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Autore: lillabulleryu    26/11/2015    0 recensioni
Fino alla partita contro la Dateko sembrava che nulla potesse far decadere la loro unione.
Nishinoya si nutriva di assoluti; l’avevano plasmato nel portamento, nei modi, nello sguardo e nella voce.
Nishinoya ardeva di fuoco e brillava di sole – il suo sorriso scioglieva, rischiarava, animava.
Averlo accanto convertiva il significato delle parole più spaventose (Niente era impossibile, al massimo
complicato) e magnificava quello delle più belle (Un amore non bastava che fosse grande, era sconfinato).
Nishinoya era forte.
Lui no.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Asahi Azumane, Ryuunosuke Tanaka, Yuu Nishinoya
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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 Roll Away Your Stone


Roll away your stone, I'll roll away mine
Together we can see what we will find
Don't leave me alone at this time
For I am afraid of what I will discover inside

'Cause you told me that I would find a hole
Within the fragile substance of my soul
And I have filled this void with things unreal
And all the while my character it steals

Darkness is a harsh term don't you think?
And yet it dominates the things I see

(Mumford and Sons, "Roll Away Your Stone")

 
 
 
 
 
Si asciugò il sudore dal volto con l'asciugamano e, Dovrei farlo adesso, pensò, Adesso o mai più.
La sola prospettiva bastava a fargli stringere lo stomaco in una morsa gelida di panico.
Continuare a rimandare, però, non avrebbe risolto il problema.
C’era bisogno di chiarirsi.
Avevano iniziato a farlo nel gioco: a ognuno il suo ruolo, ma senza immolarsi alla solitudine.
Ora restava di dare nome al presente, di riprendere il loro posto l’uno nella vita dell’altro.
Sollevò lo sguardo e (Sta guardando altrove, per fortuna!) gettò un’occhiata sfuggente al profilo di Nishinoya poco più avanti di lui – la schiena arcuata all'indietro e le mani sui fianchi, nella sua inconfondibile postura impettita – Fallo adesso.
Trovare le parole è sempre difficile, ma ancora di più lo è affrontare il timore della risposta che potresti ricevere.
 
- Asahi-dono, vorrei una birra chiara in lattina e un pacchetto di sigarette, orsù!!
I riflessi di Asahi ci impiegano qualche secondo per realizzare che una tartarughina di giada, arrivata a posarsi a pochi millimetri dal suo naso, gli aveva appena dato un ordine con voce imperiosa e gracchiante; trasale e balza all'indietro.
Soltanto quando le distanze di sicurezza sono ripristinate si rende conto che è il suo compagno di squadra, Ryunosuke Tanaka, a reggerla tra le dita e, verosimilmente, è stato lui anche a prestarle la voce.
Tanaka sghignazza, evidentemente divertito dalla sua reazione – lui cerca di riprendersi dal principio di infarto senza darlo troppo a vedere.
- ...e... e questa tartaruga, Tanaka...?
- È un portafortuna, Asahi-san! - risponde lui, mostrandogliela un'ultima volta prima di riporla nella tasca della felpa. - E l'unica cosa che ti è riuscita a farti rispondere dopo solo la quinta volta che ti chiamavo!
- Ah— mi dispiace! Devo essermi distratto!
- Niente. Tutto ok?
- Sì, certo.
- Ti è successo qualcosa?
- No, no.
- Sai, è da prima che mi sembri un po' assente, quasi non hai aperto bocca da quando sono andati via gli altri... - Tanaka lo osserva con uno sguardo penetrante e assorto, lisciandosi il mento tra il pollice e l'indice come massima esternazione di concentrazione. - ... qualche pensiero ti verma, non è così?
Asahi solleva un sopracciglio. Preferirebbe riuscire a concentrarsi sulla buffa scelta lessicale, ma un certo presentimento gli fa sentire i palmi delle mani sudati, così si affretta ad asciugarseli sui pantaloni.
- No... no, non direi... 
- Eddai!
- ...forse è la stanchezza! - suggerisce Asahi, augurandosi di tutto cuore di avere trovato una spiegazione capace di soddisfare Tanaka, ma la smorfia che gli si dipinge sul volto in risposta sarebbe in grado di avvizzire qualsiasi residuo di speranza nel mondo. 
- PFT! Asahi-san! Per favore!!
Ecco, il presentimento era fondato. Non la sta bevendo e non ha intenzione di desistere.
