Fanfic su artisti musicali > Mika
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Autore: paneenutella    28/11/2015    9 recensioni
Fedez capisce, probabilmente solo in quel momento, perché lo sguardo del riccio lo abbia sempre messo in soggezione.
Mika lo guarda come se lo vedesse davvero.
« Quando sono nervoso mi sudano le mani » confessa il ragazzo, parlando troppo velocemente. Forse è colpa dell'alcool o forse è solo euforico.
« Non mi disturba » risponde Fedez.
« E mi vengono i crampi allo stomaco » continua l'altro, come se Fedez non lo sapesse.
« È carino ».
« E- E poi inizio a parlareparlareparlare e arroscisco spesso ».
« La trovo una cosa adorabile » ammette Fedez e gli sorride perché è vero. È così dannatamente adorabile.
« Sono un ragazzo » sussurra Mika, come se non fosse già abbastanza ovvio.
« Non mi importa ».
E poi succede tutto velocemente. Oppure a rallentatore.
Fedez non lo sa.
Non capisce più nulla dal momento in cui Mika, alto, elegante, snello, con i capelli sempre incasinati e quegli occhi enormi, si china verso di lui e lo bacia.
MikaXFedez // Urban Strangers
Genere: Commedia, Fluff, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Fedez
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Fedez non ha mai litigato sul serio con Mika.
In passato ci sono stati stupidi battibecchi per stupidaggini tipo “perché hai mangiato l'ultimo gelato?” o “Fedéz, ti ho detto che è fastidioso trovare le tue magliette sporche in giro per la camera”, o, ancora, discussioni per lo più causate da una scenata di gelosia da parte degli ex fidanzati di Mika, che non hanno mai capito il tipo di rapporto tra lui e Fedez.
Nessuno l'ha mai fatto, in realtà.
Ma, mai, mai era capitato che non si parlassero per così tanto tempo.
Hanno preso il pullman alle sei del mattino ed è da circa mezz'ora che stanno viaggiando sul bus che li porterà ad Holmes Chapel. Dovranno scendere alla prima fermata ed è lì che li aspetterà lo zio di Mika (aiuto, Fedez non ha ancora imparato il suo nome).
Tra l'altro, il ragazzo in questione, seduto accanto a lui, non sembra intenzionato a rivolgergli la parola.
Fedez non è mai stato così in imbarazzo in vita sua.
Odia questa situazione e odia il fatto di non riuscire a spiegare a se stesso cosa è appena successo nella camera di quel fottutissimo Bed&Breakfast in cui, per inciso, non metterà mai più piede. Ma neanche per sbaglio.
Non vuole pensare a niente, perciò si infila le cuffiette nelle orecchie e prende il vecchio quaderno a righe che ha portato con sé e che è rimasto al sicuro nello zaino verde militare per tutto il tempo.
Sente lo sguardo di Mika puntato su di sé.
Lo sente bruciare.
Improvvisamente ha caldo, ma il posto vicino al finestrino è occupato dal riccio e lui si vergogna troppo per dirgli qualsiasi cosa, perciò, stringe i denti e finge noncuranza.
C'è una piccola parte di lui, quella razionale, che gli dice di parlare con Mika, di risolvere questa cosa, perché non ne vale la pena, non parlare per una sciocchezza simile.
Perché è di questo che si tratta, una sciocchezza, no?
Sfoglia le pagine del quaderno: vecchi scarabocchi, testi abbozzati di canzoni che ormai ha già registrato e pubblicato sul suo canale YouTube.
Forse è tardi per pensare al successo, ma lui ci spera ancora.
Non è neanche la fama che gli interessa, piuttosto l'idea di riuscire a colpire la gente con i suoi testi, l'idea che la sua musica possa fare la differenza. Possa rendere qualcuno triste, felice, ma, sopratutto, possa indurlo a riflettere.
Il pullman è praticamente vuoto, quella mattina. Ci sono solo due passeggeri, che occupano i posti davanti; un tizio biondo, che ha un paio di cuffiette nelle orecchie, e una ragazza con la montatura degli occhiali troppo spessa.
