Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Rota    26/11/2015    1 recensioni
Tornerò a pregare per te quando le mie parole saranno capaci non di pietà né di commiserazione, ma di sopportare il peso della salvezza per tutte le creature del mondo.
[Prima classificata al contest indetto da Mokochan sul forum di EFP “Shigeki no Kyojin – Het&Yuri contest” e vincitrice dei premi Giuria e Stile]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Leonhardt, Armin Arlart
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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*Nome autore: Rota
*Titolo storia: Reach out and touch faith
*Prompt scelti: //
*Fandom: Shingeki no Kyojin
*Personaggi: Armin Arlet, Annie Leonhart
*Pairing: AruAni
*Avvertimenti: Au, One shot
*Generi: Introspettivo, Romantico, Angst
*Rating: Giallo
*Credits: Personal Jesus, Depeche Mode
*Conteggio parole: 4015
*Prima classificata al contest indetto da Mokochan sul forum di EFP “Shigeki no Kyojin – Het&Yuri contest” e vincitrice dei premi Giuria e Stile
*Introduzione: Tornerò a pregare per te quando le mie parole saranno capaci non di pietà né di commiserazione, ma di sopportare il peso della salvezza per tutte le creature del mondo.
*Note dell’autore: I Giganti sono Demoni, i soldati sono Esorcisti. Il resto lo descrivo nella fic :D Ah, e i miei protagonisti sono un poco più grandi che nel manga, giusto per xD

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Reach out and touch faith

 

 

 

-Tornerò a pregare per te quando le mie parole saranno capaci non di pietà né di commiserazione, ma di sopportare il peso della salvezza per tutte le creature del mondo.

 

***

 

Your own personal Jesus
Someone to hear your prayers
Someone who cares
Your own personal Jesus
Someone to hear your prayers
Someone who's there

 

 

Chiude il libro con delicatezza e attenzione, soppesando nel gesto l’importanza dell’oggetto che tiene tra le mani.
Solleva lo sguardo al soffitto, perdendosi lungo la linea infinita dello spigolo di legno scuro degli scaffali alti, ricolmi di tomi vecchi pregni di quell’odore tipico della carta fatta nell’antichità dell’uomo. La libreria è come al solito pregna dell’odore di inchiostro secco e di colla, ogni suo pensiero è rivolto alla speranza di non riuscire mai e proprio mai ad abituarsi a quella perfetta bellezza.
L’ombra della notte che nasconde il limite delle cose rende tutto infinitamente indistinto, stanca e avvolge la coscienza in una sensazione erronea di pace che può appartenere soltanto a lei e soltanto a quelle sensazioni precise.
Lui scosta un ciuffo di capelli chiari dallo sguardo, caduto per distrazione e peso, prima di sentire il rumore di uno spostamento vicino e quindi curvare le proprie labbra in un sorriso arricciato, agli angoli della bocca.
-Sapevo di trovarti qui.
Lei è in piedi, avvolta dalla consueta tunica bianca degli Esorcisti, uscita da un angolo cieco - solo una fascia che dal fianco sale fino alla spalla destra colora la sua figura altrimenti composta, impettita, rifinita come in una scultura. Una lampada in mano che le stende sul profilo un’ombra rosso rubino, uno sguardo appena più lucente del solito per la stanchezza e l’abitudine di qualcosa già visto mille volte. Fa però attenzione a non alzare troppo il tono della voce, per non disturbare il silenzio di quel luogo eterno; delicata come una premura.
Armin si alza dalla scrivania su cui ha perso attenzione e ore, separandosi con un gesto da uno dei tanti tomi che ha studiato prima di perdere la concezione del tempo. La candela che ha illuminato il suo sguardo, posta sul ripiano orizzontale, è quasi morta, e la sedia strisciata sul pavimento bianco di pietra stride di vecchiume e fatica.
Richiude tutti i libri, riponendoli in ordine su colonne dritte.
-Sapevo che mi avresti trovato.
Annie si avvicina prima che lui riesca a finire, guardando le sue mani muoversi e osservando in maniera non troppo distratta i titoli dei grandi tomi, scritti tra ghirigori e lettere tonde. Per quel poco che lui le ha insegnato a leggere, riesce a capire almeno un paio di parole.
Per nessuno degli Esorcisti del loro rango è necessaria una capacità del genere: basta ripetere le preghiere a memoria nelle occasioni giuste, e non si chiede alle reclute nient’altro. Armin però ha una bella voce e una curiosità contagiosa, che è riuscita ad affascinarla davvero.
Anche in quel momento, gli occhi chiari di lui catturano la sua attenzione e sembra quasi formulino un incantesimo.
-Vorrei pregare insieme a te. Mi segui alla cappella?
Annie asserisce e si fa condurre.

