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Autore: Halina    25/11/2015    3 recensioni
Nymphadora Tonks viene convocata al Ministero della Magia in piena notte, dove le viene rivelato che suo cugino, Sirius Black, è evaso da Azkaban. Anche se il suo addestramento da Auror non è ancora completato, viene inserita nel gruppo di ricerca guidato da Kingsley Shacklebolt con un compito specifico, indagare su Remus Lupin. Così, due anni prima di trovarsi insieme nell'Ordine della Fenice, le strade di Dora e Remus si incrociano.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Non è mia abitudine scrivere per qualcuno, né dedicare capitoli, ma dedico questo capitolo a Aranel, Moony96 e Fangirl23. Grazie della pazienza, dell’incoraggiamento e della fedeltà, ragazze. Davvero.

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Capitolo 17 – Fine Dicembre 1994 e inizio Gennaio 1995


 
Un piccolo sbuffo argentato si librò leggero nell’aria, pulsò piano per qualche istante e scomparve. Dora sospirò, frustrata, passandosi una mano tra i corti capelli: “Accidenti! Scusa…”

Remus sorrise, colmando le distanze tra loro per porgerle una tazza di cioccolata calda: “Ieri i tuoi patronus erano perfetti, c’è qualcosa che non va, vero? – chiese stringendosela al petto con un braccio – È il lavoro? Primo giorno di part-time e già è successo qualche guaio?”

Tonks arricciò il naso e, invece di rispondere, pucciò l’indice nella tazza, sollevandolo ricoperto di densa cioccolata e indirizzandolo vero la bocca. Quindi socchiuse gli occhi e appoggiò la fronte sul maglione di Remus, rilassandosi contro il suo petto, godendo di quel contatto ancora nuovo e già famigliare.

“Parlami – mormorò lui, accarezzandole piano la schiena – Di qualsiasi cosa si tratti, sono qui per te.”

Dora sospirò nuovamente, profondamente combattuta tra il bisogno di sfogarsi e la riluttanza a rompere la quiete; infine si arrese ed esalò: “E’ Hagrid.”

Remus la guidò delicatamente verso il grande focolare e si appoggiò sul bracciolo del divano, invitandola a sedere sulle sue gambe: “L’articolo velenoso della Skeeter ha già fatto i suoi danni?”

“Già – rispose lei, triste, sorseggiando la cioccolata – L’ufficio vuole un calcolo del rischio per decidere se procedere o meno contro Hagrid. E indovina a chi, della sezione Detenuti e Ricercati, è toccata la patata bollente?”

“E’ una brutta faccenda – mormorò Remus – Mi dispiace che tu abbia dovuto farti carico di questo, e mi dispiace per Hagrid. Ho sempre sospettato che fosse un mezzo gigante, c’erano abbastanza indizi per un occhio allenato, ma credo che tutti si siano semplicemente rifiutati di vedere la spiegazione più facile e abbiano pensato a qualche incidente.”

“Io per prima! – esclamò Tonks - Ma questo non cambia nulla! Non cambia la persona che conosco, non cambia il fatto che sia un brav’uomo che non farebbe male ad una mosca! E sai come ho passato la mia mattinata? Aprendo pile di lettere di persone indignate che secondo il mio capo avrebbero contenuto informazioni utili al fascicolo, e invece erano zeppe di insulti. Ci è stato chiesto di abbatterlo. Abbatterlo, Remus! Si abbatte un cavallo zoppo, un cane rabbioso, il bestiame per il macello… animali, bestie! Non si abbattono le persone!”

Si voltò a guardare Remus ma, sul suo viso duro, non trovò la solidarietà che si sarebbe aspettata: “Davvero ancora ti stupisci del razzismo e dell’ipocrisia della nostra società, Dora? – chiese – Noti ex-mangiamorte sono oggi membri rispettati della comunità, tu stessa vieni da una famiglia di pluri-criminali e ti è permesso di lavorare al dipartimento di sicurezza pubblica del Ministero… alcuni di noi non sono così fortunati. Credi sia stato diverso per me?”