- ...credimi, Tanaka, non ho nulla... - la voce del ragazzo si fa quasi supplichevole, e alza le mani come in segno di resa, ma l'altro sembra non vederlo neanche e salta subito alla conclusione.
- ... è per Noya-san, vero?
Asahi si sente sussultare dentro come se avesse appena pescato la carta dell'Uomo Nero. La strategia, come nel gioco, è non perdere la calma e mostrarsi imperturbabile, nella speranza che qualcuno ti liberi del carico scomodo.
- ... che cosa c'entra Nishinoya, ora...?
- Forse perché è da quando hai rifiutato di uscire con lui che hai quella nebbia depressiva di abbandono negli occhi?! - Tanaka lo guarda compassionevole e scrollando le spalle con fare ovvio.  - Insomma, se ci tenevi ad uscirci insieme, perché non ne hai approfittato?! Te l'ha pure chiesto lui, ed era evidente che ne sarebbe stato contento!
- Non potevo! E poi– - stava per concludere la frase con E poi non volevo essere di troppo, ma capisce che qualsiasi cosa potrebbe essere usata come prova contro di lui e non vuole peggiorare la situazione. - ...m-ma insomma, Tanaka, non credi di essere un po' invadente?!
- Epppooooooiiiii...?
Cala il silenzio tra i due, che comincia ad incrinarsi solo dopo un minuto di attesa, quando Tanaka prende a grattarsi la testa, meditabondo. Infine trae un lungo sospiro. 
- ... Asahi-san... - comincia con voce paterna, sollevando una mano per piazzargliela incoraggiante sulla spalla. - ... perché non ammetti come stanno le cose e dici a chiare lettere a Noya-san che ti piace?
Se quello che la tartaruga di giada ha causato ad Asahi poco prima era un principio di infarto, questa sfacciataggine gliene causa uno triplo.
- C-CHe?! - le possibilità del ragazzo di terminare con dignità la sua partita metaforica si riducono drasticamente, il rossore della sua faccia è così acceso da farlo sembrare fluorescente. - Ta-TANAKA,non—! Che—?! io NON—!!
- Guarda che è la cosa più ovvia del mondo, Asahi-san. - con un gesto leggero di noncuranza, il compagno cerca di farlo riscuotere dal suo evidente imbarazzo (ma la soddisfazione di avere colpito nel segno non fa nulla per celarla). - Se non se ne sono accorti anche i sassi è solo perché stanno in una strada da cui non sei mai passato.
- Io-io-io-io—!
- E non c'è niente di male, dovresti stare tranquillo! 
- Ma non—!!
- Sul serio, Asahi-san, non ti si può dar torto! Noya-san fa sgorgare le lacrime più pure dalle falde acquifere oculari di un vero uomo!!
- Ma—!
- E ti sto incoraggiando perché desidero solo il meglio per voi, e credo che sia altrettanto palese che anche a lui tu piaci!
- ...eh...?
- Insomma, voi due siete la coppia perfetta! Tu, tu sei come un gelato tipo il Cucciolone, hai presente il Cucciolone?
- ... i-il—— che cosa?!
- Seguimi e basta, ecco, tu sei il Cucciolone, ci sei? Il Cucciolone di nome e di fatto, un biscotto morbidoso pieno di gelato alla crema con sopra dei piccoli di foca disegnati che fanno battute squallide...
- T-Tanaka... -
- ... mentre Noya-san è un peperino piccolo e caliente, la perfetta combo per la tua pacioccheria.
- ....ca......cali.......?
- Cacchio, ultimamente questo club sembra più un'agenzia matrimoniale che una squadra di volleyball! 
 
 
Ah, perché mi viene in mente proprio adesso? – Asahi si sarebbe volentieri preso a ceffoni per il tempismo del suo cervello. Per opera di qualche astruso collegamento, gli balenò in mente l’assurda espressione di Tanaka che risaliva all’incirca all’anno precedente.
Peperino piccolo e caliente.
Come aveva potuto scegliere una definizione del genere?!
Pieno d’imbarazzo come se fosse stato sentito da tutta la palestra, si affrettò a spostare lo sguardo sulla punta delle sue scarpe, mentre la voce di Daichi comunicava qualcosa a proposito di uno spostamento d’orario del prossimo allenamento.
Eppure, era in occasione di quello scambio con Tanaka che aveva iniziato a rendersi conto di cosa provasse.
