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Autore: Mikirise    04/12/2015    1 recensioni
Hazel crede troppo nell'Amore, per poter avere un ragazzo con cui accontentarsi.
Calypso ha un ragazzo che non ama, ma al quale vuole bene.
Leo la ragazza non ce l'ha. E forse questo dice tutto.
Frank ha confuso affetto con amore e si ritrova a seguire i consigli di Percy sul valore di un uomo.
Poi c'è la luna piena, un locale segreto e il fascino del mistero. Tante ragazze che amano spettegolare. Persone che non credono in quel che dicono. Balli d'altri tempi. Canzoni antiche. Vini pregiati. Consigli che non consigliano.
E chissà se l'Amore Vero trionferà.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Calipso, Frank Zhang, Hazel Levesque, Leo Valdez
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo Uno


Lo spettacolo delle Undici



Le luci erano basse. Poi si spensero. Nel locale un piccolo brusio si alzò e alcune persone alzarono gli occhi, chiedendo ingenuamente: “È andata via la luce?”

Rachel chiuse gli occhi e respirò due volte, profondamente. Sentì Octavian contare a bassa voce. Le indicava il numero con le dita, tenendo il suo auricolare nell'orecchio.

Le luci si alzeranno tra tre, due, uno.

Leo accese una luce bianca, puntandola su Rachel, che splendette. Un ricciolo rosso perfettamente posizionato sulla mascella, i capelli rossi domati in onde leggere, il vestito nero le cadeva fino alle caviglie. E tutti gli occhi erano puntati su di lei. E su Kayla al piano, certo.

Il sorriso sui suoi occhi nacque falso ma vero e le labbra, rigorosamente ricoperte di rosso, si arricciarono prima di riprendere fiato e cantare.

Octavian le aveva detto che avrebbe sbagliato tre, quattro, cinque note, forse tutte insieme. Ma non importava. Doveva chiudere gli occhi e cantare. Doveva arrivare alle persone. Solo lei avrebbe potuto farlo. Quello era una specie di complimento, per un ragazzo come Octavian. Lei lo sapeva. Lei lo conosceva.

Rachel sorrise, socchiudendo gli occhi e portandolo dietro le quinte. Il biondo fece cenno a Kayla d'iniziare a suonare. Puntò i suoi occhi su quelli verdi della rossa. Si guardarono. Lei sembrò sorridere. Lui fece cenno d'iniziare.

La rossa sorrise tra sé prima di prendere in mano il microfono, dallo stile molto vintage -com'era lei, con i suoi vestiti, i suoi capelli e il suo trucco- e iniziare a cantare.

Si va in scena.



💥💥💥



Va bene. Quale sarebbe stato il suo problema?

Hazel servì il vino ad un cliente, poggiando il bicchiere di cristallo sulla superficie lignea, poco illuminata. Sorrise appena, per poi tornare a guardare alla sua destra, cercando di decodificare il ragazzo seduto su un tavolino poco lontano.

Doveva avere qualche problema. Altrimenti non capiva perché aveva attirato la sua attenzione. Perché aveva sentito una leggera scarica elettrica, quando era entrato. Aveva sentito la scossa, che, in tutta la sua vita, aveva sentito solo una volta: la scintilla. E ci aveva messo anni per trovare un modo per allontanare la persona che le aveva mandato la scossa elettrica: lui non voleva abbandonare la loro piccola città vicino New Orleans per seguire i loro sogni ed abbassarsi a lavori umili per iniziare una vita da zero.

Lei avrebbe potuto accontentarsi. Dirsi che tutto quello che aveva con Sammy era abbastanza per lei. Anzi. Forse quello che aveva con Sammy era la cosa più incredibile che lei avrebbe mai avuto in tutta la vita. Eppure lo aveva allontanato senza sbattere ciglio. E ancora si ricordava gli occhi scuri di lui sbattere velocemente, come quando sentiva la necessità di piangere, ma avrebbe fatto una battuta per mascherare la lacerazione causata da lei. “Pensavo che” aveva detto con un sorriso. “Pensavo che tu saresti potuta essere la mia Ellie e io il tuo Carl. Siamo già cresciuti insieme. Volevo che ci sposassimo. Poi saremmo invecchiati insieme, sognando di partire per il Sud America. Se avresti avuto pazienza, io ti avrei portato dove vuoi. In Italia. Hai sempre voluto andare in Italia. Ti avrei portato. Legando mille palloncini sulla nostra casa e trovandomi un bambino boy-scout. Ma a te, Up, non è mai piaciuto, vero?” Nessun cucchiaio di miele ad addolcire la pillola. Gli aveva spezzato il cuore.

