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Autore: En Sev En    01/12/2015    1 recensioni
Tutto è compiuto. Il comandante Viola Shepard giace ai piedi delle rovine della Cittadella mentre il male che opprimeva la galassia sembra essere stato sconfitto. Ma l'oscurità la avvolge fin da Mindoir, passando per Akuze o con i razziatori e non sarà facile per lei rompere definitivamente questa minaccia. Eppure potrebbe bastare una piccola cosa di cui lei è ancora all'oscuro... presto Liara, il comandante è ancora in pericolo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Comandante Shepard Donna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Il tempo passava sempre più lentamente ed ormai erano sei mesi, ben sei mesi, che Shepard era rinchiusa in quella sua libera prigione. Solo la visita di qualche mese addietro di Kasumi le aveva dato una nuova scossa rispetto alla monotonia delle sue azioni quotidiane, ma forse iniziava a comprendere il perchè la Chakwas fosse così fermamente convinta e determinata nell'impedire ogni contatto con l'esterno.
Il dialogo con Kasumi fu breve eppure ebbe impreviste conseguenze sullo spirito di Viola. E non tutte positive. Ogni conquista fisica sembrava improvvisamente regredire di fronte ad un cedimento morale, era come tornare indietro di mesi. La mente gioca brutti scherzi quando non è sostenuta da una perfetta integrità fisica. E' un po' come un'onda del mare che prima invade la spiaggia portando tutto quello che ha da offrire ma inesorabilmente torna indietro sottraendo anche più di ciò che ha portato. Ed il bilancio è sempre negativo. Il continuo pensare e ragionare sulle parole dell'amica avevano purtroppo innescato questa tendenza ed i ricordi negativi erano sempre quelli dominanti.

Thane. Semmai il suo legame con Liara avesse avuto un momento di debolezza questo sicuramente era avvenuto dopo l'incontro con Thane Krios.
L'assassino Thane Krios, ma mai queste parole le risultavano così illogiche se accostate insieme. Spesso aveva avuto il pensiero di cosa sarebbe successo se avessero potuto vivere insieme. Lui sapeva dell'oscurità che è insita nella violenza e aveva capito che tale violenza era la coperta con cui Shepard si era avvolta spesso nella vita. Il legame con Liara era profondo ma non aveva mai voluto nemmeno accennarle di questo suo radicato disagio. Non sapeva se lei potesse averne paura, era sempre stata così sensibile e dolce. Ed anche adesso che si atteggiava da dura come Ombra in realtà aveva il cuore tenero. Come poteva essere minimamente cattiva una ragazza che diceva “per la dea” ogni momento ed in una maniera cosi dolce? E cosa avrebbe provato nel sentirsi investire dal gelido vigore di una tempesta come l'odio che Shepard aveva covato fin da giovane? Era troppo prezioso quel legame per poterlo solo incrinare, forse lei aveva percepito qualcosa ma non è come sapere.
Ma con Thane era diverso. Lui aveva immediatamente capito chi aveva davanti perchè davanti aveva solo una sua immagine riflessa. Forse solo un po' più carina. Per questo si attraevano e non poteva essere diversamente. Ma mentre Shepard era ancora giovane Thane aveva ormai percorso fino in fondo la sua strada ed era finalmente riuscito definitivamente a dominare il suo io. Ed aveva accettato i suoi peccati per i quali aveva chiesto perdono.
“Thane, oh Thane... ancora non posso raggiungerti”. La preghiera di Kolyat riecheggiava ancora nella sua mente, la sua preghiera per la salvezza di lei con lui morente, ancora la turbava profondamente.
“Ti prego, proteggimi ancora dall'oscurità se puoi, io non ho ancora la forza per farlo”
La funzione funebre sulla cittadella non aveva avuto alcun effetto su di lei: Kolyat aveva da tempo accettato la morte del padre, Shepard ancora no, ancora non era stata salvata. Era scollegata.

