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Autore: Alyeska707    02/12/2015    3 recensioni
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«G…Gwen?!» il suo nome uscì dalle mie labbra in un sussurro, mentre cercavo invano di focalizzare lo sguardo su quella ragazza. Ma forse stavo sognando, forse la stanchezza mi aveva reso cieco, sicuramente la stavo confondendo con qualcun altro. O almeno, ero convinto che fosse così.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Duncan, Gwen | Coppie: Duncan/Gwen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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***Outside***

«G…Gwen?!» il suo nome uscì dalle mie labbra in un sussurro, mentre cercavo invano di focalizzare lo sguardo su quella ragazza. Ma forse stavo sognando, forse la stanchezza mi aveva reso cieco, sicuramente la stavo confondendo con qualcun altro. O almeno, ero convinto che fosse così.
 
Ero sicuro che non l’avrei più rivista, che non ne avrei mai più sentito parlare… allora perché era lì, a pochi metri da me?  È un miraggio, Duncan, cavolo, ripigliati! No, ero certo che quella figura pallida fosse lei. Mi mancava così tanto la sensazione che il suo sguardo emanava in me. Per un momento sentii le gambe tremare, l’aria nei miei polmoni affievolirsi, il cuore fuori dalla cassa toracica. Nessuna mi aveva mai fatto sentire così, come mi faceva stare lei. Ma come si dice, “ci si accorge di avere qualcosa –o come nel mio caso qualcuno- solo quando la si perde”, quanta verità.
L’amarezza che provavo nel doverlo ammettere mi divorava sempre di più eppure ci ero cascato anch’io, nella trappola del destino.
Restai così, paralizzato, mentre l’ombrello gocciolante che tenevo in mano iniziava a bagnare le piastrelle all’ingresso del bar. Mi focalizzai su di lei, i suoi occhi semichiusi che guardavano verso il basso, la sua mano che faceva girare un cucchiaino nella bevanda fumante che aveva dinanzi. Dio, se era bella. Da lontano sembrava sempre la giovane ragazza tetra di quando l’avevo conosciuta. I ricordi avevano ricominciato ad affiorarmi nella mente ed io, ancora in piedi davanti alla porta del locale con un ombrello che ormai mi aveva infradiciato persino le scarpe, restavo immobile. Forse aspettavo che lei mi notasse, per poi correre nella mia direzione tenendomi stretto nell’abbraccio che avevo desiderato per troppo tempo. È inutile dire che i mille film mentali che avevo immaginato non si realizzarono. L’avevo aspettata immobile per troppo tempo, ero restato troppo a guardarla, a darla per scontata nella mia vita. Mi ero troppo abituato alla sua presenza. Abituato ai suoi occhi e viziato dalle sue labbra.
Io avevo davvero pensato che Gwen sarebbe potuta essere la persona giusta per resettare la mia vita e ricominciarne una migliore. Ovviamente sbagliavo anche qua. Eravamo felici, passavamo le nostre giornate insieme, a scherzare come idioti, imbrattando muri e ridendo come solo due esatte metà possono fare. Aprire gli occhi, la mattina, sentendo le nostre dita intrecciate, mi regalava una sensazione impagabile, che non avrei dato a nessuno per nulla al mondo. La sentivo così vicino, avvertivo i suoi pensieri, i dubbi e i suoi turbamenti. Riuscivo a capirla nell’animo quasi come lei capiva me. Quasi. Io per Gwen ero da sempre stato un libro aperto. Mi chiedo ancora come facesse a capirmi tanto bene. Si biasimava a tal punto in me che il primo a perdersi ero io, lo ero sempre stato. Il primo ad infrangere promesse, il primo  a mentire, il primo a scappare. Mi sono sempre chiesto come sarebbero andate le cose se non ci fosse stata Courtney. Voleva rovinarmi e ci è riuscita, dovrebbe esserne soddisfatta. Gwen, per quanto dura può voler sembrare, è sottile come un filo. Basta un po’ di vento per farla volare via. Da quando ci eravamo baciati ed io avevo tradito Courtney, tutte le tensioni e i commenti si erano riversati su di lei e sebbene dicesse di riuscire a sopportarlo, ero a conoscenza del fatto che non avrebbe resistito. Lei amava me ed io amavo lei e fin qui ci siamo, ma eravamo costantemente criticati da estranei, e questo non era esattamente lo stereotipo di vita che Gwen aveva in mente. Alla fine avevamo perso noi. Due contro il mondo è davvero sleale.
