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Autore: Flareon24    27/11/2015    0 recensioni
In un contesto post apocalittico, due personaggi, Abigail e Josh, si considerano due sopravvissuti. In seguito ad una violenta pandemia che ha colpito il genere umano sono ormai pochi quelli rimasti sani. I due protagonisti tentano di sopravvivere, compiendo un lungo viaggio per arrivare alla fantomatica "zona sicura", luogo misterioso al riparo dai terribili cannibali che ormai infestano ogni luogo. Tentando inoltre di risolvere i dubbi che rendono poco chiaro il loro rapporto, Abigail e Josh faranno di tutto per arrivare alla loro meta, la quale si fa però via via sempre più dubbiosa e incerta.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'asfalto nero e crepato passava sotto i miei piedi, freddo e scolorito. Le linee di sorpasso che definivano la corsia erano ormai scrostate, cancellate dal tempo e dall'usura. Attorno a me pareti su pareti di palazzi soffocavano la visuale di ciò che realmente ci circondava. Le vetrate erano sfondate, le finestre spaccate e i vetri riversi a terra in frantumi come gocce schiantate al suolo. Il silenzio irreale che ci circondava era denso e quasi creava un'atmosfera tangibile, come muoversi sott'acqua. Il vento che passava attraverso i ferri metallici che spuntavano dai grattacieli dava vita ad un suono simile ad un sibilo, un fischio lontano ed ovattato. C'era puzzo di bruciato e il cielo dalle nubi quasi verdastre dava un senso di asfissia, accentuato dall'afa. Qua e là desolati cartelloni pubblicitari, laceri e ormai illeggibili, marcivano senza più nessuno da reclamare a se. Le vetrine erano state distrutte, il contenuto riversato in strada e fatto a pezzi.
I miei anfibi neri scricchiolavano calpestando sassi e pezzi di vetro mentre a passo svelto mi facevo largo fra le macerie di vecchie abitazioni e macchine accartocciate. L'orologio che avevo al polso segnava le 18:32, non ci restava molto tempo.
-Dobbiamo trovare un luogo dove accamparci- esordii continuando a camminare e guardando dritto avanti a me.
-Il cielo è ancora luminoso, possiamo camminare per un'altra ora buona- rispose Josh senza voltarsi.
Mi camminava a fianco, a poco più di un paio di metri alla mia destra. Josh era il mio compagno di viaggio. Avevamo all'incirca la stessa età, io 19 e lui 20 anni. Viaggiavamo insieme ormai da circa cinque anni ed eravamo quelli che si possono definire due sopravvissuti. Oltre a questo, o forse come causa, ci accomunava il fatto di essere ambedue alla ricerca della famosa zona sicura. Un luogo dove si poteva trovare protezione ed una soluzione al nostro problema. Anzi, in realtà più che nostro il problema era nazionale.
-Sai che non è prudente. Non sappiamo se troveremo delle abitazioni proseguendo, potremmo ritrovarci in una zona scoperta al buio-
-Siamo in città, non riusciremo ad attraversarla tutta in così poco tempo-
-La periferia non è sicura-
-Il centro invece si?- domandò ironico.
-Almeno qui ci sono dei negozi, possiamo utilizzare le saracinesche per proteggerci-
-Non possiamo utilizzare la luce-
-Faremo senza-
Il discorso parve morire con la mia ultima esclamazione, il che mi fece presagire che la battaglia l'avevo vinta io. Capitavano spesso questi battibecchi fra me e lui quando arrivava il momento di decidere dove sostare, ormai era un'abitudine
Lui sospirò dopo pochi minuti.
-Va bene, cosa proponi di fare?-
-Troviamo un negozio che non abbia scantinati e rifugiamoci lì. Meglio se è un alimentari, forse ci sarà del cibo in scatola-
-L'alimentari ha quasi sempre un magazzino-
-Giusto. Allora troviamo il primo che ci capita, fra una mezz'ora massimo dobbiamo aver già trovato qualcosa-
Come pattuito, dopo venti minuti io e Josh individuammo un posto che poteva fare la caso nostro. Era un piccolo tabaccaio, abbastanza intatto rispetto al resto del mondo che lo circondava, situato in un quartiere a pochi chilometri dal centro. Non era molto spazioso, ma per passarci la notte sarebbe andato più che bene.
-C'è puzza di morto- disse il ragazzo postandosi le mani sui fianchi, in piedi sulla soglia.
-In quasi tutti i locali chiusi l'odore è nauseabondo-
Estrassi dalla cintura il caricatore e lo inserii con cura nella calibro 22, bloccandolo con un colpo del carpo.
Mi guardai un momento intorno mentre Josh caricava la sua pistola. Gli scaffali, dove le riviste ormai scolorite erano diventate blocchi di polvere, erano inspiegabilmente intatti. Per terra erano riversi fumetti, riviste di motori e cruciverba. Qualche calendario e delle vecchie gomme da masticare alla frutta. La cassa, che si trovava alla nostra sinistra appena entrati, era ricoperta di scartoffie buttate all'aria con disordine. Probabilmente il proprietario se n'era andato di fretta, lasciando il locale in quello stesso disordine in cui l'avevamo appena trovato.
-Pensi sia necessaria una perlustrazione? E' un ambiente così piccolo- osservai.
-Non si è mai troppo sicuri. E poi c'è una porta laggiù-
Mi accigliai.
-Una porta? Dove?-
Lui fece un gesto col mento e, voltandomi, intravidi i tratti scuri e marcati del contorni di una porta bianca. Era proprio davanti a noi, laterale alla cassa.