 

 

Dalla Biblioteca Centrale alla Cappella della Chiesa di Massima Funzione, c’è poca strada da percorrere a piedi. Forse perché quando il genere umano è stato costretto a ritirarsi in perimetri circoscritti e tra mura isolanti, fatte per lo più di materiale spesso e in grado di non far penetrare il gelo dell’inverno perenne che sconquassa e sconvolge il mondo esterno, si è pensato bene di non scollegare il sapere dalla fede in atto, collegando le due cose intrinsecamente per facilitare poi il meccanismo di pensiero che li collega quasi come unica cosa, e li limita entrambi in maniera implicita.
Il credo del Dio Sole, che scioglierà tutti i ghiacci e ridarà di nuovo il Giorno agli uomini, impregna le preghiere di tutti gli Esorcisti contro i Demoni loro nemici, esattamente come dirige la mano che inchiostra di nero ognuno dei pesanti e possenti tomi del sapere. Stessa ispirazione, stesso punto di riferimento.
Agli occhi di Annie, quindi, come agli occhi di un qualsiasi spettatore esterno, Armin rasenta quasi il livello di un fanatico. L’acutezza dell’ingegno lo allontana da facili assunzioni prive di fondamento nella ragione stessa, e le nozioni gnoseologiche di cui la sua sola mente è matrice avvicinano la praticità alla pura filosofia. Si potrebbe parlare, con lui, di religione come di tortura degli infedeli nella stessa maniera concreta.
Spaventoso e irresistibile allo stesso tempo.
All’entrata della Cappella, un lungo corridoio bianco - accecante come la neve che copre tutte le terre. Una vetrata linda dona lo spettacolo dell’esterno, sulla distesa candida che si allunga per chilometri e chilometri. Non c’è luce nel cielo sempre sconvolto da una tempesta nera, soltanto delle lampade di fuoco fato, bluetto e iridiscente, appese a croci vuote dalle mani esperte degli Esorcisti della Rocca.
Annie si ferma a fissare i tre Demoni crocefissi a guardia dell’ingresso della Cappella, com’è costretta a fare ogni giorno. Sono come pietre, bloccate in uno stato eterno da un palo sacro conficcato nel loro cuore: fauci in evidenza, corna e code e ali coperte di neve ma definite persino su quello sfondo d’ombra, e nessuna luce negli occhi.
I loro nemici, coloro che hanno sparso la notte eterna.
La fiamma della sua lampada ha un sussulto quando Armin le si avvicina di nuovo, fissando lo stesso punto su cui i suoi occhi si sono intestarditi.
-Uno spettacolo degno di nota, non è vero?
Una smorfia nauseata modifica le ombre sul volto di lei.
-Disgustoso.
Fa un passo indietro quasi per allontanarsi, eppure lui rimane fermo con le mani incrociate dietro la schiena, i capelli appena lunghi raccolti all’altezza della nuca. La supera di poco in altezza, e le sue spalle fragili sono irrobustite da una forza completamente spirituale.
-Serve soltanto a monito. A noi come a loro.
-Un’inutile barbarie.
-Provi pietà per i Demoni?
La guarda, lei restituisce lo sguardo. Ma non coglie la provocazione, rispondendo come sempre in un soffio discreto, seppur più che duro. Vibra tutta di passione, dalla punta dell’acconciatura raccolta sulla sua testa agli stivali neri che fanno silenzioso il suo passo.
-No, ma per gli occhi e le anime di noi Esorcisti.