«Scusi… sta bene?  Vuole ordinare?»
Che crede questo? Che sia entrato in un bar per paralizzarmici davanti?!
«Sì, tutto a posto. Mi dia… della vodka, grazie» risposi, un po’ innervosito e turbato.  Ormai mi ero seduto al bancone e stavo aspettando il mio drink; disegnavo dei piccoli cerchi col dito sulla superficie lignea del ripiano, gli occhi mi si stavano per chiudere lentamente.
«Scusa… non è che mi passeresti una bustina di zucchero?»
Una voce femminile mi risvegliò di colpo e mi ritrovai alquanto disorientato, intento nel guardarmi intorno con gli occhi spalancati.
«Ehm… alla tua destra…» continuò la voce.
«Sì, scusi, oggi sono un po’ così» risposi senza pensare, con lo sguardo rivolto verso il basso, sul barattolo contenente una decina di bustine di zucchero.
«Tenga» le dissi, porgendole la bustina. Solo in quel momento notai le sue mani, aperte sotto le mie per prendere lo zucchero. Erano tanto candide e pallide… avevano quel non so che di familiare. Sì, forse avevo già bevuto qualcosa, quel giorno, perché quando feci uno più uno e salii con lo sguardo in un millesimo di secondo fino al suo viso mi accorsi che la persona che avevo di fianco era Gwen. La mia Gwen. O meglio, quella che una volta lo era. Lei corrugò la fronte, abbassando un sopracciglio, con lo sguardo fisso sulle mie mani, attendendo che esaudissi la sua precedente richiesta.
Rovesciai la mano, facendo cadere il contenuto nel suo palmo e subito portai il mio braccio vicino al suo viso, alzandole il mento e obbligandola a guardarmi negli occhi. Per un momento pensai anche che le mie iridi azzurre come il mare che si infrange maestosamente sugli scogli  (citazione letta dal mio fan club su facebook), potessero essere in grado di riconquistarla a prima vista, ma lei non è mai stata quel genere di persona.
Rimase immobile a guardarmi. Aprì la bocca e un brivido la percorse. Poi distolse lo sguardo, lasciando che alcuni ciuffi di capelli le coprissero la guancia diafana.
«D-Duncan…» disse seria. «Quanto tempo…» Sembrava tesa, forse innervosita, forse soltanto stupita. Priva di equilibrio. Io le sorrisi appena, ma non ho mai avuto la qualità di rassicurare le persone, non che me ne sia mai preoccupato...
«Già, tanto tempo» continuai. Sinceramente non sapevo che dirle. Avevo immaginato tante volte me e lei di nuovo insieme ma non mi ero mai posto il problema del copione… di solito a parole me la cavo. Eppure in quel momento…
«Che strano… Non riesco a guardarti in faccia, Duncan.»
Cosa? No, qualcosa non tornava. Perché si mostrava vulnerabile con tanta facilità?
«Gwen, che stai dicendo?»
«N-Nulla… nulla» ripeté, come per autoconvincersi.
Cercai nei suoi occhi una qualche risposta, ma non vi trovai nulla.
«Tenersi tutto dentro non ti aiuterà, lo sai.»
«Non ho intenzione di aprirmi con te» rispose secca. Non mi piaceva quella situazione, era troppo tesa per i miei gusti. Per un secondo pensai di andarmene, di lasciarla lì, sola con il suo rancore nei miei confronti. Poi mi ricordai che, probabilmente, non l’avrei rivista mai più e mi sistemai meglio sullo sgabello. Non replicai. Lasciai che il silenzio parlasse al mio posto. Io, in fondo, non avevo più nulla da dire.
«F-forse non ti ho dimenticato come speravo…» Una pausa.
«Forse ci sei sempre stato, nella mia testa, anche quando avrei voluto che tutto quello legato a te sparisse.» Un’altra pausa.
