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Autore: Clytie    25/11/2015    9 recensioni
Si allontanarono abbastanza da impedire alle luci esterne della Tana di alterare la visione di quelle nel cielo notturno. Mille e più stelle scintillavano alte nel buio della notte remota e senza luna. Hermione percepì, con una dolorosa fitta al petto, come quel quadro perfetto cozzasse con l’angosciante panorama che andava profilandosi nell’aria.
Si stesero, uno accanto all’altra, come fosse un gesto consueto e familiare, come se fossero gli intimi amici di una vita.

Seconda classificata al contest “Tra pensieri torbidi e occhi a cuoricino” di S.Elric_ sul forum di Efp.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, Hermione Granger | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Nick: Clytie (Efp)/Hera Padfoot (forum)
Pacchetto scelto: 1
Citazione scelta: In un mondo di luci sentirsi nessuno (Luigi Tenco)
Coppie e/o protagonista: Fred Weasley/Hermione Granger
NdA: L’episodio si inserisce all’interno del settimo libro, in una delle notti alla Tana che seguono la morte di Malocchio e all’incidente di George.  Nonostante nella saga Fred sia rappresentato per lo più come un personaggio spavaldo e allegro, ho scelto di mettere in risalto la sua riflessività, lo sconforto conseguente all’infortunio del gemello al pensiero della guerra. Anche i più spavaldi hanno dei crolli emotivi, no?
Ho preferito questo scenario notturno, con le stelle cadenti, che sono, allo stesso, un bellissimo evento naturale e simbolo anche del “crollo” delle certezze, della possibilità, in definitiva, di condurre un’adolescenza normale.
I graffi (il prompt assegnatomi) sono sia esteriori, concreti – quelli che Grattastinchi lascia su Fred – sia intimi, morali, non solo per Fred ma anche per Hermione, quelli che l’impronta della guerra e delle perdite lascia su di loro.
La storia partecipa al contest “Tra pensieri torbidi e occhi a cuoricino” indetto da S.Eric sul forum di EFP.
Appunto: Un ringraziamento va a Rosmary, che con le sue FredxHermione mi ha fatto amare ancor di più – se possibile – questa coppia dalle innumerevoli sfaccettature, in particolare con la sua bellissima OS Terriccio e sangue, che vi consiglio caldamente, dal ricordo della quale la mia storia ha tratto origine.






Le stelle non dormono mai





Stars are never sleeping

Dead ones and the living

The Stars (Are Out Tonight), David Bowie






Il sonno non sembrava intenzionato a bussare alla porta di Hermione quella notte. Ginny, nel letto accanto al suo, si era addormentata prona qualche ora prima e da quella posizione non si era più mossa, evidentemente stremata dai ritmi e dagli avvenimenti dei giorni precedenti.
Lei, invece, non aveva mai preso sonno, non appena accennava ad abbassare le palpebre la mente le si affollava di volti di chi non c’era più e di ricordi, vicini e lontani. Così teneva gli occhi aperti, puntati su un angolo indistinto del soffitto, e i pensieri le appesantivano la testa, le spalle, il petto, comprimendoli sempre più.
Scivolò giù dal letto, indossò dei vestiti qualsiasi e, con passo leggero, lasciò la stanza di Ginny, chiudendosi la porta alle spalle. Poi scese le scale, cercando di attenuare il più possibile lo scricchiolio sommesso che producevano. La cucina era buia ed insolitamente silenziosa; Hermione non accese neppure la luce, si limitò ad aprire l’anta del frigorifero ed ad estrarre il cartone del latte. Riempì un grosso bicchiere di latte freddo e sentì la gola ammorbidirsi al contatto con il liquido.

Un forte tonfo sopraggiunse all’improvviso dalle scale, seguito da un miagolio irritato ed un’imprecazione.

   
    «Per le mutande di Merlino! Diavolo di un gatto, che ti ho fatto di male?» esclamò una voce irritata.


Hermione si lasciò sfuggire una risatina divertita, quando riconobbe quella voce. Udì l’eco di passi che scendevano gli ultimi scalini.


