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Autore: Arbiter Ex    27/11/2015    1 recensioni
Il regno di Boletaria, governato da Re Allant XII, fa fronte alla più grande crisi che l'umanità abbia mai affrontato. L'Antico si è risvegliato, e una densa Nebbia incolore è scesa sulla terra. Da essa, terribili Demoni emergono, rubando le anime degli uomini, e facendole proprie. Chi perde la propria anima perde il senno, e i folli attaccano i sani, mentre imperversa il caos. Presto o tardi la Nebbia ammanterà ogni terra, e l'umanità è soggetta ad una lenta estinzione. Ma Boletaria ha ancora una speranza: un prode guerriero, che ha attraversato la Nebbia. Nella sua lotta non sarà da solo, e di lui verrà raccontata la sua storia, narrata da chi lo ha seguito nella speranza che portasse la fine della Piaga e ristabilisse l'ordine del mondo.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Demon’s Souls:
Le cronache dell’uccisore di Demoni
Capitolo 9
 
L’enorme torre nera sfiorava ambiziosa il cielo notturno, in mezzo ai fiumi di sangue versati per poterla erigere, rispecchiando la folle determinazione nella ricerca del potere del suo maestro. All’ultimo piano, la sala del trono illuminata dalle poche torce, dalle alte e variopinte vetrate e dai tetri raggi lunari, lui sedeva dove prima stava sua moglie, ormai un ricordo lontano nella mente dell’uomo che non era più. La spaziosa sala circolare era adornata dai dipinti della famiglia reale, le tele dei ritratti strappate, bruciate o semplicemente lanciate via dalla parete, testimoni della rabbiosa vendetta del tiranno. Il regale seggio su cui stava era uno splendido e preziosissimo dono alla Regina, che portava la sua effige su di un grande sole dorato sull'alto schienale, irradiando una luce inestimabile e un’antica promessa di prosperità e pace, ora infranta e disillusa. Lui stava comodo nel suo domino, avvolto nelle lussuose, auree vesti stregate che coprivano lei sue carni, consumate oltre quanto umanamente possibile: dove prima vi era pelle, ormai i muscoli esposti e raggrinziti si appendevano alle fragili ossa; gli occhi erano da tempo marciti, e solo le orbite vuote rimanevano; le labbra e la lingua erano scomparse, i denti erano caduti tutti. Ciò che era sopravvissuto di lui, non era che meno dell’ombra dell’individuo di una volta. Da quando si era impadronito della terra della sua defunta consorte, l’Anziano si era compiaciuto del terrore e dei massacri che aveva perpetuato, rinchiudendo i sudditi traditori, sfruttandoli e trasformandoli in aberrazioni mostruose, svuotandoli da dentro e ammassandone i corpi in creazioni meritevoli solo dell’oblio. Aveva estratto le anime di centinaia e le aveva infuse in statue di pietra dalla natura sofferente, assoggettandole perennemente a lui in un misto di afflizione e obbedienza. Aveva ingannato la morte costruendo un cuore artificiale fatto di quelli dei suoi prigionieri, che lo aveva sostentato il tempo necessario per poter vedere le sue forze progredire. Il suo esercito di nuovi demoni era quasi completo, ma gli mancava ancora un generale meritevole di quel nome. Saggio Freke si sarebbe rivelato un buon servitore, con le giuste modifiche, ma non avrebbe mai potuto ascendere ad una carica tanto elevata da poter stare al suo fianco: la sua anima era bramosa abbastanza, ma la sua tempra era pateticamente debole. Il nuovo ragazzo, invece, era molto più interessante. Aveva un’anima così contorta, avviluppata su sé stessa, con un potenziale così alto che lasciava ben sperare.
“Il mio nuovo Demone si avvicina…”.
Con mani impazienti, evocò un sigillo ai suoi piedi, un passaggio per un mostro orrendo quanto lui. Dal simbolo runico, emerse una figura oscura, uno di quei uomini che avevano abbandonato la propria umanità per ricercare invece l’intossicante potere delle anime demoniache. Il volto era coperto, indossava un’armatura sinistra ed era armato di affilati artigli assassini. Non disse niente, avendo dimenticato cosa fossero le parole e che significato potessero avere.
“…E’ il momento di riceverlo.”
