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Autore: sweetPotterina    03/12/2015    2 recensioni
-Hai paura?- soffiò il mago sulla sua bocca.
Bellatrix strinse gli occhi e, a quel punto, rispose decisa. -Non ho paura di nulla, signore.
Genere: Dark, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Famiglia Black, Tom O. Riddle | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Contesto generale/vago
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Il giorno in cui sposò la morte

1968 Dicembre.

Aprendo la porta bruscamente, Bellatrix Black entrò correndo nella sua camera per gettarsi sul suo morbido letto a baldacchino. Sfilandosi in fretta il cappuccio ornato di pelo nero, con i denti, tirò la cordicella che teneva legato il manicotto di pelliccia al suo polso.
Non aveva mai sopportato tanti fronzoli e indumenti tutti assieme, anche se ritenuti d’obbligo dal buon costume e necessari per ripararsi dal freddo invernale. Con altrettanta fretta, tolse via anche la giacca violetta e gli stivali, gettandoli in un angolo della stanza. Si sentiva il viso in fiamme, per la lunga passeggiata con le sorelle sul manto innevato; tuttavia, sarebbe rimasta volentieri lì con loro, se tre giovanotti non le avessero disturbate con il loro arrivo, proprio quando era riuscita a convincere le sorelle minori a lasciarsi andare in una battaglia di neve.
-Bella, perché l’hai fatto? Sei stata proprio cattiva a lasciarmi lì con quei tre leccapiedi.
La più piccola delle sorelle Black fece irruzione nella sua stanza con l’aria imbronciata e seccata, con una mano sull’anca destra e l’altra al calduccio sul suo manicotto.
Bellatrix, per nulla risentita della situazione in cui aveva lasciato la sorellina, si alzò sui gomiti ghignando.
–Suvvia Cissy, non dirmi che ti è dispiaciuto stare in compagnia dei tre giovanotti più ricercati dell’alta società?
-Hai ragione. Non mi è dispiaciuto, mi ha semplicemente nauseato. Sai che non sopporto quel borioso e presuntuoso di Malfoy, né tanto meno i fratelli Lestrange che, alla prima occasione, si arruffano per avere da me delle informazioni su ciò che ti piace o no.
Bellatrix scoppiò in una fragorosa risata, di fronte il nervosismo palese della sorella, immaginandosela nel tentativo di liberarsi da quelle inutili zecche con le sue raffinate maniere.
Nel frattempo, il chiaro viso di Narcissa prendeva via via colorito per l’indignazione. Non era la prima volta che sua sorella maggiore, dopo aver civettato con entrambi i ragazzi, la lasciava con loro da sola.
-Non è affatto divertente, Bella- la riprese, infine, la sorellina, issando il suo aristocratico nasino.
Bellatrix cercò di ricomporsi, nonostante le risa avessero attanagliato il suo stomaco.
–Mi dispiace Cissy, non era mia intenzione. Lo sai che non riesco a tenere addosso tutti questi abiti per lungo tempo, oltretutto Rodophus e Rebastan stavano per invitarmi al ballo di questa sera e non potevo permettere che accadesse.
Narcissa raggiunse la sorella sul letto e, sbuffando, chiese qualcosa di cui, tuttavia, conosceva già la risposta.
–E perché non potevi?
Bellatrix sorrise distrattamente all’ingenua sorella. –Perché così avrei dovuto scegliere, Cissy, che domande.
Narcissa inclinò la testa su un lato, guardando la sorella rassegnata. Aveva solo tredici anni e, anche se era ancora molto giovane e non capiva certi atteggiamenti della maggiore, sapeva che a volte esagerava, soprattutto con il sesso maschile.
Bellatrix non diede peso alla sua espressione, giudicandola troppo piccola per comprendere certe cose.
–Vedrai che quando sarai grande capirai- sottolineò, infatti, mettendo i piedi giù dal letto.
La piccola Black, risentita dalle sue parole, la rimbeccò piccata –Si stancheranno alla fine.
Bellatrix, sorpresa dalle sue parole, si voltò di nuovo verso la sorellina, rimproverandola mutamente punta sul vivo. Narcissa si tese, sotto gli occhi improvvisamente seri e irritati della maggiore, ma orgogliosa distolse lo sguardo, stringendo con i pugni i lembi della sua gonnellina.
A Bellatrix piaceva giocare con i ragazzi. Lasciarsi coccolare dai loro complimenti e dalle loro infinite lusinghe aumentava il suo ego, vederli combattere tra loro per accaparrarsi il diritto di accompagnarla a una festa la facevano sentire bellissima e inarrivabile. Tuttavia, adorava soprattutto quando li vedeva pendere dalle sue labbra, quando li sentiva fremere per una sua carezza, quando scodinzolavano come cagnolini ai suoi piedi, in attesa di ogni suo bisogno, lieti e onorati di poterlo soddisfare. In questi momenti, sapeva di averli totalmente in suo pugno, come dei piccoli soldatini completamente in suo potere; la eccitava saperli alla sua completa mercé, era una sensazione cui non avrebbe rinunciato mai.
Scegliere, per poi accontentarsi, non faceva al caso suo. Lei voleva tutto ciò che desiderava.
