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Autore: writteninthesewalls    03/12/2015    4 recensioni
AU ۵ Harry/Louis ۵ Prompt di Ingestita ۵ [3,1 K]
Harry si trasferisce in un nuovo appartamento, e sulla parete, c'è un ritratto è in bianco e nero che decide di non togliere perché lo incuriosisce.
Quel ritratto prende vita ogni volta che lo guarda.
“Quel quadro mi avrà tormentato per giorni ma almeno ne è valsa la pena”
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Harry si trasferisce in un appartamento nuovo; appeso alla parete c'è un ritratto in bianco e nero, forse dei vecchi inquilini, che decide di non togliere perchè gli infonde uno strano conforto, grazie al sorriso di un ragazzo che appare.
Col tempo, la figura del ragazzo si fa sempre più sfocata, mentre l'immagine diventa reale, ed è il ragazzo fuori al suo giardino.


Prompt di twitter @ingestitaprompt
di @ingestita

 
⊰ ⊱
 
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⊰ ⊱

 
A Louis,  perché il suo blu è oceano, mare in tempesta.
Tiene in vita.
 
La casa nuova dove Harry si è appena trasferito è grande. Forse un po’ troppo per una persona sola, ma a lui non importa; le case piccole lo soffocano, gli stanno troppo strette, vuole spazio per poterlo poi riempire con libri, macchine fotografiche che colleziona in una vetrina, etichettate una per una, tele dipinte da lui, sempre piene di colori vivaci a volte anche fluorescenti; il troppo bianco non gli piace, non riesce a dare un senso a quel colore, o almeno, gli piace in parte, perché aggiungendoci sopra altri colori non ne modifica le sfumature; solo se il bianco è su tela.



Harry si chiude il portone dietro le spalle, calciandolo con un piede perché le mani sono impegnate a trattenere scatole di cartone enormi per contenere la sua roba, ma solo una parte: il resto andrà a prenderlo successivamente nella vecchia casa. Sale lentamente le scale, evitando di inciampare e di far crollare i libri che straripano dalle scatole. Fortunatamente l’appartamento è al primo piano; l’ha scelto perché è più comodo e diretto all’uscita principale del condominio e perché ha un grande giardino che non vede l’ora di arredare con vasi di ceramica pregiata che riempirà di rose e peonie fucsia che lui ama tanto. Fa scivolare gli scatoloni dalle braccia forti, e li lascia sul pavimento mentre con la mano tasta la tasca interna del suo giacchetto di lana di pecora pescando le chiavi.
Inserisce la chiave nella toppa arrugginita girando lentamente, col cuore che batte a mille, mentre i denti della chiave grattano la serratura. Riprende in mano le scatole, con un piede spinge la porta e la richiude allo stesso modo dopo essere entrato nell’appartamento buio. Tasta con una mano sulla parte fredda che lo fa rabbrividire e spera di trovare presto l’interruttore perché ha una paura tremenda che qualcuno gli possa mangiare la mano.
Ha ventuno anni si, ma non vuol dire nulla. Harry ci può giurare che tutti, dopo aver spento la luce, ritraggono la mano velocemente e scappano nel corridoio per paura che un mostro gliela tagli. Non è questo il caso però – gli è andata bene -, perché trova subito l’interruttore che illumina la stanza e la luce travolge gli occhi in modo frenetico portandolo a strizzarli per togliere i punti verdi e neri che sfarfallano davanti le sue pupille.
Il corridoio lungo è spoglio, privo di colori, quadri, foto.
Posa gli scatoloni all’ingresso e poggia le chiavi nello svuota-tasche di vetro blu poggiato su una sedia che fa da comò. Percorre il corridoio trovando alla sua sinistra la camera da letto; è ampia, un letto di ferro rovinato, la rete coperta dal materasso privo di lenzuola che troneggia nella stanza. Peccato che non abbia nessuno con cui condividerlo. Esce dalla camera, entrando nella stanza accanto, il bagno: è lungo e stretto, una vasca bianca rigata dal calcare è sulla destra, lo specchio quadrato sopra al lavandino blu tenue, le piastrelle del muro e il pavimento sono celeste pastello, con le fughe sporche, nere come pece.
La cucina è a destra, separata dal salotto. E’ bella, moderna, di un rosso vivo lucido, spezzato dall’acciaio degli accessori e elettrodomestici vari.
Il salotto, poi, è la sua stanza preferita. E’ una stanza ampissima, il parquet in ciliegio spicca con il divano color crema lunghissimo; di fronte troneggia una libreria che Harry non vede l’ora di riempire con i suoi libri. Il plasma piatto sotto l’arco di mensole, vetrine ai laterali. Il soffitto lo ama letteralmente. Ha un affresco intatto, nonostante il tempo e l’umidità, che raffigura putti in cielo che tendono le mani ai loro compagni in mezzo al mare. Le pareti sono alte, piene di quadri e tele dei vecchi proprietari. Un’ampia finestra di legno e vetri, fa notare il giardino con l’erba alta, trascurata, privo di colore e fiori che presto arriveranno. Un piccolo gazebo coperto con teli di plastica è al lato del giardino, e Harry già immagina le notti estive dove consuma cene con i suoi amici o da solo in compagnia di un buon libro.



