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Autore: Aru_chan98    04/12/2015    2 recensioni
Che ogni relazione fosse difficile non era una novità per Arthur, ma quando le cose cominciano a precipitare anche con il suo attuale ragazzo, qualcosa in lui si rompe. Come l'amore possa diventare qualcosa per cui morire, ma anche qualcosa che ci faccia guarire
Genere: Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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I thought that I've been hurt before (Pensavo di essere già stato ferito in passato)
But no one's ever left me quite this sore (Ma nessuno mi ha mai lasciato un dolore simile)
Your words cut deeper than a knife (Le tue parole tagliano più a fondo di un coltello)
Now I need someone to breathe me back to life (Adesso ho bisogno che qualcuno mi riporti in vita)


 
“Idiot, why do you always say bad things?” chiese tra sé e sé Arthur, tenendo in mano il suo cellulare, da cui spiccava una foto sua e del suo ragazzo. Non stavano insieme da molto, lui e Alfred, da qualcosa come quattro mesi ma per l’inglese era comunque una relazione più lunga di tutte quelle che aveva avuto in precedenza. Non era mai stato fortunato in amore e aveva alle spalle un sacco di relazioni fallite dopo nemmeno un mese e aveva perso quasi completamente le speranze. Non capiva perché tutti lo lasciassero o il motivo per cui ogni relazione andasse sempre peggio, così era diventato incapace di esprimere correttamente i suoi sentimenti nonostante avesse a malapena 19 anni. Era un miracolo che avesse trovato la forza di dichiararsi all’americano e si era sentito pieno di gioia quando si erano messi insieme. Peccato che non fosse durato a lungo: i due litigavano molto spesso, tirandosi dietro parole che non pensavano seriamente, ma che li facevano stare male. In particolare, l’inglese era il più colpito da quelle dure parole, che sentiva trapassarlo come fossero coltelli, perché in fondo, questa volta era seriamente innamorato. Quel giorno avevano litigato per l’ennesima volta e Arthur aveva ancora gli occhi rossi per il pianto: aveva sofferto un sacco di volte in passato e non credeva avrebbe potuto provare un dolore forte come quello che quelle situazioni gli facevano sentire. Eppure non ne parlava con il suo amato perché era convinto che se avesse resistito l’altro non lo avrebbe lasciato. Era quello che non era riuscito a fare nelle sue precedenti relazioni, non essere intransigente col suo ragazzo ed era sempre finita male. Mentre accendeva nuovamente lo schermo per controllare i messaggi, ricevette una chiamata da un suo caro amico che si era trasferito all’estero l’anno prima. Arthur fece un respiro profondo e rispose alla chiamata, cercando di non far trasparire il suo vero stato d’animo. “Hello Kiku, è da tanto che non ci sentiamo. Come stai?” “Non c’è da lamentarsi. Tu stai bene Arthur -kun?”. Per un attimo il ragazzo esitò prima di rispondere: voleva potersi sfogare, ma non se la sentiva di tirare fuori l’argomento. Ma quell’attimo di silenzio bastò a far insospettire il suo amico, che repentinamente gli chiese “Arthur-kun? C’è qualcosa che non va?”. “No no, tranquillo. It’s all ok” e cercò di sviare l’argomento, parlando di altro. Kiku aveva capito che l’amico non stava bene dal suono della sua voce, ma si lasciò convincere nel cambiare argomento per non sconvolgerlo ulteriormente. Sapeva tutto delle disavventure sentimentali di Arthur e non aveva impiegato molto a capire che doveva centrare un litigio con il suo attuale ragazzo. L’inglese andò avanti per un’intera mezzora a parlare dell’argomento più svariato e quando chiuse la chiamata, la prima cosa che fece fu controllare i messaggi ma invano. “Sigh, se solo ci fosse qualcuno che potesse capire” sospirò.  


