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Autore: Moge_k0_02    27/11/2015    3 recensioni
E se.. Dopo quattro anni, una verità dimenticata tornasse a galla? Ib e Mary sono ormai uscite dalla galleria d'arte di Guertena lasciando Garry, che è morto in quel mondo parallelo per mano di Mary. Come reagiranno le due sorelline scoprendo la verità dopo tanto tempo?
Attenzione!! Rischio spoiler!!
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ib, Mary
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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16 chiamate senza risposta.
Niente, non aveva più potuto spiegare, ed un'altra volta aveva perso l’occasione di mostrare i suoi sentimenti e spiegare quello che provava. Finiva sempre per rimurginare su quella maledetta frase. “Avrei dovuto dirle la verità”. Mary era stanca, aveva camminato parecchio in giro per la città pur di non tornare a casa, e nonostante si sentisse ancora molto debole. Istintivamente si accasciò sul marciapiede e si mise a lacrimare. Senza un rumore, senza un sussulto, senza un singhiozzo. Nulla, oltre ad acqua che scorreva da un rubinetto gocciolante e le rigava le guance.
Forse era dopo tutto quel tempo, e dopo tutto quello che era successo, che finalmente si rendeva conto di quanto l’avesse amata, al di fuori dell’amore platonico tra sorelle.
Che realizzava cosa l’aveva spinta ad uccidere una persona così tanti anni prima.
E cosa la spingeva a continuare a mentire fino ad un momento prima.
Quella fottuta sensazione che si chiamava amore.
Che la scuola le aveva spiegato andasse a braccetto con la pace. Stronzate, l’amore va a pari passo con l’odio.
L’odio che ora la spingeva invece a odiare solo e nient’altro che se stessa.
Sazuke? Odiava rendersene conto, ma non era di lui che si era innamorata. Si era innamorata di ciò che ha scatenato in lei la vista di un più piccolo ingiustamente picchiato.
Si era innamorata dell’amore.
“Ib…” sussurrò, con la fronte bagnata che sfiorava il pavimento.
Aprì il diario che si era portata in mano chiuso per tutto quel tempo, e diede un’occhiata all’ultima pagina, così, istintivamente. Lesse una grafia tondeggiante e frettolosa, poche parole in inglese che le aveva insegnato suo padre.
I was waiting for you, my princess”
Frugò nella sua sacca che i suoi avevano utilizzato per portare il necessario in ospedale e trovò una penna mezza rosicchiata, dall’inchiostro verde, e ci annotò sotto qualcosa.
I’m sorry, my lovely Ib”
Si sollevò dal pavimento e si asciugò le lacrime con le maniche della camicetta verde menta che aveva indossato per uscire dall’ospedale e si aggiustò la gonna azzurra e il cravattino dello stesso colore.
Non voleva tornare a casa, non voleva mai più incrociare il suo sguardo dagli occhi scarlatti e lucidi.
“sono così stupida…” cominciò a ripetersi questo eco nella sua mente. Ebbe come la sensazione che tutte le sue emozioni si fossero spente e non voleva più ascoltare il suo cuore. Solo quella vocina nella sua mente. Non sarebbe tornata a casa, punto.
Prese la sua sacca gialla e lesse l’etichetta: “Mary Akaibara”. Era il cognome di Ib, non il suo. Lo coprì con la penna verde e ci scrisse sopra “Guertena”.
E camminò un po’ in giro, senza una meta precisa, nonostante fosse ormai ora di andare a letto.
Con lo sguardo sulle ballerine gialle, senza mai alzare la testa, avvertì un singhiozzo provenire dalla siepe che stava fiancheggiando. Alzò il capo e facendo qualche passo in dietro vide un gran cancello nero aperto. Era un cimitero.
Non ci era mai stata in quella zona, e non ne conosceva l’esistenza fino ad un momento prima. Se ne sarebbe andata, ma i suoi occhi azzurri furono colpiti dalla figura di una ragazza bionda, dai capelli lisci, diversamente dai suoi, ondulati e perennemente annodati fra loro. Stava piangendo, piegata su una lapide. Sembrava avesse circa venticinque anni, o qualcosa in più. Istintivamente entrò nel camposanto e le si avvicinò. Non si accorse della sua presenza, così continuò a guardarla. Aveva gli occhi celeste ghiaccio, una gonna stretta bianca ed un maglione verde. Portava degli stivaletti neri con i tacchi, e stava curva accarezzando una figura sulla pietra, che non riusciva a vedere per colpa della sua mano posata sopra, così come il nome e la data scritta. Decise di parlarle.