La casa comincia a prendere un aspetto decisamente migliore di quello precedente. E’ completamente diversa, ha cambiato tantissime cose come caricare le pareti con quadri che gli regalò sua madre per Natale e fotografie, ha ridipinto le pareti color rosa pesca, ripulito le fughe nere delle piastrelle del bagno, e ora un enorme lampadario di cristallo a dieci candele pende dal soffitto illuminando il salotto.
Se c’è una cosa che è rimasta al suo posto, è sicuramente il quadro sopra al divano che raffigura quel ritratto.
Harry lo guarda e riguarda tutti i giorni che se fosse possibile avrebbe già dei buchi in mezzo perché lo ha consumato con gli occhi. Però, lo incuriosisce e lo inquieta allo stesso tempo, è come se volesse comunicare, dire qualcosa.
Harry mentre è nel salotto a pulire il pavimento, alza lo sguardo su quel quadro attaccato alla parete, sopra il divano.
E’ in bianco e nero. Incuriosito, lascia la scopa, e poggia un ginocchio sul divano che affonda tra i cuscini per avvicinarsi e scrutare meglio quello che sembra per lui un semplice ritratto fatto a carboncino di una persona qualunque, immaginaria.
Lo sta tormentando decisamente troppo, forse perché su quella tela bianco sporco, il carboncino scuro che sfuma nei contorni assumendo sfumature grigie, nascondono piccole macchie blu, e Harry lo nota solo ora.
Negli occhi porcini della figura ritratta, piccole macchie blu di acquerello, tingono la figura amalgamandosi al nero. E’ raffigurato un ragazzo e il volto è leggermente di profilo, quel poco che basta per far vedere la perfezione del suo naso e i tratti androgini, delicati, fragili. La bocca sottile, sembra mostrare un sorriso stiracchiato, quasi stanco. I capelli sono lisci e la fronte è coperta da una frangia laterale. Vorrebbe staccare la cornice e la lastra di vetro che lo protegge per sapere se dietro al ritratto c’è una firma, una data, una dedica. Si trattiene, però, perché si sta facendo decisamente troppi problemi, davvero, ed è solamente un quadro.



E’ sdraiato sul divano mentre fa zapping, sbuffa, è terribilmente annoiato, stanno dando i soliti programmi noiosi, che non guarderà mai. Lancia il telecomando accanto a lui e piega la testa all’indietro fissando l’affresco sopra di lui, l’angelo dipinto sembra che lo stia guardando male. Improvvisamente, un rumore, lo risveglia e accigliando lo sguardo confuso, si alza lentamente avvicinandosi alla finestra con la vista sul giardino. Nota un ragazzo, gli sta dando le spalle, ma può certamente vedere il suo corpo minuto, magro, i capelli lisci. E’ nel giardino, piegato, intento a raccogliere una rosa bianca che Harry ha piantato due giorni dopo il suo arrivo, nei vasi pregiati di sua nonna. Lo guarda sbigottito, impaurito, incapace di muovere un solo dito anche per fermarlo, o per dire che quelle sono le sue rose, è nel suo giardino, chi diavolo lo conosce? Chi l’ha fatto entrare? Il ragazzo, alza lo sguardo puntandolo verso Harry, è quasi buio però, quindi non riesce a vedere perfettamente i lineamenti del suo viso, sa solo che è decisamente più alto di lui e può intravedere capelli ricci e folti come una criniera di un piccolo leone. Harry sbatte le palpebre brevemente e il ragazzo è svanito. Non riesce a dormire durante la notte, si rigira in continuazione nel letto, sbuffa, punta gli occhi smeraldi verso il muro e potrebbe bucarlo con la forza del pensiero.
Vorrebbe veramente sapere chi fosse quel tipo.

