcuni di voi già sanno, non pubblicherò alla fine del capitolo alcun tipo di "spazio dell'autore", in quanto preferisco (e spero) siate voi a dirmi qualcosa sulla storia. Se avete perciò consigli, critiche o commenti da fare, siete i benvenuti.
Detto questo spero vi piaccia :)
-Alice


 


 


 

Uno.


 

Jamie Annabeth Lester. Lester Jamie Annabeth.
Forse meglio solamente Jamie.
Capelli castani e mossi, occhi nocciola. Alta e abbastanza magra.
Una persona comune come tante altre. Niente di più, niente di meno.
Sì, sono io.
Anche stamattina la sveglia suona, anche stamattina il freddo londinese mi fa venir voglia di non muovermi dal mio letto, ma anche stamattina devo andare a scuola. Così mi alzo, rinunciando a stare al caldo sotto le coperte e vado verso la cucina, dove mi aspetta mio padre Erick sorridente.
E' un uomo speciale, mio padre. Ogni mattina, da quando è morta mia madre, mi aspetta per fare colazione insieme, anche se è in ritardo. Sono orgogliosa di lui, di come abbia affrontato la perdita di sua moglie e di come l'abbia fatta affrontare a me. Ne siamo usciti insieme e insieme ce la caviamo, sempre.
Mia madre Jenna ci manca, ma abbiamo imparato a resistere e a vivere la vita così com'è perchè non si è mai sicuri di cosa possa accadere. E' anche per questo che facciamo colazione insieme ogni mattina. Poi, il suo lavoro di dirigente aziendale fa sì che spesso non ci vediamo durante il giorno o addirittura per weekend interi. Ma non è un problema per me, e neanche per lui.
Siamo abbastanza in sintonia, forse anche per il fatto che lui è molto giovane, considerando che tra noi corrono solo ventuno anni e io ne ho appena finiti diciannove.
«Ciao piccola J» mi dice lui, alzando gli occhi da uno degli articoli del Daily Mirror. Deve essere interessante, visto che di solito non si sofferma a leggere il giornale.

Mugugno qualcosa di risposta, simile ad un buongiorno. Sa che la mattina non riesco a pronunciare mezza parola e che il massimo che si può aspettare è questo, perciò non si lamenta del saluto non ricambiato.
Appena finisce di leggere il Mirror, lo posa sul tavolo e scende dallo sgabello per mettere la sua tazza nel lavandino. Mi porge così il mio cappuccino, che ogni mattina mi prepara.
Ora è finalmente iniziata la mia giornata. Non potrei fare a meno del mio speciale cappuccino preparato da mio padre, è come un rito. Mi dice qualcosa che ovviamente non riesco a capire a causa del sonno che ancora pervade in me, ma a cui io annuisco senza provare a intuire niente. Probabilmente mi stava dicendo che stasera avrebbe fatto tardi e che quindi non avrei dovuto aspettarlo alzata.
Le mie ipotesi si confermano nel momento in cui se ne va, lasciandomi un bacio sulla testa, e dicendomi che ci saremmo sentiti in giornata, visto che a cena non ci sarebbe stato.
Ok, ora sono finalmente nel più totale silenzio. La musica della radio prontamente parte, segno che sono le 7.40 e che perció devo sbrigarmi per andare a scuola.
Dopo circa venti minuti sono pronta: vestita, lavata e truccata in tempo record. Afferro le chiavi della macchina e lo zaino, ringraziando ogni dio di mia conoscenza per il fatto che oggi non avremmo fatto niente, visto che si presentava il nuovo professore di algebra. Sai che emozione.
Apro lo sportello, entro nella mia adorata Mini e lancio letteralmente lo zaino da qualche parte sui sedili posteriori. Percorro il vialetto di casa mia e imbocco la prima traversa a sinistra verso Shoreditch per andare a prendere la mia amica Kate, che nonostante i suoi diciott'anni compiuti non si decide a prendere quella dannata patente.

