03/03/2009
Era l'incredula voce spezzata,
gonfia la gola, madido il cuore.
Lacrime amare - né dolce né sale:
di vita nuova, straniera, l'albore.
Era il telefono: tante promesse,
chi sminuisce, chi piange, chi accorre.
Poi l'ospedale, i dottori. Incapace,
io, di silenzio alle lacrime imporre.
Eran le mani a percorrere, caute,
nuovi strumenti (oramai familiari),
tutte tremanti, inesperte, nolenti.
Gli occhi bramavano restare ignari.
Era la spada, di carne invasora,
a caccia perenne sul ventre smagrito.
Era il glucometro, ladro di sangue,
sempre assetato, mai nunzio gradito.
Era il sentirlo (neppure capirlo,
giammai accettarlo): davvero è successo.
Tutta la notte ha ronzato il "per sempre",
il suo rumor non m'ha sonno concesso.
Era l'inizio: ero bimba precoce
che in quello adulta dové diventare.
Oggi è più facile. Oggi son grande.
Certo il "per sempre" continua a pesare.
Il mio inciampare, talvolta, e cadere,
sempre più raro, non sconta il dolore:
la rassegnata sconfitta è la stessa,
di quel dannato febbraio ha il sapore.
Forte l'orgoglio di tante vittorie
vien facilmente così disarmato.
Sempre perdente sarò in un conflitto
che ad armi pari mai s'è presentato.