“Sì che è stato diverso! Non abbiamo ricevuto una sola riga riguardo…”

“Ovvio! – la interruppe Remus, alzandosi bruscamente e obbligandola a scattare in piedi con lui – Il Dipartimento Auror si occupa di Maghi e Streghe Oscuri, io sono competenza dell’Ufficio Regolamentazione Creature Magiche.”

Dora lo fissò, allibita. Una parte del suo cervello aveva sempre saputo che fosse l’Ufficio Regolamentazione e Controllo delle Creature Magiche ad avere in carico i soggetti affetti da licantropia, era perfino andata al Registro a richiedere il fascicolo di Remus a suo tempo, ma in quella cucina, con il viso triste di Remus davanti, quell’informazione assumeva un peso completamente diverso. Cercò qualcosa da dire, ma non riuscì a trovare mezza parola che le suonasse adatta.  

“Non sono usciti articoli scandalo sul Profeta – aggiunse piano Remus - solo perché Dumbledore ha ancora degli agganci al giornale, ma la voce è girata negli ambienti giusti, assicurando definitivamente che io non trovi mai più un lavoro e una collocazione nella comunità magica.”

“Tutto questo è assurdo” mormorò Dora.

“Esatto, assurdo. Non so come ho potuto pensare che…”

In quell’istante la porta si aprì, e Sirius fece capolino. Fece scorrere lo sguardo sulle loro posture rigide, i visi tesi, e si schiarì la voce con un sorriso: “Stavo cercando Kreacher, immagino non vi sia capitato tra i piedi, eh?”

Nessuno dei due rispose ma Sirius non si lasciò scoraggiare: “Oh, beh, può attendere, non era niente di urgente. Allora – continuò, sfregando le mani – mettiamoci al lavoro, Moony. Abbiamo quattro giorni prima che Tonks venga riassorbita giorno e notte dal Ministero, vado di sopra in mansarda e vediamo se la nostra bimba prodigio riesce a mandare un patronus su da quattro piani di scale!”

Un attimo, rapido come era arrivato, era scomparso. Dora sospirò: “Remus…”

Lui si appoggiò al tavolo e incrociò le braccia sul petto, mantenendo le distanze: “Lo hai sentito, riprendiamo l’esercizio. Evoca un patronus, affidagli un messaggio, e mandalo a Sirius.”

Tonks serrò la mascella e si costrinse a rilassare le spalle, prendendo profondi respiri. Aggiustò l’impugnatura sulla bacchetta e chiuse gli occhi, determinata più che mai a riuscire nell’evocazione. Richiamò alla mente il primo bacio di Remus, il freddo tutto attorno e il calore rassicurante che irradiava da lui: “Expecto patronum.
Un piccolo jackrabbit[1] comparve subito a mezz’aria e saltellò un paio di volte attorno a Dora, che gli sorrise, aprendo un palmo davanti a sé. Il coniglietto vi si posò e la ragazza mormorò: “Can you dance like a hippogriff, flyin’ off from a cliff – quindi descrisse un grande arco con la bacchetta, mormorando – Mitto patronum[2], Sirius Black.”

Subito il jackrabbit scomparve e Remus sbuffò dal naso, divertito suo malgrado: “Weird Sisters… tipico.”

Qualche istante dopo, un grosso cane argenteo comparve in cucina, cantando a squarcia gola: “Swooping down to the groooound nanana nanana nananaaa! Wheel around and around and around and around nanana nanana nananaaaaaaaaaaa![3]

Remus rovesciò il capo all’indietro, ridendo, e Dora si sentì scaldare il cuore. Continuarono l’esercizio per una mezzoretta, passando a messaggi sempre più lunghi, ovvero intere canzoni delle Weird Sisters cantate in modo più o meno sguaiato alternativamente dai patronus di Tonks e Sirius.