“Ehi….”
La ragazza si voltò sorpresa e la guardò, con gli occhi rossi e asciugandosi frettolosamente le lacrime sul maglione.
“Pensavo che questo potesse servirti…” continuò Mary porgendole il fazzoletto con ricamato il suo nome, che aveva cucito sua madr… la madre di Ib.
“…Grazie” sussurrò lei, allungando la mano verso il fazzoletto.
“Prego… come ti chiami?” chiese Mary, un po’ imbarazzata. E aspettando la risposta, lesse finalmente il cognome inciso sulla tavola di pietra.
< ---------- Akaibara   (1989-2003)> …..il suo anno di nascita. Era morta il suo stesso anno di nascita.
“io sono….” Accennò una risposta la maggiore.
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Ib era tornata a casa di corsa e si era gettata sul suo letto, a piangere. Come aveva potuto… la sorella con cui aveva passato i momenti migliori della sua vita, la persona che le stava più vicino, era la ragazza che rendeva tutti i suoi sogni incubi, la ragazza che aveva ucciso il primo e unico amore della sua vita, la ragazza dipinto. “Male-” singhiozzò “MALEDETTA….” e riscoppiò in lacrime.
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Hana era disperata, aveva visto Ib tornare e chiudersi in camera, erano le undici e Mary non tornava ancora… “la mia bambina…” una lacrima le rigò il volto disfacendo il  fondotinta e mostrando la sua pelle chiarissima e fragile. Alzò un’altra volta la cornetta e provò a richiamare la polizia. Questa volta un agente rispose. “Pronto? Pronto? Grazie al cielo…” singhiozzò. “La mia bambina…  sparita… dovete ritrovarla, vi prego…” l’uomo all’altro capo della cornetta cercò di capire. “Si calmi, signora, la prego, e si spieghi meglio. Come si chiama vostra figlia?” la donna sospirò. “Mary, Mary Akaibara. Aveva avuto un capogiro ed era svenuta, così l’abbiamo portata in ospedale… l’abbiamo lasciata un po’ insieme ad un suo amico e l’altra nostra figlia, Ib, che  tornata di colpo di corsa a casa rinchiudendosi in camera a piangere e rifiutando di parlare… ora la mia bambina non è nemmeno tornata, e in ospedale risulta che se ne sia andata. Vi prego, aiutatemi…”
“ok signora, stia tranquilla, la cercheremo ovunque, deve solo fornirci una  descrizione del suo aspetto, e deve assolutamente convincere sua figlia a testimoniare”. La signora Hana Akaibara annuì piangendo, e qualche minuto dopo aver descritto Mary nei minimi particolari provò a bussare nella camera sua e di Ib, le sue bambine, tutto ciò che aveva. “Ib…” sussurrò bussando. “Ib, rispondimi, so che non stai dormendo.” Aggiunse più decisa.
“Non voglio parlare, lasciami sola!” urlò lei, senza nascondere il pianto.
“Tesoro, devi parlarmene, possiamo risolvere tutto..! Posso aiutarti… ma tu devi aiutare me! Ti prego! Se non per me… fallo per tua sorella, almeno! Non tieni a lei?” le pregò in lacrime, aprendo intanto la porta con la copia della chiave che possedeva. Si avvicinò al letto di Ib e le accarezzò i capelli.  “Per favore, Ib… ho bisogno di te…” si asciugò le lacrime sussurrando. Ib si alzò lentamente dal letto, scattando poi in piedi. Aveva gli occhi rossi dal pianto e le occhiaie. Ad Hana le si strinse ancora più il cuore. Sì sollevò anche lei e tentò di abbracciarla. La ragazza si irrigidì e si ribellò alla stretta.
“Ma io non tengo a lei! Non me ne importa nulla! LEI NON E’ MIA SORELLA!” provò ad uscire di corsa dalla stanza, ma la madre le prese il polso e le storse il braccio guardandola negli occhi, come se quella frase le avesse fatto scattare un meccanismo di difesa. “GUARDAMI BENE, IB! NON DIRE NEMMENO PER SCHERZO UNA COSA DEL GENERE!” alzò la voce mordendosi il labbro e stringendole il polso con le unghie fino a farlo sanguinare. Lo ripeteva più a se stessa che a sua figlia. Ib diede uno strattone al suo stesso braccio e si allontanò spaventata dalla reazione della madre. “CHE PROBLEMI HAI? LASCIAMI IN PACE E BASTA!” le urlò  uscendo dalla sua camera e sbattendo la porta. Hana cadde a terra e pianse un pianto sonoro, fatto di sole urla e nessuna lacrima. Stava spirando via tutta la sua anima e tutto il dolore accumulato. Accumulato e nascosto, da quel maledetto inverno del 2003.
 
