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Autore: Corvo_Nero    25/11/2015    0 recensioni
Nel silenzio della notte, la luna piena si rifletteva negli occhi spalancati e vitrei del corpo che galleggiava nelle acque del lago, la bocca socchiusa, un rivolo di sangue che usciva dalle labbra e dal naso, la tunica con una larga macchia brunastra e una freccia che usciva dal petto; solo i versi degli animali notturni rompevano quella quiete, e lentamente il corpo iniziava a affondare, cogli occhi sempre rivolti verso la luna, e con una mente ancora lucida che stava ripercorrendo gli eventi delle ultime ore…
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rikard era ripiombato a sedere sul letto, ancora scosso da innumerevoli pensieri scaturiti dal breve dialogo con Jan, non riusciva a capire cosa fosse successo ma doveva costringersi a riprendere il controllo di sé. << Va bene, riflettiamo, sono rimasto svenuto per un giorno e mezzo, per prima cosa devo assolutamente riprendere il comando della guarnigione e fare il punto della situazione. La miniera è saltata ed è inaccessibile, almeno per qualche tempo le bestie non saranno fonte di preoccupazione. Devo urgentemente tornare alla Capitale e fare rapporto al Re e al Consiglio. Ma non riesco a togliermi dalla mente quello sguardo... Quello che avevo davanti non era Jan, per quanto ne avesse l'aspetto. Non era lui, ne sono sicuro, si muoveva diversamente, parlava diversamente, quello che ha detto poi... Totalmente assurdo. Devo parlarci ancora, devo assolutamente capire. >> Si diresse alla tinozza per rinfrescarsi, si tolse la tunica di seta che qualcuno gli aveva fatto indossare al posto della corazza, e sciolse le bende sul suo fianco, la pelle completamente intatta, poteva giurare di essere rimasto ferito dalle bestie nella miniera, eppure neanche una cicatrice. << È stato lui, quando mi ha toccato. Assurdo, inconcepibile, nessuna magia che io conosca sarebbe in grado di simili prodigi; non solo i danni fisici, sono completamente tornato nel pieno delle mie forze. Devo trovarlo e costringerlo a dirmi tutto ciò che sa. >> 

In un angolo era posata la sua corazza nera, danneggiata e macchiata del suo sangue, questo confermava i suoi pensieri, non si era certo sognato tutto. Optò per una divisa meno formale, una tunica grigia che non utilizzava quasi mai e un cinturone di pelle, ciò gli fece ricordare che anche la sua spada era andata perduta; fortunatamente aveva conservato il suo pugnale, a cui era molto legato, e la pietra scarlatta incastonata sul bracciale; decise di portarla con sé piuttosto che chiuderla nel baule, anche su quella avrebbe voluto sapere di più.

Uscito dalla stanza venne attirato dai rumori provenienti dal piano inferiore della locanda, adibito a taverna, riconobbe molte voci note, suoi sottoposti e soldati della guarnigione di RavenMoon, la consapevolezza di aver salvato molte vite in quella pericolosa missione, lo rinfrancò e per un attimo quel pensiero gli alleggerì il cuore; in un giorno normale si sarebbe unito ai festeggiamenti per un'altra missione portata a termine, ma sapeva che qualcosa stava per cambiare, lo sentiva.

Scese le scale di legno e accedette alla larga sala, piena di lunghi tavoli e panche, gremita di militari in armatura e in tuniche; notò subito un assembramento a un tavolo d'angolo, molti suoi Cavalieri Neri osservavano con estremo interesse qualcosa di evidentemente inusuale per loro. Si avvicinò e sbirciando dalle spalle dei soldati vide Jan, seduto al tavolo coperto da pezzi di legno grezzi, intagliare piccole statuine con un coltellino, le sue dita si muovevano rapide, abili e industriose, la lama del coltello sembrava carezzare la superficie del legno, rapidamente prendeva forme tutte diverse; sul tavolo notò dei soldatini in armatura e scudo, uno a cavallo di un destriero, una piccola torre, un re e una regina; Jan stava intagliando delle pedine da scacchiera, e molti si complimentarono per l'estrema cura per i dettagli. "Bravissimo Jan, non sapevamo che fossi così abile in questo genere di cose, Albert diceva che sapevi a malapena da che parte impugnare una spada!" Tutti risero alla irriverente battuta di uno dei Cavalieri, ma Rikard rimase in silenzio, e anche Jan che si limitò a guardare di sottecchi gli spettatori, mentre continuava a intagliare, sempre più rapidamente altre pedine, creando in poco tempo un set completo per una scacchiera che aveva intagliato il giorno precedente. Un piccolo colpo di tosse di Rikard, attirò l'attenzione del capannello di Cavalieri, che, girandosi, si congratularono con il loro Capitano per essersi rapidamente ripreso dalle ferite, mettendosi sull'attenti e salutandolo militarmente. "Va bene, va bene, vi ringrazio, ora tornate ai vostri posti, avrete sicuramente qualcosa da fare, altrimenti trovatevelo; riunione in cortile nel primo pomeriggio, poi, appena arriverà il cambio, probabilmente in serata, prepareremo il carro e domattina ripartiremo per la capitale. Congedati!" "Sì, Capitano Nero!" Gridarono all'unisono i Cavalieri, e in breve tempo la sala si svuotò quasi del tutto, rimasero alcuni soldati della cittadina, intenti a tracannare boccali di birra scura, e l'oste, intento a servirli.