Più di una ventina di posti liberi e Fedez ha scelto, comunque, di sedersi accanto a Mika.
Il ragazzo tatuato guarda l'amico con la coda dell'occhio. Indossa una giacca blu scuro che gli fa sembrare la spalle più larghe di come sono realmente. Il suo sguardo sembra essere assente, mentre osserva il paesaggio fuori dal finestrino.
A Fedez, per un millesimo di secondo, viene da piangere.
Scuote la testa, deglutisce un paio di volte e tira fuori dalla tasca interna dello zaino una penna.
Ci sono i The Smith in riproduzione e lui è pieno di ispirazione.
Il testo a cui sta lavorando da prima del diploma è uno solo.
Non si tratta di mettere in ridicolo gli atteggiamenti delle persone o dei politici, questa volta.
Fedez sente che dietro quel testo c'è qualcosa di più privato.
21 grammi di felicità, dice il titolo.
E poi inizia a scrivere.




« Non è strano? » aveva detto Mika.
Fedez aveva sbuffato rumorosamente. Doveva decisamente smettere di fumare erba con lui.
Finivano per fare infiniti sproloqui sul bene, sul male, sul senso della vita e cose simili.
Erano sdraiati sull'erba, nel parchetto vicino ai loro appartamenti.
C'era freddo e il terreno era umido ma a loro non sembrava importare.
« Dico, le nuove generazioni delle persona » continuò Mika, passandosi una mano tra i capelli.
Secondo la leggenda, ogni volta che l'amico si sistemava i ricci, gli ormoni di una ragazza nel mondo esplodevano.
Fedez ridacchiò mentalmente perché, nonostante le voci corressero velocemente, soprattutto al loro Liceo, c'era ancora qualche ragazzina che cercava di fare la corte a Mika.
E lui era sempre così gentile con tutte, cercava di usare le parole giuste, di non ferire i loro sentimenti e tutto il resto.
Fedez si girò a guardarlo. Nel suo delirio stava strisciando braccia e gambe sul terreno come se volesse lasciare la forma di un angelo.
Peccato fosse aprile.
E che non ci fosse la neve.
Il ragazzo tatuato scoppiò a ridere, come se avesse visto la cosa più divertente del mondo.
Mika si fermò immediatamente e non ebbe neanche bisogno di spostarsi, per allungare il braccio e spiaccicare la sua enorme mano sulla faccia di Fedez.
« Idiota, finiscila » gli disse, cercando invano di liberarsi. Mika, ovviamente, aveva tutt'altre intenzioni. « Ti sta bene la barba » si lasciò sfuggire poi, come se le sue parole stessero seguendo chissà quale filo logico, e lasciò scivolare la mano sulla mascella e sul mento di Fedez.
Fu talmente veloce, eppure al ragazzo sembrò di sentire i suoi polpastrelli che lo accarezzavano delicatamente a rallentatore.
Deglutì. « Cos'è che dicevi? Sulle nuove generazioni? » disse, ansioso di cambiare argomento.
Fedez aveva sempre avuto uno strano rapporto con i complimenti. Anche ora, che di anni ne aveva diciotto, non sapeva mai cosa rispondere quando qualcuno gliene faceva uno.
Anche se quel qualcuno era Mika, che aveva sempre una parola carina per chiunque, persino per lui, che sembrava essere fatto al 90% da difetti.
« Ah, sì » disse l'amico, girandosi completamente su un fianco, per guardarlo in faccia.
Le pupille di Mika erano dilatate e i suoi occhi, se possibile, sembravano ancora più grandi.
« Noi giovani, pensavo a questo. Abbiamo più punti interrogativi che punti di riferimento.
Guardiamo tutti le stesse cose, indossiamo gli stessi vestiti, le stesse scarpe. Non è assurdo? ».
« Certo che lo è », rifletté l'altro, accigliandosi.
In realtà lo pensava davvero, ed era realmente colpito dalle parole di Mika.
Al tempo, Fedez non avrebbe potuto sapere che quelle frasi sarebbero diventate i versi di una delle sue canzoni preferite (caricata su YouTube solo l'anno successivo).