“no.. non un'altra volta…” sussurrò tra un urlo di dolore e l’altro. Uscì da quella stanza e si diresse verso una porta della casa che Ib e Mary non avevano mai potuto esplorare. Un ripostiglio inutile, a detta dei genitori. La ragazza dagli occhi rubino faceva capolino con la testa dalla porta del salotto. Sua madre aveva appoggiato la fronte sulla porta di legno, l’unica di quel materiale, nella classe.  La vide levarsi una catenina con una chiave arrugginita messa a mo’ di ciondolo. Si era promessa di non entrarci mai più, ma ora più che mai ne aveva bisogno. Infilò la chiave nella toppa e fece due giri in senso orario. Guardandosi da una parte all’altra entrò nella stanza e si richiuse la porta dietro con altrettante mandate. Si guardò attorno. Era tutto posizionato alla stessa maniera, così come era stato lasciato. La libreria alla sua sinistra, piena di buchi e polvere. La scrivania, il cestino, il letto. Il tappeto azteco sul parquet, la televisione, il suo videogioco preferito. Ed infine, i fogli sparpagliati sul pavimento, strappati con rabbia, uno dopo l’altro. Li raccolse e li poggiò sulla scrivania. Accarezzò la televisione, spostando un dito di polvere. Sorrise, ma al contempo le scese una lacrima. Il suo sguardo si spostò sul letto. Sentì un mancamento e nella sua testa si formò la scena a cui aveva assistito da protagonista, quindici anni prima. Una ragazza circa dell’età di Ib, e con i suoi stessi tratti, solo gli occhi erano grigi, come quelli di suo marito. Le stava prendendo il polso, e l’aveva spinta con forza sul letto. “TU NON SEI MIA FIGLIA! E QUESTA BAMBINA NON E’ TUA SORELLA!” si era portata una mano alla pancia quasi a volerla proteggere. Ma da chi? Da cosa? Dalla sua stesa sorella maggiore che non aveva meritato tutto quello che le era successo. Le… aveva tirato i capelli strattonandola, sciogliendole le trecce, e l’aveva chiusa in camera, lontana dal resto del mondo, per intere settimane.
Le venne un gran mal di testa improvviso, mentre ricominciava a piangere ed urlare, chiedere perdono. Un misto di rabbia e rimorso. Strinse al petto le pagine di diario raccolte e cominciò a barcollare per la stanza, facendo inavvertitamente scivolare i fogli e la chiave da sotto la porta. Si accasciò sul pavimento di legno e chiuse gli occhi, stanca.
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Ib sentì un improvviso tonfo provenire da ciò che credeva fosse un ripostiglio. “ Mamma..? Stai bene…? MAMMA…!” si avvicinò alla porta e trovò dei fogli strappati su un lato, come se facessero parte di un quaderno.

“…? Cos’è questo…? Chi è Madotsuki..?” Ib rigirò più volte quel foglio per capirci qualcosa. Ne prese un altro a caso e cominciò a leggere.
 
      
 
 
 
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“Come ti chiami…?” chiese Mary, sentendosi un po’ fuori luogo.
“Io sono…” rispose titubante la donna.
“Io sono Poniko.” Completò.
< Madotsuki Akaibara   (1989-2003)> lesse infine.




ANGOLO AUTRICE
Tadah! Son tornata! Sorpresa!
Tadah! Madotsuki ed Ib son sorelle! Sorpresa!
E non è l'ultima sorpresa! 
vi do un indizio: Cagasotto viola
Sono una persona piena di sorprese, ammettetelo c:
Allora, siete stupiti? Siete shockati? Siete stuckati? Probabilmente l'ultima no, ma CHISSENE! MI SONO LIBERATA DI SAZUKE! WOOOOOOO!
Dai Roly, ora puoi anche uccidermi.


Byaz.
   
 
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