«Forse, ora che riesco a non pensarti troppo, ho paura che i miei sentimenti tornino vivi. Mi divorerebbero.» Sforzò un sorriso, ma ne uscì una smorfia.
«Ne ho cercata altra, di gente come te, che mi facesse sentire bene come mi sentivo insieme a te, Duncan… ma non l’ho mai trovata. È come se ti fossi portato via tutto ciò che avevo. Tutto ciò in cui credevo è… crollato. In mezzo secondo.»
Non capivo con chi stesse parlando… con me? Non ne ero per nulla sicuro. Prima non mi guarda nemmeno in faccia e poi di colpo inizia a raccontarmi la storia della sua vita? Questo sì che risulta strano. Ah, donne.
«Forse io provo ancora qualcosa per te» concluse, sempre con lo sguardo fisso sulla sua tazzina.
Pensai che avesse bevuto troppo cappuccino, ma poi ricordai che il cappuccino non è alcolico.
Poi sbuffò.
«Ma… perché sono ancora qui? Mi aspettavo pure che tu capissi? Che stupida, davvero. Sono rimasta la stessa ragazza di tre anni fa e anche tu sei sempre lo stesso. Scusami.»
Prese la giacca che teneva appoggiata alla sua sinistra e fece per alzarsi. Io, che non avevo aperto bocca, ero alquanto disorientato.
Sussurrai il suo nome, non volevo perderla di nuovo, ma lei non si curò di me. Iniziai a correre verso l’uscita, precipitandomi fuori, lasciando cappotto e ombrello laddove ero seduto fino a un minuto prima. No, non l’avrei persa ancora, l’avrei trattenuta con tutta la mia forza. Ero allarmato, dov’era andata? Di sicuro non lontano, ero uscito poco dopo di lei. Ero pronto a correre per tutto l’isolato, accompagnato dalla mia sola speranza e dal buio notturno sotto la pioggia, quando sentii un singhiozzo, lieve, in lontananza. Durante il periodo passato in riformatorio avevo avuto molto tempo a disposizione per migliorare i miei sensi, così non impiegai molto a trovarla. Era seduta, rannicchiata per terra, con la testa coperta dal cappuccio, dietro il locale. Appariva piccola, inerme e innocente.
Mi avvicinai a lei, calandomi alla sua altezza.
«Io ci sono, Gwen» le dissi porgendole la mano. Non mi riconobbi. Ero diventato così… gentile?
Si asciugò il viso dalle lacrime con la manica della giacca, per poi rispondermi: «Non dovresti aiutarmi, io ti ho lasciato, ti ho ferito, ora dovrebbe essere il tuo turno.» Prese la mia mano e ci alzammo. Ghignai.
«Mi rifiuto di essere prevedibile, ti ferirò quando meno te lo aspetterai.» Lei mi rivolse un sorriso appena accennato, ma sincero e il mio cuore saltò un battito.
«Il tuo cinismo mi mancava, Evans. Mi fa piacere sapere che sei tornato il galeotto di una volta.» Abbozzò una risata e io risi insieme a lei.
«Oh, lo sono sempre stato. DNA, tesoro. È che…  Courtney… il suo modo di volermi cambiare… Ho accettato troppe sue sfide e alla fine ho perso te, non so che dire. Avrò questo peso per tutta la vita.»
Tirai fuori un pacchetto da venti sigarette dalla tasca dei jeans e ne estrassi una. Presi il clipper e l’accesi. Me la posizionai in mezzo alle labbra aspirando profondamente la nicotina. Quel discorso mi sarebbe costato minimo due anni e cinque mesi da uno psicologo, a cui avrei anche distrutto lo studio. Quindi due anni, cinque mesi e 200000$. Fortunatamente io, dallo psicologo, non ero mai stato, né avevo intenzione di andarci.
«Ognuno di noi commette errori. Ma comunque… » Sghignazzò. «…eri proprio diventato un rammollito. Andiamo, il povero e solo uccellino indifeso… la tua anima gemella.» Stava ridendo davvero. Rivederla così dopo anni mi aveva fatto uno strano effetto. Quanta nostalgia di lei.