    «Si può sapere che hai fatto al mio gatto?»


Fred Weasley fece un plateale salto all’indietro, preso chiaramente in contropiede.


    «Hermione? Che ci fai−» strillò, poi la mano scivolò verso la bacchetta ed una fievole luce s’irradiò nella stanza. «È colpa sua! Si è acquattato nell’ombra, sulle scale, io non l’ho visto e ci sono inciampato sopra».


Hermione scosse il capo ed allungò il collo verso le scale.


    «Non è più lì, è sgattaiolato di sopra subito dopo» la anticipò Fred.


La ragazza bevve un altro sorso dal bicchiere di vetro e Fred accese l’interruttore della luce.


    «Non mi hai ancora detto perché sei qui» osservò lui poco dopo.


Hermione alzò il bicchiere. «Non riuscivo a dormire, così sono scesa a bere del latte» replicò «Potrei farti la stessa domanda comunque».


    «Avevo bisogno di… pensare».

    «A cosa?»
    «A tutto e a niente».

Hermione accennò un sorriso spento e tacque. Strinse le mani attorno al bicchiere e volse lo sguardo fuori dalla finestra: il cielo era costellato di luci che rischiaravano i campi attorno alla Tana.

Fred si era versato anche lui del latte e lo sorseggiava, poggiato al tavolo della cucina.
Fu in quel momento che Hermione notò le sue mani: erano lunghe e affusolate, come quelle di un pianista, e ricoperte di graffi.

    «Le tue mani… lascia che me ne occupi io» propose Hermione, estraendo la bacchetta dalla tasca posteriore dei jeans.


Fred le afferrò il polso. «Non è necessario».


    «Ma devono farti male…».

   
    «Non è niente. In fondo i graffi interiori sono di gran lunga peggio, no?»


Aveva uno strano sguardo, Fred, quella notte, come se un peso insostenibile gravasse su di lui, come se, per una volta, si sentisse solo al mondo pure lui.


    «Si vedono bene le stelle stasera» considerò Hermione, accennando alla visuale dalla finestra, ma a Fred non parve interessare.

Infatti aveva abbandonato la stanza in un batter d’occhio, lasciandosi alle spalle una Hermione mortificata. Ma un rumore sospetto si udì provenire dallo sgabuzzino e, poco dopo, Fred vi fece ritorno portando una coperta blu notte sotto braccio.


    «Che significa questo?» chiese la strega, inarcando un sopracciglio.


    «Ti porto a vedere le stelle, non è ovvio?» replicò, spalancando la porta d’entrata ed invitandola a precederlo con un gesto della mano.


Una sensazione di disagio si fece largo nello stomaco di Hermione. «Oh, grazie. Ma è tardi, forse faremmo meglio ad andare a dormire» suggerì.


Fred sbuffò platealmente e le lanciò un’occhiata di disapprovazione. «Hai troppi freni inibitori, Granger, dovresti imparare a lasciarti andare un po’ di più».


Hermione parve scocciata da quell’osservazione, così varcò la soglia con le braccia incrociate al petto e una smorfia indispettita in viso.

Un refolo d’aria notturna le sfiorò il volto con la dolcezza di una carezza materna.
Si allontanarono abbastanza da impedire alle luci esterne della Tana di alterare la visione di quelle nel cielo notturno. Mille e più stelle scintillavano alte nel buio della notte remota e senza luna.
Hermione percepì, con una dolorosa fitta al petto, come quel quadro perfetto cozzasse con l’angosciante panorama che andava profilandosi nell’aria.
Si stesero, uno accanto all’altra, come fosse un gesto consueto e familiare, come se fossero gli intimi amici di una vita.

    «È uno spettacolo meraviglioso» la voce di Hermione si fece un sussurro, gli occhi rapiti da un evento a cui normalmente si poteva concedere poca attenzione in un momento tanto critico.


Ci furono attimi di silenzio che parvero protrarsi all’infinito, finché Fred non parlò. «Non è poi così strano, in fondo, in un mondo di luci sentirsi nessuno».