 

 

Fuochi fatui imponenti ai lati della statua del Dio Sole, con delle lingue di fuoco tanto alte da garantire in ogni ora e in ogni situazione luce al luogo più importante dell’intero centro abitativo, perché i fedeli lì raccattati possano in ogni momento raccogliere concretamente la propria fede e conservarla nel cuore, anche entro le coltri tenebrose di un mondo alla deriva.
Più vicini alla luce e al calore ci sono gli spazi riservati al re e ai nobili, sedili di legno morbido disposti a cerchio entro cui scorre, perpendicolarmente rispetto al palco dove monsignore Nick di solito celebra le proprie funzioni ed esclama le proprie prediche.
Appena più indietro, i posti riservati alla guardia reale con cui Annie deve ancora prendere confidenza ma che già colora la fascia della sua divisa di un rosso brillante, avvolto come una cinta alla sua vita e al suo petto. Il resto degli Esorcisti appena più indietro, divisi per gruppi.
Seduti su sedie di roccia, così comune e così grezza, rimane la comunità senza titolo della popolazione.
Il fuoco balla quando due sacerdoti allungano alla base di cenere nuova legna sacra da ardete, posizionata per mezzo di attizzatoi uncinati, di metallo splendente. Non si vede espressione o viso, nelle ombre con cui i loro cappucci scuri avvolgono su tutto il loro capo, a malapena il pallore della pelle delle mani che sbuca dalle maniche larghe della tunica povera.
Annie aspetta in piedi che l’altro finisca di borbottare per la quinta volta la supplica rivolta al futuro, nella conta sul rosario fatto con la punta delle unghie bianche. Ha ancora le mani giunte davanti a sé e un formicolio lungo tutte le gambe.
Sussurra a occhi socchiusi, il viso ancora rivolto in avanti.
-Le tue preghiere mancano di forza, stasera.
-Sei attenta a quello che faccio?
-Mi pare difficile non ascoltarti, se preghi così vicino a me.
Imita la sua voce, aggravando un poco il tono della propria e assumendo nella posa qualcosa che dovrebbe suggerirgli la pochezza della propria persona. Lei è sempre attenta ai dettagli, quando si tratta di carpire quello che è della personalità sfuggente di lui.
-La volontà rende il mantra efficace.
Armin sorride, il rosario tra le sue mani è stato completato: il palmo racchiude il piccolo e lungo oggetto d’argento, per ogni pietra preziosa di cui è composto. Più lunghe e articolate sono le preghiere che l’Esorcista pronuncia, nelle proprie ore di ritiro, più la forza scaturita da quelle sarà prorompente nel momento del bisogno. Non c’è dare senza ricevere e viceversa, in quel mondo dove il connubio dei contrario è più che evidente.
E il giovane uomo lo sa bene.
-Il Dio Sole sa ascoltare la vera volontà del cuore. Non sono qui per rivolgergli parole piene di menzogna.
-Paura della punizione divina?
-C’è qualcosa di più terribile che una punizione che viene dall’altro. Un’anima sporca di peccato, alla fine, è la più grande condanna per un uomo e per un Esorcista.
Alza il viso e la luce del fuoco lo illumina - non è solo questo, Annie lo ha capito ogni volta che lo ha osservato da vicino mentre pregava. Non capiterà più tanto spesso, essendo loro stati assegnati a due corpi ben distinti, e questo le ha messo in corpo ben più che un pensiero. È abbastanza sicura però che nessuna luce come nessun calore possa essere più forte di quello emanato da lui o da quelli a lui simili.
La ragione cerca parole precise con cui esprimere i propri dubbi, senza limitarsi a una superficie patinata di ovvio che può essere soltanto fastidioso, come la polvere e la brina.
-Distingui le due cose, come se potessero essere due creature diverse.
-L’uomo incorre soltanto in una definizione banale, ma il termine “Esorcista” può essere interpretato in maniera molto meno stretta. Ci definiamo portatori di luce soltanto per il contrasto con una realtà che ci opprime. Se il sole avesse bruciato la terra, anziché sparire a discapito della luna, ora vivremmo in un deserto sconfinato di sassi e di sabbia, e ci applicheremmo a trovare un nuovo modo per farci rimanere nel giusto.
-Non mi sembrano parole degne di un Esorcista.
-Io credo nella fede del Dio Sole perché è la mia forma di speranza. Ma il completo atto di fede è una forma di coraggio che io non riesco a possedere ancora.
Armin intreccia le dita di una mano con quelle dell’altra, appoggiando quindi la fronte sul profilo di quelle. Raccoglie l’ultimo dei sospiri da rivolgere al suo Dio e quando si alza dovrebbe avere il cuore leggero, libero. Annie riconosce quale forma ha la sua preoccupazione e quale la sua ansia.