« Davvero? » strillò Mika, raggiante, raggiungendo note che, secondo Fedez, non erano mai state raggiunte prima da nessun essere umano.
« Sì. Hai detto ben quattro frasi grammaticalmente corrette. Non penso solo che sia assurdo, penso sia un miracolo » lo prese in giro, mentre Mika aveva messo su un broncio troppo adorabile per essere descritto.
La sensazione era più o meno quella che si prova quando si vede un cucciolo o un bambino piccolo.
Insomma.
« Dai, sono serio io. Siamo come specchi che non riflettono » continuò l'amico, dandogli colpetti sulla testa.
Fu come se una bomba gli fosse esplosa nel cervello. « Stai calmo, cazzo, tu e quelle mani enormi » disse Fedez, chiudendo gli occhi infastidito.
Ci fu qualche minuto di silenzio in cui il ragazzo poté sentire il vento che soffiava e si incastrava tra le fronde degli alberi, facendole quasi vibrare. Il rumore delle macchine che sfrecciavano sull'autostrada, invece, era solo un eco lontano.
Sembrava quasi di essere in un paesino sperduto nel nulla. Di quelli con più gatti randagi che persone, in cui passano tre pullman in croce, se va bene.
Ma d'altronde, quel parco gli era sempre piaciuto proprio per quel motivo. Perché era lontano da tutto e tutti – o almeno, così si illudeva che fosse – e, si sapeva, Fedez odiava tutto e tutti.
Non ci aveva mai portato nemmeno Giulia, ora che ci pensava.
Stavano insieme da un po', ormai, eppure non gli era mai passato per la testa. Già la vedeva, mentre, disgustata, si rifiutava di sedersi sull'erba perché “Fede, ma sei pazzo? Mi si rovinano i jeans nuovi”.
Quel parco era sempre e solo stato il suo posto.
Finché non era arrivato Mika, ovvio.
Con lui era diverso, perché, prima di tutto, Mika stesso era diverso.
« Mik? » lo aveva chiamato, infatti, per attirare la sua attenzione. Aveva ancora gli occhi chiusi, una nuova sensazione di pace che sembrava diramarsi in tutto il suo corpo.
Aveva sentito sbuffare e poi « Mh? Che vuoi? ».
« Stavo pensando- ».
« A quanto sei una testa di cazzo? » lo aveva interrotto Mika, scontroso.
Fedez lo aveva ignorato. Aveva un concetto in testa e non poteva permettersi di perderlo. Era una cosa gentile e doveva sbrigarsi, prima di cambiare idea o di iniziare un altro viaggio mentale, anche perché lui di cose così gentili non ne diceva quasi mai.
« Si dice “a quanto tu sia”, comunque. A forza di sbagliare congiuntivi, ti verrà la congiuntivite » si era preoccupato di precisare e, anche se aveva ancora gli occhi chiusi, poteva immaginare la faccia indignata di Mika, perciò gli venne da ridacchiare.
Aprì lentamente gli occhi e scoprì di non essersi sbagliato. Il riccio si era messo seduto, a gambe incrociate, aveva gonfiato le guance e lo fissava contrariato.
« Comunque, no. Era un'altra cosa ».
Mika lo guardò, in attesa.
Il cuore di Fedez, iniziò a battere più velocemente, ma era totalmente fatto e, in quel momento, non era riuscito a spiegarsi il perché.
O forse, semplicemente, non gli importava.
« Mi piace...» si interruppe un attimo, stava riorganizzando i pensieri.
Stare con te.
« …parlare con te » continuò poi, guardando il cielo scuro. « Ed è strano perché di solito non mi piace parlare con nessuno ».


Fedez guarda fuori dal finestrino. Ha scritto qualche riga del suo nuovo pezzo finché l'ispirazione non è scemata del tutto.
I palazzi e i grandi negozi di Londra hanno lasciato spazio al nulla. Letteralmente.
Il pullman sta percorrendo quella che sembra essere una strada infinita, circondata solo dal verde: colline, cespugli e alberi di cui Fedez non conosce il nome.
Il sole dovrebbe quasi essere sorto, ormai, ma lì in Inghilterra sembra si prospetterà essere un altro giorno di nuvole e umidità.