Così mi ritrovo a fare da taxi da oltre un anno a una ragazza squinternata, con tutto il traffico mattutino che c'è a Londra. Ci impiego infatti venti minuti buoni, tra varie imprecazioni a guidatori non proprio capaci e ai numerosi semafori rossi che becco.
Appena fuori da casa della famiglia Oustin, suono due volte il clacson per far capire alla mia amica di essere arrivata. «Ehi Jams!» mi saluta lei, appena entra. E' particolarmente sorridente, questa mattina. Beata lei, penso, io vorrei davvero capire che c'è di così entusiasmante a quest'ora del giorno.
Kate è una forza della natura e, fin da bambina, era lei che mi trascinava verso quelle che sono state le nostre migliori avventure. Io e lei siamo gli opposti, infatti. Fosse per me, potrei benissimo stare sdraiata sul letto per sempre e invece lei è una di quelle persone non iperattive, di più.
Anche fisicamente siamo completamente differenti: io ho i capelli castani e gli occhi dello stesso colore, la carnagione chiara e le labbra carnose, lei ha i capelli biondi e gli occhi verdi, le labbra sottili e sembra sempre abbronzata, nonostante fossimo addirittura a gennaio o febbraio.
Tuttavia, insieme funzioniamo alla grande. Siamo come due pezzi di un puzzle che si incastrano perfettamente, siamo come parte di uno stesso organo.
Ancora mi ricordo la prima volta che ci siamo viste: era all'asilo, un bambino la stava prendendo in giro perchè non sapeva disegnare e io, da macho quale ero, ero andata là e avevo iniziato a rispondere a tono a questo piccolo stronzo. Non ricordo bene le parole che avevo usato, ma il risultato fu notevole. E infatti, il piccolo stronzo in questione se n'era andato via con la coda tra le gambe.
La faccia che fece Kate dopo aver visto la scena, però, ancora me la ricordo. Era un misto di ammirazione, felicità e tenerezza. Inutile dire che da quel giorno non ci siamo più separate.