Non l’hanno lasciato mai, in tutti gli anni di preparazione alla mansione da Esorcista, e sono piuttosto evidenti anche in quel momento.
Lei non prega, ma le sue parole sono lo stesso taglienti e anzi più forti delle sue, senza arrampicarsi su arzigogolate definizioni e invece arrivando proprio dritte al punto, come una lancia che si conficca nel petto. Non è un caso se lei è tra le prime matricole del corpo dei nuovi Esorcisti, perché neppure Armin e la sua intelligenza riescono a fermarla.
-Non puoi separare l’uomo dalla sua morale o dal suo contesto, altrimenti il tuo pensiero si appiattisce a mera speculazione. E non puoi giustificare né l’uno né l’altra con la semplice realtà dei fatti.
-No, ma con la casualità che ci ha fatti nascere in quest’epoca e con queste capacità sì.
-Pensi che sia soltanto un caso?
-L’uomo si adegua, perché può a malapena governare la propria esistenza.
Si alza dal suo posto, parecchio nervosa, scontrandosi col bacino contro il legno del sedile e producendo un rumore più forte di un sussurro.
La verità non ha sempre una spiegazione, ma se la si professa senza con la pretesa di ignorarla completamente, ecco allora che si insinua in lei il fastidio, quel tipo di irritazione che la porta a essere più glaciale e fredda della neve.
La supponenza, come l’arroganza dell’essere invincibile, è tutto ciò che odia negli dei - figurarsi in un semplice uomo.
-Come definiresti allora la presenza dei Demoni in questo mondo? Non mi pare che tu li inserisca nel termine di “uomo”, ma comunque esistono e comunque hanno uno scopo, che potrebbe essere definita una loro morale. Cosa sono allora i Demoni, secondo la tua logica?
-Un altro atto di fede.
-Sei pronto a distruggerlo però, questo atto di fede.
-Per me stesso e per quelli come me e te, sicuramente. Scelgo io ciò in cui credere.
Lui sorride un po’ incerto, perché non è indifferente ai sentimenti di lei. Non lo è mai stato ne mai lo sarà: un punto di incontro, d’altra parte, lo trovano anche oltre il loro meccanico materialismo, ed è qualcosa di più nobile persino della filosofia.
Lei si accorge di avere le guance in fiamme, per qualcosa che l’ha animata troppa, e quindi sospira cercando di rilasciare almeno un poco di ardore.
-Tu sei perfetto per il corpo d’Assalto, Armin.
-Stai recriminando?
-No, direi di no.
Ridacchia, per mascherare la preoccupazione appena accennata nel proprio animo. Le sue parole sono sicure come l’intimità dello spirito, e anche se regge il confronto ciò che davvero gli manca è l’aggressività così tipica di quelli come lui. Non è dolcezza né premura, come non è passività di carattere; Annie non sa definirlo bene, ma alla fine è una delle tante cose che gli piacciono ancora.
Si alza anche Armin, che con un gesto ripone il rosario d’argento all’interno di una tasta nascosta della sua tunica bianca. La fascia che lo avvolge, di colore verde, diventa di un nero lucente quando lui si rivolge a lei dando le spalle alla fonte della luce.
Si sporge verso di lui e fa un cenno verso l’entrata della Cappella, implicitamente invitandola a preseguire in quella direzione. Annie è ancora una volta guidata da lui.
I loro passi sono silenziosi almeno quanto i loro sussurri.
-Credo che sia tardi per tutt’e due. Anche lo zelo non riuscirebbe a giustificare un ritardo del genere.
-Mi piacerebbe stare ancora un poco con te.
Sente le sue dita attorno al gomito, gentili. Sono calde della passione della fede, rivelano nel tocco il ritmo accelerato del battito cardiaco.
Lei incrocia le braccia al petto, ma non per difendersi da lui.
-Non voglio rimanere qui. Mi sento soffocare.
-Da cosa?
-Dalla sua minaccia.
Lo indica con il capo, quel Dio rappresentato da una statua senza volto.
Fa timore, fa fede, fa tante cose. Umanamente o meno, rimane un colosso non indifferente, e Armin lo comprende per quanto non possa esimersi dall’esprimere disappunto.
-Annie…
Per i suoi occhi, non dice altra parola, e la segue anche dove l’ombra avvolge ogni anfratto di sensazione.
Strano come il tempo, persino in un luogo dove non c’è punto di riferimento, sia più che altro un concetto slegato dalla concretezza dei fatti. Un minuto dura metà della supplica diretta al Dio Sole, un’ora precisamente il tempo per completare metà rosario.
Ma pochi secondi sulle labbra di un fedele e sembra tutto quanto cedere alla follia, che il tempo non riesce a misurare.