L’Anziano diede un secco gesto della mano, impartendo pretenziosamente la missione al suo seguace. Quando quello si mostrò indifferente al comando e rimase immobile, la sottile schiena dell’Anziano fu percorsa da un brivido che lo congelò all'istante, avendo intuito che aveva perso ogni potere. Improvvisamente, la veste adorata che portava si animò come se avesse avuto una coscienza propria, e volò verso il nuovo, forte e cupido ospite, su cui si avvolse strettamente e gelosamente. Solo in quel momento il vecchio pazzo si era reso conto dell’errore imperdonabile che aveva commesso: per tutto quel tempo, si era lasciato manipolare da quello sfarzoso abito percorso da magia nera, che lo aveva sedotto ed usato per soddisfare l’innata sete di avarizia che portava dentro di sé, e lui era rimasto ammaliato dalla sfrenata libidine che aveva alimentato l’indumento e corroso la sua mente ed il suo corpo. Ora che era avvizzito e debole, la veste aveva trovato qualcun altro a cui concedere il suo potere. Senza le capacità della veste, nessun cuore poteva continuare a battere per il suo fisico consunto, ormai più simile a delle spoglie riesumate. Non gli rimaneva che morire in un ultimo, tirato respiro, tendendo inutilmente la mano scheletrica, mentre la vita lo abbandonava definitivamente. Rimpiangeva ogni momento che aveva passato a compiere il   suo peccato, mentre si trasformava in polvere e si dissolveva senza lasciar niente di sé. 
Il nuovo ospite assistette impassibile alla miserabile morte del precedente possessore dell’abito incantato. Si voltò, sentendo una risonanza, la presenza di un potente Demone e della sua anima dietro di lui. La chiamata dell’avidità era impossibile da ignorare: impadronirsi del potere di quel demone avrebbe accresciuto il suo oltre qualunque limite. Stette, quindi, in attesa, preparandosi ad uccidere il più potente nemico che avesse mai affrontato.

Firion avanzava concentrato sul deteriorato pontile che lo avrebbe condotto alla torre dell’usurpatore del trono della Regina d’Avorio. Il lago sanguigno sottostante, appartenente alle vittime dell’efferato crimine condotto dal despota diabolico, rispecchiava opacamente una falce della luna ed i suoi raggi. Firion puntava dritto davanti a sé, attento alle insidie che si nascondevano tra le ombre, ma si guardava spesso anche oltre la spalla per controllare che Claire lo seguisse ancora. Lei era poco più indietro, teneva un passo più lento ed il capo chino. La povera ragazza aveva vissuto un’esperienza molto impressionante e sconvolgente, che l’aveva lasciata priva di molta della sua solita sicurezza. Benché non lo desse a vedere, Firion non si perdonava per aver permesso che le accadesse quell’evento traumatico, e si disperava tentando di trovare un modo di poterla aiutare. Il contatto sembrava averla tranquillizzata prima, ma non poteva certo tenerla perennemente accanto a lui: aveva capito com’era fatta, lei avrebbe ritenuto quel gesto degradante e patetico, ed un simile pensiero avrebbe quasi sicuramente aggravato la sua situazione. Cercando ancora tra le cose che avrebbero potuto farle dimenticare gli orrori di quel luogo, e che avrebbero potuto riportare anche l’accenno di un sorriso sul suo volto, Firion si accorse, innervosito, che messo a parte il carattere determinato e talvolta scontroso della ragazza, lui non conosceva quasi niente di Claire. Non si era mai fermato a chiederle di parlare di sé, quindi come poteva pensare di consolarla? Eppure, non poteva più sopportare la vista di lei senza la sua tipica aria risoluta e con l’animo spezzato, quindi disse l’unica cosa che gli venne in mente, anche solo per farla distrarre da pensieri più lugubri.
“Tua sorella, Serah, quanti anni ha?”
Claire alzò di scatto lo sguardo, sorpresa dalle parole del cavaliere, che l’avevano tirata fuori dal vivido ricordo della sua recente disavventura. Erano le prime che sentiva da quando era stata tirata fuori dal lago e, francamente, quella di Firion era una cosa un po’ strana ed insolita da chiedere, soprattutto nella situazione in cui si trovavano. Nonostante ciò, sentì il bisogno di rispondere ed avvertiva che se lo avesse fatto si sarebbe sentita un minimo più serena.
“Ne ha diciotto. E’ poco più di una bambina, gentile ed ingenua com’è, ma non potrei desiderarla diversamente.”
“Una sorella minore, quindi…”
Firion fece una pausa e tornò a guardare davanti a sé. Stranamente, in quel momento cominciò a vagare con la memoria, sollecitato dall’argomento, riportando alla mente tempi più lieti e semplici. Prima di rendersene conto, stava già condividendo i suoi ricordi.