Got a feeling that I'm going under (Ho la sensazione di star affondando)
But I know that I'll make it out alive (Ma so che riuscirò a sopravvivere)
If I quit calling you my lover (Se smetto di chiamarti il mio amante)
Move on (Andando avanti)
 
 
Il giorno seguente I due non avevano ancora risolto il loro litigio. Arthur camminava per i corridoi con i libri che aveva appena preso dal suo armadietto per l’ora successiva, facendo poca attenzione alle persone che lo circondavano. Si sentiva maledettamente depresso e non aveva voglia di fare nulla. Mentre andava in classe incrociò Alfred, che stava discutendo con una ragazza davvero stupenda. Sembravano divertirsi un mondo e quando gli passò accanto senza girare il suo sguardo celeste verso di lui, l’inglese si sentì affondare nel dolore per la prima volta nella vita. Abbassò gli occhi e continuò a camminare, dicendosi che se Alfred riusciva ad andare avanti come se niente fosse, allora anche lui doveva farcela. Sapeva di poter riuscire a sopravvivere ad ogni cosa fosse capitata, lo aveva fatto tante e tante volte, anche se quella volta sembrava impossibile. Prendendo posto al suo solito banco vicino alla finestra, non riuscì a prestare molta attenzione alla lezione. Fuori si poteva osservare un’altra classe fare educazione fisica e subito gli occhi verdi del ragazzo individuarono la figura del suo amato tra tutti quei ragazzi che correvano. Si sentiva amareggiato ma fu solo dopo essere stato ripreso per essere disattento, che un dubbio cominciò a farsi spazio nella sua mente: per andare avanti avrebbe dovuto rompere con Alfred? Cominciò a pensarci molte volte e, quando fecero la pace un paio di giorni dopo, questo dubbio sembrò sparire. Ma non passò un mese che litigarono nuovamente e questa volta in modo molto brusco: volarono parole molto pesanti, soprattutto da parte del più giovane, che si beccò uno schiaffo. Arthur non voleva farsi vedere piangere da lui ma quelle parole lo avevano proprio sconvolto: come poteva accusarlo di non provare niente per lui quando era proprio lui che non mostrava il minimo rimorso per quelle discussioni ma anzi, rideva e scherzava tranquillamente con altre persone esattamente come aveva fatto con lui nei primi due mesi della loro relazione? “Forse dovrei dare ascolto ad Allistor: io e Alfred non abbiamo niente in comune. Quello insensibile è lui e l’ho visto con i miei occhi così tante volte da averne la nausea. Ormai ne sono certo: se voglio smettere di soffrire così tanto devo rompere con lui, perché ormai non ce la faccio più” confidò il ragazzo al suo peluche preferito, un orsacchiotto che aveva cucito a mano qualche anno prima. Quando stava particolarmente male gli parlava un po’ e si rendeva conto che era una cosa da matti, ma lo aiutava a calmarsi, così non aveva mai smesso di fare a quell’orsetto tutte quelle confidenze.

 

You watch me bleed until I can't breathe (Mi guardi sanguinare fino a che non riesco più a respirare)
I'm shaking, falling onto my knees (Sto tremando,cadendo in ginocchio)
And now that I'm without your kisses (E adesso che sono senza i tuoi baci)
I'll be needing stitches (Avrò bisogno di suture)
I'm tripping over myself, (Sono stato troppo precipitoso)
I'm aching begging you to come help  (Sto soffrendo implorandoti di venire ad aiutarmi)
And now that I'm without your kisses (E adesso che sono senza i tuoi baci)
I'll be needing stitches (Avrò bisogno di suture)


 
 