 

 

Annie lo porta lontano, ben oltre la Biblioteca e l’influenza sensoriale quanto spirituale che può estendere ovunque. La giovane donna non si ferma contro i muri dei corridoi, non lo seduce con nessuna promessa o l’intenzione evidente di concedersi a lui: passo spedito oltre gli angoli che svoltano verso i dormitori, dalle vetrate si possono vedere sprazzi delle piazze che danno alle case dei civili, basse e dai tetti piatti. C’è poco colore, perché la pretesa è che sia lo spirito ad animare tutto, persino quando si dovrebbe evitare di preferire una menzogna tanto palese.
Scorre dell’acqua potabile attraverso le tubature interne ai muri: Armin riconosce dove lo sta conducendo e non rallenta il passo con cui le va dietro, fissando la coda dei capelli chiari che è sfuggita alla sua acconciatura, probabilmente dopo uno dei gesti bruschi che ha sempre caratterizzato la sua andatura.
Esterno, odore di aria gelata e di ghiaccio. Le tuniche bianche proteggono le loro pelli sensibili, chiare per una mancanza continua di luce, e le loro persone altrimenti fragili. Non sembrano le ore adatte a un attacco demoniaco, ma Armin guarda lo stesso verso il cielo e la cupola scura che li sovrasta. Non c’è niente di certo o di definito, in quel fuori, solo un minimo riparo sopra le testa che non li protegge dal vento ma li protegge da sguardi umani indiscreti.
Lì, sotto quella tettoia e l’arco che apre a uno spiazzo di puro bianco, si sono dati il primo bacio diversi anni prima. Lei è romantica, dopotutto, e ricerca conferme come meglio può, per non gettare la propria vita al completo sbando.
I suoi occhi riescono a brillare lo stesso anche con le vesti e i capelli scompigliati. Gli porge la mano, si fa prendere e stringere. C’è la ricerca reciproca del calore che non è soltanto una mera questione fisica, lo sanno entrambi anche senza bisogno di specificarlo.
La bacia meglio della prima volta, così come la tocca meglio - le rivolge gesti lo stesso emozionati, quello non è variato nel tempo, ma invece di agire di fretta per colpa dell’ansia e della preoccupazione si gode i suoi brividi di gelo quando le dita accarezzano direttamente la pelle della schiena e spargono calore come freddo per tutto il suo corpo. Sorride contro la sua bocca per scusarsi, ma questo non lo salva dalla vendetta di lei, che fa altrettanto e si gode la sua giusta ricompensa. Contro il muro, alza le gambe e si fa sorreggere, portare in alto contro il suo viso, in un abbraccio stretto.
Sono altre preghiere e altre invocazioni, perché le stelle possano comparire nel cielo e guardare ciò che accade: anche loro sono Dee, ma decisamente non umane, decisamente non dedite alla luce salvifica.
Scioglie capelli e lacci, raccogliendo nell’ennesimo bacio tutto il suo spirito ardente e vivendo, per infiniti e preziosi attimi, di quello.

