Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Segui la storia  |       
Autore: alaskha    02/12/2015    1 recensioni
“No, aspetta – fui lui a fermarmi, quella volta – non ti va un caffè?”
“Io non bevo caffè”
“Sei davvero newyorkese o bluffi? Non mi piace la gente che bluffa”
Avevamo usato lo stesso verbo, quindi probabilmente Luke Hemmings non era un bugiardo bluffatore.
“Sono newyorkese e non bluffo, semplicemente non mi piace il caffè ed io e te non ci dobbiamo piacere, non dobbiamo neanche mai più rivederci, quindi non importa”
“Giusto”
Rimanemmo a guardarci per qualche istante.
Istanti nei quali lui non si tolse mai dalle labbra quel sorrisino sfacciato.
“Quindi?” mi riscosse lui, dal mio stato pietoso di trance.
“Quindi addio, Luke Hemmings”
“Mi dici addio perché New York è grande ed è facile sbagliarsi?”
Annuii.
“Esatto”
“Speriamo non sia così grande come dicono, allora”.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

chapter seven

just friends


 
Alle volte mi sentivo rinchiusa, nelle mie quattro mura, nella zona residenziale di Wall Street. Mi sentivo come quella principessa, quella rinchiusa in una torre.. com’è che si chiamava? La principessa Fiona? Beh sì, in effetti io adoravo Shrek, era uno dei miei cartoni animati preferiti, ero stata io a costringere Jai a guardarlo più e più volte.
Oppure avrei potuto essere Raperonzolo, e dovevo solo aspettare che qualcuno si presentasse alla mia finestra, urlando: “Jenelle, sciogli i tuoi capelli!”. Oppure, molto più adatto alla mia situazione: “Jenelle, datti una mossa! Abbiamo solo un’ora e venticinque minuti prima che inizi la conferenza sulla geopolitica mondiale!”.
Scossi la testa, arresa a quella vita noiosa e grigia a cui avevo ormai fatto l’abitudine. Pensai a quanto fosse stupido paragonare una come me ad una principessa, e pensai anche a Luke, che aveva preso ad utilizzare sempre più spesso quel soprannome per riferirsi a me. Sorrisi istintivamente, torturando l’orecchio del mio tascabile di “Una notte di Don Giovanni” di Gustave Flaubert, che avevo finito per l’ennesima volta.
Stavo annegando nei miei pensieri, quando dei passettini piccoli ed al contempo pesanti come quelli di un elefante, si avvicinarono alla mia camera. Vidi aprirsi la porta ed in una raffica di vento, Jai si buttò sul mio letto assieme a me.
“Ehi, scimmietta..” lo salutai, abbracciandolo stretto.
“Jen – cominciò lui, con la sua dolce voce – dov’è Luke?”
Strabuzzai gli occhi, alzandomi con il busto sul letto, così il mio fratellino fece lo stesso.
“Ti ricordi di lui?” gli domandai, stranita, inclinando un po’ la testa.
“Certo che mi ricordo di lui!” esplose, felice.
Ridacchiai, pensando a quanto fosse strano il potere che Luke Hemmings era capace di esercitare su chiunque gli girasse intorno. Mi sedetti a gambe incrociate e feci accoccolare Jai su di me.
“Beh? Che vuoi da Luke?”
“Voglio salire sul suo skateboard – mi disse, girandosi per guardarmi – secondo te mi ci fa salire Jen? Eh?”
Scoppiai a ridere: Jai sapeva essere petulante ed innocente nello stesso momento.
“Non lo so, Jai” ammisi.
“Magari se glielo chiedi tu, mi ci fa salire!” gridò, speranzoso.
“Perché non glielo chiedi tu?”
“Ma io magari non gli piaccio, tu però sì”
Mi rabbuiai. Lo feci sedere di fronte a me, sulle coperte comode del mio letto.
“E perché mai non dovresti piacergli? Sei così piccolo e dolce, Jai, Luke ti adora!”
Jai inclinò la testa, ed io ingoiai le lacrime, ancora, ancora e ancora. Se Jai era così insicuro, a soli otto anni, era colpa esclusivamente di quello che si professava essere suo padre.
“Davvero?”
“Certo! – dissi, sicura di me – e ti farà fare un grandissimo giro di New York con il suo skateboard, ti va?”
Jai annuì, al limite della gioia.
“E quando?”
“Già – feci, improvvisamente pensierosa – quando?”.
 