“Anche mia sorella era più piccola di me. Una monellaccia come non se vedono spesso. ‘Maria la Birbante’: a casa la chiamavamo così…”
Claire rimase incuriosita e un po’ stupita dalle parole di Firion: per qualche motivo, dopo essere rimasto silenzioso per un bel pezzo, stava per rivelare qualcosa di sé, e lei aveva tutte le intenzioni di ascoltare. Lo guardò intrigata e tese l’orecchio, aspettando che dicesse di più su di lui e della sua famiglia.
“Prendeva in giro gli adulti del vicinato, li punzecchiava, e a volte rubava addirittura qualche soldo dalle loro tasche. Noi non eravamo ricchi: mio padre lavorava d’artigianato e mia madre tesseva, per molte ore al giorno ogni giorno. Ma il guadagno era sempre basso, quindi Maria s’impegnava per racimolare un po’ di denaro, non sempre in modi convenzionali” raccontò con un sorriso. Le immagini venivano da sole, rispondevano alla necessità di riportare alla normalità la sua vita, cambiata così repentinamente e così in peggio. Sentiva il bisogno di rivivere quei momenti, di lasciarsi andare a quegli attimi difficili, ma felici.
“Fortunatamente, mio fratello Leon mi aiutava a badare a lei, ed insieme aiutavamo come potevamo mamma e papà. Noi tre ci ripromettemmo che un giorno avremmo portato i nostri genitori alla capitale, e che lì non avrebbero più avuto bisogno di lavorare.”
Claire rifletté lunghi momenti sulla storia di Firion: neanche lui aveva vissuto un’infanzia priva di avversità, qualcosa che li rendeva simili. Lei aveva sempre pensato di essere stata ingiustamente vittima della crudeltà del mondo, vedendosi privata del calore dei suoi genitori. Ma in quel momento si rese conto che, come lei, molti altri dovevano aver vissuto lo stesso, e dover sopportare la vista della propria famiglia lottare per sopravvivere senza poter fare niente per aiutare, come successe a Firion, non poteva essere diversamente arduo e sfibrante.
“Fu così che mi arruolai nell’esercito. Scelsi di entrare nel Corpo dei Difensori di Boletaria del Sud, guerrieri che avrebbero costituito parte dell’élite a fianco del Re, alla capitale. Impegnandomi duramente, sarei potuto ascendere tra i ranghi e ottenere il permesso di trasferimento, e con me avrei portato anche la mia famiglia…”. L’ultima frase si spense con un sospiro malinconico e nostalgico.
“A loro sarebbe piaciuta tanto la capitale…”
Claire rimase silenziosa, continuando a seguirlo. Non sapeva se fosse il caso di dire qualcosa oppure no. Per quanto Firion si fosse aperto un po’, non le aveva detto molto, e se gli avesse chiesto di più sarebbe sembrata eccessivamente insensibile, ma non voleva nemmeno che lui si fermasse così presto. Aspettò che aggiungesse altro: lui, invece, scosse la testa e si portò una mano al volto.
“Scusa, non so perché ne stia parlando adesso. Volevo farti sentire meglio, ma vedo che io non sono in condizioni migliori per farlo” disse, sogghignando tristemente.
“Grazie di provarci. Sei molto gentile.”
“E’ il minimo che possa fare” rispose lui con un sorriso. Solitamente, quell’aspetto così attento al benessere degli altri e talvolta troppo bonario che lui dimostrava cozzava fortemente con la prospettiva che Claire aveva delle cose e delle persone, e molto spesso la innervosiva. Da quando, però, cominciò a stare così tanto in sua presenza, lei si stava velocemente abituando alle sue attenzioni, e le piaceva che si prendesse cura di lei, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Pensò, quindi, che fosse il caso di restituire il favore, almeno in piccola parte.
“Firion, il tuo pettorale: perché non lo hai più addosso?”
“Non faceva che rallentarmi. La sua protezione era diventata superflua.”
“Avresti dovuto tenerlo: non mi piace che tu sia rimasto senza.”
Firion emise un sincero verso di sorpresa, divertito dall’idea: “Oh? Non dirmi che adesso ti preoccupi per me? Non sarebbe da t-”
Non finì la frase che Claire gli afferrò la spalla e lo fece girare prepotentemente, mettendo le mani ai fianchi ed assumendo un’espressione irritata.
“Ascolta adesso: smettila di pensare che niente m’interessi! Non pretendere di sapere come mi sento!”
Lei lo superò a grandi passi e con andatura spedita, lasciandolo visibilmente confuso e preso alla sprovvista dal suo sfogo improvviso. Firion la fissò immobile mentre si allontanava e, di colpo, si fermava di nuovo. Schiuse le labbra una seconda volta, e la voce fu molto più dolce.