Bellatrix ghignò e, soddisfatta della reazione della sorella, si addolcì accarezzandole il volto. –Non lo faranno. Quegli stupidi sono troppo affascinanti e ricchi per pensare che qualcuno possa rifiutarli davvero.
Narcissa ascoltò sorpresa quella spiegazione, nonostante qualcosa alla fin fine non tornasse alle sue orecchie.
-Ma se sono così belli e ricchi, perché non accetti mai i loro inviti? Non sai che facce hanno quando ogni volta li rifiuti. Sono sempre così sicuri di loro stessi.
-Infatti, Cissy, lo sono sempre. Per questo è così divertente farlo.
Narcissa, improvvisamente, non poté fare a meno di ridere divertita, iniziando a capire i pensieri della maggiore, nonostante non li condividesse. In fondo, gli facevano anche un po’ pena.
Bellatrix rise ancora, finché non arrivò Andromeda nella stanza a interromperle.
-Ah, siete qui? La mamma ci sta aspettando di sotto, siete pronte?
-Andy, ma dov’eri finita? Ti ho cercato tanto prima- la richiamò Narcissa, mettendo il broncio.
Andromeda Black, all’arrivo dei tre giovanotti, si era dileguata dal panorama invernale, talmente in fretta e silenziosamente che soltanto dopo si erano accorti della sua assenza. Ciò nonostante, nessuno si era preoccupato, perché tutti sapevano che, delle tre, Andromeda era la più riservata e introversa delle sorelle.
-Mi dispiace sorellina, ma non mi andava più la passeggiata, perciò sono salita a leggere un libro.
Narcissa, per nulla stupita di saperla immersa in una delle sue lunghe e noiose letture, provò a ribattere.
-Ma ci sono le vacanze adesso.
-Lo so questo, Cissy- rispose con ovvietà Andromeda, cambiando discorso subito dopo, accarezzando la stoffa del suo vestito con disappunto.
–Perché sei ancora con l’abito da passeggio? Su, corri a cambiarti, non vorrai far tardi?
Gli occhi di Narcissa si spalancarono di pura estasi, al ricordo dello shopping natalizio che la attendeva a breve. Così, senza farselo ripetere due volte, rispose allegra, prima di uscire definitivamente dalla stanza.
-No, ci metto un attimo.
-Come no- sbuffò Bellatrix, conoscendo la cura e le attenzioni che la minore dedicava al suo aspetto. Gli abiti, i gioielli e l’amore erano il suo perno di vita.
Andromeda sorrise, lieta di essersi tolta di dosso l’attenzione della piccola Black.
-Bella, tu non vieni?- chiese allora, avanzando nella stanza.
Bellatrix stava giusto per acconsentire, tanto per non rimanere sola in casa e continuare a schernire la sorellina per negozi, quando nella stanza si diffuse una tetra melodia che le fece rizzare la schiena.
Andromeda, riconoscendo l’origine della musica, si avvicinò al carillon prima che le fosse tolto di mano con irruenza.
-Non toccarlo!
Andromeda aggrottò le sopracciglia, stupita dal suo cambiamento. –Ma non era rotto?
Bellatrix non rispose e, avvicinandosi alla porta e invitandola ad andarsene. –Dì a nostra madre che rimarrò a casa. Non ho voglia di uscire.
Andromeda, preoccupata dal suo viso improvvisamente pallido, si avvicinò –Bella, ti senti bene?
-Andromeda, voglio rimanere da sola. Adesso.
Bellatrix non chiamava mai le sue sorelle con il loro nome completo, se non quando era palesemente arrabbiata. Non lo sembrava in quel momento, anche se era chiaro che era meglio acconsentire alla sua richiesta, perché sapeva quanto a volte potesse essere strana, quasi crudele.
Così Andromeda non disse nulla, fissandola piccata dall’alto, finché, dopo qualche istante di tentennamento, uscì dalla stanza.
–Come vuoi.
Bellatrix sbatté la porta alle sue spalle, chiudendosi poi a chiave nella stanza. Strinse al petto il carillon che incessantemente non aveva smesso di suonare quella triste melodia, guardandosi guardinga intorno, scrutando attentamente ogni angolo della sua camera. Era tutto al suo posto.
Prese un lungo respiro e si avvicinò alla finestra, scostando piano la lunga e pesante tenda, rimanendo così sbalordita.
Il cielo azzurrino era sparito, sostituito da tonalità cupe che conferivano l’aspetto di una grande cappa grigia e pesante. Minacciava neve, molta più di quella che era caduta la notte precedente.
Lo stagno era coperto da una spessa lastra di ghiaccio, ai cui bordi si addensavano montagnole di neve.
Faceva freddo.
Il terreno era coperto di bianco e gli alberi erano spogli: i loro rami scheletrici si tendevano al cielo freddo in un silenzioso grido, incoronati da fiocchi di neve e merletti di ghiaccio.
Solo qualche pietra spuntava dal sentiero coperto di bianco, individuabile solo dal basso muretto che lo costeggiava, bucando la neve e contrastando con il bianco innaturale di tutto.
Se quella mattina, quando si era svegliata, aveva trovato quel paesaggio magnifico, adesso, con il vento che strideva sgraziate note, lo riteneva sublime.
Lontano, a sud, il cielo sembrava farsi ancora più nero e minaccioso. Si preparava una bufera, era evidente.
Poggiò il carillon sul davanzale della finestra, rigata dal ghiaccio che sembrava aver preso su di essa dimora, e rimase in attesa, eccitata e felice, come non lo era da qualche tempo.
Era tutto come allora.


