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Autore: Kanima    29/11/2015    1 recensioni
«Luce. Una luce profonda, tagliente, bruciante; come i raggi di un sole rovente e meschino che si scaglia con furia sull'arida terra. Non c’è vita, non c’è respiro, nemmeno il mio.
Dove mi trovo? Non è uno spazio definito, non ci sono confini visibili.
Dove mi trovo? Non si riescono a scorgere né profili né sfumature di ombre lontane.
Dove mi trovo? Nessuno lo sa, a nessuno importa, forse nemmeno a me.»
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Luce. Una luce profonda, tagliente, bruciante; come i raggi di un sole rovente e meschino che si scaglia con furia sull’arida terra. Non c’è vita, non c’è respiro, nemmeno il mio.
Dove mi trovo? Non è uno spazio definito, non ci sono confini visibili.
Dove mi trovo? Non si riescono a scorgere né profili né sfumature di ombre lontane.
Dove mi trovo? Nessuno lo sa, a nessuno importa, forse nemmeno a me.
     Un insopportabile, terrificante silenzio regna sovrano. Urlo. Il silenzio permane. Ritento una prima, una seconda e una terza volta; è quasi diventata una competizione, tra me e lui. Non mi piace perdere, non perderò. Nulla. A quanto pare, la mia voce non esiste più. Chissà se sia mai esistita, se qualcuno l’abbia davvero sentita, apprezzata, se saprebbe ancora riconoscerla tra tante. Non è una grande perdita, dopotutto ho sempre vissuto nel silenzio, perché si possono dire molte cose anche senza parlare; un silenzio che adesso, però, mi sta soffocando e schiacciando sotto il suo invisibile peso.
     Posso andarmene? No. Qualcosa mi tiene fortemente ancorata in questo abisso che sembra galleggiare tra lo spazio e il tempo. Volteggia, si contorce, si rilassa, come una piuma in volo in un cielo tempestoso e poi cullata dalla brezza mattutina.
     Non so se voglio andarmene. C’è qualcosa di stranamente familiare che mi trattiene, una sensazione di sicurezza e invulnerabilità. Sono attratta da questo posto come lo è un'ape dai profumatissimi fiori varopinti.
     La luce inizia ad affievolirsi, come la fiamma di una candela consumata giunta ormai al termine, come il luccichìo che svanisce negli occhi di chi ha perso per sempre la speranza. Mi sembra di scorgere qualcosa di lontano, irraggiungibile, ma allo stesso tempo così vicino a me. Confuse figure iniziano a prendere forma, nascono e muoiono e rinascono e scompaiono di nuovo. Sembra di assistere ad un ciclone di ombre che si aggrovigliano e si aggrappano l’una all’altra per non svanire nell’ignoto.
     Echi lontani, suoni ovattati e incomprensibili rompono quel detestato silenzio e si impongono su di esso con brutalità. In un groviglio di voci riesco a riconoscere la mia. Com’è possibile che si trovi lì e che abbia volontà propria? Cerco di concentrare tutta la mia attenzione su di lei, isolando gli altri rumori, ma si rivela inutile, non ne ho il controllo.
     Sembra che adesso riesca a muovermi. Fosse posso avvicinarmi di più, non ho paura del ciclone, non ho paura di scomparire. Ogni passo si fa sempre più pesante del precedente e non capisco perché io mi senta così svuotata di me e piena di altro allo stesso tempo. Tutto accade senza che io possa fare nulla, le lacrime mi bagnano lentamente le guance e il cuore pesa come un macigno nel petto. Perché mi sento come un gabbiano senz'ali? Perché mi sento totalmente impotente? Perché ho smesso di essere me stessa?
     Continuo a camminare dritta verso l’occhio del ciclone e quelle figure disordinate prendono finalmente colore e vita. Con orrore comprendo che sono io, quelle ombre. Tante copie di me volteggiano immobili e prive di anima come prigionieri in catene. Vedo una piccola me che piange e prima che possa fare qualsiasi cosa, si dissolve proprio davanti ai miei occhi. Un senso di profonda tristezza mi pervade e mi accorgo che tutte quelle figure condividono lo stesso sguardo gelido e vuoto e che quello sguardo tagliente è rivolto verso di me.
     Improvvisamente, quel misto di rumori confusionari sfocia in una singola voce, la mia voce, che ora si fa chiara: «Non puoi fare nulla per loro, appartengono al passato. Sai dove ti trovi? Nel posto più intimo che conosci, nella sede dei tuoi pensieri, nel fulcro della tua essenza. Ti starai chiedendo perché siete qui, tutte voi. Quelle immagini rappresentano i momenti che rimpiangi, le volte in cui ti sei fermata dal fare qualcosa per paura, perché la tua ragione ti impediva di agire come avresti voluto. Quei momenti sono andati persi per sempre, ma ritornano qui ogni volta, rinascono nella tua mente perché non c’è giorno in cui non li rimpiangi. Sono destinati a ripetere questo ciclo di dissoluzione e rinascita all’infinito. Tu, invece, sei ad un bivio: puoi raggiungerle, fermarti qui, sapendo che non andrai incontro a pericoli o conseguenze, sapendo che sarai protetta e che non soffrirai; oppure puoi liberarti, puoi incamminarti verso l’ignoto, esporti e affrontare quello che accadrà senza nessuna garanzia.»
     Frastornata e con la testa che mi scoppia, ora comprendo il senso di prigionia, la mancanza di una propria volontaria espressione, la perdita di controllo su di me. Per troppo tempo ho soffocato la mia anima per seguire la ragione, per troppo tempo ho costruito da sola una gabbia nella quale mi sono rinchiusa. Adesso so che non voglio più rimanere qui, in questo finto 
posto di certezze e sicurezza: voglio l’ignoto, voglio la libertà di scegliere, di rischiare, di sbagliare e rialzarmi con le mie forze. L’unico ostacolo tra me e gli altri sono sempre stata io, con le mie paranoie, le mie convinzioni e le mie paure; ma questo non è vivere, piuttosto è un sopravvivere riparandosi dalle intemperie e dalle tempeste, rimanendo rintanata in una grotta. So che c’è tutto quello che mi serve per stare bene in questa grotta, ma a volte abbiamo bisogno di stare male per imparare cos’è davvero il bene. Abbiamo bisogno dei tuoni, della pioggia violenta e dei fulmini; del vento che ci sballotta da una parte e dall'altra senza sosta. Abbiamo bisogno di seguire l’istinto, le emozioni che pulsano dentro di noi come il sangue pulsa carico e vitale nelle vene.
     Sento che il peso nel mio cuore diminuisce progressivamente e il vortice davanti a me si fa sempre più piccolo, fino a scomparire. Ecco che ritorna quella luce, ma ora è calda e rassicurante e non mi fa più paura. Chiudo gli occhi e sorrido, ripensando a quella piccola versione di me che piangeva. Immagino di accoglierla tra le mie braccia e rassicurarla, di dirle che andrà tutto bene, che sarà tutto diverso.
     Una nuova consapevolezza si impadronisce del mio corpo e mi sento libera come mai lo ero stata prima. Mi sembra di riavere le ali, di non essere più in quella gabbia. Ora so di essere pronta. Mi lascio cullare e accarezzare ancora un piccolo istante da quella luce, prima di lasciare quel luogo per sempre.
     E adesso? Adesso inizio a vivere.

 
   
 
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