Il cielo è grigio, ironia della sorte, proprio come l'umore del ragazzo.
Mika, invece, sembra essere più felice ora, nota Fedez, che, come sempre, lo sta guardando di sottecchi.
Sta sorridendo e l'amico ci può scommettere; sicuramente sta rivivendo qualche flashback, o un ricordo della sua infanzia di quando ha vissuto in quel paesino, anni fa.
Quando arrivano ad Holmes Chapel è amore a prima vista.
Fedez non è ancora sceso dal bus eppure adora già quel posto. I marciapiedi puliti, le aiuole, le case tutte uguali e i giardini ordinati.
Ed è strano perché quel posto sembra così tanto perfetto e da Mika che si stupisce che gli piaccia così tanto.
Mika prenota la fermata – fortunatamente si è ricordato di farlo perché Fedez si era totalmente dimenticato, perso com'era nei suoi pensieri – e il bus si ferma pochi metri dopo.
Chiedono all'autista di aprire il bagagliaio, prendono valigie e i rispettivi zaini e l'autista mette subito in moto, senza neanche degnarli di uno sguardo.
Okay.
Lo zio di Mika è già lì ad aspettarli. O almeno, Fedez crede sia lui perché, nell'esatto momento in cui sono usciti dal bus, un uomo è sceso dal pick-up rosso parcheggiato dall'altro lato della strada.
Scopre comunque di non sbagliarsi quando il signore in questione si avvicina a loro e avvolge Mika tra le sue braccia muscolose.
Il riccio sembra imbarazzato e ricambia goffamente quell'abbraccio strizza budella.
« Sei cresciuto così tanto, figliuolo » gli dice con un accento inglese marcatissimo e Fedez gongola mentalmente perché è riuscito a capirlo.
Mentre l'uomo scompiglia i capelli a Mika, che finge di offendersi e poi borbotta uno « Smettila zio, non ho più undici anni », Fedez si prende quei pochi minuti di tempo per osservare l'omone che si trova di fronte a loro.
È alto, in effetti, un po' più di Mika, il che significa che lui si sente un maledettissimo nano, in confronto.
Iniziano a sudargli le mani.
Se non fossero troppo impegnati ad ignorarsi sa che il riccio gli avrebbe sussurrato parole incoraggianti all'orecchio e poi gli avrebbe avvolto un braccio dietro le spalle e, magari, gli avrebbe lasciato una veloce carezza sulla schiena.
A Fedez sarebbero venuti i brividi perché lui in genere le odia le persone che cercano continuamente un contatto fisico quando ti parlano, ma Mika è Mika e lui lo sa che, grazie a lui, si sarebbe sentito un po' meglio.
Invece si sente solo e così maledettamente in colpa.
Nel frattempo lo zio ha spostato l'attenzione su Fedez, squadrandolo da capo a piedi.
È un vizio di famiglia allora, ma che palle.
È muscoloso, ha un enorme tatuaggio nero sul braccio destro e un sorriso gentile. A Fedez sembra già simpatico.
La sua barba è folta e, come i capelli, tagliati corti, rossiccia.
Gli occhi sono verdi come quelli di Mika, però più piccoli e-
« Tu devi essere Federicò » gli dice, sbagliando l'accento del suo nome.
Fedez sorride. « Piacere di conoscerti » farfuglia, cercando di non fare pasticci con le parole.
Odia il fatto che in inglese non si usi il lei, dare del tu a quell'uomo lo mette terribilmente a disagio.
Si ricorda, poi, di non aver chiesto a Mika il suo nome. In realtà avrebbe dovuto farlo, ma era troppo imbarazzato per aprir bocca e poi se n'è scordato.
Oh mio Dio.
Gli viene voglia di vomitare.
Quasi come se lo zio gli avesse letto nel pensiero, accorre in suo aiuto e gli dice: « Io sono Zack, lo zio di Michael, come già avrai intuito ».
Zack. Ma certo.
Fedez annuisce, poi allunga la mano per permettere a Zack di stringerla. L'uomo, però, lo attira verso di sé abbracciandolo.