Hermione lo fissò interdetta, credendo a stento alle proprie orecchie. Lo prese per uno scherzo e per poco non le sfuggì una risatina, ma poi realizzò quanto fosse serio e serrò le labbra.


    «Siamo così piccoli ed impotenti di fronte al mondo, la vita ci scivola tra le mani senza che riusciamo ad acchiapparla» continuò, con lo sguardo fisso sulla volta celeste.


    «Non sei nessuno, Fred, non per me, non per chi ti ama» intervenne Hermione e fu strano rivolgere a Fred quelle parole.


Ma lui scosse la testa ed abbassò le palpebre pesanti. «Non è questo che intendo» mormorò, poi volse il capo verso di lei e la fissò con gli occhi azzurro cielo, velati da nuvole ed ombre. «Siamo tutti nessuno, Hermione, in questa terra, in questa guerra. Nessuno di noi sa che ne sarà di lui, se vivrà o morirà domani, se alla fine potrà riabbracciare i suoi cari o sopportare il fardello della mancanza a vita. Nessuno ha certezze, solo vane speranze».


Era vero, era così che si sentiva Hermione, ogni giorno, da quando aveva abbandonato Hogwarts cosciente del fatto che non vi avrebbe fatto ritorno l’anno successivo, quando aveva tentato in ogni modo di organizzare una spedizione di cui non sapeva altro che l’obiettivo finale, quando aveva visto i ricordi di una vita scivolare via dagli occhi dei genitori, sotto l’effetto dell’Incanto Oblivium.


    «Sono contento di non dover rivedere Hogwarts quest’anno» confessò improvvisamente Fred.


    «Già» rispose lei.


Lui le lanciò un’occhiata penetrante.


    «Non tornerai nemmeno tu, vero?»


    «No. Harry e Ron hanno bisogno di me, noi abbiamo un compito da svolgere».

Fred ridacchiò appena, ma Hermione lo interpretò come un gesto di scherno e ne fu indispettita.

    «Che significa?» domandò, sollevando il busto e poggiandosi sui gomiti.

Il ragazzo la imitò e si mise a sedere sulla coperta sgualcita. «Lo sai quello a cui vai incontro, Hermione? Non hai paura che questa conversazione forse non la potremmo più riprendere?»

    «Ma che stai dicendo, Fred? Che hai?»

Le ghermì il braccio. «Hermione, non lo vedi che sta succedendo? Siamo solo dei ragazzi e abbiamo visto la morte in faccia talmente tante volte: prima Silente ucciso da Piton tra le mura di Hogwarts, poi Malocchio che ha perso la vita per colpa di quel vigliacco di Mundungus e non ne abbiamo neppure ritrovato il corpo e George, menomato per sempre».

Distaccò, per un istante, gli occhi da lei e li puntò chissà dove all’orizzonte. «Quando l’ho visto sul divano, ricoperto di sangue, ho temuto per un terribile momento di averlo perso e da quella sera ho continuato a sognare di vederlo morire e…»

Il suo sguardo si era fatto vitreo, come se i suoi soliti sprazzi di ilarità appartenessero ad una vita lontana anni luce.

    «Fred. Anch’io ho paura, continuamente, non so cosa mi aspetterà. Ho cercato di prepararmi ad ogni evenienza, ma non credo sarò mai davvero pronta» ammise Hermione.

Fred sospirò. «I graffi che ci sta lasciando questa guerra non si cicatrizzeranno mai».


Hermione sapeva bene cosa provava, avrebbe voluto raccontargli dei suoi genitori e di tutte le preoccupazioni che la sovrastavano, ma non poteva.


    «Fred, io non pensavo che fossi tanto turbato».


Lui abbozzò un sorriso sarcastico. «So che mi credete tutti un burlone superficiale».


    «No, Fred» lo interruppe subito Hermione e il suo viso si tinse di un’espressione di infinita dolcezza «Sei così coraggioso e forte da riuscire a celare le preoccupazioni dietro alle risate, per alleviare il peso alla tua famiglia».