Mentre aspettavano la risposta al ritornello di This is the night, Dora trovò il coraggio di tornare a parlare a Remus: “Si può mandare un patronus a più persone?”

Lui annuì: “Sì, dicendo entrambi i nomi. Se le persone si trovano insieme ascolteranno il messaggio insieme, altrimenti il patronus si recherà da entrambi, nell’ordine in cui hai detto i nomi.” 

“Potremmo provare? – propose, esitante - Ti scegli una stanza su un altro piano e…”

Il sorriso scomparve immediatamente dal volto dell’uomo e Dora desiderò che esistesse un incantesimo per rimangiarsi le parole: “Scusa” si affrettò a dire, nonostante non avesse idea di che cosa avesse detto di sbagliato.

Lui sospirò, passandosi una mano sul volto: “No, non scusarti. È solo che, per poter comunicare, il patronus deve essere corporeo, e io non amo…”

“E’ un…” Dora si interruppe, chiedendosi se continuare fosse una buona idea.

“Un lupo” rispose lui piano.

Quando Sirius li raggiunse poco dopo, fischiettando tra sé, teneva in mano una lettera: “Ho intercettato un gufo in corridoio – disse, tendendo la busta a Tonks – È per te.”

Dora riconobbe immediatamente la calligrafia: “Rachel! – esclamò, affrettandosi ad aprire il messaggio – Sta organizzando una festa in maschera per Capodanno, e dice esplicitamente che devo portare il mio amico a due zampe e che può venire anche quello a quattro, a patto che si comporti bene!”

Sirius batté le mani, entusiasta: “Un agnellino, giuro!”

“Non ci andremo” disse Remus praticamente in contemporanea, e i due cugini Black si voltarono a guardarlo con due identiche espressioni sorprese.

“Come sarebbe a dire non ci andremo?” chiese cauta Dora.

“Sarebbe a dire che tu sei ovviamente libera di fare ciò che vuoi, ma per Sirius è troppo rischioso, e non è un ambiente adatto a me.”

“Ah, davvero? E quale sarebbe un ambiente adatto a te?” chiese Tonks, le mani piazzate sui fianchi e il tono più duro di quanto avesse voluto.

“Non ricominciamo con questa storia, Nymphadora, ti prego” tagliò corto lui calcando il pavimento a lunghe falcate, e lasciò la stanza prima che gli altri potessero fermarlo.

Dora guardò Sirius in cerca di aiuto ma lui si strinse nelle spalle: “E’ un po’ sensibile sull’argomento, non c’è niente da fare, devi lasciarlo andare.”

“No! – esclamò lei con forza – Non capisci? È quello che tutti hanno sempre fatto, lasciarlo andare, è il motivo per cui è ridotto così! Non dobbiamo fare lo stesso errore, non un’altra volta, Sirius.”

Lui rimase pensieroso per qualche istante, quindi annuì piano: “Va bene, lascia che gli parli io.”

“Ma…”

“Niente ma – la interruppe Sirius – James era un fratello per me, ma Remus era il mio migliore amico. L’ho tradito una volta, e passerò il resto della mia miserabile vita a cercare di rimediare al mio errore.”

Dora si imbronciò ma non insistette; lo guardò uscire e si avviò verso la grande credenza, in cerca di una burrobirra. Quando la voce di Remus la raggiunse, attutita ma comprensibile, sobbalzò: Sirius aveva lasciato la porta aperta.

“Evitati il discorso moralista, Padfoot.”

“Stai zitto, per una volta, e stammi a sentire. – lo stroncò Sirius – Ti ricordi come eravamo noi a vent’anni, Moony?”