Il ragazzo non se lo aspettava perciò, senza volerlo, rimane rigido come il tronco di un albero.
Mika e Zack ridacchiano e lui sorride imbarazzato.
« Finiscila dai, te l'ho detto che Fedé è un tipo riservato » commenta Mika.
Ma cosa minchia vuoi dire con“riservato”?, pensa Fedez, ma non dice nulla perché magari ha capito male, e anche perché è in ansia, è a corto d'ossigeno e deve cercare di risparmiarlo.
I tre attraversano la strada, portandosi dietro i bagagli, e caricano tutto sul pick-up.
Fedez non ci era mai salito, riflette, e la sua idea di prendere posto per primo, dalla parte del passeggero, non è stata molto intelligente.
I sedili sono comodi ma al ragazzo manca il fiato perché si ritrova Mika dannatamente vicino, la sua gamba, lunghissima, è praticamente attaccata alla sua.
Finge di sistemarsi il giubbotto, mentre, in realtà, sta cercando di mettere più distanza possibile tra lui e l'amico.
Mika però se ne accorge perché, anche se può sembrarlo, non è davvero così stupido.
Fedez non sa se sentirsi più male per il gesto che ha appena fatto o per aver intravisto lo sguardo ferito del riccio, che cerca di raggomitolarsi ancor di più su se stesso per lasciare a Fedez lo spazio che tanto sta cercando.
C'è qualcosa di sbagliato in tutto questo. Fedez stringe i pugni e si ripete di smetterla di essere così coglione.
Nel frattempo, Zack sta parlando a ruota libera. La sua voce è roca e, fortunatamente, parla in modo lento e chiaro, perciò Fedez riesce a capire quasi tutto quello che dice.
Secondo lui adoreranno Holmes Chapel, perché è un paesino piccolo, ma le persone sono gentili e disponibili. Beh, quasi tutte più o meno.
Poi dice qualcosa riguardo al fatto che, in paese, la meta da raggiungere non dista mai troppo dal punto di partenza e Fedez pensa che quel posto stia iniziando a piacergli sempre di più.
« Sarà difficile abituarvi, forse. È molto diverso da Milano, qui ».
Ma dai?, pensa il ragazzo tatuato, sarcastico.
« Mi era mancato vivere qui » commenta invece Mika, mentre Zack parcheggia di fronte a quello che evidentemente sarà il bar in cui lavoreranno. « Mi sembra persino di respirare un'aria diversa. È bello ».
Zack allunga la mano per stringergli un ginocchio e Fedez, tra i due, si trova in mezzo a quel contatto fisico non desiderato.
E poi, gli sembra di intromettersi in quello che è un qualcosa di estremamente privato e profondo.
Mika gli ha raccontato che Zack l'ha praticamente cresciuto, perché i suoi erano – e sono – sempre fuori città per lavoro.
Però, nonostante siano passati tanti anni, i due sembrano ancora molto legati. Fedez un po' li invidia.
L'unico membro della famiglia a cui il ragazzo è particolarmente legato è sua mamma. Nessun altro.
Sicuramente non suo padre, con cui ha troncato ogni rapporto anni prima, dopo il divorzio con la madre.
È figlio unico e non ha nessun cugino o zio come punto di riferimento.
Solo Mika.
È sempre stato solo lui.
Fedez deglutisce rumorosamente. Probabilmente le sue sinapsi sono andate a quel paese ora che ha dato l'esame.
È così ovvio. Il suo cervello ha esaurito l'energia e ora non vuole collaborare, altrimenti avrebbe già risolto tutto con Mika.
Fedez continua a rimuginare finché non arrivano al bar. È davvero piccolo e il ragazzo rimane decisamente sorpreso.
Non che si aspettasse chissà quale locale di lusso ma, appena mette piede lì dentro, ha subito l'impressione di trovarsi in uno di quei pub da quattro soldi che si vedono nelle serie tv demenziali che guarda Mika.
Ogni cosa è fatta di legno: le pareti, il pavimento, gli sgabelli, i tavolini, persino il bancone.