- siamo qui da diverso tempo – così Kasumi le aveva detto. Non aveva dubbi sul fatto che loro fossero lì. O meglio li aveva avuti ma subito si era data della stupida. Come poteva pensare che uomini e donne di ogni specie avessero rischiato la vita per seguirla in imprese disperate e non l'avessero poi attesa nel momento di raccogliere insieme i frutti di tanto sacrifico ?
“Ci saranno praticamente tutti da quanto mi ha detto. Praticamente più persone che di fronte ad una danzatrice asari all'Afterlife. A questo punto bastava mettere un bersaglio disegnato sulla struttura per farmi uccidere definitivamente, c'è più gente qui sotto che nel resto dell'universo."
Sempre meno di quelli che in realtà avrebbe voluto che ci fossero.
Jenkins per esempio. Ogni tanto passava del tempo a ricordarlo con la dottoressa Chakwas ed era l'unico momento in cui lei stessa sembrava dimenticare le raccomandazioni che tanto faceva ad altri.
E Kaidan.
Fu il primo vero momento di rottura da quando fu nominata comandante. Fino ad allora era stata sempre vittima degli eventi nei quali aveva dovuto destreggiarsi in vario modo. Fu così a Mindoir, fu così ad Akuze, fu così in tutte le azioni successive da marine, fu così anche da spettro almeno fino a Virmire. Lì cambiò tutto. Lì improvvisamente capì cosa significasse il peso del comando e dell'avere la responsabilità degli uomini. In azioni di guerra i soldati muoiono e questa è una verità ben nota: in un combattimento ci si protegge l'un l'altro finché possibile ma quando la morte esige la mano di un tuo compagno non puoi far altro che augurargli un buon viaggio. Ma lì fu LEI a decidere chi dovesse vivere e chi dovesse morire. Fu lei a stabilire freddamente che Alenko era il nome di colui che la morte avrebbe dovuto accompagnare con sè. Solo che Alenko non era soltanto un nome, era un amico ormai e se fosse dipeso da lui anche qualcosa in più.
La morte è stata il suo dono per cotanto amore nei suoi confronti.
Non era un pensiero logico, freddamente aveva fatto ciò che doveva essere fatto e se Kaidan avesse potuto parlarle ora le avrebbe detto che era stata la scelta giusta. Ed era quello che lei aveva detto anche ad Ashley Williams nella convinzione di consolarla e spronarla. Ma ora le sembrava tutta una scusa, era stato come decidere la sorte di un uomo con un lancio di moneta. Inaccettabile e senza alcun senso. Non c'era alcuna consolazione in banalità così evidenti. In quale situazione far morire una persona è una scelta giusta? Come si può stabilire che una scelta sia giusta se non si è provata ogni strada possibile? Perché è stato giusto riportare in vita lei piuttosto che Kaidan ? Magari lui avrebbe salvato più persone ottenendo gli stessi risultati. Non lo sapremo mai, lui non lo saprà mai.
“Non ne ha avuto la possibilità e l'ho deciso io ”.