Alfred non gli parlò per una settimana intera, facendolo stare malissimo: lo ignorava apertamente e lo si vedeva sempre più spesso in giro con la bella ragazza con cui Arthur l’aveva visto. “Why? Why are hating me so much?” si chiese l’’inglese una sera. Non riusciva a trovare pace e si sentiva uno straccio. Si alzò dal suo letto e si diresse in cucina, stando attento a non farsi notare dalla sua famiglia che stava guardando la tv in salotto. Una volta là, si guardò intorno ancora una volta, per poi prendere uno dei coltelli più affilati della cucina e tornare quatto quatto in camera sua. Bloccò la serratura e si sedette sul tappeto che stava steso davanti al suo letto, le gambe leggermente al petto, stringendo la lama con la mano sinistra. Con la minima esitazione, si tirò su la manica destra, rivelando tanti piccoli segnetti biancastri, e cominciò ad incidere la sua pelle candida: aveva sviluppato quel brutto vizio qualche anno prima, a seguito di una brutta rottura e da allora era solito tagliarsi quando si sentiva disperato. Alzò gli occhi un secondo perché le lacrime gli stavano offuscando la vista e il suo sguardo entrò in contatto con una foto incorniciata che svettava dalla parete davanti al suo letto: era una foto scattata tre mesi prima, durante il suo primo appuntamento con Alfred, svoltosi ad un luna park. Vederla gli provocò un dolore maggiore, soprattutto perché gli riportava alla mente dei ricordi felici che ora non poteva vivere, vista la situazione tra di loro. E andò avanti per minuti interi, facendo scorrere alcuni rivoli di sangue rossiccio dai tagli della sua pelle, mentre il suo pianto peggiorava, rendendogli sempre più difficile respirare. Tremava un po’ per il nervosismo che quel vizio gli dava, ma lasciò cadere il coltello solo quando sentì che per quella volta ne aveva avuto abbastanza. Incurante dei capelli che potevano sporcarsi di rosso, abbracciò le sue ginocchia e vi nascose la testa: si sentiva distrutto dalla mancanza di affetto che sentiva e ormai non credeva più che avrebbe ricevuto amore dal suo amato ragazzo. Aveva bisogno di una mano, di un qualcosa che facesse diminuire il dolore ma sembrava che nemmeno lui sapesse di cosa aveva bisogno per stare meglio. Durante quelle situazioni stava sempre peggio che all’inizio e tutto ciò che voleva era che Alfred capisse che comportandosi in quel modo lo faceva soffrire terribilmente. Potevano anche essere cose che non pensava seriamente, ma anche solo il fatto che le usasse durante quei litigi gli faceva provare una fitta al cuore. E quella volta era la goccia che fa traboccare il vaso: Arthur voleva andare avanti. Doveva andare avanti con la sua vita. Anche se non avrebbe avuto più nulla dall’americano, nemmeno quel poco che avrebbe potuto lenire le sue ferite. Fu così che prese il cellulare e mandò un solo messaggio all’altro ragazzo. Il testo diceva solo “Giardinetti della scuola a fine lezioni. Dobbiamo parlare”  


Just like a moth drawn to a flame (Come una falena attirata da una fiamma)
Oh, you lured me in, I couldn't sense the pain (Oh, mi hai attratto, non riuscivo a sentire dolore)
Your bitter heart cold to the touch (Il tuo cuore rancoroso é freddo al tatto)
Now I'm gonna reap what I sow (Adesso raccoglierò quello che ho seminato)
I'm left seeing red on my own (Vengo lasciato da solo con la mia rabbia)


 “Bene, eccomi qui. Di cosa vuoi parlarmi Arthur?” chiese il ragazzo, non appena arrivò al punto d’incontro stabilito dal suo ragazzo. L’inglese non riusciva a guardarlo negli occhi ma si fece coraggio e disse “Penso sia meglio se noi due rompiamo”. Alzando gli occhi vide un’espressione di puro shock sul volto dell’americano, cosa che lo confuse, anche se non abbastanza per farlo desistere dal suo intento. “Cosa?! Why?” si affrettò a chiedere Alfred, che non riusciva a credere alle sue orecchie. Facendosi forza stringendo le mani intorno alla stoffa dei pantaloni, Arthur inspirò e disse “Hai… Hai seriamente il coraggio di chiedermi il motivo? Non sei forse tu che continui a comportanti da menefreghista ad ogni nostra discussione? Dici tanto che non me ne importa niente, eppure non me ne vado in giro a flirtare con altre persone quando litigo con te. È così che ho capito che non hai fatto altro che prendermi in giro: sai quello che provo per te ma nonostante tutto non provi nulla quando mi ferisci. Ma quello da incolpare tra di noi non sei tu: sono io. Che mi sono bevuto le tue stronzate sul tuo affetto nei miei confronti. Che mi sono fidato e ho sempre creduto a tutto quello che mi dicevi. Che pensavo veramente tu fossi quello giusto per una volta…”. I suoi occhi cominciarono a farsi lucidi e qualche lacrima rischiò di cadere quando l’altro ragazzo gli si avvicinò, con l’intento di cercare di calmarlo. “Don’t touch me” disse in un soffio Arthur, irritando l’americano, che gli rispose subito dicendo “Ecco, questo è il tuo problema: Non fai altro che farti seghe mentali su ogni cosa! Non riesci a stare cinque minuti senza pensare solo al peggio? Devi sempre prendere ogni cosa che una persona fa e trasformarla in un’altra cosa. Credi veramente di essere l’unico che soffre? Sono solo più bravo di te a non darlo a vedere. In questo momento stai parlando come un moccioso e tu lo sai”. “Bugiardo! Non hai mai capito niente. Ma tanto che t’importa: puoi avere tutte le ragazze che vuoi, quasi ogni persona di questa scuola vorrebbe essere amica tua. E sono tutti migliori di me. Dici che sei bravo a non far vedere le tue emozioni, ma a me sembra solo una scusa enorme per giustificare il fatto che ti sei stancato di me quasi subito. E io sono stato così stupido da non accorgermene perché ti volevo così bene da cercare di ignorare il dolore che la situazione mi dava” quasi grido l’inglese, “La pensi così? Fine, do what you want! Agisci secondo il tuo cuore freddo e diffidente. Dici che non me ne frega? Ti accontento subito. Addio!” disse Alfred, arrabbiato per quelle false accuse. Si girò e se ne andò, lasciando Arthur completamente solo, che a quel punto non riuscì più a trattenersi dal piangere: era un pianto nato dall’irritazione più per il dolore. Era molto arrabbiato con lui perché fino all’ultimo aveva negato l’evidenza. “Sembra che sia ora di affrontare le conseguenze delle mie azioni” pensò, asciugandosi meglio che poteva le lacrime: era stata una sua decisione, quindi versare lacrime non aveva senso. O almeno cercò di convincersi fosse così, mentre cominciava a tornare a casa, camminando il più lentamente possibile.