«Che voglia di vivere che hai Jamie» mi sbeffeggia, non avendo ricevuto in risposta niente di più che un'occhiataccia. Mi scappa un sorriso anche a me, mentre la ragazza seduta accanto a me continua a prendermi in giro. Il breve viaggetto che siamo suol compiere tutti i giorni da settembre prosegue, tra commenti poco gentili su qualche professore e ritornelli di canzoni in onda su Radio 1.
Per nostra grande fortuna siamo arrivate a scuola e come ogni mattina, parcheggio la mia macchina il più vicino possibile all'uscita o all'entrata, dipende dai punti di vista.
Sbatto lo sportello con più forza del dovuto visto che stamattina è una di quelle giornate in cui sarei volentieri restata a casa, per poi andare insieme a Kate verso il cortile dove ci aspettano Martha, Denise e Spencer. Con una camminata non troppo leggiadra le raggiungiamo e le salutiamo, venendo ricambiate.
«Che avete stamattina?» chiedo alle altre, sperando che qualcuna di loro abbia almeno una lezione in comune con me. Le loro risposte non tardano ad arrivare e, per mia grande fortuna, scopro che la prima ora sono in classe di trigonometria con Kate e dopo le restanti ore con Spencer.
Ebbene sì, la scuola è iniziata da circa un mese e mezzo e ancora non mi ricordo l'orario delle lezioni. In effetti riesco ad impararlo solo a maggio, ma mi risulta molto inutile la cosa, visto che a giugno si chiudono i battenti.
«Nick ti sta guardando» mi sussurra all'orecchio Martha per non farsi sentire dal diretto interessato. Sbuffo, chiudendo l'armadietto e girandomi verso di lei, che prontamente mi indica la direzione con un cenno di capo. Così, mi volto e faccio incontrare i miei occhi con i suoi, che però fuggono il mio sguardo e riprendono a fissare Lucas, che intanto sta dicendo qualcosa.
Anche io ritorno a fissare la mia amica, alzando le spalle e ricordandomi quanto io sia stata stupida ad essere uscita con un tizio del genere.
Io e Nicholas siamo stati insieme, o meglio siamo usciti insieme, per circa due mesi fino a quando io mi sono resa conto di che persona fosse in realtà. La mia cotta per lui era stata di dimensioni colossali, fin dal terzo liceo e nel momento in cui lui, capitano della squadra di baseball della scuola, si era accorto di me, credevo di star praticamente sognando. E' per questo che non avevo avuto dubbi sul rispondere di sì quando mi aveva chiesto di uscire, esattamente tre mesi fa.
Se all'inizio era tutto rose e fiori, non si può dire la stessa cosa dell'ultimo periodo. Nick era infatti un vero e proprio stronzo, di quelli che difficilmente potevano esistere. Mai avrei giurato che fosse fatto così, eppure..
Non che non mi trovassi bene con lui, ovviamente a me piaceva stare ai suoi giochetti e molto spesso ero io a stuzzicarlo, ma lo facevo solo per cercare di fargli provare qualcosa. Ma ogni volta non ci riuscivo e lui si dimostrava sempre più indifferente. In poche parole, si ricordava di avere una ragazza solo quando qualcun'altro ci provava con me o quando i suoi amici non erano nei paraggi.
All'inizio giustificavo anche il suo comportamento, insomma era il ragazzo più bello che avessi avuto e finalmente potevo dire di stare con la persona che desideravo, ma poi mi ero resa conto di quanto la sua presenza nella mia vita era dannosa.
Le ultime settimane in cui ci frequentavamo, a causa del suo comportamento abbastanza menefreghista, erano diventate davvero un casino. Me la prendevo con tutti e avevo iniziato a trascurare lo studio per cercare di capire qualcosa nella nostra 'relazione'.
E' stata la mia migliore amica ad aprirmi gli occhi e a farmi rendere conto di come stava procedendo la mia vita. Così più o meno un mese fa l'ho lasciato, senza tanti giri di parole e da quel giorno credo abbia preso la sua prima vera batosta.
Ed ora eccoci alla situazione di partenza, solo con il risultato che a me non fregava più niente di lui, mentre Nick ancora si ostinava a volerci riprovare di nuovo promettendomi che sarebbe cambiato.
Scuoto la testa, pensando a quanto stupida sia questa cosa: lui avrebbe dovuto crescere un po', ma non era possibile che l'avesse fatto nel giro di soli trenta giorni. «Andiamo Jams?» mi riporta alla realtà la voce di Kate. Annuisco, prendendo al volo i libri e i quaderni e sentendo la campanella suonare. Buon altro giorno di scuola a noi.

 

 

 