 
 
“Maribel?”
Ero alla finestra, ad osservare Wall Street, quando mi venne un’idea.
“Dimmi, piccolo fiore”
Maribel arrivò dalla cucina, con in mano uno straccio ed i suoi capelli corvini che cadevano in onde disordinate sulle spalle.
“Mi manca Jonathan – iniziai – e se organizzassimo una cena? Qui?”
Maribel strabuzzò gli occhi, forse un po’ incredula, nel sentire pronunciare quella parole proprio da me.
“È una idea meravigliosa, Jenelle!”
Sapevo che Maribel ne sarebbe stata contenta, lei amava questo tipo di cose, era la gioia di quella casa, insieme a Jai. Loro due erano quel cuscinetto che permetteva a me e mio padre di vivere nella stessa casa/città/stato/pianeta/universo.
“Ehi, c’è qualcosa che non va?” mi chiese poi, avvicinandosi a me.
Scossi la testa, imitando un sorriso.
“Jai..” confessai.
“Che succede?”
“Sempre la stessa storia, Maribel” confessai, guardandola negli occhi, cercando di aggrapparmi a lei.
“Vuoi fare questo per lui, non è vero? – mi chiese, con dolcezza – hai avuto una magnifica idea, vedrai quanto ne sarà felice, non appena lo saprà”
“Dici che papà potrebbe farcela a trascorrere un’intera serata con noi?” chiesi.
Maribel mi sorrise, avvicinandosi, perché lei più di tutti sapeva che ancora un po’ ci speravo, per Jai, più che altro, che le cose potessero in qualche modo cambiare.
“Certo, piccolo fiore – mi rassicurò, scostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio – ed io cucinerò piatti buonissimi, i migliori!”
Scoppiai a ridere, insieme a lei, perché l’allegria di quella donna era contagiosa. Ed in quel momento, ci raggiunse anche Jai, che era stato confinato nella sua camera a svolgere i suoi compiti del recupero estivo.
“Perché ridete? Voglio ridere anche io!”
Mi avvicinai a lui, e lo acchiappai, mettendomelo in braccio.
“John verrà qui, a casa nostra – lo informai, scoccandogli un bacio sulla guancia paffuta – sei contento?”
“Sì! – urlò, battendo le piccole mani – e perché?”
“Mangeremo tutti insieme, con papà, Maribel, John e anche Sabine – dissi – e Maribel farà anche la torta al cioccolato, quella che piace a te, non è vero Maribel?”
“Ma certo che sì! – confermò, sorridendo a più non posso – questo ed altro per la scimmietta di casa!”
“Ehi! Io non sono una scimmietta!” s’indignò Jai.
“Oh, ho detto scimmietta? – finse Maribel, scherzando – beh, volevo dire ometto!”
Scoppiammo a ridere, tutti e tre insieme, e sembrò quasi che in quella casa regnasse un po’ di normalità in più. E, torno a ripeterlo, era solo merito loro.
“Possiamo invitare anche Luke?”
Strabuzzai gli occhi, colta di sorpresa. Lasciai che Jai scendesse dalle mie braccia, e mi diressi verso la cucina, per evitare le domande di Maribel.
“Signorina – ma fu tutto inutile – dove credi di andare?”
Mi voltai lentamente, colpevole, mentre lei mi guardava con quei suoi occhioni enormi e le braccia conserte.
“Beh? – sbottai – che c’è? Non ho ancora pranzato, okay? Stavo semplicemente andando a mangiare qualcosa!”
“Mh – mh – continuò lei, con quella sua espressione furba di una che ha capito tutto – e ti è improvvisamente venuta fame proprio ora, non è vero?”
Sbuffai, arrendendomi alle pressioni di Maribel.
“Allora? Ci può venire Luke?” continuò Jai ad insistere.
Io lo guardai, senza dire nulla.
“Si può sapere chi sarebbe questo Luke? – mi chiese Maribel – e perché Jai ne è già così follemente innamorato?”
“Lo sai che lui si innamorata di chiunque – dissi, con un movimento della mano, come a liquidarla in fretta – Luke non è nessuno”
“E perché Jai vuole che questo nessuno venga a cena da noi?” continuò, decisa ad ottenere una spiegazione.
Così io sbuffai, sfinita e con le guance in fiamme.
“Okay, d’accordo, tregua” implorai.
“Piccolo fiore, perché sei arrossita?”
Jai scoppiò a ridere, indicandomi.
“Jenelle è arrossita! Jenelle è arrossita!” mi ridicolizzò, quel nano.
“Dì un po’ – cominciai, autoritaria – hai finito i tuoi compiti?”
Jai scosse la testa, immediatamente zittito.
“E sai cosa succede a chi non finisce i propri compiti?”
“Niente ghiacciolo!” urlò, mentre stava già correndo verso la sua camera.
Così rimanemmo solo io e Maribel. Mi fiondai sul divano, afferrando il telecomando del nostro mega televisore a schermo piatto, e stesi le gambe coperte da leggere calze nere.
“Oh no, non se ne parla neanche! – disse Maribel, rubandomi il telecomando dalle mani – adesso tu mi racconti per filo e per segno di questo Luke – si sedette affianco a me – e levati le scarpe, l’ho appena lavato il divano”
Sbuffai, scalciando le Dr. Martens sul pavimento.
“Luke è il fratello di Jj, un mio compagno di corso del liceo, tutto qui”
“Ma certo, tutto qui  - riprese lei – non mi pare che Jai conosca nessun tuo compagno del liceo, figurarsi i loro fratelli”
“Ieri è venuto a prendermi, mentre io e Jai stavamo tornado dai giardinetti, con Zayn e Louis – spiegai – mi ha fatto una sorpresa, e Jai se ne è subito innamorato”
“E tu?”
“Io cosa?”
“Ti piace, questo Luke?”
La guardai intensamente, ragionando sulle sue semplici parole, per poi scuotere decisa la testa.
“Io ho Dan, giusto?”
Lei annuì, malinconica, prendendo ad accarezzarmi una gamba.
“Giusto”.
 