Una settimana è passata, quel ragazzo non è più tornato e Harry ha smesso di pensarlo, o meglio, ci pensa molto meno rispetto ai primi giorni. Si è domandato, perché fosse nel suo giardino, se sapeva che non è di tutto il condominio, ma solo del suo appartamento, si è chiesto perché raccoglieva quella rosa. Non sa nemmeno se è il suo vicino; se abita sopra, accanto, di fronte al palazzo dalle pareti gialle. Poteva essere un ladro? Non di certo. Da quando i ladri raccolgono rose e non rubano soldi e gioielli?



Quel ragazzo riappare nel suo giardino settimane dopo. E’ seduto, con le gambe strette al petto, stringendole con le braccia, la guancia destra poggiata al ginocchio fissando un punto preciso. E tranquillo come se il giardino fosse suo ed è li a prendere una boccata d’aria e lasciarsi baciare il viso dai raggi tiepidi del Sole. E’ tranquillo perché non ha paura che il proprietario di casa – Harry – lo possa scoprire da un momento all’altro. Non gli interessa proprio.
Harry lo nota per caso mentre sposta gli occhi nella sua direzione. Il cuore sta per esplodere dalla cassa toracica, ne è sicuro, e tenta di respirare profondamente cercando di regolarizzare il respiro. Decide di raggiungerlo e l’aria fresca di aprile gli sferza il viso e i boccoli lunghi che gli ricadono sulle spalle; lentamente per non spaventare il ragazzo si avvicina accucciandosi di fronte a lui con le gambe incrociate sospirando leggermente. Silenzio interminabile, spezzato dal fruscio delle foglie degli alberi.
Poi viene spezzato da una voce sussurrata.
“Le tue rose sono molto belle” sussurra lo sconosciuto con voce roca come se non parlasse da tempo e facesse fatica a far uscire le parole. Sembra uno sforzo enorme.
“Cosa?” chiede Harry lentamente e il suo tono è stupito, perché preso alla sprovvista.
“Ho detto che le tue rose sono molto belle” ripete il ragazzo stavolta alzando la voce un po’ di più.
“Io—ti ringrazio” balbetta l’altro. E’ un silenzio lungo quasi infinito e pieno di vuoti che Harry vorrebbe riempire con domande che si sono accumulate nell’angolo del suo cervello in questi lunghi e interminabili giorni di sua assenza.
“Io comunque sono Harry” tenta di allungare una mano che rimane sospesa a mezz’aria perché non viene ricambiata dall’altro.
“Louis. Mi chiamo Louis” mormora poi il ragazzo non più sconosciuto ignorando il suo sguardo e la sua mano, e gli occhi puntati ancora sulle rose, sfiorando i loro petali tra il pollice e l’indice della mano destra. “Lew—“
“E’ Louis, la s finale non si pronuncia” lo interrompe bruscamente l’altro.
“Ok, scusa, Louis” ripete Harry ridacchiando marcando la u e la i per bene. “Sei francese, comunque?” chiede Harry.
“No, sono inglese” ed è un attimo, perché Louis alza il viso e punta gli occhi su quelli di Harry. Sono blu, intensi e piccoli, freddi. Harry è spaesato, la testa gira come se fosse ubriaco, frastornato, perché non si aspettava sicuramente quegli occhi. Ok, sono occhi azzurri, no sono blu. E non sono un blu normale, ipnotizzano. Sono come un mare in tempesta e la spuma bianca sono le piccole venature che tagliano quegli occhi che si mischiano a spruzzi verdi. E’ bello. Il naso è piccolo e leggermente all’insù e preciso, la bocca rosa e sottile, il mento accenna un po’ di barba incolta e i capelli color caramello sono lisci e soffici. La pelle è leggermente abbronzata. Gli zigomi sono definiti e Harry pensa che sono capaci di poter tagliare un dito se venissero sfiorati con i polpastrelli.
E’ pura arte.