Accanto a esso vi è un'ampia vetrina con tantissimi dolci, pizzette, panini.
Il suo stomaco, inevitabilmente, brontola. Non hanno fatto colazione e il ragazzo sembra essersi ricordato solo ora di avere fame.
Tempismo perfetto insomma.
Riesce, però, a vedere l'ombra di un sorriso sul viso di Mika. D'istinto sorride anche lui.
Nel frattempo, Zack si scusa e si allontana per salutare una ragazza di colore con i capelli rasati, che sta servendo i tavoli e, contemporaneamente, scrive le ordinazioni su un block notes azzurro.
Da quello che ha detto loro, e che Fedez ha capito, lei è Deborah ed è l'altra proprietaria del bar. Lavorano insieme da anni e, da come ne ha parlato, sembrano molto amici.
C'era quella sorta di orgoglio misto ad affetto nella voce dello zio di Mika. Quel tono che usi per qualcuno a cui tieni davvero.
Fedez non saprebbe spiegarlo, ma gli piace l'atmosfera che c'è in quel posto.
Sono persone normali che prendono il caffè in un bar normale. C'è l'impiegato – completo scuro e ventiquattr'ore– che sfoglia il giornale, alcuni ragazzi, una madre e un bambino, che sta mangiando una pasta al cioccolato e ha tutta la bocca sporca.
Fedez sa che quella non è Milano, non è il bar che c'è vicino al suo appartamento e, ovviamente, quelli non sono milanesi, sempre di corsa, sempre indaffarati, sempre così perfetti nei loro abiti costosi. Eppure, inspiegabilmente, si sente a casa.
E continua a sentirsi così anche quando Zack fa ritorno e gli mette un braccio intorno alle spalle, come se lo conoscesse, come se fossero amici da una vita, quando li presenta a Deborah e lei gli sorride e Fedez potrebbe giurarlo, non ha mai visto un sorriso così bello.
Zack, poi, inizia a blaterare qualcosa riguardo i loro compiti.
Mika si occuperà delle ordinazioni, Fedez andrà a servire ai tavoli, Deborah starà, come sempre, al bancone e alla cassa e-
« Io starò qui », conclude l'uomo, « a vedervi sgobbare per me ».
Deborah scoppia a ridere e, prima di allontanarsi, gli fa il dito medio.
Fedez sorride e, automaticamente, cerca lo sguardo di Mika che, nota, lo stava già fissando. Il riccio finge di guardare altrove, senza proferire parola.
Continuano così tutto il giorno, pausa pranzo compresa. Si ignorano anche quando finalmente disfano le valigie e iniziano a sistemare le loro cose nella casa di Zack.
Fedez scopre, infatti, che le scale nel ripostiglio del bar portano ad un piccolo appartamento. È arredato alla buona e male, sente borbottare Mika alle sue spalle, ma, sinceramente, a lui non sembra così pessimo.
Ricorda vagamente la versione in miniatura di un loft, con il parquet, un enorme divano ad occupare il centro della stanza e, in fondo, un mini angolo bar in muratura.
Mika ha qualcosa da ridire sul fatto che lo stile della cucina e i muri bianco sporco dell'appartamento facciano a pugni con il divano in pelle nera, ma Zack non sembra prendersela, anzi, gli dà una pacca sulle spalle e gli dice di smetterla di essere così fottutamente pignolo.
Fedez è tentato di battergli un cinque ma si trattiene, in parte perché non vuole peggiorare la situazione con Mika, in parte perché è troppo attento a studiare quell'appartamento.
La verità è che lui ha sempre adorato visitare case nuove, che non ha mai visto, non tanto perché ha un'ossessione inquietante per il design, come l'amico, piuttosto perché gli piace notare tutti quei piccoli particolari che trasformano un'abitazione anonima in una vissuta.
Automaticamente ripensa al suo appartamento, a Milano, all'odore del bucato, della pasta al sugo, al marmo del camino, sbeccato da un Federico bambino che aveva avuto la brillante idea di giocare a pallone dentro casa, e alla fissazione di sua madre per i fiori, sistemati in vasi colorati sopra ogni mobile e tavolo.