“Mi dispiace. Io non sono brava con le parole, e so che ti ferisco molto spesso. Però, non voglio che pensi che tu non sia…importante per me. Io spero solo che tu non perda la voglia di aiutarmi, e di restare al mio fianco…”
Sentì la mano di Firion sulla spalla: il tocco era leggero nonostante la protezione in ferro, e trasmetteva un calore inaspettato. Lei alzò gli occhi e lo vide sorriderle serenamente, un sorriso che le donò calma e sicurezza.
“Non potrei mai.”
“Grazie” disse lei, restituendo il sorriso. Firion si compiacque di aver compiuto il suo intento, ed indicò soddisfatto la strada.
“Andiamo?”
Bastarono quei brevi momenti per far dimenticare ad entrambi molte delle preoccupazioni che li confondevano. Trovando forza l’una nell’altro e riscoprendo una positività lasciata in un tempo che sembrava remoto, andarono decisi avanti, percorrendo per intero le lunghe assi sotto i loro piedi. Avvicinandosi al centro del lago, nuovi e numerosi morti, affissi alle ruote di tortura su degli alti pali piantati sul fondale, adornavano macabramente la struttura della torre. Quando il ponte di legno finalmente terminò, un colossale arco permetteva l’ingresso all’edificio che ospitava il seggio reale, che s’innalzava altissimo fino alle nuvole del cielo. Firion e Claire entrarono e vennero accolti da una larga scala a spirale che percorreva fino alla sommità lo scheletro in pietra del torrione, modestamente illuminato da sporadiche torce fissate al muro. L’interno quasi completamente ombroso permetteva a malapena di notare il pozzo che si apriva davanti all’arco d’ingresso, da cui proveniva uno spiacevole suono viscido. Firion aumentò l’afflusso di olio alla fiamma della sua lanterna per diradare maggiormente le ombre. Claire gli diede un’occhiata perplessa sul suono che si sentiva: lui scosse fermamente la testa, come per dire di non indagare oltre. Le indicò la scala, esortandola a seguirlo sui gradoni. Cominciarono la lunga salita, e dopo aver percorso le prime rampe, il tempo sembrò fermarsi, a causa della vista sempre uguale davanti a loro e della ripetizione quasi ossessiva dei dislivelli. Per quanto la scala fosse larga, la mancanza di una ringhiera li portava a mostrare cautela e sfiorare la parete, per mantenersi lontani dal subdolo margine che dava sul fondo vuoto. Così facendo, Claire cominciò a strisciare la spalla sulla pietra dura, e la sensazione di spazio claustrofobico che ottenne risultò maggiormente accentuata. Si ritrovò a cercare ripetutamente la fine della salita guardando in alto, abbassando poco dopo gli occhi delusi, incapaci di penetrare l’oscurità dei livelli più alti. Il tedio logorava lentamente i suoi nervi, e presto anche le gambe cominciarono a protestare contro l’insensato supplizio a cui le stava sottoponendo. Stava asciugandosi le prime gocce di sudore sulla fronte quando sentì un rombo sopra di lei: l’intensità non era elevata, ma lo aveva percepito chiaramente. A distanza di qualche istante lo sentì di nuovo, e poi ancora, un’altra volta, in continuazione.
“Lo senti?” chiese esitante a Firion, davanti a lei.
“Non c’è pietà per gli uomini?”
“Come dici?”
Firion non aggiunse altro e continuò a salire. Claire lo seguì circospetta ed impugnando l’arco, pronta alla minaccia che sentiva nell’oscurità sulla sua testa. Man mano che salivano, il rombo si faceva più forte, ne cresceva il volume e l’energia, scaricata in misura sempre maggiore sui timpani dei due girovaghi. Assumeva un ritmo sempre più cadenzato, si alternava ad un secondo che si era aggiunto con l’aumentare dell’altezza. Salirono abbastanza perché la sorgente del rumore si spostasse al centro della tromba delle scale, ed insieme ad esso si univa uno strano ed inquietante brusio, come lo sciamare di un nugolo di vespe. Claire fu tentata di coprirsi le orecchie con le mani, ma preferiva averle pronte su arco e frecce.
“Che cos’è?” gridò lei per farsi sentire su quella cacofonia.
 Firion si limitò a staccare la lanterna dalla cinta e la lanciò senza esitazione oltre il bordo delle scale. Claire lo guardò sbalordita, pensando che avesse perso il senno. La lanterna esplose al contatto col corpo che si dimenava violento contro cui venne scagliata, incendiandone la superficie. Allora la luce divampò, e Claire poté vedere la risposta del cavaliere:
“Il cuore del tiranno. Il cuore della città.”