 
 
 
“Ehi, amico, dì un po’, hai intenzione di fumartela tutto da solo?”
Zayn era più scontroso del solito, quel giorno, ed il che era tutto dire. Louis passò svogliato la canna al suo braccio destro, che la accolse come una liberazione.
“Che succede a Malik? – chiesi rivolta a Louis, come se Zayn non fosse lì con noi – sindrome premestruale?” scherzai, scatenando le sue risate.
Eravamo a Southwark, seduti sull’asfalto di uno dei tanti lunghi marciapiedi. Joy ed un gruppo di ragazzi se ne stavano in piedi, con la schiena appoggiata al muro decadente di uno dei tanti edifici di Southwark. Mi stava simpatico Joy Finnegan, anche se si atteggiava a grand’uomo solo per il “lavoro” che faceva, lo apprezzavo molto, mi faceva ridere, il più delle volte. E poi era davvero figo.
“Simpatica, davvero” berciò Zayn.
Sbuffai, stendendo le gambe. Buttai la testa all’indietro, godendomi il sole dei mesi estivi di New York.
“Che hai, Zayn? – gli chiesi, voltandomi verso di lui e socchiudendo l’occhio destro, per la troppa luce – sei più stronzo del solito, oggi”
“Probabilmente dovrò rimandare la mia partenza per Londra – mi mise al corrente, prendendo un lungo tiro dalla sua canna, che stringeva possessivamente tra indice e pollice – mio padre ha ancora bisogno di una mano, in officina, e finché le cose non saranno totalmente a posto, bye bye Londra”
Il signor Malik aveva un’officina lì a Southwark, dove abitavano Louis e Zayn, e nell’ultimo periodo avevano avuto qualche problema economico, così anche il mio amico faceva la sua parte, nell’impresa di famiglia.
“Lo aiuterò io – intervenne Louis, accendendosi una sigaretta – un paio di mani in più non faranno male di certo, anzi, velocizzeranno solo le cose”
“Non ne se ne parla – tossicchiò Zayn – non voglio coinvolgerti, è un problema della mia famiglia, e per questo me ne occuperò solo e solamente io, intesi?”
Louis roteò gli occhi al cielo, così Zayn puntò i suoi su di me.
“Perché guardi me? – chiesi, alzando le mani in segno di resa – non ho nessuna intenzione di sporcarmi le mani di olio ed avere a che fare con tutta quella robaccia”
Zayn ridacchiò, finalmente, ammazzando la canna e lanciando il mozzicone da qualche parte, lontano da noi.
“Scusa tanto, principessina” scherzò.
Louis passò la mezza sigaretta a Zayn, mentre io annegavo ancora una volta in quella giornata, nei miei pensieri targati Luke Hemmings. Lo vedevo di più nei miei pensieri, che nella vita reale.
“Beh? – mi riscosse poi Lou – cos’è quella faccia? A che stai pensando?”
“A come farò una volta che voi sarete partiti per Londra, a cosa se no?”
“La verità” pretese, Louis.
Così io sbuffai, e Zayn mi strattonò per un braccio, facendo sì che appoggiassi la schiena sul suo petto, stendendomi tra le sue gambe.
“Avanti, principessina, a cosa dobbiamo quella stupida espressione da ragazzina innamorata?”
Gli tirai un colpo sul ginocchio, a cui lui reagì con una risata.
“Non chiamarmi così”
“E perché mai?”
“È come mi chiama Luke” ammisi, giocherellando con una ciocca dei miei capelli, evitando lo sguardo di Louis, che mi stava seduto davanti.
Zayn si raddrizzò con un movimento brusco, facendomi scostare di conseguenza da lui.
“Ehi! – sbottai – fai piano, mi hai fatto male!”
“Frena, bimba – disse, scuotendo la testa, confuso – manda indietro il nastro e ripeti quello che hai detto”
Che palle, pensai.
Sbuffai per l’ennesima volta, sfoderando il mio sguardo dolce ed innocente migliore, da utilizzare con Lou.
“Non guardarmi così, piccola – si difese, alzando le mani come a chiedermi scusa – sai che io posso soltanto esserne felice, è Malik, quello complicato”
“Complicato?! – ripetè Zayn, scioccato – spero tu stia scherzando Tomlinson, e tu, Jen, spero non intendessi Hemmings, con quella tua stupida frase da liceale con una cotta”
