Film > Il gobbo di Notre Dame
Segui la storia  |       
Autore: Stella cadente    03/12/2015    8 recensioni
Francia, 1482:
Parigi è una città che nasconde mille segreti, mille storie, mille volti e mille intrecci.
Claudie Frollo è un giudice donna che tiene alla sua carriera più di ogni altra cosa al mondo.
Olympe de Chateaupers è una giovane ragazza da poco al servizio del giudice e, sebbene sia spavalda e forte, si sente sempre sottopressione sotto lo sguardo austero di quella donna cinica ed esigente.
Nina è una semplice ragazza di quindici anni, confinata nella cattedrale a causa di un inconfessabile segreto..
L’arrivo di Eymeric, un giovane ramingo gitano, sconvolgerà le vite di queste tre donne, in un modo diverso per ognuna.
Ma alla fine, di quali altri segreti sarà testimone Parigi?
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
XXVII.
La lettera
 
Nina
 
 
 
«Voi che cosa ne pensate di Grenonat, don Grégoire?»
L’anziano arcidiacono mi sorrise, mentre puliva i portacandele della cattedrale accuratamente.
«Figliola» disse, con una risata bonaria. «In realtà sarebbe più corretto dire cosa non penso di costui.»
Avevo sempre avuto un bel rapporto di cortesia con don Grégoire. Era un uomo saggio, gentile e sempre disponibile per i bisognosi. In un certo senso, lo ammiravo. Ammiravo la sua misericordia e il suo spirito anticonformista. Forse ero esagerata, ma quell’uomo mi sembrava la giustizia in persona, di una bontà quasi soprannaturale.
«Mi sembra tutto, meno che giusto. Soprattutto verso quei poveri mendicanti» aggiunse, con una nota perentoria nella voce profonda. «Ma del resto, non ho mai avuto molta stima verso quelli della Corte di Giustizia. A mio parere sono ben lungi dal capire quali siano i veri valori della fede. Ma del resto» concluse, riacquistando la sua solita aria mite «chi è che può essere davvero in grado di saperli conoscere?»
Continuò a pulire i portacandele, ed io feci per aiutarlo.
«Posso?» chiesi umilmente.
«Certo, figliola, certo» sorrise lui, facendomi un gesto come per invitarmi.
Sorrisi di rimando e mi avvicinai, iniziando a togliere la cera colata dal ferro un po’ arrugginito.
Per un po’ intercorse il silenzio tra noi, poi azzardai:
«E sentite… Di Frollo che ne pensate? Insomma… riguardo a quello che sta succedendo là fuori, intendo.»
Avevo sempre saputo che tra lui e Frollo non correvano buoni rapporti; non volevo affondare il coltello nella piaga, ma mi sentivo in dovere di saperne di più. Adesso mi ero resa conto che non conoscevo affatto Frollo, anche se era stata la mia tutrice per quindici anni.
L’espressione dell’arcidiacono si incupì.
«Non ho mai avuto una buona opinione di lei. Abbiamo sempre avuto divergenze, sin dall’inizio. Anche quando ti trovò. Soprattutto quella volta, direi.»
Cosa?
«Che volete dire?»
L’uomo mi sorrise mestamente.
«Non credo che sia un buon argomento da affrontare in questo momento, Nina.»
Lo sapevo benissimo, ma mi ripetei che dovevo farmi coraggio.
«Ditemi.»
Don Grégoire tirò un sospiro.
«È stato da allora che il mio giudizio si è inasprito. Il Giudice Claudie Frollo ti strappò via a tua madre. Fui io a dirle di tenerti.»
Di colpo, mi sembrò che il cuore avesse smesso di funzionare.
Fui io a dirle di tenerti.
Ti strappò via a tua madre.
«Come sarebbe a dire? La signora Frollo mi ha sempre detto che mia madre… mia madre era morta e… e allora mi prese in custodia perché nessun altro mi voleva.»
Le mie mani iniziarono a ricoprirsi di sudore appiccicaticcio.
«Certo. Ma, cara ragazza, ella ha mentito. O meglio, ti ha detto la verità solo in parte. Ha sempre avuto in antipatia gli zingari, ma credo che tu questo lo sappia molto bene. Impazzì letteralmente non appena divenne Giudice – all’epoca non ero ancora arrivato ai cinquant’anni – e avviò una missione contro di loro; contro una di loro in particolare, in realtà. Non ne capii il perché. Nessuno lo capì mai, in realtà. Comunque sia, da quel momento ha sempre perseguitato con ferocia ogni singolo membro del popolo dei gitani. Non si fermava nemmeno di fronte ai bambini.»