Poi, però, ripensa all'appartamento di Mika, così grande ma allo stesso tempo così vuoto. Ripensa alla tv al plasma, alle librerie sempre spolverate e all'odore di pulito.
Mentre zio e nipote parlano tra loro, Fedez cammina senza meta, gira intorno al tavolino in vetro del salotto, passa davanti alle mensole.
Ed eccolo lì, il dettaglio.
Ci sono tantissime foto, una accanto all'altra.
Tra le prime Fedez riconosce un Mika piccolissimo, in braccio ad uno Zack ancora molto giovane, e altre fotografie insieme a quelli che sono i genitori di Michael, tanti anni prima.
Ci sono una donna e una bambina, hanno entrambe i capelli biondi, gli occhi della piccola, però, sono verdi, come quelli di Zack.
In alcune, con loro, c'è anche lui, infatti. A Fedez piace molto quella in cui sono tutti e tre imbacuccati, le sciarpe che indossano nascondono le loro bocche, ma i loro occhi sorridono.
Poi un flashback. Ed ecco che il ragazzo si ricorda della discussione con Mika, mesi prima, in cui l'amico gli racconta della moglie e della figlia di Zack e dell'incidente d'auto, una tragedia avvenuta solo due anni prima.
Fedez ha improvvisamente nausea, perciò si allontana e finge non di non essere rimasto colpito da quello che ha visto. Non vuole che lo zio di Mika l'abbia notato e sopratutto, non vuole avere quel tipo di conversazione con lui.
Non saprebbe come gestirla.
In fondo all'appartamento, accanto al mini bar e alla cucina, c'è un breve corridoio, due porte sul lato sinistro e due su quello destro.
« Bene » annuncia Zack, passandosi una mano tra i capelli. « Qui, c'è il bagno » dice, e apre la prima porta sulla sinistra, mostrando loro quello che effettivamente è un piccolo bagno decorato con mattonelle azzurre. « Questa, invece, sarà camera vostra »continua, aprendo la seconda porta e mostrando ai ragazzi una camera con due letti separati da un grande comodino in legno. Fedez e Mika recuperano le valigie che avevano lasciato all'ingresso e le portano nella nuova camera da letto.
« Cosa c'è nelle altre due stanze? » si azzarda a chiedere Fedez, senza riuscire a mordersi la lingua.
Zack si irrigidisce immediatamente e il ragazzo capisce di aver fatto una domanda sbagliata.
« In una camera mia, l'altra è chiusa a chiave » esita un attimo, prima di aggiungere, « praticamente è inutilizzata da tempo, ormai ».
Detto questo li lascia da soli e, tra Mika e Fedez, cade, di nuovo, un silenzio imbarazzante. Sono solo le tre e mezzo del mattino, oggi non ci sono stati molti clienti al bar, infatti, nell'arco della giornata sono riusciti persino a trovare il tempo di sgranocchiare qualcosa sia a pranzo che a cena.
Fedez ha pulito i tavoli e il pavimento, mentre all'amico sono toccati i bagni.
Decide di farsi una doccia veloce e, quando esce dal bagno, nota che Mika si è già addormentato, forse. Fedez non ne è sicuro, però, una cosa è certa: se è ancora sveglio, il riccio non ha alcuna intenzione di parlare con lui.
Si infila velocemente il pigiama nuovo che sua mamma ha voluto comprargli ad ogni costo, neanche avesse tre anni, perché “Fede, non puoi andare a dormire fuori senza un pigiama decente, non sta bene” e poi si affaccia in salotto per dare la buonanotte a Zack, che sta guardando la tv, e lo ringrazia velocemente per questa possibilità che ha deciso di dare a lui e a Mika.
Gli ci vogliono due orette buone per prendere sonno.


La prima settimana di lavoro al pub di Zack è decisamente sfiancante.
Non che Fedez si aspettasse di bighellonare tutto il tempo, certo.
Sabato notte, tuttavia, sente di aver prosciugato definitivamente anche l'ultimo briciolo di energia rimasta. Mika, al contrario, non sembra affatto provato.