“Sì, sì – fece Remus accondiscendente – giovani, spensierati e stupidi …”

“No, Remus. A vent’anni eravamo indubbiamente stupidi, e abbiamo fatto alcuni degli errori più grandi delle nostre vite, ma eravamo vecchi oltre la nostra età, e decisamente non spensierati. Stavamo combattendo una guerra, vivendo in clandestinità, vedendo i nostri amici morirci attorno e chiedendoci ogni giorno quando sarebbe toccato a noi. Noi non abbiamo mai avuto vent’anni, Remus. Tonks è… è come una ventata d’aria fresca, è la nostra seconda possibilità di vivere. Abbiamo sofferto abbastanza e, se stiamo leggendo correttamente i segni, non ci rimane molto tempo prima di una seconda ondata di oscurità. Non credi che ci meritiamo una serata di festa?”

Sentì qualcuno sospirare, e poté quasi vedere Remus chinare il capo, sconfitto dalle argomentazioni dell’amico.

“Sirius, credi davvero che…”

Non terminò la frase, e Dora sentì Sirius lasciarsi cadere pesantemente, probabilmente sul gradino accanto a lui: “Sei già stato amato, in passato. I tuoi genitori sapevano ciò che eri, noi sapevamo ciò che eri …”

“È diverso! – lo interruppe subito Remus – Dorcas …”

“Tonks non è Dorcas. Tonks sapeva prima ancora di conoscerti e, come noi a nostro tempo, questo non le ha impedito di volerti bene. Non punirla per questo, e non punire te stesso, Moony, la vita è troppo corta.”

Tacquero per qualche istante, quindi Remus aggiunse piano: “Sei diventato saggio, Padfoot.”

“Dodici anni ad Azkaban possono farti perdere il senno, ma visto che io non ne avevo molto da perdere in primo luogo devo averne accumulato un po’ strada facendo!”
 
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Erano da poco passate le otto quando Tonks si materializzò nel grande parco di casa di Rachel; una mano stretta sul collare di Snuffles, l’altra al sicuro nella morbida stretta di Remus. Respirò a pieni polmoni, grata di essere sfuggita almeno per una sera alla cappa di malinconia che era scesa su Grimmauld Place nei tre giorni precedenti.  

Aveva passato le mattinate al Ministero, sommersa dalla burocrazia del caso Hagrid, per poi tornare a casa Black e concentrarsi sull’incanto patronus e altri incantesimi difensivi, duellando ed esercitandosi con Sirius in cucina. Remus le era stato a distanza, evitando di trovarsi da solo con lei per più di cinque minuti, fino a quando, una sera, Tonks era inciampata su una gamba di Sirius che casualmente si era trovata sulla sua strada, volando addosso a Remus con tanto di piatto di pudding al cioccolato.

Lui l’aveva guardata allibito per un istante per poi scoppiare a ridere e stringerla a sé, scompigliandole i capelli. Sirius si era dileguato alla chetichella e, per quindici gloriosi minuti di focosi baci sul divano, Dora si era illusa che tutto fosse tornato come prima.

Sbirciò Remus da dietro la sua maschera fucsia, osservandolo mentre si aggiustava la veste antracite che Sirius aveva scelto per lui da uno dei guardaroba di Casa Black: “Smettila – lo riproverò bonariamente – stai benissimo. Andiamo a cercare Rachel e Mark; se non ti presento subito rischio la decapitazione.”

Trovare gli anfitrioni non si rivelò un’impresa facile; la grande casa coloniale della famiglia di Rachel svettava sullo sfondo, ma la festa si sviluppava nel grande parco illuminato da lanterne fluttuanti che serpeggiava giù fino alla spiaggia, dove grandi onde si infrangevano sulla costa rocciosa della Cornovaglia. Una quarantina di persone chiacchieravano, mangiavano o ballavano nella penombra tutto attorno e Tonks sgusciò tra i capannelli con uomo e cane al seguito fino ad individuare la sua migliore amica in un appariscente abito rosso e maschera d’oro al centro di un gruppetto di amici.