Ma accanto ai momenti di sconforto altrettanto impetuosamente arrivavano i pensieri positivi. Molti di quelli citati avevano avuto storie tragiche: Vega si era trovato nella stessa situazione ma grazie a lei aveva ritrovato realmente le motivazioni per continuare, proprio grazie a quelle banalità cosi evidenti di prima. Cortez stesso aveva superato un momento difficile grazie a lei. Non era così in confidenza con lui eppure Steve non poté fare a meno di stare lì ad appoggiarla con la sua presenza.
La stessa Kasumi non avrebbe avuto alcun legame serio con Shepard in teoria, ma era lì anche a lei a fare ciò che poteva per aiutarla, anche se magari inutile. E Samara, Joker…
“Ma non mi pare che abbia detto Ida”
Se il cuore non si fermò in quel momento significava solo che le era stato estratto dal petto insieme agli innesti.
- il catalizzatore non può discriminare – e lei aveva scelto, era lei ad aver discriminato. Ida non era un'organica, la considerava un essere vivente oramai ma la fisica non viene cambiata dalle parole o dai sentimenti. Lei aveva decretato ANCHE la morte di Ida. Come avrebbe potuto guardare negli occhi Jeff se questo fosse successo veramente? Come avrebbe potuto dirgli la verità adesso dopo tutto questo tempo, dopo che forse era riuscito ad accettare la perdita? Non ne avrebbe avuto la forza, non avrebbe potuto. E le corse nella mente il pensiero di fuggire.
Sì, per la prima volta nella sua vita aveva preso in considerazione questa assurda opzione. Meglio sparire definitivamente che uccidere spietatamente un altro membro della sua squadra. Perché uccidendo Ida avrebbe ucciso anche Jeff.
Ma non si può rinunciare a lei e alla vita che potremmo fare adesso. Il solo pensiero di rinunciare a lei la faceva impazzire. Il pensare che anche per un solo momento avesse considerato di stare con Thane al posto suo le procurava un dolore intenso al petto.
E nella mente cercò di vagliare ogni parola che le avesse detto il catalizzatore alla ricerca di una scappatoia o di una speranza. Ma le parole di una IA non sono interpretabili, non sono una profezia che può nascondere un inganno. Ida stessa era una IA che aveva sviluppato il senso dell'ironia ma quando faceva le sue analisi non c'era imprecisione.
A meno che...
A meno che non vi fossero dei presupposti errati ignoti.
La sua mente ormai era nel pieno di una crisi sistematica, forse era così che si doveva sentire un drogato di sabbia rossa in crisi d'astinenza.
In quella confusione parossistica riuscì a trovarla la sua scappatoia. Il catalizzatore aveva detto quelle cose ma lei era ancora viva ed i suoi impianti in parte erano ancora funzionanti. Le navi turian erano ancora in orbita, le aveva viste, ed i macchinari che l'avevano tenuto in vita erano lì ad emettere suoni e luci come sempre da quando erano stati costruiti.
“E poi mi hanno detto che solo la tecnologia dei razziatori non è più funzionante, il resto al limite un po' rovinato ma perchè non dovrebbe essere così anche per Ida? E poi sono riusciti ad atterrare con la Normandy, così hanno detto, quindi...”
Se Ida non era lì poteva anche essere perchè la Normandy doveva essere ancora in cantiere per essere riparata ed Ida doveva comunque essere nel raggio di proiezione della nave. E se anche fosse in questo raggio a causa delle riparazioni non avrebbe comunque potuto essere nel suo corpo sintetico. Continuava ad utilizzare il verbo essere nei suoi pensieri come se questo potesse realizzare il suo significato. Non poteva che essere così, anzi DOVEVA essere così.
Il cuore riprese a battere, ma non si era mai fermato; al contrario aveva accelerato ad un ritmo tale da rendere impossibile la distinzione di un singolo battito anche per una macchina. Ancora una conferma che una cosa sintetica poteva sbagliare...

“Zaeed, Grunt, Garrus...”
Garrus, che l'aveva accompagnata nella sua avventura fin dall'inizio. Era un tipo strano o almeno così l'aveva reputato la prima volta sulla cittadella, ma le aveva ispirato fiducia fin dal primo incontro. Certo aveva un senso della giustizia piuttosto curioso, era decisamente violento e sbrigativo nella sua applicazione ma non lo faceva per crudeltà quanto per la frustrazione che un malvagio potesse sfuggire alla legge. O alla sua legge. I Turian sono fatti così.
“Garrus, amico mio, quante volte ti ho dovuto riprendere per farti arrivare sulla giusta strada” .
Il pensiero era rivolto a quella volta con Sidonis lì sulla cittadella. Lei sapeva che Garrus aveva nell'obiettivo del suo fucile di precisione Mantis anche la sua testa e per quanto fosse sicura della mira e della fedeltà del turian non poté non provare un brivido dietro la schiena quando decise di coprire l'obbiettivo. Lei sapeva bene quanto l'odio potesse far compiere gesti folli ma era anche conscia che Garrus poteva essere cambiato molto più facilmente di quanto fosse successo con lei. E non si sbagliava.
Ma il suo riprendere il senso di giustizia dell'amico le risultava anche ipocrita: non erano poi molto lontani i giorni in cui avrebbe ucciso uno come Garrus non appena ne avesse avuto la possibilità. Nella stessa situazione non avrebbe esitato a fare fuoco, assicurandosi di utilizzare munizioni ad alta penetrazione in modo tale da far fuori entrambi i turian che le erano davanti. Due alieni in meno.
Se si fosse vista allo specchio avrebbe visto un mostro, un mostro generato dall'odio e di questo aveva ancora molta paura.
“Diavolo non posso pensare a Garrus ed avere questa negatività. Ce l'abbiamo fatta, abbiamo sconfitto i razziatori e salvato miliardi di vite. Se il prezzo da pagare è un po' di infelicità e rimorso sono pronta a subirne le conseguenze!"
Non c'era bisogno di dirlo, il rimorso è come l'ombra di una persona: può non vedersi ma è lì nascosto nell'oscurità pronta ad apparire e non è possibile separarsene mai realmente, resterà con noi fino alla fine della nostra esistenza.
Questa volta ripensava alla vittoria ed a ciò che aveva provato mentre Kasumi le parlava. Aveva gioito e non aveva pensato ad altro che alla distruzione dei razziatori; aveva salvato miliardi di vite ed era disposta a pagarne il prezzo ma come non realizzare che il prezzo non lo aveva pagato lei? Quanti erano morti mentre lei era in giro per la galassia a cercare aiuto invece di difenderli come sempre si era ripromessa? Quanti erano morti o peggio mentre lei era nelle braccia della sua amata? Quanti avevano sofferto come lei in passato senza ricevere alcuna salvezza o redenzione? Quanti avevano ricevuto preghiere sincere per la propria salvezza? E lei era perfino ritornata due volte in vita mentre nessuno di quelli morti a causa della sua debolezza ed incapacità avrebbero avuto questo privilegio. Prezzo da pagare? Facili parole da dire quando si è fuori da una tomba.
Ed allora aveva capito che il mostro era ancora lì in profondità, ben nascosto magari ma era lì con lei e non l'aveva abbandonata in ogni istante della sua vita. Aveva provato piacere alle parole di Kasumi non perchè avessero vinto ma perchè li aveva distrutti e non aveva avuto alcun senso di rimorso o disappunto per come aveva ottenuto tale risultato. La distruzione era ciò che le aveva dato piacere.