La sua voce era diventata cupa, grave.
Il silenzio era opprimente. Tutte quelle informazioni sembravano schiacciarmi; più don Grégoire parlava, più ero consapevole del fatto che Frollo avesse fin troppi segreti e conti in sospeso.
Volevo chiedergli se secondo lui il Giudice sarebbe tornato al potere; ma dubitavo che mi avrebbe aiutata nel mio intento. Dubitai anche di me stessa; non ero sicura di voler favorire una persona che mi aveva mentito spudoratamente per tutta una vita, ma non avevo altra scelta. L’alternativa era assistere al declino di Parigi sotto Grenonat, e non era decisamente una buona idea.
Stavo per chiedere se sapesse di più su Claudie Frollo, quando al Portale Centrale della cattedrale risuonarono tre colpi decisi.
«Chi potrà essere a quest’ora?» fece l’arcidiacono, forse più a se stesso che a me.
Si recò poi al Portale e lo aprì, con un po’ di fatica.
Lo sentii dire delle frasi di benvenuto, con la sua solita voce gentile, e lo vidi fare un cenno di invito alla figura che stava sulla soglia.
Era un ragazzetto forse, esile e alto. Sembrava un mendicante; era vestito di stracci.
Quando il Portale si richiuse alle sue spalle, egli si liberò dal suo travestimento in un secondo.
Non era un mendicante.
Portava un’ uniforme; lo sentii dire a don Grégoire: «devo consegnare questa lettera a voi. Sapete cosa farne.»
L’arcidiacono fece un cenno di assenso. Il ragazzetto infilò una mano nella tasca della sua uniforme e ne tirò fuori una lettera, che dette a don Grégoire velocemente, come se temesse che qualcuno lo potesse vedere.
Mi avvicinai un po’ senza farmi notare; non volevo origliare come una bambinetta, ma la curiosità aveva avuto la meglio.
Finsi di essere impegnata con l’ultimo portacandele da pulire e aguzzai l’udito.
«È da parte di Olympe de Chateaupers, ma dovrete giurarmi che non lo saprà nessuno. Posso fidarmi?»
L’uomo annuì.
«State tranquillo, messere» disse solo. «La lettera è in buone mani.»
«Oh, non è che non mi fidi di voi, signor arcidiacono» fece il ragazzo, spalancando un po’ gli occhi. «Era solo per sicurezza. Sapete come si dice… anche i muri hanno le orecchie. Ma adesso devo andarmene… meglio che non mi si veda troppo nei dintorni. Ordini del Giudice de Chateaupers, ma non posso dirvi altro» concluse, sbrigativo.
Salutò don Grégoire e, ancor prima che me ne fossi accorta, era uscito dalla cattedrale.
Quando l’arcidiacono mi raggiunse, sul suo viso aleggiava un sottile sorriso divertito.
«Hai sentito tutto, eh?»
«Io…» balbettai. «Sono spiacente, non volevo…»
L’uomo mi diede la lettera.
«Non c’è problema, Nina. Questa lettera è per te.»
Lì per lì rimasi attonita; poi ripensai a quello che aveva detto il messaggero.
È da parte di Olympe de Chateaupers, ma dovrete giurarmi che non lo saprà nessuno. Posso fidarmi?
Adesso devo andarmene… meglio che non mi si veda troppo nei dintorni. Ordini del Giudice de Chateaupers, ma non posso dirvi altro.
Qualcosa scattò nel mio cervello.
Proverò a cercare  qualche alleato al Palazzo di Giustizia. Nel caso, ti faccio mandare un messaggio in incognito. Vedrò che posso fare.
Ma certo! Il messaggio!
Sorrisi, spontanea: sapevo che Olympe ce l’avrebbe fatta.
Ma aspetta…
«Come facevate a sapere che questo messaggio era per me?» diedi voce ai miei pensieri, riportando lo sguardo su don Grégoire.
«Carissima Nina» disse solo. «Lo so e basta. E ora leggilo. Penso proprio che sia qualcosa di davvero importante» concluse, con un’espressione enigmatica.
Poi si allontanò, lasciandomi sola.
E fu in quel momento che pensai che, forse, l’arcidiacono aveva davvero qualcosa di soprannaturale.
 
 
 
Mi decisi soltanto minuti dopo a rompere il sigillo di ceralacca rossa e ad aprire, con mani tremanti, il foglio di pergamena racchiuso in esso.
Quando vidi quella grafia, pensai che era proprio come Olympe: chiara, calcata. Decisa.
Non poteva che essere sua.
Iniziai a leggere, facendo saettare gli occhi da un lato all’altro del foglio.
 