“Si può sapere che ti ha fatto?”
“Non è quello che mi ha fatto – mise in chiaro – è quello che farà”
“Ti dispiacerebbe essere più chiaro?” stavo per perdere la pazienza.
“Come preferisci – si strinse nelle spalle – quando dopo averti portata a letto ti scaricherà, non venire ad implorarmi di non riempirlo di pugni, intesi?”
“Datti una calmata, Zayn” intervenne Louis.
Io divenni rossa in viso, e nera di rabbia. Mi alzai di scatto, ed il vestito giallo che portavo svolazzò solo un po’.
“Stammi bene a sentire, razza di stronzo..”
Stavo per cominciare la mia invettiva contro Zayn, con tanto di dito puntato sul suo petto, dato che si erano alzati anche lui e Louis, quando una voce ormai troppo familiare si frappose tra me ed il malcapitato che stava per subire la mia ira funesta.
“Jenelle?”
Mi voltai di scatto, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Luke.. - sussurrai a mezza bocca – che ci fai qui?”
Mi portai una mano al fianco, rivolgendogli la stessa domanda che ero solita porgli, ogni volta che lo vedessi da qualche parte.
“Stavolta dovrei chiedertelo io, non credi?” domandò, retoricamente, avvicinandosi un po’ a me.
“Forse” concessi.
Guardai Luke esibire un mezzo sorriso, mentre si mordeva l’anellino nero al labbro. Sarei rimasta così per infinite ore, se qualcuno non si fosse chiarito teatralmente la voce.
Ci mancò poco che pestai un piede per terra, per l’irritazione. Mi voltai nuovamente nella direzione dei miei amici, fulminando Zayn, con la mascella contratta.
“Ciao Luke – lo salutò Louis, il più pacifico, grazie a Dio – anche tu qui?”
“Joy è il migliore, no?” chiese, ancora una volta retorico, con una risata sulla bocca.
Louis rise a sua volta, annuendo.
“Ovviamente”
E Zayn Malik avrebbe mai potuto perdere l’occasione di rovinare la calma che regnava tra quei due? Figurarsi, certo che no.  Era come se Louis e Zayn fossero lo sbirro buono e quello cattivo, ed io odiavo a morte, lo sbirro cattivo, sempre.
“E credi davvero che Jen si meriti di passare il suo tempo in compagnia di un patito della ganja come te?” si mise in mezzo, autoritario, con le braccia conserte.
Mi voltai lentamente verso Zayn, innalzando stranita un sopracciglio.
“Patito della ganja?” domandai, indecisa se scoppiare a ridere o prenderlo a pugni.
Luke si strinse nelle spalle, tranquillo, sembrava non cedere alle continue provocazioni di Malik.
“Siamo qui entrambi per lo stesso motivo, no?”
Ma io continuavo ad essere scandalizzata per ciò che aveva appena detto Zayn.
“Patito della ganja?”
Zayn mi guardò, sbuffando.
“Va’ avanti, bimba”
Scossi la testa, arresa, dopodiché Joy si avvicinò a noi, con uno snapback nero ed una collana d’oro che cadeva al centro del collo.
“Bella Hemmings – lo salutò, con un pugno bro – tieni, e dì ad Ashton che c’è una sorpresa per lui”
Luke gli fece un cenno col capo, ritirando ciò che gli spettava. Doveva essere un cliente molto affezionato, quasi quanto Louis e Zayn. Fantastico, ero circondata da “patiti della ganja”.
E ritornammo tutti e quattro appassionatamente, a fissarci.
“Beh?” sbottai io, per interrompere il silenzio.
“Beh, adesso ti accompagnamo a casa” fece, Zayn.
Roteai gli occhi al cielo, mentre Lou si accendeva una sigaretta, e Luke lo imitava.
“In realtà – s’intromise proprio lui, ringraziando Louis con un cenno del capo, per avergli appena acceso la sigaretta – pensavo che io e te, Jen, avremmo potuto fare due passi, che ne dici?”
“Jenelle passa, grazie mille, a mai più” rispose Zayn, al posto mio, cercando di prendermi per mano e trascinarmi via.
“Malik, piantala” disse ancora una volta Louis, calmo, come un padre assillato dal proprio figlio petulante.
Mi scrollai il braccio di Zayn di dosso, sorridendo poi impercettibilmente a Luke.
“Mi piacerebbe”.
 