All’inizio pensava che fosse paura; del resto ne aveva ancora prima di conoscere i nuovi iscritti del primo anno.
Quando quel piccoletto della Chidoriyama dagli occhi grandi e dalla parlantina inesauribile gli aveva piantato gli occhi addosso e non aveva smesso di fissarlo per tutta la durata dell’allenamento, l’aveva terrorizzato.
Non si era spiegato il perché di quel comportamento nemmeno quando gli era arrivato alle spalle e gli aveva detto, o meglio urlato, con una solennità marziale da esercito: Asahi-san! Tu sei un’ispirazione di forza e io sono onorato di essere giunto nella tua squadra!
E aveva scandito o, no, ra, to! come se avesse scomposto l’imponente architettura della parola in mattoni di sillabe.
Aveva dovuto abituarsi al suo modo di fare a prezzo di molti sussulti e imbarazzo – irrompeva alle spalle delle persone chiamandole bruscamente, amava parlare tanto e a voce altissima, rideva rumorosamente. Era sicuro di sé, ostinato, collerico e invadente. Mostrava rispetto per i suoi senpai ma non usava mai il cognome per rivolgersi a loro. Non evitava il contatto fisico, specialmente quello energico: pacche, manate, strette vigorose. Come nel campo, il suo corpo non conosceva mai posa: era onnipresente e tutto lo riguardava.
Ciò nonostante tutto questo aveva finito col diventare una componente preziosa e irrinunciabile della squadra – e non si era semplicemente abituato, nel giro di pochissimo aveva finito per averne bisogno.
L’ammirazione che Nishinoya gli mostrava – il modo in cui faceva vibrare le vocali del suo nome come se fossero un grido di battaglia e un primordiale inno di fiducia – gli dava una sicurezza nuova e l’impressione di brillare di una luce unica a sua volta.
L’intensità del suo sguardo lo faceva vibrare di emozioni confuse a cui non era prudente dare nome.
 
- Asahi-san!!! –
L’asso della Karasuno sussulta, perché ad essere richiamato con quella potenza come un animale da riporto, ancora non si è riuscito ad abituare. Dietro di lui si è piazzato Nishinoya, gambe larghe e mani sui fianchi.
- … sì? -
– Dopo gli allentamenti fermati con me. Ho bisogno di parlarti. –
Non ha usato un tono particolarmente autoritario o imperioso, ma di sicuro non ammette repliche.
Nishinoya è una di quelle persone che non ha un’altezza fisica. O meglio, è la prima a cui fai caso, ma quando si rivolge direttamente a qualcuno, l’intensità della sua aura è talmente possente che davanti a quella, chiunque finisce per sentirsi un tappo.
Lui non fa eccezione. In un attimo quello scarto di più di 25 centimetri si dissolve in niente: Asahi Azumane è una formichina contro la maestosità millenaria del Monte Fuji.
Sente distintamente quando il suo istinto gli notifica in tono pacato, Sei fregato, Asahi.
Deglutisce, ma si sforza di sorridere e annuisce rigidamente.
- ...certo. - Deve cercare di apparire tranquillo e a proprio agio, nonostante l’idea di rimanere da solo con il ragazzo del primo anno che gli piace gli faccia venire voglia di uscire e andarsi a costituire davanti alla legge. Lo sforzo che sta compiendo è incommensurabile. -... è successo qualcosa...? –
- No. – risponde lui senza battere ciglio. Asahi invidia quel monosillabo senza una sola sbavatura di incertezza e il modo in cui vuota la borraccia in una vigorosa sorsata e poi si asciuga la bocca con il dorso della mano. - Ti aspetto qui fuori appena ti sei cambiato. – conclude, lanciandogli un asciugamano pulito che aveva dietro prima di voltarsi e correre via, verso lo spogliatoio.
Lo osserva immobile allontanarsi e un lungo brivido gli serpeggia solitario per la schiena.
Sei fregato, Asahi.
***
Il momento in cui tutti se ne sono già andati arriva troppo presto, e loro sono in una palestra ancora da chiudere, a tarda sera, da soli.
Asahi vorrebbe essere ovunque fuorché lì, ma è in trappola. Ha la sensazione che quello che stia per capitare sia la sua sentenza definitiva, e non sa come dissimulare tutta quella tensione. Il fatto che anche Nishinoya sembri agitato non lo aiuta affatto.