In un momento di estrema lucidità capì allora di cosa avesse paura realmente la Chakwas; lei era una dottoressa che da lungo tempo aveva servito insieme ad Anderson sulle navi dell'Alleanza ed era ben conscia di quanto potesse essere potente la disperazione o il rimorso o un qualsiasi sentimento negativo sull'animo di una persona abituata alla guerra in non perfetto stato. Ed era conscia di quanti suicidi avesse dovuto registrare per non aver saputo fermare questo meccanismo. Ma con Shepard NON doveva accadere. Forse per la sua storia passata o forse per altro, Karin Chakwas considerava Viola Shepard sua figlia, la sua unica figlia visto che non ne aveva avute di biologiche, e non avrebbe mai accettato di perderla in questo modo. In battaglia non avrebbe potuto farci niente ed era pronta ad accettarlo ma non così...
Questo pensiero improvvisamente la rincuorò, era davvero circondata dall'affetto di persone che tenevano a lei più che alla loro stessa vita. Perfino i morti l'avrebbero aiutata se mai fosse esistito qualcosa nell'aldilà. Perché tutti avevano realmente creduto in lei. Non si sarebbero offerti volontari nella resistenza se non fosse vero ciò che le aveva detto Anderson sull'effetto delle sue azioni sulla Terra, Kaidan non avrebbe chiesto così serenamente di sacrificarlo se non avesse creduto in lei, Thane non avrebbe pregato per la sua salvezza in punto di morte. Chiunque aveva creduto in lei ed era solo per questo sacrificio volontario che le cose sono andate come sono andate. E da quel momento non poté che giudicare diversamente i momenti quotidiani che avrebbe passato in compagnia delle sue amiche ed in particolare con la sua seconda madre.
E quando entrò nuovamente nella stanza schizzò in piedi come una bambina e con un'agilità tale da far credere che forse non stesse così male come i macchinari ancora dicevano:
“Viola ti trovo meglio adesso anche se hai gli occhi un po' arrossati” mentre le passava con un fazzoletto vicino alla punta degli occhi per asciugare delle lacrime residue.
“No Karin non è niente di preoccupante, deve essermi finito un moscerino nell'occhio. Ma dimmi come hai passato la giornata oggi?”
Un moscerino nell'occhio, che scusa banale in un ambiente sterile forse quanto una camera operatoria. Ma la dottoressa aveva notato un cambio di atteggiamento nei suoi confronti e questa volta si lascio andare a passare più tempo in frivolezze che non ad effettuare le solite analisi.
“In fondo è di questo che ha più bisogno”

 
   
 
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