 
Carissima Nina,
come hai visto, eccomi qui. Ce l’ho fatta. Sono riuscita, in una qualche maniera, a radunare un esercito clandestino a favore di Claudie Frollo. Ho architettato un piano approfittando della mia prestigiosa posizione, ma è fondamentale che tutto vada nel migliore dei modi perché abbia successo.
L’esercito partirà un quarto d’ora prima della mezzanotte, in modo che Grenonat non noti la differenza. Ha dato a me l’incarico di occuparmi della spedizione, perciò è impossibile che sospetti qualcosa. Ha fiducia in me. I clandestini saranno guidati dal Capitano di Montespan, e prenderanno un’altra strada per raggiungere la Corte dei Miracoli, per poi schierarsi con gli zingari e combattere con loro. Quando la battaglia comincerà, anche io combatterò per Frollo.
 
Non potevo crederci: aveva deciso di mettere in atto il mio consiglio. E ci stava riuscendo anche molto bene; il piano era degno di un vero stratega.
Provai una fitta di ammirazione per la mia amica, che stava dimostrando coraggio e sangue freddo.
Poi continuai a leggere.
 
Quanto a te, Nina, dovrai svolgere un ruolo molto importante. C’è un motivo se ti ho fatto recapitare questa lettera: solo tu puoi fare quello che sto per chiederti.
 
Ebbi un tuffo al cuore, ma mi sforzai di proseguire.
 
Eymeric, quando ci siamo incontrati e l’ho aiutato a liberare sua sorella, mi ha detto che alla Corte dei Miracoli ci sono ancora anziani e bambini. Nessuno si muove, nessuno ha possibilità di fuggire senza che ci sia il rischio che venga avvistato da Grenonat e quelli al suo seguito. Tutti sono immersi nella paura. Ma non possono restare lì; non alla vigilia di uno scontro di questa portata.
Ti chiedo, perciò, di recarti alla Corte dei Miracoli questa stessa sera. Devono essere condotti a Notre-Dame: solo là saranno al sicuro, poiché avranno il diritto di asilo.
Qui sotto, come puoi vedere, hai una mappa per arrivare alla tua destinazione: ti servirà per arrivare alla Corte, e da lì per ritornare a Notre-Dame, ma non posso dirti come l’ho ottenuta, almeno per ora.
Appena sei tornata alla cattedrale, brucia questa lettera. Non si sa mai chi potrebbe leggerla.
Tua,
 
Olympe
 
PS Ah, e non preoccuparti per me. Farò in modo di tornare.
 
Quando sollevai lo sguardo dalla lettera, ero perfettamente cosciente del fatto che mi servisse una buona dose di coraggio per fare quello che Olympe mi aveva chiesto. Ma d’altronde, era stata una mia idea: se volevo che Frollo tornasse al comando, dovevo seguire le istruzioni della mia amica.
D’accordo, dissi a me stessa. Facciamolo.
 
 
****
 
 
Avevo atteso l’ora dei Vespri con ansia; poco dopo, avrei dovuto compiere la mia missione. Non mangiai nemmeno. Rimasi dentro la mia stanza per tutto il tempo, aspettando di sentire sulle scale i passi dell’arcidiacono che andava a dormire.
Quando non sentii più nulla, uscii. Feci attenzione a non fare rumore, e controllai che non ci fosse più nessuno.
Notre-Dame era deserta.
È il momento.
Mi avviai al Portale Centrale della cattedrale, lo aprii e sgusciai fuori, silenziosa come un’ombra.
 