- ... dimmi pure. – comincia lui il discorso, pregando che la sua voce risuoni pacata e a proprio agio invece che tremula e allarmata.  
Il ragazzo smette di dondolare il proprio peso da un piede all’altro, di colpo si blocca e lo fissa negli occhi con determinazione. È uno sguardo che arde senza ferocia, è uno sguardo che con la sua potenza potrebbe forare la roccia e il metallo – è fiamma pura.
È un silenzio che sembra durare in eterno, al punto che sembra surreale che venga interrotto all’improvviso con una dichiarazione ferma, decisa.
- Tu mi piaci, Asahi-san. Esci con me. -
Quelle parole sono un proiettile. Raggiungono il cuore di Asahi e questo si ferma. Come è nell’ordine delle cose.
Lui ha smesso di respirare, ma Nishinoya fa un passo avanti e torna a ribadire quanto appena detto con appassionata insistenza: - Esci con me, Asahi-san!!! -
-...e-ehi...  – Asahi si sente vacillare e soccombere sotto al peso di ciò che ha sentito. Si domanda se stia sognando, se sia uno scherzo della sua immaginazione, si ritrova ad indietreggiare senza rendersene conto con il pulsare del proprio sangue che lo assorda così tanto da stordirlo.
- ... credo che... uh... - Non sa a quali energie attinga per ribattergli, ma deve affrettarsi a farlo. O sta fraintendendo o c'è qualcosa che non va.
- ... i-io... n-non posso questa settimana... sono un po' indietro con lo studio! -
Non riesce a capire dal panico in cui è piombato se è diventato rosso pomodoro o pallido come un cencio mentre si affretta a trovare la scappatoia diplomatica più adeguata.
Nishinoya si rabbuia e gli va dietro, impedendo che tra loro si crei troppa distanza.
- Cosa cavolo c'entra, non ti ho chiesto un appuntamento, ti ho chiesto di uscire con me! Nel senso di stare insieme!! – le sue guance si tingono di un rosso acceso, sia di rabbia che di imbarazzo. - Non prendermi in giro!! -
Asahi deglutisce, divergendo gli occhi dai suoi e sentendosi il sudore colare gelido dalla fronte.
Dannato Nishinoya, ma che gli prende così all’improvviso?! Come se fossero cose da prendere alla leggera!
- Non capisco perché mi chiedi questo. – mormora, il cuore che ora ha ripreso a battere così forte da fargli vibrare lo sterno. - … stai scherzando? -
Lo sguardo di Nishinoya si fa più feroce. – Per chi mi hai preso?! Tu piuttosto! Perchè non mi prendi sul serio? È da molto che cerco di fartelo capire! Perchè fai di tutto per non rispondere? - digrigna i denti e abbassa lo sguardo rabbioso come se avesse appena ingoiato un pensiero di fiele – ma è solo per un attimo, non vuole lasciarlo andare nemmeno con il contatto visivo. - ...se non ti interesso, almeno dimmelo! -
- Che stai dicendo? Cosa avrei dovuto capire?! – sentendosi piccato per la prima volta durante quello scambio, Asahi ha la prima reazione di impulso e non fa niente per nascondere la sua alterazione.  
- Ma se ti ho detto che mi piaci!! -
Asahi si sente diventare la faccia così rossa che gli viene da chiedere se stia emettendo luce.
China la faccia da un lato e—Anche tu mi piaci, vorrebbe dire ad alta voce, con la saggia pacatezza degna di un vero senpai, Semplicemente, pensavo che preferissi le ragazze, mi sembrava evidente. Non voglio litigare, Nishinoya, non per un motivo del genere.
Niente di simile esce dalla sua bocca, però, e rimane immobile, senza riuscire a spiccicare un quarto delle parole che servirebbero.
(E poi sono un tuo senpai.)
(Non posso approfittarmi della tua vulnerabilità—)

È da un paio di mesi che si è accorto di essere diventato sempre più sensibile alla sua presenza, di guardarlo in un certo modo, più spesso di quanto non dovrebbe, di pensare a lui con un’insistenza irrinunciabile, ma si sarebbe ben guardato dal confessarlo ad anima viva.
(—né della mia.)
E ora…
Come abbandonarsi a quella dichiarazione? Come venire meno al senso di responsabilità verso un kouhai? Perché abbracciare volontariamente una condanna alla delusione di entrambi, perché buttarsi in quel caos di emozioni incerte?