1966 Dicembre.

-Bella! Bella, dove sei?- una voce limpida e preoccupata si faceva strada tra i boschi, seguita da molte altre.
-Bellatrix, dove ti sei cacciata?
Era una fredda giornata d’inverno, decorata con soffici fiocchi di neve, che leggiadri cadevano dal cielo scuro, ricoprendo ogni superficie stabile e in movimento, donando alla natura uno splendido panorama innevato. I tre ettari di terreno della residenza invernale dei Black, ricoperti di morbida neve bianca, avevano spinto le figlie del proprietario con i suoi ospiti a una passeggiata sul manto ancora fresco. Nessuno aveva previsto la battaglia di neve, un po’ magica, che poco dopo si era scatenata.
Preso dall’euforia, Rebastan Lestrange, si era accorto troppo tardi di aver provocato, con un incanto, una slavina di neve proprio sulle preziose e ricche teste delle sorelle Black, provocando l’ilarità e il compiacimento degli altri ospiti di sesso maschile.
Tuttavia, troppo tardi, mentre Andromeda e Narcissa cercavano di vendicarsi, si erano accorti che Bellatrix si era inoltrata nel bosco, dissociandosi. Per cercare una vendetta appropriata.
-Perché stiamo perdendo tempo a cercarla? Siete degli sciocchi se pensate che quella selvaggia possa essersi persa qui- commentò con fare annoiato il pigro erede di casa Malfoy.
-Bada a come parli, Lucius. La mia Bella non è una selvaggia, semmai, una preziosa rosa selvatica, di cui tu non sai apprezzare l’indubbia bellezza- rispose piccato Rodophus Lestrange.
L’occhiata sarcastica e indifferente che Lucius rivolse in risposta a Rodophus, fece scattare quest’ultimo, prontamente fermato dalla voce autoritaria di Andromeda.
-Volete smetterla voi due? È anche colpa vostra se Bella è sparita.
-Non preoccuparti per lei, vedrai che…
La risata cristallina della giovane Black interruppe Rebastan dal suo buon proposito di rassicurarla.
-Che hai da ridere adesso?
-Rido della tua ingenuità, Lestrange. Certo, sono un po’ preoccupata per mia sorella, ma solo perché temo che stavolta finirà in seri pasticci, se non la fermiamo prima che sia troppo tardi.
-Troppo tardi per cosa?
Le parole non servirono. I tre maghi si ritrovarono in un baleno coperti di neve e appesi a gambe all’aria in cima a un albero, mentre la corda che li avvolgeva pian piano provocava un forte prurito che sembrava oltrepassare gli spessi abiti che indossavano. Ben presto. capirono persino che, nonostante il prurito, era meglio non muoversi, in quanto a ogni movimento la corda non faceva che stringersi e strangolarli.
-Preziosa rosa selvatica un corno, Lestrange. Quella è la figlia del diavolo in persona.
Solo la risata roca e folle di Bellatrix gli rispose.