 
Camminavo a passo svelto lungo le vie di Parigi, con una torcia in mano. Sobbalzavo ad ogni minimo rumore; mi sentivo costantemente seguita, e non era piacevole. E poi non si poteva mai sapere che cosa poteva spuntare da una strada buia.
Mi incoraggiai comunque a continuare a camminare, dando di tanto in tanto un’occhiata alla mappa che Olympe mi aveva riportato nel messaggio. Era una pianta della città, e in inchiostro rosso era tracciato un pallino, che doveva starmi ad indicare la Corte dei Miracoli.
Non doveva essere lontana; ero nella periferia di Parigi, vicino al cimitero.
Passai davanti al cancello, con gli occhi fissi sulla mappa.
Poi tornai indietro.
Il pallino rosso corrispondeva a quel punto esatto della città.
Devo entrare qui?
Il cancello era aperto.
La cosa non mi piaceva; quel posto era macabro. Faceva venire i brividi. Il buio ingoiava ogni cosa, facendomi apparire le sagome più semplici come dei mostri orrendi. Per un momento provai la paura irrazionale che i morti potessero uscire dalle loro tombe per farmi del male.
Sospirai, come per farmi coraggio, ed entrai, cercando di non fare caso alla pelle d’oca che sentivo sulle braccia. Il cancello cigolò quando lo urtai inavvertitamente.
Riportai gli occhi sulla mappa per la terza volta, sentendomi a disagio nel camminare in mezzo alle lapidi.
Poi la notai – quasi subito, in realtà.
Un’enorme lapide. Sembrava più un sepolcro; l’architettura dava un’idea di magnificenza.  Ma non fu quello ad attirare la mia attenzione.
Sopra c’era ricalcato un simbolo che era disegnato anche sulla pianta in corrispondenza del puntino, una specie di grande croce, come se fosse il simbolo di uno stemma.
Mi ci avvicinai subito e lo illuminai con la fiaccola; era proprio quello. C’era anche un’iscrizione, ma le lettere appartenevano ad una lingua sconosciuta.
Mi ci vorrà un po’ per tradurla…
Poi abbassai gli occhi sul coperchio del sepolcro.
Oppure…
Mi guardai intorno per assicurarmi di non essere vista; l’ora era tarda e non c’era nessuno, inoltre ero lontana dalle abitazioni. Ma era meglio essere prudenti.
Quando vidi che davvero c’ero solo io, mi concentrai.
Sentii l’energia dell’acqua provenire dalle mie mani, e subito dopo un’improvvisa marea colpì il sepolcro, sbalzando il coperchio a terra e rivelandomi una ripida rampa di scale che scendeva nell’oscurità.
Quello che provai a quella vista fu insolito; mi sentivo soddisfatta e sorpresa per come i miei poteri erano venuti fuori, ma inquieta ed eccitata insieme alla vista di quei gradini che si calavano nel buio.
Scesi senza pensare, ascoltando l’eco dei miei passi.
 
 
Dove accidenti mi trovo?mi venne da pensare subito, quando scesi l’ultimo gradino.
Il posto era buio, umido e sapeva di muffa e carne putrefatta. Mi misi una mano sul naso; l’odore era insopportabile.
Quando illuminai l’ambiente circostante con la torcia, poi, inorridii.
Ero circondata da scheletri.
Devono essere le vecchie catacombe…
Guardai di nuovo la mappa, per essere sicura di essere nel posto giusto. La Corte dei Miracoli era proprio lì. Possibile che fosse in quel posto tremendo? Me l’ero immaginata diversa.
«C’è qualcuno?» sussurrai.
Avanzai timidamente, cercando di non badare agli scricchiolii delle ossa sotto i miei piedi. La situazione mi sembrava troppo calma, però, e l’inquietudine continuava a serpeggiarmi nello stomaco.
Non è che dovrebbe succedere qualcosa adesso? Magari…
La fiaccola si spense d’un tratto.
…un agguato.
Prima ancora che potessi rendermene conto, una decina di zingari mi apparve davanti. Alla luce delle torce che portavano in mano, le loro facce sembravano cattive, quasi grottesche.
«Salve forestiera» mi disse un uomo mingherlino, con una voce beffarda. Lo riconobbi subito: era il burattinaio – lo avevo visto alla Festa dei Folli tempo prima.
«Ascoltatemi, io…»
«Non mi interrompere, ragazzina» aggiunse, ancora con quella voce ironica.
Mi ritrovai imbavagliata.
«Sei stata molto brava a trovare il nostro nascondiglio, ma…» gli zingari alle sue spalle risero malignamente «… sfortunatamente non potrai vivere per raccontarlo.»
Cosa? Ma Olympe mi aveva detto che…
«Aspettate!»
Una voce risuonò tra quelle pareti anguste. Una voce che non sentivo da una vita, ma che riconobbi subito.
«Eymeric!» la mia voce uscì ovattata, trattenuta dallo straccio che mi avevano messo sulla bocca.
Non riuscii nemmeno a vederlo appena in tempo. Mi sentii mancare le forze, e in un attimo mi ritrovai a terra.
 