«Lo sai anche tu, chi sarebbe la mia anima gemella» risposi serio, con una punta di sarcasmo.
«Per me non hai mai pianto, per lui si. La gelosia mi stava divorando viva.»
«Ah, è così che stanno le cose eh? Beh, che dire, tu mi avevi appena mollato, i ricordi di noi due mi tornavano in mente e mi è uscita una lacrima. In quel momento ero su un albero, per una stupida sfida di uno stupido reality, accanto a uno stupido volatile e la gente ha subito pensato che piangessi per lui, quando in realtà mi stava consolando dal mio triste e solitario destino, ti può bastare?»
«Wow… sono senza parole. Passa.» Le passai la paglia, prese una boccata e me la restituì, mentre il fumo si disperdeva piano nell’aria. Gwen restò a guardarlo con fare interessato… magari il fumo che si dissipa nelle tenebre  era diventato arte moderna e non me n’ero accorto. Continuai io il discorso, impuntandomi sul tasto dolente, bisognoso di sapere ogni dettaglio della sua vita.
«E che mi dici della tua grande amica?» Mi guardò.
«Chi, Courtney?» Io annuii. «Ah, siamo abbastanza diverse e sì, all’inizio può essere simpatica e altruista ma poi diventa una spina nel fianco… pensa solo a se stessa! Non capisco come facevi a sopportarla…»
«Beh, nello stesso modo in cui inizialmente la sopportavi anche tu, no?»
«Giusto.»
Calò il silenzio, noi eravamo di nuovo seduti a terra con lo sguardo rivolto verso l’alto, verso le stelle.
«Io… sono un po’ stanca, forse è  meglio che me ne torni a casa.»
«Vengo con te.»
«Okay. È poco distante da qui.»
Iniziammo a camminare. Il mio ombrello ormai lo avevo dimenticato, abbandonato al suo triste destino. Infondo non vince chi dalla pioggia scappa ma chi sotto il temporale resta, no? Mi piaceva pensarlo. Io. Lei. La pioggia. Sapeva tanto di mistero, sarebbe potuto tranquillamente diventare il titolo di un film. Magari del nostro film. Il film della nostra vita.  Camminammo per dieci minuti, prima che lei si fermasse.
«Sono arrivata» disse indicando un massiccio portone bordeaux .
«Sai, ti farei salire, ma devo riprendermi dalla conversazione di poco fa.» Mi sorrise, alzando gli occhi al cielo. Io la assecondai. Il nostro incontro aveva messo in difficoltà pure me.
«Allora ci vediamo.»
«Se capita mi farebbe piacere, Duncan. Ma non penso che succederà, quindi questo potrebbe essere un… addio.»
«Io non credo negli addii. Dovresti saperlo.»
Si avvicinò al portone e smanettò con chiavi, prima di infilarne una nella serratura. Mi salutò con un cenno della mano e poi scomparve dalla mia vista. Solo in quel momento realizzai quanto mi era mancata e quanto avessi bisogno di lei. Lei era il mio ossigeno, vivevo di lei. Quell’incontro mi fece aprire gli occhi, perché in realtà né io né lei eravamo usciti dalla nostra relazione, non eravamo mai riusciti ad andare all’esterno di quei sentimenti che ci intrappolavano. E quello no, non sarebbe stato un addio.


Konnichiwa amici!
Che dire, ho ritrovato questa storia che ho scritto l'anno scorso e mi sono chiesta: "Perchè non provo a sistemarla un po' e a metterla su EFP?" così eccomi qua. Questa è la prima storia che pubblico su A Tutto Reality, ma se piace sarei molto, molto, molto felice di scriverne altre. Soprattutto sulla Gwuncan, ma questi sono dettagli. Quindi recensite in tanti! Qualsiasi critica qui è ben accettata! Ho bisogno di capire se ci sono pecche nella vicenda e nello stile per tentare di migliorare. Se mi faceste sapere un vostro parere ve ne sarei parecchio grata, ci tengo molto! ^-^
Grazie per aver sopportato la storia fino alla fine se l'avete fatto *cuore*.
                                                                                                                                              Alyeska       
   
 
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