Più tardi, Cygnus Black e la consorte, furono costretti a scusare la primogenita di fronte agli ospiti indispettiti, che avevano visto tornare i propri figli in condizioni pessime.
In realtà, il padrone di casa, porse loro delle scuse molto blande, poiché riteneva che, se i loro figli non fossero stati così stupidi, non si sarebbero fatti imbrogliare da sua figlia, di cui era segretamente orgoglioso. Non si premurò, infatti, di nasconderlo, mentre accompagnava Abraxas e Lestrange alla porta, aumentando così il loro disappunto nei confronti dei propri figli.
Ciò nonostante, dovette comunque punire Bellatrix per il disordine causato e, così, la lasciò sola in casa, mentre portava il resto della famiglia a una festa.

Bellatrix, rimasta sola, sfogò tutto il suo rancore nei confronti di quella punizione ingiusta, anche se sapeva bene che suo padre non era minimamente arrabbiato con lei per quel piccolo scherzetto che aveva organizzato ai danni degli eredi di casa Malfoy e Lestrange.
Ripensò a quanto accaduto e iniziò a ridere del proprio ingegno e della propria perfidia, ripensando a quanto vicini fossero stati nel soffocare impiccati a testa in giù.
Improvvisamente, sentì una lieve melodia suonare alle sue spalle e di scatto, si voltò alla ricerca della provenienza di quel suono, trovandolo in un piccolo carillon argentato che non aveva mai visto in precedenza.
Gli si avvicinò e, quando tese una mano per accarezzarlo e scrutarlo da vicino, avvertì un’ombra alle spalle. Senza pensarci due volte, estrasse la propria bacchetta e la puntò verso l’intruso con uno schiantesimo.
L’uomo che si ritrovò di fronte, evitò con eleganza il fascio di luce rossa e, guardandola dritto negli occhi, puntò la propria bacchetta a sua volta.
Rimasero entrambi in silenzio, osservandosi di sottecchi, cercando di capire i pensieri e le intenzioni dell’altro, finché Bellatrix colse una linea nera sull’avambraccio dell’intruso, appena accennata sotto la manica, ma intensa abbastanza da svettare sulla pelle bianca di lui.
Si ricordò allora di qualche settimana prima, in cui aveva sentito qualcuno irrompere in casa nel cuore della notte. Talmente forte era stato il trambusto, che si era precipitata giù per le scale ed era rimasta lì, nascosta, quando aveva riconosciuto suo padre arrancare per l’ingresso sporco di sangue, mentre sua madre gli correva incontro. Intanto che quest’ultima lo medicava, aveva ascoltato il breve e sconnesso racconto di suo padre, ma a incatenarla lì era stato il tatuaggio che aveva scorso sul suo avambraccio. Un tatuaggio che soltanto altre due persone parevano possedere e solo una di queste non aveva mai avuto l’opportunità di conoscere.
Prima di quel momento.
Immediatamente sgranò gli occhi e, ricordandosi dello schiantesimo che gli aveva gettato addosso, lasciò cadere la bacchetta in terra, chinando il capo al cospetto di quello che avrebbe dovuto trattare come un’ospite.
Aveva sentito abbastanza quella notte per capire di dover provare solo un reverenziale timore per quell’uomo, oltre che una profonda stima. C’era qualcosa che lo incuriosiva di lui, a tal punto da essersi trovata a immaginarlo più volte. Tuttavia, erano stati vani i suoi tentativi di carpire qualche informazione in più al padre, senza rivelare di aver origliato la sua conversazione con la madre.
-Chiedo perdono.
Tom Riddle la oltrepassò lentamente e le girò intorno, guardandola dall’alto. -Cos’altro?
La sua voce le arrivò in un sibilo, sottile, pacato. Bellatrix si morse il labbro, poco incline a comportamenti così servizievoli. -Chiedo perdono, signore.