_______________

Rikard si sedette al tavolo, osservando la maestria con cui Jan arricchiva di dettagli i suoi piccoli prodotti di artigianato, non alzava lo sguardo, totalmente concentrato nel suo lavoro, ma fu il primo a iniziare a parlare. "Sai giocare? Nell'attesa che ti risvegliassi ho pensato di tenermi impegnato, qui il tempo scorre troppo lentamente per i miei gusti." Jan prese la scacchiera da sotto il tavolo e posò con cura i pezzi su di essa. "Scommetto che preferisci il bianco al nero, a dispetto delle apparenze, visto che sei uno che ama fare sempre la prima mossa." Fissò negli occhi Rikard, per la prima volta dal dialogo nella stanza, con quegli enigmatici occhi color ambra, nella penombra della sala erano ancor più brillanti. Rikard era incapace di proferir verbo, così Jan proseguì: "Ho sentito i tuoi pensieri fin dal piano superiore, non sei impaurito, ma evidentemente nervoso, sei turbato ma anche incuriosito, non temi le cose che non conosci e che non riesci a comprendere, ma invece vuoi capire e ti poni giustamente delle domande a cui vuoi dare delle risposte. Il che, per me, è del tutto ragionevole, credo tu abbia il diritto di sapere qualche pezzo di verità. Chiedi pure, e cercherò di rispondere per quanto possibile."

La mano di Rikard, nervosamente, mosse una pedina, e Jan rispose con una banale e prevedibile contromossa. Poi, il primo finalmente prese la parola: "Dov'è Jan?" Una domanda apparentemente semplice che però celava interessi ben più profondi. Poi, scelse di compiere una mossa più azzardata, sulla scacchiera, alla quale Jan rispose immediatamente, con un'altra mossa piuttosto elementare; poi fece un semplice gesto, toccandosi il petto: "È qui, di fronte a te, e allo stesso tempo non è. Quel giovane non ti avrebbe abbandonato per nulla al mondo, è stato il suo intenso desiderio di rimanere al tuo fianco ad attirare la mia attenzione, ne ho approfittato poiché avevo bisogno di un modo per interagire in questo mondo, lui mi ha dato i mezzi, io gli ho salvato la vita. In questo momento riesce a vederti, seppur con gli occhi chiusi, ascolta le tue parole, ma non può risponderti, è felice di saperti sano e salvo, questo è quanto."

Quella risposta enormemente enigmatica innervosì ancor di più Rikard, che scelse una pedina esterna per tentare un accerchiamento. La partita per il momento volgeva in suo favore. "Se non sei Jan, con chi sto parlando in questo momento?" Avrebbe potuto chiedere semplicemente 'Chi sei?' ma per capire meglio chi avesse di fronte, doveva pesare bene le parole. L'altro fece una breve pausa per ripulire il tavolo dai trucioli di legno rimasti dal suo lavoro di intaglio, li versò nella sua mano, coprendola poi con l'altra. "Prima di tutto, posso dirti che non sono come te, tu creatura nata e vivente in questo momento, che un giorno morrai; io sono, effettivamente; e tuttavia non sono, poiché ciò che è eterno e immutabile, che esiste da sempre, non può definirsi come vivente. Ai tuoi occhi e alla tua mente posso apparire come un complesso enigma, per cui dovrai scoprirmi a poco a poco. Innanzitutto, posso dirti che non posso fare determinate cose, ma come vedi, ne so fare molte altre." Lentamente schiuse le mani e da esse uscì un piccolo topolino bianco che corse subito a rosicchiare una crosta di formaggio sul tavolo per poi correre via. Lo stupore per quel prodigio colpì Rikard come un pugno in pieno stomaco, tanto da non fargli comprendere appieno il senso di quelle parole ancor più sibilline. Jan mosse una pedina, avanzando notevolmente sulla scacchiera, un attacco inaspettato agli occhi di giocatore sufficientemente esperto come Rikard, il quale ci mise qualche secondo a trovare una contromossa efficace, a cui fece seguire un'altra domanda.