 

***

 

Il ghiaccio contro la sua schiena brucia, ma non come l’inganno, non come il fuoco sacro che limita i suoi poteri e le sue capacità di lotta.
È tutto acceso attorno a lei, e dentro il suo corpo: i suoi polsi e le sue caviglie sono sigillati a terra, intrappolati con chiodi d’argento alla massa candida e dura che è il suolo. Il suo avversario è ancora in piedi, le apre di fronte al viso la bocca piena di fauci e le grida addosso un urlo che sa di potenza e di forza, di vittoria e della piena consapevolezza di quella.
Il corpo demoniaco di Eren è sferzato dallo stesso vento gelato che la colpisce e la ferisce, si staglia nero come un’ombra contro l’alone chiarissimo della circonferenza del rogo che li circonda. Corna, ali e coda, artigli ancora sporchi del suo sangue. Batte il piede contro il ghiaccio, continua a urlare.
Lo ha azzannato più volte al collo, nel tentativo disperato di liberarsi dalla sua presa e quindi scappare via: lì dove i suoi denti hanno strappato la carne, pelle e arterie si ricompongono senza bisogno di aiuto esterno e ricreano la massa morbida che lei ha violentemente strappato.
Se non fosse stato per quell’Esorcista, quella femmina che ha appiccato il fuoco sacro attorno a loro, non sarebbe ancora lì.
Sente i loro passi e la loro presenza sempre più vicina, l’odore delle loro pelli che sa di preoccupazione e fretta, una rabbia assassina.
Sa che frugheranno nel suo corpo alla ricerca di qualche risposta, useranno il suo sangue e ogni pezzo di membra che possono toglierle per ricercare una verità anche solo parziale che possa aiutarli. Non hanno scrupoli, come lei non ne ha avuti quando ha dovuto uccidere quaranta di loro. Soppeseranno assieme ogni morte: che decapitato, chi schiacciato, chi mutilato, chi dissanguato. Per certe cose, la memoria umana funziona fin troppo bene.
Quel che ricorda lei, o che la definisce in quanto essere, non conterà più nulla.
Ha un pensiero rivolto a degli occhi azzurri e a delle mani gentili, per un solo istante. La bocca no, perché ha dato a ciò che aveva di più prezioso in quell’esistenza il tono dell’inganno - le parole, le parole di lui usate, ancora una volta, per piegare la realtà a un solo punto di vista. Dovrebbe odiare tutto, ma non ha questo tipo di forza.
Ha un altro pensiero, molto più umano che tutto il resto. La natura del mostro che la domina risiede per lo più in una distinzione fatta a posteriori, di fronte a qualcosa che faceva troppa terrore.
Chi sceglie la fede, come chi sceglie la paura. Sinonimi, ma non prettamente la stessa cosa.
Ha già le loro mani addosso quando finalmente decide a quale sentimento arrendersi. E non ha voglia di immolarsi per nessuno, neppure per quell’amore che tanto l’ha scaldata e illuminata: non è quel tipo di luce che realmente vuole, perché non accetta di annullare se stessa in virtù di qualcosa che è così in contraddizione con tutta la vita che ha percorso fino a quel momento.
Piange, per il mostro e per l’umano che è.
Diventa cristallo nelle loro mani, una pietra eterna e preziosa che non può essere toccata. L’esistenza più unica di sempre.