Se doveva essere sincera aveva cercato di allontanarlo per anni. L'Amore era qualcosa che lei meritava?

La se stessa di sedici anni non lo pensava. La se stessa di diciotto ne era quasi certa: non avrebbe sprecato il suo tempo con un ragazzo imperfetto per lei. Non avrebbe passato del tempo con un ragazzo perfetto per lei, solo per poi spezzargli il cuore.

Il Vero Amore è qualcosa di raro. E di complicato. Come l'animo umano. E lei lo voleva, ma non poteva accettarlo.

Quindi la domanda era: quale sarebbe stato il suo problema?

“Rachel ha una voce incredibile, vero?” La sua voce era uscita senza il permesso del suo cervello. Mannaggia. Posò l'ultimo bicchiere di vino davanti al cliente, appoggiando il vassoio, sul quale aveva trasportato bicchieri di ogni tipo, davanti al petto. Sbatté gli occhi dorati, nel modo in cui Silena le aveva detto che faceva quando era imbarazzata o nervosa. E così sembrava più ingenua e dolce. E impacciata.

Il ragazzone alzò il suo sguardo su di lei, con un sorriso imbarazzato. “Lei si chiama Rachel?”

Hazel si accigliò leggeremente. Forse il suo problema sarebbe stato quello: attratto da Rachel l'Artista, invece che da Hazel l'Insipida Barista. Annuì. “Ma se pensi di volerle lasciare rose alla fine dello spettacolo, devi sapere che Octavian le brucerà prima che lei le possa vedere.” Bugia. Octavian avrebbe soltanto borbottato qualcosa, per poi iniziare a bere con Will, ma non c'era bisogno che il ragazzo lo sapesse.

Lui rise. “No, non penso di mandarle fiori. Diciamo che non è il mio tipo.”

Oh, perfetto. “E quale sarebbe il tuo tipo?” Fermati Hazel, qui qualcuno sta diventando troppo socievole!

“Beh…” Abbassò lo sguardo, con le labbra piegate in una smorfia leggera. “Non credo di necessitare un tipo di ragazza…”

“Sei gay?”

“No…”

“Allora…?”

Spara il tuo problema, così posso tornarmene a lavorare senza pensare mai più a te.

“Ho una ragazza.”

“Oh.”

Oh. Beh, se ha una ragazza, tanto vale lasciar perdere…

“E perché hai una ragazza non hai bisogno di un tipo ideale di ragazza?” Ma cosa cavolo…? Stava veramente continuando questa storia? Si guardò intorno. “E dove sarebbe questa fantomatica ragazza?”

“Bagno?”

“E lo chiedi a me?” rise lei. Vide Leo farle strani segni, dall'alto del suo studio di luci. Che fai? Ti faccio tanto schifo da voler trovare qualcuno prima dei trent'anni? Stupido. Fu velocemente distratto da qualcosa vicino a lui. Prese a maneggiare fili, facendo scomparire i suoi ricci sotto quegli strani aggeggi, che Hazel non aveva mai capito come usare. “È un peccato, però” riprese a parlare, con un sorriso gentile. “Non lo sa che lasciare un ragazzo come te da solo, è come lasciare un topo accanto a un serpente?”

“Come?”

“Un mio amico…” Si fermò, mordendosi le labbra. Oh, no, Hazel, giocatelo in tutto e per tutto. “Il mio ragazzo, che viene dal Texas, mi ha praticamente fatto il lavaggio del cervello con queste metafore. Ormai anch'io parlo come una texana fatta e finita.” Si portò una mano davanti alla bocca e rise leggermente.

Le spalle del ragazzo si rilassarono, anche se la smorfia sulle sue labbra, sembrava essere diventato leggermente malinconico. “Quindi vieni dagli Stati Uniti?”

“New Orleans. Lì vicino.”

“Io sono canadese.”

“Davvero? Non avrei mai…”

“Con origini cinesi…”

Hazel sorrise. Si grattò i ricci ribelli e pensò che quel giochetto non l'avrebbe portata a nulla di buono. Per lo meno, era riuscita a tenersi lontana da quel ragazzone, con i capelli cortissimi e gli occhi ingenui e profondi. “Hazel.”

“Come?”