- ... e Shimizu? - sussurra d'un fiato, praticamente in semi-apnea, quasi lo stesse dicendo al pavimento di legno.
Sente Nishinoya battersi solennemente la mano sul petto, la sua risposta non tarda ad arrivare: - Kyoko-san è un angelo di luce che veglia silenzioso su tutti noi, e il mio cuore arde per lei, ovviamente! Ma… - sente la sua voce cambiare in una sonorità inaspettata, roca di un’emozione che non aveva mai udito prima in Nishinoya, ed è per quella che Asahi solleva lo sguardo, come se rispondesse a un richiamo. - Non mi piace nel senso in cui mi piaci tu, Asahi-san.
Irrigidendosi come uno stoccafisso, Asahi arrossisce violentemente e arretra di qualche passo verso il muro.
Come mai la sua reazione sia più da panico che non di gioia, è un mistero che lui per primo non riesce a spiegarsi.
Ma Nishinoya – splendido, insostituibile, meraviglioso Nishinoya, ha esitato abbastanza e si affida all’istinto, lui non ha bisogno di pensarci oltre: lo afferra con forza per la felpa e lo strattona a sé tirandolo verso il basso, si spinge sulla punta dei piedi e lo bacia.
Nishinoya è irruento e impaziente, Nishinoya non vuole sprecare opportunità e occasioni, e di ogni insicurezza si è spogliato come di un cappotto logoro; Asahi lo avverte in ogni fibra del corpo e trattiene il fiato – se rimane in piedi quando l’altro gli spinge la lingua tra le labbra è per un assurdo miracolo.
Basta un millesimo di secondo per fargli dimenticare di essere al mondo.
È il vuoto ed è l'assenza.
È il tutto ed è l'assoluto.
È come annichilirsi in un solo istante senza avere neanche il tempo di capire come sia potuto succedere. Avere a malapena le forze di restare tutto attaccato e non disfarsi.
Va in apnea e i suoi occhi si spalancano di stupore smettendo di vedere.
Ci mette un po’ ad accorgersi che il bacio si è interrotto e che Nishinoya l’ha lasciato – anche se lui è rimasto pietrificato, con la schiena curva in avanti e la bocca semiaperta.
A poco a poco riprende a vedere – Nishinoya è ancora davanti a lui e lo osserva con le sopracciglia aggrottate, l’espressione intensa e concentrata e la faccia visibilmente rossa.
È difficile capire quanto tempo passino a guardarsi in completo silenzio, respirando a mala pena. È di nuovo Nishinoya a porre fine a quella stordita attesa, e si avventa di nuovo sulle labbra di Asahi trepidante, prendendogli il viso tra le mani.
La reazione di Asahi è meno passiva e più istintuale per i primi secondi – almeno finché le scosse ad altissimo voltaggio che si propagano lungo il suo midollo spinale danno al suo cervello abbastanza energia per connettere e…
- N-Nishinoya, no! – mormora, con tutta la decisione di cui riesce a farsi capace, spingendolo debolmente all’indietro. – … È una pessima idea! Non possiamo! Non pensi a Shimizu?!
Senza scomporsi, Nishinoya riprende da dove era stato interrotto.
Questa volta Asahi fa appello al suo autocontrollo e al suo senso di responsabilità, e con sforzo decisamente maggiore di prima, lo respinge.
Nonostante abbia il fiatone e sia spaventosamente accaldato, nemmeno avesse appena fatto una corsa.
- NO-NON CREDO CHE QUESTO SIA LEGALE NEL NOSTRO PAESE!
Nishinoya è talmente impressionato dall’argomentazione che ci mette meno di un secondo per zittirlo con un nuovo bacio.
E non ha bisogno di altro, perché la spina dorsale di Asahi si disfa in una miriade di trucioli morbidi che si squagliano come burro al sole e non c’è rimasto più nulla da obiettare, se non l’evidenza che da quel momento sì, usciranno insieme.


Fino alla partita contro la Dateko sembrava che nulla potesse far decadere la loro unione.
Nishinoya si nutriva di assoluti; l’avevano plasmato nel portamento, nei modi, nello sguardo e nella voce.
Nishinoya ardeva di fuoco e brillava di sole – il suo sorriso scioglieva, rischiarava, animava.
Averlo accanto convertiva il significato delle parole più spaventose (Niente era impossibile, al massimo complicato) e magnificava quello delle più belle (Un amore non bastava che fosse grande, era sconfinato).