Un enorme muscolo cavo dal tessuto nero, che due voluminose arterie, che si calavano dal soffitto e fuse con le mura, mantenevano sospeso dentro la torre. Ingenti litri di sangue venivano immessi dai canaloni rossicci e pompati all’esterno da vasi monchi, che gettavano il fluido vitale giù nel pozzo al piano terra in una linea sottile ed oziosa.
“Dev’essere così che si è formato il lago” pensò ripugnata Claire.
“Non possiamo permettere che continui a battere” disse Firion.
“Allora sbrighiamoci. Uccidiamo quest’Anziano, liberiamo questa terra e torniamo a casa. Ne ho abbastanza di quest’incubo!”
La loro attenzione si focalizzò nuovamente sull’organo mostruoso quando un fremito improvviso ed incontrollato percorse i suoi tessuti nero pece. Il suo battito accelerò per dei lunghi secondi, poi s’interruppe di colpo, svuotandosi completamente del sangue gorgogliante e perdendo la sua tonicità. Anche il brusio si fermò, ed l’afflosciamento della sua forma fece danzare vivacemente le fiamme che ancora lo consumavano.
“Ma che diavolo sta succedendo?” chiese Claire ad alta voce, esprimendo tutta la sua confusione. Firion fissò davanti a sé perplesso quanto lei, non riuscendo a spiegarsi quel fenomeno.
Senza preavviso, qualcosa dall’interno del cuore eruppe, riducendo a brandelli la carne che lo conteneva; una grossa macchia nera, che si riversò sui gradoni sottostanti i due viaggiatori. Firion estrasse la spada e saettò davanti a Claire, stendendo l’altro braccio a scopo difensivo e per tenerla dietro si lui; lei pescò tre frecce e le incoccò prontamente, trattenendo nervosamente la corda e pronta a lasciarla al minimo indizio di pericolo. Attesero ed osservarono, mentre la cosa oscura avanzava nella penombra. Dal velo semibuio, emersero dei volti, fusi insieme, immortalati in espressioni dolorose e disperate. La testa era attaccata ad un corpo squamoso e molle, allungato e anellare, che terminava con un pungiglione, mentre tre paia di zampe da insetto lo facevano pattinare sulla pietra delle scale. Emetteva versi orrendi ed una bava violacea sfuggiva alle labbra delle facce affrante. Di quegli esseri che si mostravano alla poca luce, ne contarono un numero sempre maggiore: un’orda di cui non vedevano la fine veniva avanti, digrignando i denti e spalancando le bocche fameliche.
“Sono troppi!” esclamò Claire allarmata.
Firion diede un calcio all’aberrazione più vicina, facendola rotolare giù per le scale e trascinare con sé molte delle sue compagne, alcune delle quali caddero giù nel vuoto della torre.  
“Corri!” urlò lui, spingendola su con la mano libera. Lei scoccò le frecce che teneva, centrando due delle creature che si misero al loro inseguimento, e si voltò rapida per scattare via. I demoni scavalcarono incuranti i morti e recuperarono velocemente il terreno perso: i loro movimenti creavano un frastuono insopportabile, pochi centimetri e avrebbero potuto afferrare i calcagni del Cacciatore. Firion fu costretto a girarsi continuamente per respingere gli assalitori, lacerando i loro corpi deformi con la spada. Ogni suo attacco produceva delle perdite a quella massa scura e viscida, ma la marmaglia faceva arretrare sempre più il cavaliere, che stava venendo lentamente sommerso dal loro numero. Claire lo copriva da sopra, ma la corsa forsennata la stava sfiancando velocemente, e presto la sua mira divenne imprecisa, mancando ripetutamente punti vitali come gli occhi e le giunture delle zampe. Quando ormai stavano per arrivare alla sommità, Firion venne atterrato da un demone che gli saltò addosso, pronto ad affondare il pungiglione. Claire gridò e lo infilzò con una cinquina di frecce che lo penetrò a fondo nel cranio, uccidendolo quasi immediatamente. Firion si rialzò impetuosamente e lanciò il corpo morto sugli altri che lo seguivano, stordendoli. Ebbe, così, il tempo necessario di rinfoderare la spada e di caricarsi in spalla Claire, ansimante e sfinita. Veloce come una saetta e per nulla impensierito dal peso in più, raggiunse finalmente l’ultimo piano e l’arcata che li avrebbe portati alla sala del trono. La stessa Nebbia che Claire trovo a Boletaria ostruiva il passaggio: quando la vide, Firion accelerò la sua corsa sapendo che era la loro unica speranza, sentendo gli inseguitori sempre dietro di loro. Con un ultimo balzo, attraversò senza esitazione il grigiastro velo viscoso, rotolando e abbracciando Claire per proteggerla dalla caduta. I demoni erano sopra di loro, non avrebbero avuto scampo. Invece, davanti alla Nebbia, tutti si fermarono. Dimostrando una calma di cui non sembravano capaci, girarono su se stessi e se ne andarono per la strada che avevano percorso, come se avessero dimenticato per quale motivo fossero arrivati lì. Claire e Firion rimasero stesi a terra, respirando affannosamente e profusamente per far rallentare il battito dei loro cuori. Sostarono in quella posizione per vari minuti, sentendo il bisogno di recuperare parte delle energie perse durante quella notte infernale. Dopo aver ritrovato il fiato e aver fatto riposare i muscoli, Claire trovò la forza di alzare il busto per controllare che fine avessero fatto i loro aggressori: aveva capito che Firion aveva fatto qualcosa per mandarli via, dato che si era semplicemente fermato dopo aver raggiunto l’ultimo piano, ma non capiva cosa potesse essere stato.