 
****
 
 
«Come ti senti?»
Aprii gli occhi, e lentamente misi a fuoco il viso di Eymeric che mi guardava preoccupato. Capii subito, dai colori stravaganti che mi circondavano, che mi trovavo in una tenda simile a quelle della Festa dei Folli.
Allora non ho sbagliato strada.
Mugugnai qualcosa che non capii nemmeno io, poi cercai di schiarirmi la voce per parlare in modo decente.
«Perché…»
Sospirai. Non mi era mai sembrato così difficile mettere insieme qualche parola.
Riprovai.
«Perché sono svenuta?»
La mia voce era stanca e strascicata.
«Non saprei» disse lui. «Forse perché ti hanno imbavagliata e ti hanno rivolto minacce di morte.» Lanciò un’occhiataccia a qualcuno che doveva essere in fondo alla stanza – forse proprio Clopin. Subito dopo sentii un fruscio: probabilmente il Re dei gitani – o chiunque fosse la persona che era lì con lui – era uscito.
«Tieni» mi porse un piccolo calice intagliato nel legno. «Ti aiuterà.»
Bevvi con avidità, e ad ogni sorso sentii le forze ritornarmi in corpo.
Mi sedetti e gli restituii il bicchiere vuoto.
«Che cos’era?» chiesi. «Mi sento già molto meglio.»
Eymeric rise un pochino.
«Solo acqua, Nina.»
Poi, tutto d’un tratto, prese un’aria seria.
«Adesso devi andare però. Mancano un paio d’ore a mezzanotte, e non voglio che tu sia in giro per Parigi quando comincerà lo scontro, né tantomeno qui. Ci siamo capiti?»
Annuii, e mi alzai piano dal letto colorato sul quale mi aveva adagiata. Sentii il corpo prendere sempre più vigore e formicolare dall’adrenalina.
«Devo portare delle persone a Notre-Dame. Come faccio? Non so quali sono.»
Eymeric si ammorbidì in un sorriso.
«Ti stanno aspettando qua fuori, mia dolce amica.»
Sorrisi. Mi era mancato il modo in cui si rivolgeva a me. Per un attimo – cosa che mi sembrò buffa, dal momento che ora c’erano altre cose a cui pensare – riflettei sui miei iniziali sentimenti per lui, e su quelli di Olympe.
Già, Olympe.
Non sapevo come la pensasse lei al riguardo, ma a me quell’amicizia bastava, e gli ero grata per avermi fatto scoprire cosa significasse tenere a qualcuno.
«Eymeric» dissi. «Grazie per tutto. Ti voglio bene.»
Lui mi abbracciò, e in quell’abbraccio c’era tutto l’affetto del mondo.
«Adesso vai» disse, quando ci staccammo. «Portali al sicuro.»
«Lo farò» gli promisi.
 
 
Quando uscii dalla tenda, vidi una folla di zingari guardarmi con un misto di sorpresa e fiducia.
«Sono venuta qui per portarvi a Notre-Dame» annunciai. «Là avrete il diritto di asilo, perciò eviterete lo scontro. So che probabilmente vorreste restare con i vostri familiari a combattere, ma non potete. Ci sono domande?»
Silenzio.
«Bene, andiamo allora» conclusi. «Il tragitto è lungo, e il tempo che ci rimane è poco.»
Mentre li scortavo fuori dalla Corte, e successivamente lungo le strade di Parigi, pensai alle loro paure e ai loro dubbi. E pensai a cosa sarebbe successo a me se Eymeric, Olympe, o anche Frollo, avessero perso la vita nello scontro.
Scacciai subito quell’idea, e mi rifugiai nella speranza, come ognuno dei gitani che stavo portando a Notre-Dame.

 
 
Dovrei essere a letto perché è passata la mezzanotte, ma mi sono ripromessa di essere puntuale con gli aggiornamenti, quindi sono qui solo per voi ♥
Passando al capitolo... io ve l’ho sempre detto che Nina avrebbe avuto un ruolo importante! :D
In questo capitolo la nostra dolce e ingenua protagonista tira fuori un insolito spirito di avventura e una grande nobiltà d’animo. Insomma, come vedete la sua parte la fa, e – anche se a primo impatto può non sembrarlo – non è nemmeno una parte poco importante, anzi!
Inutile dire, poi, che ho amato la scena con Eymeric. Come Quasimodo, Nina riconosce che quello che prova per il nostro amato zingaro è una grande amicizia, una di quelle che non tramonteranno mai. Me lo sono visto davanti quell’abbraccio, e devo dire che mi ha commossa – soprattutto contando che siamo in vista di una battaglia e che Nina non sa quale sarà il destino del suo amico.
Inoltre – una cosa che si limita alla parte iniziale del capitolo, ma che di certo non è per questo la parte meno importante – abbiamo anche una conversazione interessante con don Grégoire, l’arcidiacono.
Come vedete, più andiamo avanti, più si capisce sempre meno del passato di Frollo e della sua vera storia. siete curiosi? ;)
Bene, arrivati a questo punto direi che ho finito. Lo scontro sta per cominciare: cosa vi aspettate?
Spero che i prossimi capitoli non vi deludano.
Alla prossima,
Stella cadente

 
  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Il gobbo di Notre Dame / Vai alla pagina dell'autore: Stella cadente