Nishinoya era forte.
Lui no.
La sua debolezza aveva finito per allontanare e respingere la luce di Nishinoya e lo rendeva indegno di rimanergli accanto. Uno splendore così non poteva essere intralciato dai limiti angusti e freddi della sua mediocrità e delle sue fragilità.
Aveva aspettato nella speranza che fosse l’altro ad affrontare per primo l’argomento, ma così non era stato: passata una settimana dal loro ritorno nella squadra, ancora non avevano abbandonato quel limbo di vaghezza e dubbio circa che cosa fossero adesso l’uno per l’altro.
Perché aspettare ancora?
Era una domanda di cui conosceva già la risposta, ma da dove cominciare?
Trasalì nell’accorgersi che Nishinoya lo stava osservando a sua volta con la coda dell’occhio. Lo studiava con uno sguardo neutro, forse solo per lasciargli intendere che si era accorto di essere guardato. Non sembrava scomposto della cosa (a differenza di Asahi, che ancora una volta si sentì sprofondare), e, come nulla fosse, tornò a fissare avanti a sé.
Asahi si morse il labbro e (Non hai già perso abbastanza tempo?) un moto di rivolta contro se stesso lo accese di una determinazione nuova, ostinata, ribelle alla propria indole.
Attese che l’attività del club fosse ufficialmente conclusa e raggiunse Nishinoya con l’intenzione di dargli una mano a riordinare la palestra.
- Uhm… posso… - si schiarì la voce, augurandosi di tossire via ogni titubanza. – … posso fare un pezzo di strada con te, stasera? -
Era terrorizzato dalla risposta, ma questa volta l’iniziativa doveva essere presa da lui, anche a costo di sentirsi respingere.
I grandi occhi di Nishinoya si spalancarono appena riflettendo un genuino bagliore di stupore, ma subito annuì. – Certo! –
La facilità con cui le circostanze avessero preso una piega così favorevole spiazzò Asahi come se avesse ricevuto un rifiuto. Si affrettò, imbarazzato, a giustificarsi, mentre le mani, irrequiete, non sapevano dove appoggiarsi.
- Ecco… se non ti allunga di troppo la strada, ovviamente. -
Nishinoya scrollò le spalle, scrocchiandosi per bene le ossa delle spalle e del collo. - Naah. – gli rivolse come risposta un sorrisetto beffardo di sfida. - Cos’è, stai già pensando di scapparmi? –
Asahi arrossì e si morse l’interno della bocca per non distogliere lo sguardo. – Io—io… ti sto invitando proprio perché ci terrei a parlare. –
(E gli costò così tanto sforzo fisico che si sentì quasi salire le lacrime agli occhi)
Il libero della Karasuno sembrò soddisfatto della risposta e gli sorrise un’ultima volta prima di tornare ai suoi compiti.
La mezz’ora che precedette il congedo e l’uscita dei membri del club di volley durò per Asahi più delle ora di allenamento, ma finalmente lui e Nishinoya riuscirono ad avviarsi.
Non abitavano nella stessa zona, ma per fare la strada insieme avevano individuato un percorso comune che arrivava fino ad un bivio, al quale si separavano.
Presero quella direzione senza doversi mettere d’accordo prima, camminando fianco a fianco e mantenendo entrambi il silenzio.
L’orecchio di Asahi era iper-percettivo di ogni suono che udiva. Il fruscio della tracolla della borsa contro la stoffa della felpa, il ritmo dei passi sul marciapiede asfaltato, il suo cuore in subbuglio tra la gola e le orecchie, il suo respiro. Dilaniato dalla tensione, persino i suoi pensieri sembravano essersi prosciugati del coraggio di poco prima, e tutto quello che rimaneva erano quel caos straniante di gesti meccanici.
- … è stata una bella giocata, stasera, uh? – tentò, timidamente, ma senza un reale appoggio da parte della sua creatività.
Nishinoya allargò le braccia per stiracchiarsi ed esclama un liberatorio: - Aahhh sì!! – prima di appoggiare entrambe le mani alla nuca. - Ci voleva! Un mese di sospensione quasi mi uccideva!
- Ormai ci siamo all’incontro contro la Nekoma, eh.
- Già! Non vedo l’ora!
- Quasi non credevo alle mie orecchie quando ho sentito che la nominavano.
- Ora che siamo di nuovo tutti insieme bisogna recuperare alla grande!