-Non l'avevo vista...-
Sapevo che questo era il genere di disattenzione che  poteva costarti la vita. Sapevo quanto potessero essere insidiose le porte. Potevano nascondere e celare ciò che vi stava dietro e, se non si stava sufficientemente attenti, si rischiava che nel cuore della notte queste si aprissero e lasciassero uscire ciò che racchiudevano.
Josh mi sorpassò con incedere lento e furtivo, cercando di non fare rumore. Entrambe le mani giunte sul calcio della pistola e l'indice sul grilletto. Appena raggiunse la parete vi poggiò la schiena e si voltò verso di me. Ero rimasta la mio posto, dirimpetto alla porta in modo tale da avere piena visuale e libertà di tiro in caso di necessità.
Divaricai leggermente la gambe e tolsi la sicura, distendendo le mani in avanti e annuendo lentamente. Sentivo il cuore accelerare, ma ciò aveva smesso da tempo di influenzare la mia mira.
Josh tornò a concentrarsi sulla maniglia a pomello. Tolse la sicura a sua volta e, tendendo l'arma con la mano destra, con la sinistra afferrò la maniglia. Deglutì e poi di scatto girò il pomello e spalancò la porta, parandovisi davanti con la pistola spianata e le gambe piegate. Trasalii, ma in quello stesso istante mi accorsi che lo stanzino era buio e completamente vuoto.
-Bah, che schifo!- esclamò Josh.
Arretrò di qualche passo, sventolandosi la mano davanti al naso con espressione nauseata. Un odore pungente e fetido mi fece frizzare le narici, facendomi storcere il naso.
-Oh Gesù!- esclamai.
Mi misi dritta inserendo la sicura e rimettendo la pistola nel fodero della cintura. Posi il polso sul naso socchiudendo gli occhi.
-Cos'è questo odore?-
-C'è un cadavere là dentro-
-Un cadavere? Ma i morti non puzzano così-
-Non quelli umani- commentò lui impalato di lato all'uscio.
Quell'esclamazione mi uscì talmente strana che di riflesso inclinai la testa di lato.
-Come sarebbe a dire?- domandai incamminandomi mio malgrado verso lo stanzino.
Il tanfo si fece più forte, ma combattei il disgusto e il ribrezzo per andare a verificare ciò che il mio compagno mi aveva appena segnalato.
Mi fermai in piedi accanto a lui e rimasi colpita dall'immagine che mi si presento d'innanzi. Era uno di quei cosi. Stava in una posizione innaturale, seduto a terra con il collo piegato, la testa che toccava la spalla e le orbite vuote. Dalla bocca spalancata s'intravedevano i denti e la lingua che penzolava all'infuori. Essendo molto stretto lo spazio a disposizione, anche le gambe erano piegate a formare un angolo fisicamente impossibile da realizzare per una persona normale.
-E'...è un...-
-Un malato, si-
-E' morto. Ma non vedo segni di proiettili, pistola o traumi di altro genere-
-No, infatti- concordò il ragazzo flettendosi sulle ginocchia ed analizzando il corpo morto e putrescente.
-So che come ipotesi è molto azzardata ma...credo sia morto per cause naturali-
-Per quanto naturale possa essere una morte così- commentai.
-Che strano-
Josh si rialzò grattandosi il sottile strato di barba con aria dubbiosa.
-In effetti è una cosa bizzarra. Non ne avevo mai trovato uno morto così-
-Per forza, tutti quelli incontrati fin'ora o erano stati uccisi da qualcun o li abbiamo uccisi noi-
Mi soffermai nuovamente a fissare il corpo del cadavere. Il volto ormai cadeva a pezzi, non avrei saputo dire nulla di lui sen non che era un uomo piuttosto alto. Non troppo anziano a giudicare dalla maglietta sportiva e dalla scarpe da ginnastica. Aveva i classici caratteri dei malati, i denti canini si erano allungati, diventando più acuminati e appuntiti. La lingua era viola e, se fossero stati presenti, si sarebbero visti gli occhi con la pupilla ristretta e l'iride che occupava quasi interamente il bulbo. Le ossa biancastre fuoriuscivano dallo strato di carne decomposta e fetida.
-Mi sta venendo da vomitare...-
-No, Abigail. Per favore, non mi manca che il tuo pranzo da vedere-
-Chiudi la porta Josh- mugolai girando la testa dall'altra parte.
Il ragazzo richiuse piano la porta e si allontanò alla svelta, prendendomi per le spalle e portandomi verso l'uscita per prendere un po' d'aria. Presi un grande respiro e chiusi gli occhi, cercando di cancellare quell'immagine dalla mia mente.
-Stai bene?- domandò Josh.
-Si, tranquillo. Questa visione mi ha un po' scombussolata, tutto qui-
-Non è stato un bello spettacolo. Ciò che adesso mi viene da chiudermi è perché sia morto-
-Forse era malato-
-Sarebbe da escludere, i cannibali sono già ammalati-
-Una malattia non esclude l'altra-
-La vedo comunque poco probabile-
Mi voltai verso di lui. Era pensieroso, fissava distratto il cielo che andava lentamente a scurirsi. Le iridi azzurre scrutavano qualcosa d'indefinito sopra i tetti dei palazzi in decadenza e i capelli riccioli e biondi scuri, non troppo lunghi, se ne stavano scompigliati e ribelli per i fatti loro.
Tornai a fissare il suolo con le braccia conserte, ripensando a quando, molti mesi addietro, erano stati rinvenuti i primi casi di cannibalismo. 
  
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