Anzi, non ha dato segni di cedimento neanche dopo le cinque e mezzo, quando l'ultimo gruppo di adolescenti ubriachi ha lasciato il pub e lui ha dovuto pulire tutta la sala.
Fedez sta seriamente iniziando a pensare che sia un robot. O un alieno.
Insomma, qualcosa di non umano.
Ancora si parlano a malapena e il ragazzo tatuato non riesce a concepire questa cosa. C'è un leggero imbarazzo, ogni volta che si scambiano uno sguardo ma, nonostante tutto, Mika si è offerto di lavare tazzine e bicchieri al posto suo, visto che Fedez, alle quattro e mezzo del mattino, sembrava a stento riuscire a reggersi in piedi.
In ogni caso, in questi sette giorni, Fedez ha capito alcune cose.
Prima di tutto, adora Zack alla follia. Lascia sempre dormire lui e Mika mezz'ora in più, la mattina, e, quando scendono al bar, fa sempre trovare loro due cornetti ripieni di cioccolato, sul bancone.
Anche Deborah è simpatica. Ha un senso dell'umorismo discutibile e a volte dice cose che Fedez non capisce, però va bene così.
Ogni tanto, poi, guarda lui e Mika e sospira e scuote la testa e Fedez sta seriamente iniziando a pensare che possa leggere nelle loro teste o roba simile.
Mika invece è perfetto.
Come sempre.
Sono passati solo pochi giorni eppure lui sembra lavorare lì da una vita. È così a suo agio, mentre prende le ordinazioni, sorride ai clienti, risponde a qualche battutina, passando elegantemente tra un tavolo e l'altro.
Fedez, invece, è sempre così rigido e impacciato. Vorrebbe sotterrarsi ogni volta che un cliente gli rivolge la parola, perché ha paura di non riuscire a rispondere o, peggio, di non capire ciò che gli si sta chiedendo.
È già successo, quella settimana, e ogni maledettissima volta, Mika era al suo fianco, a rispondere al suo posto e a rassicurarlo con lo sguardo.
Fedez non ha davvero il coraggio di parlare con lui, è troppo codardo anche solo per pensare di fare la prima mossa.
Ma lo capisce, lo sa che Mika non è davvero arrabbiato con lui. È solo ferito, forse, sente di essere stato attaccato nell'orgoglio, è comprensibile.
Ne ha la certezza quella notte, quando si addormenta come un bambino sul divano dell'appartamento di Zack, divisa nera e scarpe ancora addosso.
All'improvviso, sente in lontananza la voce di Mika, che sta parlando con lo zio. Poi, qualche secondo dopo, qualcuno gli toglie le scarpe, gli fa allungare le gambe sul divano e gli poggia qualcosa di caldo addosso.
Una coperta, forse.
Fedez ha ancora gli occhi chiusi, convinto al cento per cento che si tratti dell'ennesimo gesto paterno di Zack.
È quando due dita fresche gli accarezzano la fronte, che capisce di essersi sbagliato. Solo una persona lo tocca così.
Con tanta delicatezza e-
« Mi dispiace. Per tutto questo casino, davvero » sussurra Mika prima di andarsene, preoccupandosi di non fare troppo rumore.
E amore, pensa Fedez nel dormiveglia. Con tanta delicatezza e amore.




Angolo dell'autrice
Se ascoltate attentamente potete sentire il rumore delle mie scuse che echeggiano nell'aria.
Davvero, è imbarazzante questo ritardo. Il problema è che l'università sta, piano piano, risucchiando via tutto il mio tempo (e le mie energie). 
Quindi faccio davvero fatica a seguire le lezioni, studiare, portare avanti questa storia e non impazzire.
A parte questo, non credo di avere altro da aggiungere. 
Questo è un capitolo di passaggio, mi serviva solo per descrivere meglio alcuni personaggi e situazioni.
Come al solito, ringrazio infinitamente le persone che seguono questa storia, in particolare le nove anime buone che, nello scorso capitolo, mi hanno scritto recensioni bellissime. 
Il mio cuore è vostro! ahahah
Vi prometto che cercherò di essere più puntuale negli aggiornamenti, davvero.
Alla prossima xx
  
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