Così non sta funzionando, pensò disperatamente Asahi, che, iniziando ad avere una consapevolezza più dettagliata della situazione, realizzò anche quanto fosse improbabile  raggiungere il fulcro del discorso commentando la loro attuale formazione in campo.
Chinò il capo e sentì la faccia inondarsi di un formicolio caldo e sgradevole, la testa e la bocca svuotate di tutte le parole che avrebbe voluto dire. Si fermò e prese un respiro, chiudendo gli occhi.
Voglio avere – (ed espirò, immaginando che il suo respiro uscisse sotto forma di un’opprimente fumo violaceo, la sua agitazione e la sua paura) –il coraggio di guardarti senza più rimpianti.
(Quando riaprì gli occhi, ecco, la paura era tutta uscita)
- Nishinoya.
Il fiato gli mancava da quanto il cuore gli martellava lo sterno facendogli vibrare ogni costola, ma lo trattenne indietro, ed ecco– ormai era iniziato, non doveva fermarsi, era come correre in discesa…
- ... mi dispiace di come sono andate le cose. – fece una pausa, ma per l’impressione di non avere abbastanza aria – bastò ricordarsi di riprendere fiato e proseguire. - Non c’è giorno in cui non l’abbia rimpianto e... avrei… voluto dirtelo prima. –
Calò un silenzio grave e spiazzante tra loro e Asahi si sentì scivolare di nuovo nell’angoscia del vuoto. Si sforzò di reagirvi per riempirlo.
- E... cioè... – per quanto avesse ripetuto il discorso tra sé innumerevoli volte, struggente e convincente abbastanza da poter risanare tutto, ora le parole erano macigni da estrarre da un fondale melmoso ed ognuna, anche la più goffa, costava fatica. - Non penso che abbia senso dirlo ora. So che è tutto passato. Ma… pensavo… era giusto che tu lo sapessi. Che fossi io a dirtelo.
L’unica risposta che ottenne fu di nuovo silenzio. Studiò il viso di Nishinoya e vi vide l’immobilità smarrita di un animale in attesa. Evidentemente per lui il discorso non era ancora terminato—ad Asahi sembrava assurdo che non sapesse già come reagire.
Abbozzò un sorriso impacciato mentre dal fondo dello stomaco gli risalì un fastidioso formicolio.
- Ah… scusami… forse è una sciocchezza, vero? – il formicolio raggiunse la sua nuca e lui lo grattò via di riflesso, nervosamente.
Nishinoya non rispose e il suo sorriso già debole si ritirò.
Rimasero a guardarsi, ma non a lungo. Asahi sapeva che non poteva permettersi di esitare troppo tra una mossa e l’altra, e che se l’avesse fatto avrebbe potuto infrangere quell’equilibrio già precario.
Seguì un istinto.
Non aveva programmato di farlo, ma non avrebbe saputo come altro dare solennità alle parole che gli erano rimaste da dire, né come nascondere le lacrime che avevano cominciato a minacciarlo con il loro pizzicore.
Si inchinò sobriamente, con un unico movimento, in segno di umiltà e rispetto.
- ... grazie. – disse (e si stupì che la sua voce fosse così ferma in quel momento). - Tu sei un’ispirazione di forza e io sono onorato di essere ancora nella tua squadra.
Asahi non era sicuro che Nishinoya avesse riconosciuto quella frase come la prima che gli avesse rivolto, perché il ragazzo non commentò niente a riguardo. Però fu sollevato quando gli si precipitò addosso, prendendolo per le spalle e farfugliando, imbarazzatissimo: - M-ma che fai, sei impazzito?! Dai, alzati!! Non c’è bisogno! -
Fu afferrato per le maniche della felpa e strattonato verso l’alto per riassumere a forza una posizione eretta.
Anche Asahi si sentiva tremendamente in imbarazzo per tutto quel discorso, ma era evidente di quanto Nishinoya lo fosse quasi più di lui. Sembrava che persino le punte bionde del suo ciuffo fossero diventate paonazze.
- N-non ho fatto niente per cui essere ringraziato così! E non voglio scuse, ormai è andata e poi anche io non ti ho più cercato, ma basta adesso, quella storia è finita, dannazione, Asahi-san, perché ti è venuto in mente di inchinarti così, come hai potuto farlo davvero?! -
Gesticolando e contorcendosi dall’agitazione, parlava come se ogni pensiero generato dalla conversazione fosse parte di un’unica frase, e non aveva preso fiato fino a che i suoi polmoni avevano retto.