«Oddio che strazio che è la signorina Mejer» impreca Denise, buttando letteralmente il vassoio sul tavolo, ricevendo poi il consenso di tutti i presenti.
Le lezioni mattutine sono finalmente finite e grazie a Dio, ci restano più solo altre due ore di algebra con il nuovo supplente.
Ora stiamo tutti insieme, noi ragazze e i nostri amici, alla mensa non troppo buona della scuola. «Qualcuno di voi ha visto Jacob?» chiedo in generale mentre inizio a rigirare con la forchetta quella che dovrebbe essere una cotoletta, ma che di cotoletta ha ben poco.
Rinuncio così, senza neanche tanti dispiaceri, a mangiare la mia carne e concentro l'attenzione su Max, che dopo aver fatto una faccia schifata per il cibo scandente che ci servono qui, mi risponde. «Dovrebbe arrivare a minuti, credo. Almeno così ci aveva detto» mi assicura lui. Anche a me l'aveva comunicato, ma ancora non si è visto e se ha intenzione di lasciarmi le ultime ore a scuola da sola, credo che l'ucciderò.
Jake è il mio migliore amico dalla terza elementare, da quando si è trasferito dalla Virginia a Londra, nel mio quartiere. Anche se devo ammettere che all'inizio lo odiavo, perchè si credeva il bambino più bello del mondo e quindi si atteggiava a fare lo spaccone, per quanto un bambino di otto anni possa farlo.
Un giorno però io e Kate avevamo distrutto uno dei giocattoli di un'altra bambina e lui, vedendoci quasi sull'orlo del pianto, ci aveva salvato e si era preso lui la colpa. Da quel momento, non eravamo più solo Jamie e Kate, ma Jamie, Kate e Jacob. J-K-J, il trio delle meraviglie.
Poi erano arrivate Martha, Spencer e Denise per noi e Max, Tyler e Liam per lui. E oramai eravamo diventati un gruppo unito, che usciva insieme e che si divertiva insieme.
La campanella suona e ci segna l'inizio di quelle altre due ore di imprecazioni. Per fortuna, almeno io posso star tranquilla visto che oggi, essendoci questo supplente, non dovremmo in teoria fare niente.
«Ma dove cazzo stai, Jake?!» chiedo dall'altro capo del telefono, non appena sento la sua voce pimpante rispondermi. «Ti prego, non puoi lasciarmi da sola così!» lo rimprovero poi, con un tono decisamente sofferente e dispiaciuto. Ma per tutta risposta lui mi attacca. Cioè, mi ha chiuso il telefono in faccia? Nonono, non ci siamo.
Inizio a inultarlo e a maledire il mio migliore amico. «È proprio vero, amici amici e poi ti rubano la bici. Glie a farò pag...» una risata interrompe le mie varie imprecazioni e i miei piani malefici, che già stavo programmando. È lui, più divertito che mai.
«Non ti avrei lasciata sola, Jamie lo sai» mi dice, il bastardo, prima di circondarmi le spalle con un suo braccio e trascinandomi verso la nostra classe mentre io, ancora furiosa, lo seguo come un cagnolino.
Appena prendiamo posto vicini e infondo, gli do un pugno sul braccio. «Perchè l'hai fatto?» mi domanda sconcertato lui, continuando a massaggiarsi il punto dove l'ho colpito.
«Perchè sei un'idiota e non mi hai detto quando saresti arrivato e mi hai chiuso il telefono in faccia e mi volevi far credere che non saresti venuto e mi hai preso anche in giro e basta, tutto qui. Ah no, anche per quando mi avevi rubato le caramelle alla menta! Quindi te lo sei meritato» inizio ad elencargli i vari motivi, mettendocene anche in mezzo qualcuno di stupido.
«Ma è successo quando avevamo nove anni! Non è possibile che ancora mi rinfacci una cosa del genere» dice il ragazzo accanto a me, scuotendo la testa piuttosto allibito. 
«E' lo stesso, bell'imbusto» replico io, per poi poggiare la testa sul suo braccio muscoloso e chiudere gli occhi.
Dovrebbe smettere di andare in palestra, ha troppi muscoli e io sto scomoda. Preferisco di gran lunga quando aveva le braccia molli, quello si che era un cuscino come si deve.

«Buongiorno ragazzi! Sono il vostro nuovo supplente!» dice una voce piuttosto giovanile. Apro di scatto gli occhi e mi tiro su, curiosa di vedere lo strano e noioso tizio a cui piace insegnare la matematica. Appena lo vedo, resto scioccata, come più o meno tutta la classe e Jake accanto a me. E io che pensavo che ci sarebbe toccato un vecchio con la barba e i capelli brizzolati o una donnetta paffutella con gli occhiali.
Un ragazzo giovane di un metro e novanta, credo, ci si presenta davanti. Deve aver più o meno ventiquattro-venticinque anni e poi è bello. Davvero davvero bello.
Non devo essere l'unica a pensarlo, visto che le altre mie compagne stanno praticamente avendo gli occhi a cuoricino e stanno perdendo bava dalla bocca. Ma che schifo.
E' comunque un nostro professore, diamine. Contegno. . Potrebbe fare schifo come professore o essere uno stronzo tirato con i voti, per quando posso saperne.
Dopo aver ricevuto un 'buongiorno' dalle ragazze con un tono del tutto sognante e un altro dai ragazzi non proprio contenti, il nostro nuovo supplente figo inizia a scrivere il suo nome alla lavagna.
Michael Holbrook Penniman Junior. Nome di merda, ma fisico per niente di merda.
Mio caro Michael, sarai il mio nuovo professore preferito.

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Mika / Vai alla pagina dell'autore: ThisisAlice