Dora si fermò appena in disparte, cercando di attirare l’attenzione con piccoli cenni. Fu Mark a notarla, e a pilotare discretamente la sua fidanzata verso l’improbabile terzetto. Non appena li ebbe individuati, Rachel lanciò un urletto e si precipitò ad abbracciare Remus, schioccandogli due sonori baci sulle guance: “Reeemuuuus! – trillò – Non sai quanto sono felice di conoscerti, finalmente! Tonks non fa che parlare di te da mesi, mai vista in uno stato simile, devi essere davvero una persona speciale!”

Dora si sentì diventare bollente, grata che la maschera camuffasse il suo rossore, ma Rachel aveva la sua intera attenzione concentrata su Remus, che ascoltava quasi frastornato il flusso incessante di parole che la ragazza stava riversando. Con sorriso bonario, Mark porse il braccio a Dora e la guidò delicatamente verso il bar, raccontandole del weekend in Grecia che aveva regalato loro per Natale. Snuffles, inosservato, si posizionò strategicamente accanto al barbecue, dove stavano rosolando pile di costine.

Tonks accettò grata una tazza di punch e scelse uno dei piatti assortiti che comparivano a intervalli regolari sul lungo banco del buffet e si accodò a Rachel e Remus verso il tavolo centrale dove già sedevano altri due commensali: la sorella maggiore di Mark, Anna, e…

“Bill!” esclamò Dora, accaparrandosi la sedia accanto al ragazzo che aveva riconosciuto immediatamente dall’inconfondibile orecchino e dalla lunga coda di capelli rossi che faceva capolino dai lacci della maschera.

“Tonks e… Remus, giusto? – li salutò lui con un sorriso e un cenno del capo – Come va? Passato un buon Natale?”

“Tutto ok, grazie – rispose Dora, posando con cura piatto e bicchiere davanti a sé – Tu? A casa tutto bene?”

Bill si scurì e sospirò piano, chinandosi verso di lei. Tonks notò con la coda dell’occhio l’espressione corrucciata di Anna e dovette trattenersi dal sogghignare: la sorella di Mark era carina, bionda e formosetta; non aveva dubbio che il suo 1995 sarebbe iniziato tra le braccia di Bill Weasley, nonostante la sua attenzione fosse stata brevemente dirottata altrove.

“Più o meno – mormorò lui - Ho colto l’occasione di avere tutta la banda a scuola quest’anno per portare i miei a passare qualche giorno in Romania da Charlie ma Perce non è venuto con noi. Ha disdetto all’ultimo ed è andato a Hogwarts.”

“Hogwarts!? – tossicchiò Tonks, invidiosa - Come diavolo ha fatto ad imbucarsi? Ho provato in ogni modo ad essere allo Yule Ball per il concerto delle Weird Sisters!”

“Non si è imbucato, ha sostituito il suo capo, Barty Crouch, che è malato.”

“Malato?” chiese Tonks, improvvisamente allarmata.

“Così pare – Bill si strinse nelle spalle – Percy è sempre molto vago, va fiero del suo lavoro e sostiene di non poterci rendere parte dei dettagli. Credo che, in parte almeno, si vergogni di essere associato alla nostra famiglia, sta parlando di trasferirsi a vivere da solo a Londra. Mamma è devastata.”

Dora gli posò una mano su un braccio, stringendo piano: “Bill, mi dispiace così tanto.”

Lui scrollò nuovamente le spalle: “Dopo la scuola io sono andato in Egitto e Charles in Romania, Percy ha probabilmente bisogno di trovare i suoi spazi. È una serata di festa, Tonks, non lasciamoci condizionare dall’idiozia passeggera di mio fratello! – posò con un sorriso un braccio sullo schienale della sedia di Anna, riammettendola nella conversazione – Conosci già Anna, immagino, non la vedevo dai tempi di Hogwarts, è stata Rachel a farci incontrare.” 

Dora sorrise, non aveva avuto il minimo dubbio che, fallito il tentativo di accoppiare un boccone ambito come Bill Weasley alla sua migliore amica, Rachel avesse tentato il colpo con la futura cognata.

“Sì, ci conosciamo da anni – rispose Anna cortese, come sempre – E tu e Remus? Come vi siete conosciuti?”