Il ritorno della sua solita reattività fu un conforto meraviglioso per l’asso della Karasuno che gli sorrise, sollevato.
- ... è sempre così.... ogni volta io penso sempre troppo. Sei tu a parlare per primo e a dire le cose come stanno. Adesso c’era bisogno che fossi io a farlo. – ammise con semplicità.
Ora una pacatezza luminosa come un raggio di sole lo rassicurava e sosteneva la chiarezza dei suoi pensieri. Gli fu più semplice continuare.
- Non sarebbe onesto negare la mia forza. Ma sei stato tu ad insegnarmi a vederla. Tu non ti limiti a creare connessioni tra noi giocatori, ci metti in comunicazione con noi stessi. Rendi tutto… chiaro, all’improvviso.  È come quando impari a leggere, e se fino al giorno prima avevi davanti una scritta sconosciuta, ecco che finalmente la capisci, fino a diventare semplice come respirare. Così è stato per me. Sei tu a rendermi forte mostrandomi come esserlo. Tu mi rendi una persona migliore. –
Non gli pesò come prima di aver nuovamente zittito Nishinoya, che, sbigottito dall’eloquenza e dall’eccezionalità di tali omaggi, era rimasto a bocca aperta, immobile.
Attese e gli sfiorò appena il viso con la punta delle dita.
- … i miei sentimenti non sono cambiati da allora. -
La mano non riusciva a smettere di tremare, esitante nel tocco, per questo la ritirò quasi immediatamente, ma la sua voce era rimasta ferma.
- Ti vorrei con me. Come prima. –
L’aveva detto.
Come quando si spezza un tabù e si nomina qualcosa di proibito ad alta voce, ecco che l’accumulo di apprensione si ritorse contro Asahi e tutta la nebbia violacea che aveva respirato via lo aggredì. Avrebbe dato un arto per rimuovere gli ultimi minuti della sua vita; stava già per aggiungere qualcosa che ammortizzasse l’impatto (Ma rispetterò la tua volontà se non fosse ciò che vuoi anche tu, e—), ma Nishinoya gli impedì di cominciare abbracciandolo così forte da intimidire qualunque principio di frase.
Una stretta del genere gli diede l'impressione che l'ossigeno dai propri polmoni fosse stato strizzato via, ma sarebbe stato imperdonabile che quell’attimo andasse sprecato; non si diede il tempo per imbarazzi e goffaggine, senza respirare lo strinse a sé a sua volta, con tutta la devozione che potesse imprimere in quel gesto.
- Scemo… leggendario sommo scemo! – inveì Nishinoya, la voce mezza attutita dalla stoffa della felpa che premeva contro la sua bocca. – Credi che i sentimenti cambino da un giorno all’altro?! Credi che solo perché è passato del tempo io non abbia smesso di pensare a te?! – e prima ancora che Asahi realizzasse il senso di quanto aveva detto lo strattonò verso il basso e lo baciò, lasciandosi trascinare dallo slancio.
Un brivido di emozione pura e dirompente attraversò il corpo di Asahi e vi si abbandonò con gioia, godendosi il ritorno di quelle sensazioni che a lungo aveva rimpianto.
Nishinoya si inarcò contro di lui, spingendosi sulle punte dei piedi per meglio affondare nella foga del bacio – nella sua frenetica ricerca di contatto non era sufficiente limitarsi alla bocca e alla lingua. Le sue mani irrequiete non conoscevano sosta risalendo verso l’alto fino a raggiungere i capelli dell’altro e a scompigliarne il fagotto in cui li teneva legati.
Senza lasciarlo andare gli cinse il collo tra le braccia e interruppe il contatto delle loro labbra per rimirarlo con estatica adorazione.  Era raggiante della più pura delle felicità.
– Non pensavo che me l’avresti mai detto!! – esclamò, e lo abbracciò di getto, stringendolo forte come non sembrava che avesse mai fatto. - Sei il sogno supremo di ogni uomo! –
- …eh… - mormorò Asahi, che non avrebbe saputo replicare niente di meglio da quello spassionato complimento, nemmeno se non fosse stato mezzo strozzato dall’impeto poderoso di Nishinoya.
Ma non vi avrebbe rinunciato per nulla al mondo.
- ...mi basta essere il tuo. –
   
 
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