"Hai detto che volevi interagire in questo mondo, che intendevi dire? Qual è il tuo scopo, se così si può definire?" Jan replicò senza neanche guardare più la scacchiera, rispondendo in maniera sempre più rapida ed efficace alle mosse di Rikard. "Ho le mie ragioni per essere qui, ovviamente, ma per ora ti basti sapere che intendo solo osservare l'evolversi di certi eventi." Rikard iniziava a spazientirsi, stava discutendo con un mago folle sotto le sembianze di Jan: dovrebbe smascherarlo e metterlo agli arresti e torturarlo per ottenere le risposte che desiderava, ma erano successi troppi fatti inspiegabili e per il momento preferiva stare al suo gioco. Tuttavia.. Quegli occhi, dai riflessi dorati, che lo scrutavano incessantemente, mentre la mano di Jan volava veloce e fluida sulla scacchiera, lo turbavano, sembrava che scavassero sin nei più profondi recessi della sua anima, si sentiva imprigionato da quello sguardo, e, probabilmente per il nervosismo e la tensione, iniziò a perdere pedine su pedine; Jan rispondeva alle sue mosse immediatamente, non solo vanificando i suoi tentativi di offensiva, ma addirittura anticipando le sue decisioni.

"Non mi sembra che tu stia rispondendo adeguatamente alle mie domande, sebbene tu avessi detto di essere disposto a darmi delle risposte."
Jan sorrise leggermente; "Forse dovresti porre le domande giuste, allora."

Intanto la partita si faceva sempre più difficile, Rikard non era abituato a perdere, pur avendo fronteggiato giocatori ben più abili, non riusciva a capire quale strategia stesse usando il suo avversario, apparentemente muoveva le pedine a caso, ma ogni mossa era sempre più pericolosa per lui. Rikard iniziò a sfiorare la sua gemma rossa, come faceva ogni volta che era inquieto, ogni volta che desiderava che le cose andassero meglio. Questo gli diede lo spunto per la prossima domanda. "Poco fa hai parlato della mia gemma portafortuna, che intendevi dire con quella faccenda dei desideri? Cos'è realmente questa pietra? E come fai a conoscerla?" Stavolta la domanda era più importante delle altre, perché la mano di Jan, già a mezz'aria per muovere la prossima pedina, una tra le più pericolose della scacchiera, si arrestò e si posò nuovamente sul tavolo.
"Procediamo con ordine: innanzitutto quella gemma non è una pietra comune, ne esistono ormai pochissime in questo mondo, per vostra fortuna, e ciò è al tempo stesso anche una sventura, poiché da quando ne avete scoperto l'esistenza, non fate che massacrarvi a vicenda per il loro possesso. Pur non essendo un mago, sei a conoscenza di molti aspetti della magia e di molti segreti arcani, una conoscenza basata sul tuo odio per gli stregoni e per l'uso che fanno delle loro arti; ebbene sappi che pietre come la tua sono state la causa di guerre sanguinose e di atti orribili compiuti da uomini verso altri uomini. Dimmi, sei a conoscenza delle leggende sulla creazione del mondo? Immagino che la vostra religione abbia ideato storie alquanto convincenti su tale tema."

Rikard sbuffò brevemente: "Sì, è stato parte della mia educazione, imparare tutto sulla figura del Grande Padre e sui suoi misericordiosi atti compiuti nei confronti dei suoi fedeli: la creazione del cielo, la formazione delle montagne e delle pianure, circondate da calde acque piene di pesci, i suoi insegnamenti su come coltivare la terra e su come difendersi dal freddo invernale, ma tutto questo cosa c'entra?"
Jan lo fissò con il suo sguardo impassibile: "La creazione è un atto divino che richiede incommensurabili energie, ma nulla si crea dal nulla, come hai avuto modo di vedere poc'anzi. In precedenza, c'era un altro mondo, corrotto, devastato, distrutto. Quello in cui vivi è relativamente giovane, eppure... è già sottoposto a giudizio. E la colpa è proprio di queste pietre. Tuttavia la vostra sola colpa è quella di abusarne per interessi meschini, non sarebbero mai dovute cadere qui, no... è stato un errore. Un enorme e tragico errore." Per la prima volta, le mani di Jan iniziarono a tremare ed abbassò lo sguardo. Rikard, lentamente, mise insieme tutti i pezzi, stava cominciando a capire finalmente.