Got a feeling that I'm going under (Ho la sensazione di star affondando)
But I know that I'll make it out alive (Ma so che riuscirò a sopravvivere)
If I quit calling you my lover (Se smetto di chiamarti il mio amante)
Move on (Andando avanti)


 
Passavano i giorni ma le cose non facevano che precipitare. Dopo quella rottura, Arthur mangiava pochissimo, non riusciva a dormire la notte e tendeva a non parlare molto con le persone. Anche se era stato lui a rompere con Alfred, ci stava malissimo e nemmeno la convinzione che il peggio sarebbe prima o poi passato, riusciva a tirargli su il morale. Ora che l’americano non era più il suo ragazzo non aveva più nessuno che lo tirasse a fondo, era completamente libero di fare tutto ciò che voleva. Eppure, quel pensiero gli spezzava il cuore: voleva andare avanti, ma non riusciva a capire come fare. Gli sembrava che le cose cominciassero a perdere il loro significato o di star annegando in tutto il dolore e il vuoto che provava. Erano tutti preoccupati per lui, ma Arthur si rifiutava sempre di spiegar loro perché stava così male, convinto che tanto sarebbe passato. Che sarebbe andato avanti come sempre. Ma non passava giorno senza che non si guardasse in giro quando attraversava i corridoi scolastici, in cerca dei capelli dorati del suo ormai ex ragazzo. Aveva nascosto ogni loro foto che aveva sul telefono perché i ricordi gli facevano troppo male, ma non aveva avuto il cuore di rimuovere quella foto che amava tanto dalla parete di casa sua. “Quando tutto questo sarà finito, sono sicuro che riuscirò a togliere quella foto dalla parete. Aspetta e vedrai Teddy” diceva spesso al suo orsacchiotto, nelle sere in cui il suo sguardo sembrava incollarsi a quella foto. Una settimana dopo, Arthur stava guardando fuori dalla finestra, durante un intervallo: a causa del suo isolamento, nessuno se la sentiva di parlargli, così si ritrovava a passare quegli spazi da solo. Fuori c’erano alcuni studenti che passeggiavano, godendosi il clima tiepido di Marzo e, in particolare, un gruppetto di ragazze attirò la sua attenzione. In mezzo a loro riconobbe la ragazza che stava sempre incollata ad Alfred e non riuscì a non provare un certo fastidio verso quella rossa. Vide le sue amiche spingerla verso un ragazzo che stava di spalle rispetto a dove guardava l’inglese, che sgranò gli occhi quando si rese conto che il ragazzo in questione era proprio il suo ex. Guardò la ragazza arrossire mentre gli chiedeva qualcosa e sentì una fitta dolorosissima al petto quando lo vide annuire, metterle un braccio intorno alle spalle e andarsene da qualche parte. A quanto pare, come sempre lui era andato avanti, mentre Arthur non ce la stava facendo.