 
 
 
 
“Zayn deve odiarmi molto”
Cominciò Luke, mentre camminava con le mani nelle tasche dei suoi skinny jeans neri, lungo le vie colorate e trafficate di Brooklyn.
“Non fare caso a lui” lo rassicurai.
“Gli piaci?” mi chiese, guardandomi di sottecchi.
“Che? – domandai, stranita – no, assolutamente no – negai, scuotendo la testa – Zayn ha solo il complesso del padre protettivo, nei miei confronti”
“Nei sei sicura al 100 %? – cercò conferma in ciò che avevo detto – non ho voglia di prendermi un pugno da quel tipo, detto sinceramente”
Aggrottai le sopracciglia, domandandomi perché gli importasse così tanto ciò che c’era tra me e Zayn. Comunque annuii, convinta.
“Sì, io e Zayn siamo solo amici, completamente”
Annuì anche lui, recependo ciò che avevo appena detto.
“Piuttosto – iniziai, per cambiare discorso – dov’è il tuo skate? Luke Hemmings senza skate è un po’ come mio padre senza il “The wall street journal” sotto il braccio”
Luke scoppiò a ridere, voltando lo sguardo verso di me.
“Allora ti piace, il mio skate”
“Mi ci stavo abituando”
Lui annuì, passandosi la lingua sul piercing. Perché doveva fare così? E perché io non potevo evitare di ammirarlo, in ogni suo minimo movimento?
“Vai spesso da Joy?” mi domandò poi.
“Se ci vado è per stare un po’ con Zayn e Louis, loro sì che sono dei veri patiti della ganja” spiegai, prendendo in giro il mio migliore amico.
Luke rise ancora.
“E tu? Credevo di averne abbastanza di drogati, intorno”
“Drogati? – mi domandò lui, scettico – principessa, la cannabis è la quinta essenza del paradiso, non puoi davvero considerarla droga, andiamo..” tentò di convincermi lui.
Alzai scettica un sopracciglio, ma prima che potessi dire qualsiasi cosa, Luke mi afferrò la mano, intrecciando le sue dita alle mie. Cercai di non dare a vedere che quel contatto mi aveva fatto perdere più di qualche semplice battito, invano, forse.
“Ehi, piccioncini..” ci accolse Michael, sdraiato al contrario sul divano, con le gambe in su.
“È arrivata la droga!” urlò Cal, palesandosi nel suo garage.
“Che cazzo urli, decerebrato? – lo aggredì Ashton – il tuo vicino fa parte dell’antidroga, non voglio guai”
Calum roteò gli occhi al cielo.
“È solo erba” si giustificò.
“Dirai questo, davanti al giudice?” continuò, Ash.
“Datti una calmata, Irwin – intervenne Luke, lasciando la mia mano e consegnando il pacchetto proprio a quest’ultimo – Joy ha una sorpresa per te”
“Dev’essere il fumo” proclamò, contento.
“Questo è il secondo modo per rendere felice Ashton Irwin” si intromise Michael.
“E qual è il primo?” chiesi io, curiosa.
“Ma come, Jenny, mi deludi così? – mi chiese Mike, scherzando – inginocchiarsi davanti a lui in un bagno pubblico, no?”
Scoppiarono tutti quanti a ridere, tranne Ashton, che lo mandò malamente affanculo, con il terzo dito.
“Beh, non ci penso nemmeno – disse Luke – posso andare da Joy a procurargli il fumo tutte le volte che vuole, ma per la seconda, passo volentieri”
Ashton gli sorrise sarcastico.
“Peccato, Hemmings – fece, fingendo dispiacere – pensare che ho sempre desiderato, una sveltina insieme a te in un sudicio bagno pubblico”
Luke fece schioccare le lingua, in un modo davvero sexy. Scossi la testa, incredula del fatto che sapessi davvero elaborare pensieri idioti come quello.
“Tutto bene?”