Harry è bellissimo, pensa Louis. Ha la mascella squadrata, che gli da l’aria da uomo. Ha pochi accenni di barba qua e là sul viso come gli adolescenti. La bocca è piena e rossa come polpa di ciliegia, liscia e lucida. I larghi boccoli color cioccolato, ricadono sulle spalle morbidi e vaporosi che gli danno l’aria da angelo. Gli occhi sono spettacolari. Louis vede un verde mai visto prima. Intenso, scuro, i raggi del Sole che li fa sembrare smeraldi perché pieni di sfumature. Sono grandi, pieni, e travolgono in pieno. “Posso sapere perché sei qui?” chiede gentilmente Harry stirando un sorriso. “—voglio dire, non ti sto cacciando, voglio sapere perché sei nel mio giardino, non fa parte del condominio, è solo del mio appartamento” conclude poi. Louis non lo degna di uno sguardo, figuriamoci di una parola. “Mh, ok, allora ti serve qualcosa in particolare? Cerchi qualcuno? Sei qui perché volevi derubarmi casa? Sei un ladro?”
“Parli un po’ troppo, te l’hanno mai detto?” non è una domanda con tono severo, anzi.
“Scu—“
“Sento che questo posto mi appartiene, in qualche modo”



Harry, alla fine, non ha ricevuto la risposta alla sua domanda. O meglio, Louis gli ha risposto, ma che significa? La sua casa gli apparteneva? Eppure i proprietari li ricordava decisamente diversi da lui, erano anziani e non belli come lui. E non può nemmeno essere figlio loro, ne è sicuro perché non riesce a trovare i tratti del viso di Louis in quella coppia. Sta impazzendo, non sa quel ragazzo esista veramente o se sia stato frutto della sua mente. A volte capita, di vivere certe situazioni ma non riesci a ricordati se sia stato un sogno o se realmente lo si ha vissuto. E questo è proprio il caso.

Harry è steso supino sul suo letto, mentre la Luna illumina la camera da letto attraverso le fessure delle persiane. Ha gli occhi semi chiusi che fissano il soffitto e si spalancano improvvisamente. Louis lo ha già visto prima di vederlo nel giardino. Scende dal letto rapidamente e accende le luci dell’appartamento dirigendosi in salotto e sprofonda le ginocchia tra i cuscini del divano mentre con le mani stacca violentemente il ritratto dalla parete. Il ritratto non ha più il sorriso, ne tanto meno le chiazze di acquerello blu che macchiano la tela. Di una cosa è certo. Il ragazzo del ritratto è Louis, quel ragazzo che vaga nel suo giardino.