"Sei stato tu a salvarmi da morte certa, non è vero? Perché l'hai fatto?" Nel frattempo la partita stava volgendo alle fasi conclusive: Rikard era rimasto con pochissimi Difensori e il Maestro, Jan aveva ancora due Arcieri, tutti e due i Cavalieri e Difensori e aveva ormai circondato i Reali dell'avversario.

"Non è stato solo merito mio, quella pietra ha un potere oltre ogni immaginazione, può in parte influenzare il destino di chi la utilizza; tu, inconsciamente, avrai desiderato cambiare la tua vita, da quando l'hai rinvenuta, quasi per caso, ti sarai reso conto delle straordinarie fortune che ti sono occorse, tutto merito di questo oggetto; un oggetto troppo potente per appartenere a questo mondo. Tuttavia, il puro desiderio di vincere questa partita a scacchi contro di me, non è stato sufficiente, a dimostrazione del fatto che perfino un simile miracolo ha i suoi limiti, dovrai quindi tenere conto di ciò, qualora deciderai di continuare ad affidarti a quella gemma."

Rikard si slacciò il bracciale e lo lanciò sul tavolo, rovesciando le pedine rimaste in piedi. "Puoi anche riprendertela subito, tanto è per questa che sei giunto qui no? Ho sempre provato disgusto per magie e stregonerie, hai ragione, per colpa di queste forze soprannaturali ho perso tutto ciò che avevo di più caro! Non intendo averci più a che fare, e se dovrò pagare con la vita tale rinuncia, tanto meglio, meglio vivere con le sole proprie forze che affidarsi a simili aiuti esterni!"

Jan prese il bracciale e contemplò la gemma rossa, brillante come una brace ardente, poi porse l'oggetto al proprietario. "La pietra ti ha scelto, Rikard, non puoi disfartene così facilmente, tornerebbe da te in ogni caso, ma non dubitare, quando tutto sarà finito, saprò bene cosa farne. Lo definisci un oggetto malefico, eppure è solo uno strumento, come una spada, che può essere usata sia per ferire che per tenere a distanza un avversario, per attaccare e nuocere, o per difendere. La scelta che hai appena compiuto è la dimostrazione che posso fidarmi ciecamente di te."

Riluttante, il Capitano Nero si riappropriò del suo bracciale e lo fissò all'avambraccio destro dove era sempre stato. "Perchè io? Perchè avrebbe scelto me?" Jan sorrise, evidentemente era una domanda che attendeva da tempo. "Queste pietre sono immerse in un torpore che dura da centinaia di anni, proprio perché non appartengono a questo mondo. Tuttavia hanno iniziato a risvegliarsi, di recente, e ciò ha attirato delle... attenzioni. Come ho detto, molti uomini si sono contesi il controllo di queste gemme per egoismo ed avidità, ma sono le pietre a cercare i loro padroni, e questa, ha scelto te, tra le decine dei profughi di quel villaggio, si è fatta notare solo da te. Anche in quel frangente, ho assistito a tutto, ma ho preferito attendere l'evolversi degli eventi."

Rikard rimase silenzioso per un minuto, soppesando le sue ultime parole, si sentiva come un animale spiato da lontano da un predatore, o peggio. Era una sensazione mai provata prima. Poi riprese la parola: "Hai parlato di un giudizio, esattamente cosa minaccia questo mondo?" Jan chiuse gli occhi e sospirò brevemente: "Ecco, hai posto un'altra domanda di un certo peso. Come ti ho accennato poco fa, l'universo è un susseguirsi di creazioni e distruzioni. Prima di questo mondo ce n'era un altro, che venne giudicato irrecuperabile da Entità superiori ad esso. Inoltre, venne posto sotto giudizio anche il Creatore del mondo. Generalmente, è un procedimento, quello di nascita, distruzione e rinascita, che dura centinaia di migliaia di anni, nel caso di questo mondo, il Giudizio è iniziato dopo appena pochi millenni; quelle entità di cui ti ho parlato, chiamali Giudici se preferisci un termine a te noto, sono state attirate dalle orrende guerre causate da pietre come la tua, e anche dall'operato malevolo di alcune creature, che hanno iniziato ad abusare dei loro poteri per loro tornaconto, distorcendo le leggi naturali del mondo. Ad alcuni eventi, neppure io posso ormai porre rimedio, mentre per altre faccende, forse faremo ancora in tempo a rimediare." Jan volse lo sguardo verso il Capitano Nero, fissandolo con quei brillanti occhi d'ambra: "Rikard, è per questo che sono qui, devo chiedere il tuo aiuto per salvare il tuo mondo dalla fine prematura a cui sta andando incontro. La pietra che ti ha scelto è ancora pura, grazie alle tue azioni altruiste e alla tua rettitudine, capisco le tue ragioni, non ti obbligherò a usarla ulteriormente, se non lo desideri, ma sappi che arriverà il momento in cui sarà inevitabile. E ciò contribuirà a decidere il fato del mondo. Cosa decidi di fare?"