“Perché non ci seguono più?”
“Quella Nebbia viene eretta dagli Arcidemoni. E’ come un guanto di sfida. I Demoni minori ne stanno bene alla larga. Fortunatamente vale anche per loro.” rispose Firion, che si sforzava per mettersi seduto.
“Arcidemoni?”
“I Demoni più potenti, i migliori servitori dell’Antico.”
“Come quello che stiamo per affrontare, vero? E quando lo avrai ucciso ne assorbirai l’anima, non è così?” disse lei gravemente.
Firion si alzò e tese il braccio per farla alzare, issandola gentilmente in piedi.
“E’ per questo che sono qui.”
Le diede uno sguardo eloquente mentre stringeva ancora la mano a quella di Claire. La lasciò riluttante e si diresse verso la fine del corridoio: poteva già intravedere lo splendore del trono.
“Io sarò con te” sussurrò Claire tristemente, portandosi dietro di lui e serrando l’arco in mano.
Ad un passo dalla stanza regale, Firion si fermò e diede un’occhiata di conferma a Claire, che rispose con un deciso segno del capo: il viso era pieno di determinazione e lei era pronta ad impegnarsi nella lotta imminente. Il cavaliere non avrebbe voluto che lei rischiasse inutilmente contro un nemico così potente, ma sapeva com’era fatta: Claire avrebbe preferito combattere e morire piuttosto che lasciare un alleato da solo. Se non per coraggio o amicizia, sicuramente per non dover affrontare la vergogna che sarebbe scaturita da un atto così infame. Lui sapeva che lei era capace, ansiosa di dimostrare il suo valore e che poteva difendersi da sola. Decise, quindi, che come lui pretendeva che lei si fidasse e si affidasse al suo aiuto, lui avrebbe creduto nella forza della sua compagna e le avrebbe permesso di dare prova della sua utilità. Replicò il gesto di Claire e superarono insieme l’entrata della sala.
Entrati nella grande stanza principale, vennero in un primo momento abbagliati dalla luce d’oro che veniva emessa dal seggio della Regina, la cui architettura li colpì per elaborazione e bellezza, e sui cui si rifletteva il tenue bagliore di alcune torce. La notte era ai suoi stadi finali, e ormai le nubi che avevano coperto il cielo si erano completamente rarefatte, lasciando che le prime luci lilla dell’aurora inondassero il salone circolare attraverso i vetri multicolori dei finestroni. L’atmosfera silenziosa in cui erano piombati i due viandanti era suggestiva e fatata, evocava visioni fantasiose e mistiche, molto diverse dal sogno angoscioso e diabolico, immerso nella paura e nell’afflizione, in cui si era trasformato il regno. In quell’ambiente così atipico rispetto a ciò che lo circondava, l’orrore causato dalla Piaga dei Demoni sembrava solo una storia lontana di un’altra terra. La sala era grande abbastanza da poter contenere decine di persone, ma era impossibile nascondersi: eppure, non vi era ombra del loro avversario. Dopo essersi guardata intorno diverse volte, lanciando occhiate sospette alle finestre, Claire non poté fare a meno di abbassare per un momento l’arco e chiedersi cosa stesse cercando, dando un’occhiata interrogativa a Firion poco lontano.
“Dov’è?”