Tonks prese tempo, masticando un boccone con studiata lentezza, annaspando per una risposta. Fortunatamente, Remus accorse in suo aiuto con nonchalance: “Per lavoro – rispose – ho fatto da consulente per un caso a cui Nymphadora stava lavorando, temo di non poter rivelare più dettagli di così.”

“Merlino, ti lascia chiamarla Nymphadora… - sussurrò Rachel alzando gli occhi al cielo con aria divertita prima di aggiungere – E che cosa fai esattamente nella vita, Remus?”

Alla sua espressione imbarazzata, fu Dora ad intervenire questa volta: “Oh, Remus è uno studioso, oltre che un consulente. È specializzato in creature oscure, ha insegnato Difesa dalle Arti Oscure l’anno scorso a Hogwarts e al momento sta studiando una colonia di Murtlap, non è vero?”

Remus annuì, gli occhi tristi dietro la maschera, e si limitò a qualche commento mentre la conversazione si spostava inevitabilmente sulla scuola di Magia che li aveva tutti accolti e formati.

Più tardi, accantonati i piatti e bevuta qualche Burrobirra, Tonks prese Remus per mano, passeggiando con lui un poco distante dalla pista da ballo, dove il resto degli invitati si stava scatenando.

“Stai bene?” non riuscì ad evitare di chiedere.

Remus sospirò e si passò le dita della mano libera tra i corti capelli striati di grigio: “Sto bene, Dora, i tuoi amici sono molto simpatici ed è una bellissima festa, mi chiedo solo che cosa esattamente ci faccio qui… cosa gli altri pensino di… di noi…”

Dora si fermò, sfilandogli delicatamente la maschera per prendergli il viso tra le mani: “Smettila di fare le cose più difficili di come sono, Remus. Sei qui come chiunque altro, per fare festa, e sei qui con me, non c’è bisogno di spiegare altro.”

Si alzò sulla punta dei piedi, temendo fino all’ultimo secondo un rifiuto, ma Remus chinò un poco la testa, lasciandole posare un bacio gentile sulle sue labbra fredde. In quell’istante, con un botto improvviso, una flotta di Magici Fuochi Filibuster esplose sulle loro teste, illuminando a giorno la piccola baia. Con un abbaiare frenetico,  Snuffles si precipitò verso di loro, saltellando e scodinzolando. Tonks sorrise: “Buon 1995, ragazzi.”

Quando i tre si materializzarono di nuovo a Grimmauld Place nelle prime ore del mattino, Sirius protestò a gran voce che era necessario un ulteriore brindisi, dato che aveva passato la sera a bere acqua da una ciotola, e decise che l’occasione richiedeva di stappare una delle “bottiglie buone”. Ne finirono stappate ben più di una e quando Dora aprì gli occhi, il giorno seguente, dovette sbatterli più volte per scacciare la nebbia e capire dove fosse. Aveva un mal di testa imbarazzante, ed era parecchio indolenzita.

Si sollevò a fatica sui gomiti e realizzò di essere in camera di Sirius. L’uomo russava beatamente alla sua sinistra, supino, braccia e gambe aperte, occupando tre quarti del grande letto. Lei era schiacciata contro Remus, che era sdraiato su un fianco, pericolosamente vicino al bordo opposto. Erano ancora tutti e tre nei loro stropicciati abiti da festa, Sirius aveva ancora le scarpe.

La ragazza soffocò un brontolio e si tirò a fatica in piedi, attenta a non disturbare i due; barcollò fino alla porta e scese i gradini con cautela, aggrappata spasmodicamente al corrimano, ogni cosa che le girava attorno senza fare niente per migliorare la sua nausea.   

