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Autore: SofiFlo    02/12/2015    2 recensioni
Regina ed Emma sono due ragazze distanti dal mondo che si sono ritrovate ad abitare; ma forse sarà questo a far stringere le distanze tra loro.
[Swanqueen]
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, FemSlash | Personaggi: Cora, Emma Swan, Regina Mills, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Rimase immobile, in quella stanza luminosa. I suoi occhi impiegarono qualche secondo ad abituarsi alla luce e al movimento che la circondavano, ma, appena le fu possibile vedere con chiarezza intorno a sé, non poté fare a meno di sorridere, ammirando quella magnifica danza che la circondava, caratterizzata da un’armonia non prestabilita, nata dalla compagnia e dalla buona musica, fatta su libera ispirazione, senza programmi o schemi.  L’ascoltava da pochissimo, e già l’amava. Sentiva il suo cuore, appesantito dai turbamenti che mai lasciavano veramente la sua anima, seguire quella gioia come un bambino che ammira per la prima volta una delle piccole meraviglie del mondo e se ne innamora. Stava semplicemente ferma in mezzo a quel trambusto e sentiva che si stava per commuovere. Una voce la interruppe dalla sua contemplazione, ed ella si trovò di fronte ad una signora che non doveva essere molto più anziana di sua madre, un po’ robusta e con i capelli grigi raccolti in uno chignon. “Benvenuta a Storybrooke, signorina! Non è di queste parti, vero? Beh, posso esserle utile in qualche modo?” Regina si fece dare una stanza da letto in quella locanda che le dissero chiamarsi Granny’s e sedette in un angolo, lasciandosi cullare da quella musica. Dopo poco, lasciate tutte le sue cose in stanza, scese di nuovo nella sala e si fece cullare da quel suono dolcissimo. Riusciva a malapena ad ascoltare quelle note stando ferma, e prima che potesse rendersene conto, stava ballando, a braccetto con un cavaliere o con una dama, trasportata in quell’allegria sorprendente che le canzoni le trasmettevano. Quasi finì in terra quando, sulle note dell’ultima canzone, attraversò la stanza girando su sé stessa, senza accorgersi di niente al di fuori del pavimento e della musica che la guidava. Arrossì violentemente, e cercò di evitare di stare nel bel mezzo del corridoio che si era formato, ma a quel punto tutti gli occhi erano puntati su di lei e dovette sorridere timida a quella curiosa folla che la ammirava senza giudicarla. Non credeva di poter ricevere tanti sguardi simili, catturati dal movimento, e gentili, ma del tutto privi di un’opinione negativa riguardo la sua esibizione, segno evidente che non era capace di stare al suo posto, come si sarebbe aspettata da sua madre. La proprietaria si avvicinò di nuovo a lei, offrendole un bicchiere d’acqua, e chiedendole come si chiamasse, per registrarla. “Sono Re—Jean, Jean Flag” Non sapeva come le fosse venuto in mente quel nome, ma certo era che non poteva presentarsi come la figlia della contessa che agiva come un tiranno su quelle terre: anche se nessuno avrebbe riconosciuto il suo viso, nascosto al mondo sin  da quando era piccola, anche nel popolo conoscevano certamente il suo nome, quello della ragazza che un giorno avrebbe posseduto quelle terre, e che certamente si sarebbe trovata in una posizione scomoda se il mondo fosse venuto a conoscenza del fatto che si trovava in una locanda in un piccolo paesino, vestita con solo un abito che lasciava scoperta buona parte delle gambe, della schiena, e del petto.
Un uomo visibilmente zoppo, probabilmente un abitante di quel paesino, che stava uscendo in quel momento dal locale si fermò un attimo, e la squadrò da capo a piedi. “Si goda la permanenza, Jean Flag.” Non seppe come fosse possibile, ma quegli occhi indagatori la congelarono per un istante, un istante soltanto, prima che la ragazza pensasse che probabilmente quell’uomo così inquietante non era altro che un anziano ubriacone, andato ad affogare i propri timori nell’alcol, come molti degli uomini di potere che aveva visto nella sua vita erano soliti fare.
***
Da quando aveva notato la ragazza, non aveva più saputo fermarsi. Era come se la musica nascesse da sola, rispondendo solo alle proprie esigenze di espressione, utilizzandola come un semplice ponte per arrivare nella realtà, per esistere. Il suo corpo le urlava di smettere di compiere quello sforzo che le causava dolore nelle dita, le chiedeva di fare una pausa, di prendere un respiro, di far rilassare i muscoli delle spalle. Non capiva come, ma aveva perso il controllo delle proprie azioni. Insieme a quel senso di impotenza dovuto alla tortura che era, per lei, perdere il controllo sull’unica cosa che sentiva di riuscire a controllare, quel furioso movimento portò in lei un senso di infinito che non riusciva a comprendere. Percepiva sé stessa come un tutt’uno con la musica, quella musica i cui confini non erano identificabili da nessuno, quella musica che riempiva la stanza e nessuno poteva dire che non impregnasse anche i cuori di tutti i presenti. Neanche se avesse potuto avrebbe impedito alla sua compagna più fedele di prenderla così, e renderla quel che voleva. Le note suonarono quella sera più dolci che mai, nonostante le canzoni fossero le stesse di sempre, ed Emma, in qualche modo, sentiva anche sé stessa più dolce, meno tesa e sola, più inserita nella folla che la circondava, più presente del solito nella vita di un paese che la circondava. E questo era davvero curioso per una persona  che era abituata a stare sola. Le ultime note, per quanto a tutti dispiacesse che fossero le ultime, furono un successo generale, e fecero scoppiare un applauso sincero, che, Emma si accorse, non era rivolto solo a lei. Era la prima volta che il suo sguardo si alzava, quella sera, dopo l’ingresso della ragazza, e per la seconda volta di fissò su quella fanciulla, che molti stavano fissando, arrossita in un angolo del salone. Era meravigliosa, in un abito rosso che lasciava ben poco da immaginare. Emma vide un paio di persone rivolgerle la parola, e poi volle avvicinarsi a quella ragazza, non avrebbe saputo dire davvero il perché.  Andò di fronte alla ragazza e la guardò un istante negli occhi, prima di rendersi conto di non sapere come iniziare una chiacchierata con la giovane. Prima che se ne potesse accorgere, le sue guance si tinsero di rosso, e la prima cosa che le venne naturale far fu un sorriso, sincero, dolce e, questo sarebbe stato chiaro a tutti, pieno di imbarazzo.
Per fortuna, Regina colse quelle sue emozioni e, sorridendo, esordì con un timido “Buonasera”.
["Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà della ABC che ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione appartengono solo a me.”
Buonasera, vorrei solo ringraziare chi sta leggendo questa storia, e  in particolare tutti quelli che l’hanno aggiunta alle seguite / preferite / ricordate. Mi scaldate sempre un poco il cuore.
Finalmente devo raccontare il primo incontro (non avevo idea che l’avrei tirata così per le lunghe) e sono felice di esserci arrivata. Scusate se l’ultima parte di questo capitolo è scritta un po’ male, l’ho scritta in questo infernale pomeriggio.
Se vi va, apprezzo sempre conoscere la vostra opinione. La casella per consigli, critiche, pomodori virtuali e insulti è quella in fondo alla pagina 
•Sofia]

 
   
 
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