Fred la contemplò per qualche secondo: mai gli parvero tanto chiari e luminosi i tratti del suo volto.


    «Sai, Ron è stato un vero idiota a lasciarsi sfuggire una come te» considerò lui all’improvviso.


Hermione percepì uno strano calore invaderle le gote e distolse lo sguardo. «Fred…»


    «Beh, peggio per lui».

Una stella veloce percorse il cielo in caduta libera; c’erano le stelle cadenti, quella sera, benché la notte di San Lorenzo fosse piuttosto distante.
Quando si voltò verso Fred, si accorse che lui stava continuando a guardarla. L’imbarazzo crebbe in lei spropositatamente, tanto che fece per alzarsi e tornare in casa.

    «Si è fatto tardi, meglio−» dichiarò, ma Fred la bloccò afferrandole il polso.


    «Rimani con me stanotte» chiese con uno sguardo implorante che mai prima di allora aveva letto su di lui.


Hermione si sedette di nuovo, incrociando le gambe sulla coperta, e contemplò il suo profilo illuminato dalla tenue luce stellare.


    «Che fai, mi fissi, Granger?» un sorriso sghembo gli affiorò spontaneamente sulla labbra.


La ragazza abbassò lo sguardo per celare il rossore delle guance e prese a giocherellare con un filo d’erba.


    «Beccata in fallo».


    «Sai, credo tu soffra di disturbi della personalità, Fred».


    «Solo perché finisco sempre per sdrammatizzare» rimbeccò lui.


Lei sorrise, sfoggiò uno di quei sorrisi contagiosi che ti travolgono anche quando ti sforzi di restare serio.


    «Devo ammettere che ti riesce piuttosto bene» commentò Hermione.


    «A quanto pare».


Un’altra stella s’accese con crescente intensità nel cielo e, in un attimo, si lasciò cadere e sparì, affogando chissà dove, tra i campi ombrosi.

    
    «L’hai espresso un desiderio?»


Fred la stava fissando con gli angoli della bocca incurvati in quel suo solito sorriso beffardo.

    «Non è una specie di tradizione babbana?» s’informò lui, notando l’esitazione di Hermione.

    «Ma certo. Sì, l’ho fatto».

    «E cos’hai desiderato?» chiese curioso Fred, approssimandosi ancor più alla giovane.

Hermione alzò gli occhi al cielo e sospirò. «Dovresti anche sapere che non si rivela il proprio desiderio, altrimenti non si realizza» spiegò.

    «Quanto siete noiosi però!» sbuffò lui in tutta risposta.

Alla ragazza sfuggì una risatina. 
Fred inclinò il capo da un lato e tornò a rivolgere lo sguardo. Aveva uno strano brillio negli occhi chiari, come splendessero di vitalità e malinconia al contempo.

    «Vuoi sapere il mio?»

Hermione stava per fargli presente quanto fosse infantile, quando sentì il respiro di Fred accarezzarle la pelle, le sue labbra calde annidarsi tra le sue ed ogni parola si disperse nel vuoto. Per una volta, Hermione si sentì libera da ogni catena e costrizione razionale e, semplicemente, si lasciò andare a quel bacio, esuberante e dolce, appassionato e sofferente.
Quando le labbra, ancora ardenti di desiderio, si separarono, per un interminabile istante i due si guardarono negli occhi, disorientati dalle proprie emozioni.

Fred deglutì, afferrò la mano di Hermione con sicurezza e sussurrò: «Proteggimi dagli incubi stanotte».

Hermione acconsentì con un movimento impercettibile del capo.
Si stesero sulla coperta, l’uno a fianco dell’altra, ad osservare il cielo cadere sopra le loro teste inermi. Il capo di lei poggiava sul petto di Fred, assecondando i movimenti regolari del suo battito cardiaco; e poi di lì a poco i baci ripresero, la vicinanza tra i loro corpi fu annullata.

Non ci furono altre stelle cadenti, il cielo cessò il suo pianto per fermarsi a contemplare l’alba di un timido amore spezzato dalla guerra. Perché la guerra era lì, graffiava e faceva paura più che mai.



   
 
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