Il grande orologio a cucù della cucina segnava le tre del pomeriggio. Dora annaspò in un armadietto fino a trovare una pozione anti-sbornia, di cui Sirius era fornitissimo, e ben presto si sentì abbastanza bene da mettersi ai fornelli. Aveva appena posato in tavola uova strapazzate, pancetta e una pila di toast quando Remus e Sirius comparvero sulla porta, le facce stanche e i passi incerti. Mangiarono in silenzio, tutti ben consapevoli che quella notte brava aveva segnato la fine della loro convivenza e che, entro sera, ognuno sarebbe andato per la sua strada.

Infine, Dora posò la sua tazza di caffè e si passò una mano sul viso: “Credo sia giunto il momento per me di fare le valige – annunciò – Casa e il Ministero mi aspettano. Voi cosa avete intenzione di fare?”

“Io torno nello Yorkshire – rispose Remus, evitando il suo sguardo – le mie ferie sono finite e devo tornare al lavoro. Sirius sarebbe il benvenuto, ovviamente, ma credo abbia altri piani.”

La ragazza spostò l’attenzione sul cugino, che si rilassò contro lo schienale con aria sorniona: “Sono stanco di fare il recluso e voglio stare vicino a Harry. Tornerò a nord con Moony, recupererò il mio amico Buckbeak e poi credo andrò in Scozia. Non ho ancora fatto programmi precisi.”

“Farai attenzione, vero?” gli chiese preoccupata Tonks.

“Sempre” le strizzò un occhio lui, scompigliandole i capelli con affetto.

“E ora? – tornò a chiedere la ragazza – Abbiamo un modo di comunicare e una casa sicura, qual è la prossima mossa?”

Remus intrecciò le dita davanti a sé e mormorò: “Continuiamo a tenere le orecchie aperte, a captare segnali, a capire chi potrebbe essere dalla nostra parte. Quel tuo collega del Ministero ad esempio, Shacklebolt, il Preside lo vorrà incontrare.”

“Possiamo provare ad organizzare un incontro per la seconda Prova del Torneo, il 24 Febbraio.”

“Mi sembra una buona idea, e nel frattempo la nostra priorità rimane trovare Pettigrew.”

Si salutarono nel polveroso corridoio di ingresso qualche ora dopo, a bassa voce per non svegliare il dipinto poco lontano. Dora fronteggiava i due uomini con la borsa ai suoi piedi e una certa malinconia dentro. Sirius la stritolò in un abbraccio, posandole un bacio sui capelli: “Abbi cura di te, cuginetta, e non stare in pensiero per me. Sono un sopravvissuto, starò bene, te lo prometto.”

Mosse quindi qualche passo in disparte, lasciandole un attimo di privacy con Remus, che sospirò profondamente prima di passarle le braccia intorno alla vita, tirandola a sé. Lei si aggrappò al suo maglione, alzandosi in punta di piedi per posargli il capo nell’incavo della spalla.

“Grazie, – le mormorò in un orecchio – sono stati davvero bellissimi giorni. Ogni momento che ho passato con te … io …”

Si interruppe, e Dora capì che era nuovamente un arrivederci; erano stati bellissimi giorni, bellissimi momenti, ma non erano una coppia. Non lo sarebbero stato. Almeno per ora.

Gli prese il viso tra le mani e lo guardò dritto in volto: “Grazie a te, per avermi permesso di starti vicino. Ricordati di sorridere, ogni tanto, e di volerti bene. E non sparire, ok?”

Remus non rispose. Dora gli fece chinare il capo e gli posò un bacio su una guancia.

“Arrivederci, Remus.”


 
[1] Jackrabbit è tradotto in italiano come “lepre americana” ma visto che la traduzione è pessima ho lasciato l’originale
[2] Mitto viene dal latino “mandare/inviare”. Non ho trovato da nessuna parte l’incantesimo usato per inviare i patroni con dei messaggi e quindi ho deciso di ricalcare la formula originale: Expecto “sono in attesa di/mi aspetto” patronum.
[3] La canzone è “Do the Hippogriff” delle Weird Sisters con il testo e la musica della canzone com’è nel film di “Il calice di Fuoco”
 
 
  
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