“Mi chiamo Hazel.”

“Frank. È un piacere Hazel.”

No. No. Per Hazel non era un piacere conoscerlo. No. No.

Eppure non smetteva di sorridere.





💥💥💥


E le luci si spensero di nuovo. I capelli rossi di Rachel smisero di brillare per i riflessi. I suoi occhi si chiusero e si aggrappò con forza al microfono, per poi girare la testa e non far sentire il suo fiato corto al pubblico.

Kayla si alzò e fece un leggero inchino, prima di andarsene.

Rachel rimase nel buio, sul palco, guardando davanti a sé.

Leo aveva lasciato il posto alle luci a suo fratello, correndo via, dietro consiglio di Annabeth, che lo aveva avvertito di una lampadina rotta, forse, o di una fuoriuscita di acqua nei bagni, o dell'arrivo degli alieni. Ogni teoria poteva essere buona, agli occhi di Rachel, in quel momento.

Gli applausi erano finiti. E Rachel continuava a stare in mezzo al palco. Si era dimenticata dove si trovava.

Una mano la trascinò dietro le quinte con fare piuttosto aggressivo e lei rischiò d'inciampare un paio di volte sull'orlo del suo vestito.

“Si può sapere che stai facendo?” Octavian gridava sussurrando. Lo faceva quasi sempre quando si trattava di lei. Agli altri li sgridava e basta. Girò la testa, per comunicare con quel suo strano auricolare tutto-fare. “Sì, riprendi la musica. No, Silena. Oh, ti prego! Non credo che Drew… un'altra volta e la licenzio. Certo che posso! Ne parlerò con Dakota e… no!” Sbuffò. Si tolse l'auricolare dall'orecchio e si rivolse di nuovo a Rachel. “Si può sapere qual è il tuo problema?”

“Ho visto un amore prendere forma davanti a me. Volevi veramente che me lo perdessi?” Anche lei gridava sempre sussurrando. Lui alzò gli occhi verso il soffitto. Lei ridacchiò. Lui le fece cenno di andarsi a cambiare. Lei non si mosse.

“Siamo seri?”

Rachel alzò le spalle. Octavian sospirò. Lei sorrise di nuovo.

“Mi dovrebbero pagare di più” borbottò lui, girandosi di spalle ed andandosene via.



💥💥💥



Calypso alzò gli occhi da terra solo per trovarsi davanti un ragazzo con un pantalone jeans macchiato di olio sul lavandino, intento a mugugnare da solo, nel buio della stanza, con una lampadina in bocca che gli impediva la corretta pronuncia di molte parole.

“Canti Leo Baldezz tzevono pe aggiuztae 'na lapadia?” si chiedeva, con aria imbronciata. “Stao pianndo Asel. Cabbolo.”

“Ci metterà molto ad accendere quella lampadina?” Calypso si scoprì non molto paziente, visto che odiava rimanere in luoghi chiusi e bui, da sola, o, anche, con perfetti sconosciuti. “Mi devo lavare le mani. E non avete operai femmine da mandare nel bagno delle femmine?”

Il ragazzo, questo Leo Baldezz, la fulminò con lo sguardo, puntandola con la torcia che portava in bocca e facendo una smorfia strana, a causa della quale lei pensò lui stesse per soffocare.

Leo si rigirò verso la lampadina, muovendo velocemente le mani. Ne liberò solo una, la sinistra, per sputarci sopra la sua torcia argentea accesa. “Uno. In questo locale non siamo sessisti. Gwen e Piper mi ucciderebbero se lo fossi. E hanno torturato con l'elettroshock Octavian per esserlo. Quindi un uomo può entrare nel bagno delle donne. Due. Oh. Oh. Vuoi per caso farlo tu il mio lavoro?”

“Voglio lavarmi le mani e andarmene e tu sei esattamente sopra il lavandino.”

“Fazzoletti bagnati-barra-profumati, mai sentiti?”

“Anche se fosse ho il pieno diritto di lavarmi le mani in un bar!”

“E io ho il diritto di dirti che questo guasto mi prenderà molto tempo. C'è un guasto all'intero sistema.”

“E questo tu lo sai da una lampadina?”

“Tu sai qualcosa di elettricità e sistemi elettrici?”

Calypso si morse le labbra, mentre Leo continuava a puntargli addosso quella stupida luce. “No” ammise, roteando gli occhi e incrociando le braccia.