-Io non perdono. Tuttavia, per questa volta, non ti punirò per aver osato tanto.
Si ritrovò a mandare giù un groppo, che fino a quel momento non si era resa conto le era rimasto in gola. -Grazie, signore.
Calò un silenzio assordante, mentre il mago arrestava i suoi passi di fronte a lei.
Bella rimase a osservare la punta delle scarpe nere e lucide del mago, in un’impaziente attesa, mentre la sua mente cercava di capire quale sarebbe stata la sua prossima mossa, quando avrebbe rivelato le sue intenzioni.
A un certo punto, sentì la bacchetta d Riddle poggiare sulla sua spalla.
-Quanti anni hai?
Balbettò. –Quindici, signore.
La punta della bacchetta prese a salire lungo il suo collo, scostando i capelli ribelli della strega, facendosi strada fin sotto il suo mento. Lo sentì inclinarsi verso di lei.
Il suo cuore iniziò a palpitare forte.
-Tu sai chi sono io?
-S-sì.
-Più forte, ragazza- la incitò Riddle, facendo pressione sul suo mento e costringendola ad alzare lo sguardo su di lui.
Bellatrix lo affrontò, nascondendo il suo tremore quando si ritrovò a specchiarsi in due profonde pozze nere. -Sì, signore.
Lo vide inclinare la testa di lato, come se stesse provando un’angolazione migliore.
-Hai paura?- soffiò il mago sulla sua bocca.
Bellatrix strinse gli occhi e, a quel punto, rispose decisa. -Non ho paura di nulla, signore.
Tom Riddle ghignò appena e si allontanò subito di lei, voltandogli le spalle per mettere spazio tra loro, non prima di averle fatto segno di avvicinarsi con la bacchetta.
-Dove hai imparato la magia oscura?
Bellatrix ebbe appena il tempo di riprendersi da quella vicinanza, che le sue parole la colpirono. Era sorpresa di essere stata scoperta, nessuno sapeva, tranne suo padre.
Riddle incrociò le braccia al petto e la scrutò, soppesando le parole della strega. -Ti ho osservata. Non credo che a Hogwarts insegnino certi tipi di magie.
Conscia di non dover più serbare alcun segreto, ammise subito fiera. -È stato mio padre.
-Ha fatto un buon lavoro con te. Immagino che in mancanza di eredi maschi, abbia dovuto ripiegare su di te.
Bellatrix fece un passo in avanti istintivamente e provò a ribattere, quando sentì il suo sguardo grave rimproverarla per quello che poteva essere un passo falso.
-Ma non è abbastanza. Sai cosa sto facendo?
-Si, signore. Sta radunando un esercito.
Riddle con un incantesimo la attirò ancor di più a sé, sollevandola quel che bastava da farla arrivare alla sua altezza con la punta dei piedi. -E ti piacerebbe unirti a me? Divenire mia allieva?
Bellatrix aveva il cuore che le palpitava per l’emozione, non si sarebbe mai immaginata una simile proposta.
-Sarebbe un onore per me, signore.
Il mago assottigliò lo sguardo di fronte l’eccitazione che vedeva riflessa negli occhi della ragazza, incerto se crederle o meno. Chiuse le dita in un pugno e fece così roteare Bella, in modo che il suo viso fosse a poco più di un centimetro dal suo. -Ne sei proprio sicura?
-Sì- soffiò, in un sospiro la giovane.
Lo vide ghignare per la seconda volta, mentre le posava un delicato bacio sulla bocca e le soffiava tra le labbra. -Bene, allora ci vedremo presto.
Bellatrix si ritrovò subito dopo in piedi, le gote arrossate e il respiro pesante.
-Quando?- si ritrovò a chiedere.
Il mago si avvolse nel mantello, con la mente già altrove, allontanandosi.
-Non avere fretta. Quando la musica animerà di nuovo quel carillon, tu sarai mia. Non un momento prima, né uno dopo. Nel frattempo, mi auguro per te che tu sappia mantenere un segreto.
Si voltò un’ultima volta, prima di sparire nell’oscurità. -A presto, Bellatrix Black.