Per pura casualità, o per destino, Louis è fuori al giardino di Harry il mattino dopo. E’ in piedi, e sta guardando il riflesso di se stesso sul vetro della finestra. Vede Harry addormentato sul divano, la maglia avvolge il suo corpo, e il quadro appoggiato accanto a lui. Louis sorride perché è felice che Harry sia stato a stretto contatto con lui anche se solo attraverso un quadro. Le nocche di Louis picchiettano debolmente il vetro ma facendo balzare Harry che si ricompone immediatamente e con gli occhi assonnati si guarda attorno cercando di intuire da dove venisse quel rumore, finché non nota Louis e il palmo della mano aperto contro il vetro. Si fissano per un po’, fino a quando Harry spalanca la porta.
“Louis—oh Dio, entra o ti ammalerai” sussurra Harry e gli avvolge la mano attorno al polso magro trascinandolo dolcemente nell’appartamento caldo. “E’ successo qualcosa?” chiede impaurito.
Louis fissa il pavimento e tortura con le dita i bordi del maglione. “Adesso capisci quando ti dissi che appartengo a questo posto?” dice puntando lo sguardo su occhi verdi.
“Quel—quel ritratto ti rappresenta. E io l’ho capito solo dopo aver visto il colore dei tuoi occhi, ma perché? Noi non—non ci conosciamo e—“ Louis lo zittisce con un dito sulla bocca rossa e morbida sotto il suo polpastrello.
“E’ destino, Harry. Io ero destinato a far parte di te. Quel ritratto me lo fece mio padre prima di morire, era un pittore famoso a Parigi, sai? E io amavo l’arte, me l’ha trasmessa lui questa passione e volevo a tutti costi farne parte, fino a quando decisi di farmi ritrarre da lui. Solo che quando morì, quel ritratto mi capitava tra le mani troppo spesso e vederlo appeso al muro della mia stanza era doloroso e decisi di venderlo al mercatino del paese, i vecchi proprietari l’hanno acquistato e adesso il nuovo proprietario sei tu” ed è un fiume in piena Louis, quelle parole erano un nodo enorme da sbrogliare e solo davanti a quegli occhi per quanto fosse difficile, è riuscito a tirarle fuori. “Quando venivo nel giardino era come se qualcuno mi ci trascinasse con la forza, e invece era il mio corpo o il mio cervello a farmi venire qui, da te. La tua casa, è come se fosse un posto che conosco da anni, e invece non ci sono mai stato. Il mio cervello è come se sapesse la strada e io dovevo solo incamminarmi per ritrovarmi qui
“Lou” è tutto quello che Harry riesce a dire, perché ha gli occhi lucidi, il groppo in gola.
“Sei così bello, Harry” sussurra Louis mentre con un dito sposta delicatamente un ricciolo caduto sulla fronte che gli scosta dietro l’orecchio, gli asciuga la lacrima con il pollice e il palmo della mano gli sfiora la guancia che Harry abbandona mentre chiude gli occhi lasciandosi accarezzare. “Sei talmente bello che fa male. Ho il terrore persino a guardarti per paura di consumarti, paura di danneggiare il tuo viso, la tua bellezza”. Sono vicini e possono sentire il respiro caldo dell’altro. E poi, solo bocche rosse e morbide che si sfiorano, l’asciutto che viene spazzato via e sostituito con l’umido della lingua, dei morsi, della saliva. Nella casa regna il silenzio più assoluto e viene spezzato dai battiti dei loro cuori impazziti, dai respiri e dagli schiocchi dei loro baci. Louis bacia Harry ovunque; le labbra le morde delicatamente alternando baci e lingua che le carezza dolcemente. Bacia il naso, la fronte, le palpebre, la mascella da cui si stacca con uno schiocco assordante mentre scende delicatamente sul collo che riempie di baci e morsi che lasceranno impronte viola. “Louis” Harry sussurra il nome ansimando, è in estasi e non sta capendo assolutamente nulla. La testa gli gira forte, ubriaco del profumo di Louis che gli lascia sotto il naso quando si sposta da una guancia all’altra. Si fa manovrare come una bambola. Delicatamente si dirigono nella camera da letto, mentre Louis lo fa poggiare sulle lenzuola lisce e gli toglie la maglia mentre continua a baciarlo senza dargli tregua. Harry prende il viso di Louis tra le mani e comincia a riempirlo di baci umidi e dolci, ognuno che sembra durare un’eternità. I pantaloni di entrambi stanno per esplodere e se ne liberano velocemente.
Quella notte è solo la loro. Fanno l’amore dolcemente, ognuno si prende cura dell’altro, è un’esplosione di gioia ed emozioni. Nessuno dei due è mai stato così bene, così trattato con cura come se fosse fatto di cristallo. Louis ha il capo poggiato sul petto di Harry, mentre quest’ultimo copre il loro corpo con il lenzuolo e passa le dita tra i capelli soffici e lisci dell’altro.
“E comunque sei bellissimo anche tu” sussurra dolcemente il riccio. Louis alza lo sguardo e ridacchia lasciando un bacio veloce nell’angolo della bocca, rifugiando la testa nell’incavo del collo di Harry.
“Quel quadro mi avrà tormentato per giorni ma almeno ne è valsa la pena
   
 
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