Rikard era rimasto muto e immobile ad ascoltare quel discorso: sebbene avesse trovato risposte ad alcune domande, molte altre erano nate nella sua mente, era confuso ma allo stesso tempo risoluto a capire cosa stesse accadendo al suo mondo, aveva sete di verità, e, per quanto assurdo, l'uomo che aveva di fronte era l'unico che poteva condurlo a tutte le risposte che cercava. Sempre senza dire una parola, si alzò dal tavolo e volse le spalle a Jan, rimase fermo un istante, infine parlò: "Una parte di me non vuole credere a una sola parola di ciò che mi hai detto, dovrei metterti agli arresti e farti confessare chi tu sia realmente. Ma un'altra parte di me ha istintivamente compreso Chi ho di fronte. E, detto francamente, fatico a credere di non ritenermi completamente impazzito. Esattamente, cosa dovremo fare?"

La voce di Jan cambiò tonalità, divenendo più autoritaria, era completamente cambiato. "Devo assolutamente rimediare ai miei errori, e a quelli compiuti da creature stolte e incaute. Errori che potrebbero decidere la sopravvivenza di tutte le specie di questo mondo. Per prima cosa dobbiamo rintracciare le altre pietre, ed evitare che qualcun altro abusi del loro potere, ho un solo problema a riguardo... Recentemente ho perso di vista due di esse, come se l'attuale possessore sia riuscito a nasconderle alla vista di chiunque, perfino alla mia. Potrebbero essercene altre nascoste e sopite, in questo momento, pronte a risvegliarsi in ogni istante, più aspettiamo, minori sono le possibilità di riuscita. Per prima cosa devi guidarmi alla tua grande città per indagare sulle pietre scomparse; dovremo partire stasera stessa." Rikard non rispose, si limitò a uscire dalla taverna, e Jan lo seguì.

_______________

Dopo un'ora, il cortile di RavenMoon era in fermento, soldati e Cavalieri Neri che facevano su e giù per i bastioni, nell'atto di organizzare i turni di guardia, altri preparavano il carro delle scorte per l'imminente viaggio di ritorno, e attorno ad esso si erano riuniti sottufficiali del contingente, sull'attenti di fronte al loro Capitano.
"Avete capito bene, dovrete fare ritorno alla Capitale senza di me, ho affari urgenti, troppo urgenti per attendere l'indomani, prendete il comando della squadra e fate un buon lavoro, mi fido di voi." Nessuno, neppure il più giovane ed inesperto tra i graduati, provò a discutere quell'insolito ordine, si congedarono e iniziarono a dividersi i compiti in perfetta efficienza. Rikard sorrise, riflettendo che lasciava l'Armata in buone mani. Incuriosito dal trambusto, il minatore con cui aveva parlato giorni addietro si avvicinò, con la faccia barbuta ancora sporca di polvere. "Vi siete appena ristabilito dalle fatiche e già non vedete l'ora di tornare in azione, eh? Ah, avrei voluto qualche uomo in più come voi ai miei tempi. Un vero peccato che la vostra indole vi conduca sui campi di battaglia, piuttosto che in più pacifici luoghi di lavoro. Ma... Evidentemente il Creatore ha preferito indicarvi un'altra via." Rikard rimase un attimo in silenzio, riflettendo sulle casuali parole di quell'uomo, voltandosi per osservare Jan che assicurava i bagagli a un muscoloso cavallo baio e saltando in sella con un gesto estremamente atletico; si perse un attimo nei suoi occhi d'ambra, illuminati dalle ultime luci del tramonto.
"Può darsi che abbiate ragione, vecchio mio, il Creatore ha sicuramente altri piani in serbo per me, per tutti noi. Vi auguro buona fortuna." 
E silenziosamente si diresse verso le stalle, per prendere il suo destriero, e iniziare un viaggio che cambierà per sempre la sua vita.
  
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