 

 

Non hanno esposto il suo corpo come quello degli altri demoni - monsignore Nick si è rifiutato di permettere che una cosa viva potesse essere appesa lì, a spauracchio di chiunque, e il re degli uomini così come quasi tutti i gran capi Esorcisti hanno concordato con colui che protegge i confini contro la Notte.
Peggio dello status di prigioniero di guerra che è toccato a Eren quando ancora non riuscivano a capire se fosse il caso di fidarsi di lui oppure no, e lo avevano segregato dove neppure la luce dei fuochi fatui poteva raggiungerlo.
Segrete che puzzano di ghiaccio e di acqua, niente sopravvive a quel tipo di profondità, ritrovandosi sopra il capo una quantità così grande di materia di neve e di terra da non far venire neanche il pensiero della ribellione.
Ci sono catene d’argento vivo e fuochi azzurri ovunque, un paio di guardie senza la divisa candida degli Esorcisti e, solo ogni tanto, il superiore Hanji e i suoi assistenti che revisionano anche i più piccoli cambiamenti a quella condizione permanente.
È il quinto mese che si trovano nella stessa situazione, ma nessun progresso è stato fatto.
Armin, che per essere stato così utile nelle ultime due missioni del suo corpo esorcista - senza di lui e la sua testa, Historia non sarebbe mai riuscita a diventare concretamente regina - ha il privilegio di poterla vedere quante volte vuole racchiusa in quel cristallo, prova il desiderio di parlarle ancora, come una volta. O toccarla, con le sue mani gentili così abituate alla preghiera.
Ha tante cose da dire, come sempre, sia per le sue orecchie e la sua anima, sia per la sua pelle e la sua persona. Non è il perdono che cerca, che non ha alcuna colpa da giustificare, ma solo quel contatto che tanto gli manca.
Egoista: lo sa lui per primo.
Umano: vorrebbe forse inseguire quel tipo di compassione che lo porterebbe ad aprirsi uno spiraglio in lei per riuscire a raggiungerla, e andrebbe bene qualsiasi cosa. Anche se questo volesse dire confrontarsi con il Demone che è lei, o con l’uomo che ha deciso di essere lui.
Rimane tutto sospeso, in quel modo, per un tempo che fa soltanto male e che allunga il dubbio. Ma il dolore che lei gli ha dato, forse, lo ha messo in condizione di pensare non tanto al conflitto quanto piuttosto alla ragione per cui non dovrebbe sussistere più. Se è una questione di ideologia semplice e pura, per cui si va avanti a guerreggiare, oppure davvero di razza e di incomprensione.
Non lo sa ancora, si limita a sospirare e a incrociare le braccia al petto, difendendo il calore che emana il proprio corpo.
Le due guardie non lo fermano né chiedono nulla, perché già diverse volte l’hanno fatto e non necessitano di un’ulteriore conferma dell’abituale.
Non si avvicina troppo, rimanendo in disparte come uno spettatore. Il verde della sua fascia brilla in tutto quel bianco, gli ricorda quale sia il proprio posto e la strada che si è consapevolmente scelto.
Dentro il cristallo, lei pare addormentata, a sognare un giorno che non finisce mai.
E quindi le rivolge un sussurro - una preghiera per il suo Dio personale, con parole lasciate proprio lì, nel caso lei le voglia sentire quando riterrà opportuno risvegliarsi.
-Tornerò a pregare per te quando le mie parole saranno capaci non di pietà né di commiserazione, ma di sopportare il peso della salvezza per tutte le creature del mondo. E di amarti come la notte ama l’alba.

 

 

 

Take second best
Put me to the test
Things on your chest
You need to confess
I will deliver
You know i'm a forgiver


 

Reach out and touch faith
Reach out and touch faith

 
   
 
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