-Buona sera, Bellatrix.
La strega si voltò verso di lui, felice finalmente di rivederlo.
Aveva atteso a lungo, talmente tanto, che aveva creduto che quel giorno non sarebbe più arrivato, che quella sera fosse stato solo frutto di un sogno.
Passando i mesi, Tom Riddle era divenuto la sua ossessione.
Aveva intrapreso delle ricerche: si era intrufolata nello studio di suo padre per cercare indizi, aveva studiato l’arte oscura con avidità e triplicato i suoi allenamenti con il padre
Fortunatamente, Cygnus Black era talmente fiero di vedere i progressi impressionanti della figlia, che non aveva fatto domande sulla sua assetata dedizione.
Bellatrix, dal canto suo, si era allenata per due lunghissimi anni, al fine di essere pronta a servire colui che aveva dato uno scopo alla sua vita. Aveva sentito cosa stava tramando nell’ombra e non vedeva l’ora di farne parte.
-Crucio.
Un dolore lancinante s’insinuò inaspettatamente sotto la sua pelle, lungo le sue vene, costringendola a piegarsi su se stessa, urlando.
Tom Riddle le venne incontro, con passi lenti, la bacchetta tesa verso di lei. –Nessun. Sentimento.
Mentre la maledizione senza perdono si affievoliva, Bellatrix sentì le gambe cederle, portandola a inginocchiarsi sul pavimento freddo. Alzò, poi, gli occhi spaventati e sconvolti sul mago, in cerca di una risposta.
-Questa sarà la tua prima lezione.
Bella chinò il capo, delusa, e annuì.
Riddle le si avvicinò ancora e, con le sue dita affusolate, le prese il mento costringendola a guardarlo dritto negli occhi. Quegli occhi che, per molte notti, avevano tormentato i suoi sogni.
-Ci hai ripensato durante quest’anno, Bellatrix?
Frustrata, la strega si ritrovò improvvisamente a ringhiare. -Mai, neanche per un istante.
Il mago le afferrò il collo e premette il pollice sulla sua giugulare, scrutando il suo temperamento e la determinazione nel suo sguardo. –Ancora nessuna paura, quindi?
-Non ho paura di nulla, signore- confermò la strega, ripetendo le stesse parole della prima volta.
Riddle scoccò la lingua, quasi divertito da tanta insolenza. Avrebbe ben presto fatto in modo che cambiasse idea.
-Sciocca ragazza.
La lasciò andare, facendo qualche passo indietro per prendere la giusta distanza.
Poi, con lenta grazia, alzò la bacchetta, mirando al suo cuore.
-Sei pronta? È un viaggio dal quale non si torna indietro.
Bellatrix tirò su le spalle, prese un lungo respiro e alzò il mento, nascondendo la tensione che piano piano aveva cominciato a crescere dentro di lei.
-Da sempre, signore.
Le parse di sentirlo sogghignare un “Come se avessi mai avuto scelta”.
Ma fu un dubbio che non ebbe il tempo di contemplare: un lampo nero, con spire oscure come la notte, la investì accecandola, mentre un dolore che non aveva mai provato le tolse ogni respiro, costringendola ad urlare.
Intanto che un vuoto la risucchiava da dentro, ogni veste cadde, ogni maschera si spezzò, e lei rimase completamente nuda sotto gli occhi della Morte, che la fece sua.
Prima ancora delle sue mani.
Prima ancora della sua bocca.
Prima ancora della sua bacchetta.
Lei fu marchiata fuori e dentro.
Irreparabilmente, per sempre.


-Adesso hai paura, Bellatrix?
-Sì, mio signore.




FINE



Questa storia partecipa al Missing Moment Contest di HermioneJeanGranger.
Grazie a tutti per essere giunti sin qui.


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Farai felice milioni di scrittori.
© Elyxyz

   
 
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