Dopodichè, Luke avvicinò di molto il viso al mio, ed ancora una volta, smisi di vedere Michael che lentamente tornava alla sua postazione, Calum che faceva su una canna ed Ashton che accordava gli strumenti.
C’erano solo i suoi occhi, profondi, come gli abissi, quelli dell’oceano.
“Mi piacciono i tuoi amici - annuii, sorridendo, convinta – mi fanno ridere”
Luke mi sorrise, ed era così bella quella sua espressione compiaciuta, felice di aver fatto qualcosa di buono, per me, Jenelle Stratford, la musona di Wall Street.
 “Ehi? Ragazzi? C’è nessuno?”
Una voce femminile s’infiltrò in quel groviglio di risate ed accordi di batteria, da parte di Ashton.  Dopodiché la vidi: sulle scale c’era una bellissima ragazza bionda, alta e magra. Io non avevo mai avuto un’amica femmina, neanche alle elementari, o all’asilo, le ragazze mi avevano sempre snobbata. Solo al liceo, qualcuna si era avvicinata a me, ma con il solo intento di arrivare a Louis o Zayn.
“Amore, ehi, siamo qui”
Vidi Calum avvicinarsi alla spilungona bionda, ma comunque più bassa di lui. Si scambiarono un tenero bacio sulle labbra, e quando vidi Ashton roteare gli occhi al cielo, mi sfuggì una risata.
Ed evidentemente attirai la sua attenzione.
“Già, va’ a farti fottere, Irwin” disse, lei.
Ashton non la degnò neanche di uno sguardo, ed a giudicare da quello che avevo sentito dirgli su di lei l’ultima volta che ero stata lì, non dovevano avere un gran bel rapporto.
“Ciao, Cherrie, come stai?” la salutò Michael.
“Bene Mike, grazie” gli sorrise, lei.
Era molto dolce, ed aveva una voce molto bassa e leggera. La guardai avvicinarsi a me, con le sue gambe lunghe, e provai un moto di invidia.
“Piacere, sono Cherrie, la ragazza di Calum – mi tese la mano, guardando poi Luke in piedi di fianco a me  - e tu devi essere Jenelle, la nuova ragazza di Luke, ho sentito molto parlare di te!”
Strabuzzai gli occhi, voltandomi verso Luke.
“Io non ne so nulla” disse, mantenendo comunque il suo sorrisino compiaciuto e strafottente.
Scossi la testa, stringendo la mano di Cherrie.
“Piacere – cominciai – sì sono Jenelle, e no, non sono la nuova ragazza di Luke”
Sentii Luke soffocare una risatina, forse ironica, ma non ci diedi molto peso.
“Oh, mi dispiace, credevo che..”
“No – la interruppi io, prima che la cosa diventasse ancora più imbarazzante – siamo solo amici”.
Ed intervenne anche Luke.
“Già, solo amici”.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

sounds good feels good!
buonasera/giorno/notte/mattina/pomeriggio/boh a tutte, donne!
inizio col dirvi che hi la febbre e sto male, quindi non so come si svolgerà questo spazio autrice.
allora, just friends, il titolo è già tutto un programma. cosa pensate dell'ultima frase di Lukins?
E Cherrie, per ora, come vi sembra? io adoro il suo personaggio e adesso ve la prento, Cherrie è questa splendida donzella: cliccate Qui.
e nulla, che dire di più? vi ringrazio per leggere/recensire/seguire questa mia storia.
ho un nuovo progetto, in realtà ho due nuovi progetti: uno è una mia nuova storia su Luke e l'altro è un'altra collaborazione con Giulia, mooooolto misterioso per cui siamo davvero molto esaltate. e nulla, vi saluterei.
vi amo da impazzì e viva er romano
 
 
 
 
 
Image and video hosting by TinyPic  
 
 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: alaskha