“Quindi.” Il ragazzo alzò le spalle, con un sorriso vittorioso. “Io ho ragione, tu hai torto. Io sono il portatore di luce, tu di oscurità.”

“E quanto tempo ci metterai a riportare la luce, ottuso omuncolo?”

Leo sorrise, con un accenno di furbizia che Calypso non riuscì a vedere, nell'oscurità della stanza. “Probabilmente ore. Il sistema è corrotto dall'interno. Il cacciavite sarà l'eroe. Una lunga guerra tra uomo e virus prenderà luogo e tante dita si feriranno, soffriranno, cadranno.”

“Oh, miei dèi. Ti pagano per essere così?”

“Le tue mani saranno sporche, probabilmente, per sempre.”

“Salviettine bagnate, insomma. Forse le potrebbe avere Frank…”

“Le porte sono sigillate!”

“Ah-ha” cercò di congedarlo freddamente lei. “Senti. Non è stato per niente un piacere. Addio.”

Calypso non fece in tempo. Fu un attimo. Non appena aprì la porta, Leo toccò la lampadina e la luce invase l'intera stanza, sotto il sorriso enorme di lui.

“Ora che la strega malvagia dell'Ovest non c'è più, la luce può brillare in tutta la sua bellezza.” Il ragazzo, col tono falsamente grave che aveva da quando aveva iniziato a prenderla in giro, aveva il pugno alzato verso l'alto e gli occhi chiusi, quasi stesse contemplando il suo momento di gloria.

E fu il momento.

Calypso cercò di spiegare a sangue freddo quello che le era passato per la testa. Forse la frustrazione dell'essersi dovuta nascondere in bagno perché non sapeva di cosa parlare con Frank, forse la rabbia per non saper mantenere una relazione, forse il senso di prigionia di voler fare tante cose che non avrebbe potuto fare, se fosse tornata in quel momento da Frank, o forse semplicemente, quel ragazzo le risvegliava gli istinti più bassi, violenti, aggressivi ed animali.

Fatto sta che lei prese la sua ballerina dai suoi piedi e gliela tirò addosso.

Sarebbe potuta essere una perfetta giocatrice di softball, perché riuscì a colpirlo esattamente in testa e a fargli perdere l'equilibrio sul lavandino e quasi cadeva a terra.

“Ah!” Leo riprese l'equilibrio, e piroettò con una facilità mostruosa a terra. Teneva in mano la scarpetta azzurrina e sorrideva, forse quel ragazzo sorrideva sempre. “Che la Strega Cattiva voglia fare Cenerentola?”

Calypso ringhiò e sbatté la porta, andandosene via.


💥💥💥



“Hai visto? Charlie, hai visto?” Silena saltellò verso il ragazzo con leggerezza. “È finita l'Era di Chione!”

Il ragazzo spense le luci, cercando di non distogliere lo sguardo da Octavian che gli mandava indicazioni su quello che doveva fare in mancanza di Leo. “Mmhm” mormorò.

“Charlie!”

“Giuro che ti sto ascoltando.”

“Lacy mi ha detto, che Drew le ha detto, che Mitchell le ha detto, che Juniper gli ha detto, che Grover ha detto, che Tyson ha visto una ragazza uscire dal bagno delle ragazze senza una scarpa.”

“E…?”

“E in quel bagno c'era il tuo fratellino.” Silena stava gongolando muovendo i suoi capelli biondi da una spalla all'altra. “Che teneva in mano la scarpa di quella ragazza. E stava ridendo.”

“Mmhm” Charles continuava a mugugnare, mentre premeva pulsanti gialli e rossi, facendo in modo che un occhio di bue illuminasse un pezzo del palco vuoto. “Drew non dovrebbe stare lì?” Guardò Silena. “Quanto tempo fa Leo è uscito dal bagno?”

Silena guardò l'orologio che portava al polso. “Tre minuti fa. Ora sta parlando con Reyna, penso.”

Drew comparve sotto la luce, vestita di un dorato sbrilluccicante, che la faceva sembrare una piccola stella.

“La tua rete d'informazioni è più efficiente di qualsiasi social network. Sai cosa sta facendo Chris in questo preciso istante?”

La ragazza arricciò le labbra rosse, per poi sorridere dolcemente. “Sbaciucchia Clarisse. Che domanda ingenua. Sono andati in un appuntamento. Paint-ball.”

Beckendorf rise, accarezzandosi la fronte con il solo dito indice. “Dèi” esclamò. “Fai paura.”









 
  
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