In un battito di ciglio, l’arcidemone ammantato nell’abito dorato si abbatté su di lei calandosi dal tetto dove si era messo ad aspettare. Il suono degli artigli che venivano sfilati attirò l’attenzione della ragazza, che all’ultimo momento ebbe i riflessi per scansare l’attacco mortale con una capriola. Le mani armate del Demone assassino si piantarono a terra, crepando il pavimento e sollevando una piccola nube di polvere: le estrasse prepotentemente dai fori che aveva creato e si gettò velocissimo, con furia omicida, sul suo bersaglio. Claire stava prendendo la mira con l’arco, e non avrebbe mai avuto la velocità di schivare un secondo colpo. Quando il malevolo si avvicinò abbastanza da poterla infilzare, la mano ferma di Firion lo afferrò per il collo e lo spinse indietro, fermando l’attacco e garantendo un’occasione al Cacciatore, che aprì uno squarcio nell’armatura e nell’abito del demone. Uno stridio acuto si levò dal tessuto stregato, che avvertendo la minaccia, spinse la sua marionetta ad attaccare con maggiore ferocia, facendolo avventare sul Cacciatore con ripetuti colpi, rapidissimi e letali. Firion rispose con la sua tecnica, deviando le corte ed affilatissime lame e riuscendo a connettere altri fendenti, mentre Claire si spostò alle loro spalle e scoccò le sue frecce sulla schiena esposta del demone. La loro offensiva era incessante e lacerava ulteriormente l’ospite delle vesti stregate, dalle quali s’innalzavano urla agghiaccianti. Fu allora che, pervaso dalla rabbia, l’ospite demoniaco afferrò la spada di Firion e gliela sottrasse, scagliandolo via con un potente calcio che lo fece volare per la stanza e che lo lasciò senza fiato. Poi, l’ospite lanciò l’arma che aveva ottenuto verso Claire ad una velocità tale che lei ebbe solo il tempo di vederne la punta mentre le passava accanto, aprendo un grosso taglio sul suo braccio, da cui uscì subito molto sangue. La spada si conficcò nella parete dietro, e Claire gridò per il dolore, cadendo sul ginocchio con l’altra mano sulla ferita: lasciò andare l’arco, non essendo più in grado di usare entrambe le braccia. In cuor suo, sapeva di dover ringraziare solo la pessima mira dell’avversario per essere ancora viva. Si costrinse a stare in piedi e ad ignorare il male bruciante al braccio ed estrasse il lungo pugnale dalla cinta, tenendolo davanti a sé e rifiutando di arrendersi. Il demone stava per caricarla e finirla, ma Firion arrivò in tempo per afferrarlo di nuovo, questa volta bloccandogli gli arti.
“Claire! Scappa! Torna al Nexus!” gridò il cavaliere, che faceva fatica a trattenere il guerriero demoniaco. Claire, invece di fare come gli venne detto, si rese sorda agli ordini di Firion e corse a lama protesa, vedendo un’opportunità per colpire.
“No Claire!” gridò Firion disperato.
Il demone colse il momento di distrazione del Cacciatore, assestandogli una gomitata ed un calcio che lo allontanarono e lo buttarono pesantemente a terra. Prima che Claire potesse affondare il pugnale, il demone liberatosi strinse la mano attorno al suo collo, alzandola da terra, chiudendo lentamente le dita e sottraendole crudelmente il respiro; si preparava a trafiggerla con gli artigli della seconda mano, divertendosi prima a torturarla. Firion la vide battersi per liberarsi, agitando le gambe ed il braccio buono per tentare di allentare la presa, ma era tutto inutile. Vide come lei si aggrappava angosciosamente alla vita, che così inesorabilmente la stava lasciando. In quel momento, tornò a ricordare, ed in Claire vide i suoi fratelli ed i suoi genitori: come stava per succedere alla ragazza, loro gli erano stati portati via davanti ai suoi occhi, e lui non era stato in grado di proteggerli. Ma non sarebbe più accaduto. Lui lo aveva promesso. Tragedie come la sua, non si sarebbero mai più ripetute. Lui non avrebbe dovuto mai più dire addio a chi gli stava a cuore. Lui avrebbe annientato tutti i responsabili del suo dolore e coloro che minacciavano la felicità sua e della sua famiglia!
Sentì il sangue ribollire nelle vene, intanto che un’ira viscerale s’impadroniva della sua ragione. Il potere demoniaco permeò la sua intera essenza: senza freni inibitori, Firion sfogò in una volta tutta la rabbia e l’odio che portava nel suo spirito. Smise di pensare da uomo e si trasformò in un mostro.
Scattò rapido in piedi e prese nel suo palmo la faccia dell’arcidemone, stritolandolo nella sua morsa. La presa che teneva Claire si aprì subito, lasciandola cadere boccheggiante e dolorante. Quando vide in viso Firion, gli occhi erano accesi di violenza, e la sua espressione era contorta da una collera che non era minimamente paragonabile a quella possibile da un normale essere umano. Lei si ritrasse immediatamente, temendo di non trovarsi più davanti alla persona che conosceva. Firion scagliò alla parete la sua vittima con abbastanza forza da far crepare il muro, e poi cominciò a colpirlo senza sosta con una brutalità che Claire non aveva visto appartenere nemmeno ai demoni: lo schiacciava sotto ai piedi, gli percuoteva la testa contro il pavimento, lo accecava con le dita, gli rompeva la mandibola e le ossa…
Il sangue veniva spruzzato ovunque mentre i connotati dell’ospite venivano distrutti oltre ogni possibile riconoscimento, e l’aria si riempiva delle sue grida di pietà miste alle strida della veste; le torce lanciano le loro ombre sinistre, che danzavano al ritmo della morte. Quando ogni resistenza aveva abbandonato il corpo che Firion teneva fra le mani, decise di farla finita: irrigidì le dita, che diventarono dure più del ferro, e le piantò veementemente nel petto del malcapitato assassino. Ruggì e conficcò anche quelle dell’altra mano e, come per farsi strada in un ostacolo, cominciò a separare le due metà. L’assassino gemette miseramente e si scuoteva convulsamente, tentando di spingere via l’abomino che lo stava massacrando impietosamente, intanto che le sue carni venivano divise. La veste d’oro lanciava le ultime grida, ora che veniva fatta a pezzi. L’agonia atroce si esaurì quando Firion fece di una sola persona due sezioni più o meno combacianti, che annegarono la sua figura in una cascata rossa di viscere e fluidi. Claire osservò l’intera scena inorridita e terrorizzata, incapace di muoversi se non per tremare.
La veste ed il suo ospite brutalizzato si convertirono presto nella familiare luce opaca delle anime, che si concentrò pienamente nel petto del Cacciatore, ora immobile e silenzioso. Lui chiuse gli occhi alla sensazione, ed accolse con rassegnazione una nuova ondata di oscurità. Rimase fermo in posizione per un tempo che Claire non riuscì a contare, troppo presa com’era dall’essere impaurita. Non osava parlare, muoversi, e nemmeno pensare. Poteva solo guardare, guardare e impallidire. Di colpo, Firion prese a tossire, si portò le mani al petto, e cominciò a dare corti ed irregolari respiri. Cadde e si contorse in preda ad un male invisibile che gli attanagliava il fisico, stringeva e batteva il pugno per sopportare l’assalto di qualunque cosa lo stesse straziando. Continuò così finché non si calmò, esausto e madido di sudore, prono ed in ginocchia. Claire era ancora recalcitrante ad avvicinarsi e stava per dire il suo nome, quando Firion alzò il capo e scoprì gli occhi: Claire sussultò quando vide che il loro profondo color castano era stato sostituito da un rosso sanguigno acceso. Firion si alzò e mosse alcuni passi verso di lei, lo attorniava un’aura minacciosa. Claire si sentì in pericolo, ed il suo primo pensiero fu quello di scappare, ma nonostante il suo cuore stesse per uscirle dal petto, lei non si mosse, impietrita dov’era. Quando Firion le fu sopra e lei temette di essere colpita, lui invece la portò in piedi con il suo tocco leggero. Notò il taglio sul braccio di Claire e vi sfiorò un dito: Claire avvertì una lieve puntura, ma il dolore che provava svanì completamente, e quando cercò la ferita con lo sguardo vide che era scomparsa. Claire guardò il cavaliere stupefatta, ma lui la evitava, riuscendo a dare solo un’espressione triste.
“Temevo di perderti…”
Senza preavviso, Firion la cinse in un caldo abbraccio, che colse Claire alla sprovvista. Inizialmente non sapeva come reagire, sorpresa com’era. Pensò di staccarlo, di far valere i suoi spazi, di agire come era suo solito e ci si sarebbe aspettati da lei, cioè senza abbandonarsi a sentimentalismi e debolezze simili. Lo pensò per qualche secondo, poi smise di mentirsi in quel modo così palese e falso, e ricambiò l’abbraccio, chiudendo gli occhi alla bella sensazione. L’alba arrivò ad accogliere le loro figure unite, inondando di luce la sala del trono. Il sole diradò tutte le ombre, e portò infine il nuovo giorno sulla città.
     
   
 
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