You watch me bleed until I can't breathe (Mi guardi sanguinare fino a che non riesco più a respirare)
I'm shaking, falling onto my knees (Sto tremando,cadendo in ginocchio)
And now that I'm without your kisses (E adesso che sono senza i tuoi baci)
I'll be needing stitches (Avrò bisogno di suture)
I'm tripping over myself, (Sono stato troppo precipitoso)
I'm aching begging you to come help  (Sto soffrendo implorandoti di venire ad aiutarmi)
And now that I'm without your kisses (E adesso che sono senza i tuoi baci)
I'll be needing stitches (Avrò bisogno di suture)


 Quella notte Arthur pianse. Pianse tanto e con disperazione: a quanto pare lasciare Alfred non era stata la soluzione giusta. Lo amava ancora e vederlo con un’altra persona lo faceva soffrire terribilmente. Nemmeno i tagli che si era procurato poco prima riuscivano ad aiutarlo e questa volta erano ben più che tagliettini. Cercava di fermare il dolore meglio che poteva, ma ogni tentativo veniva annullato dalla certezza di aver avuto ragione, di essere stato solo usato. Si sentiva abbandonato, una sensazione ironica dato che era stato lui a voler rompere, pensando ingenuamente che le cose si sarebbero sistemate. Si alzò in piedi, tremante per il dolore al braccio destro e in parte ad una spalla, dirigendosi in bagno: aveva bisogno di calmarsi e pulirsi le ferite, altrimenti la sua famiglia se ne sarebbe accorta. Non voleva farli stare male, quindi cercava di tenere la cosa segreta il più possibile, nascondendo adeguatamente cicatrici e coltelli. Dopo essersi fasciato il braccio e disinfettato la spalla, uscì dal bagno, diretto verso le scale che lo avrebbero portato al pian terreno, dove stava la cucina. Ma mentre stava scendendo, mise male un piede e scivolò, cadendo giù per le scale. Grazie al cielo non svegliò nessuno, ma dopo aver riposto il coltello fu costretto a tornare in bagno per vedere se si era fatto male. Accendendo la luce, l’immagine che gli offrì lo specchio fu di un labbro spaccato e sanguinante. Arthur si portò una mano alla ferita e una nuova fitta di dolore ritornò a colpirgli il cuore: non gli faceva così male il labbro, ma quella era la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso, perché quelle labbra che avevano sfiorato quelle dell’americano così tante volte ora erano ferite e sanguinanti, così come il suo cuore. Non la ripulì nemmeno, si limitò solo a spegnere la luce del bagno e tornare in camera sua, nel silenzio più totale nonostante i suoi singhiozzi attutiti. Si sentiva disperato e si dava dell’idiota per essere stato così avventato da non aver nemmeno cercato un compromesso con lui prima di chiudere quella relazione utilizzando tutte le sue paranoie e timori. Gli mancava, da matti. Gli mancavano i suoi messaggi, i suoi sorrisi, la sua vitalità. Tutto ciò che non avrebbe mai potuto riavere indietro e che ormai appartenevano a quella ragazza che aveva visto arrossire nemmeno mezza giornata prima. “Sono stato uno stupido e me ne rendo conto solo ora che è troppo tardi, come sempre” mormorò, preparandosi all’ennesima notte insonne, prigioniero dei suoi pensieri più bui. 
 



Needle and the thread, (Ago e filo)
Gotta get you out of my head (Devo farti uscire dalla mia testa)
Needle and the thread, (Ago e filo)
Gonna wind up dead (Finirò per morire)
 
Sembra che un altro giorno stia passando” pensò l’inglese, mentre fissava il soffitto. La sera in cui era caduto dalle scale qualcosa in lui si era rotto: quella notte aveva pensato per la prima volta al suicidio. Non aveva voglia di andare a scuola, né di mangiare o fare qualcosa che non fosse stare chiuso nella sua stanza a fissare il soffitto. Usciva solo se era estremamente necessario e non parlava con nessuno, né con la sua famiglia né al telefono. Quest’ultimo, era finito dentro uno dei cassetti della sua scrivania, inutilizzato da giorni: “Tanto” aveva cominciato a pensare “Nessuno ha bisogno di qualcuno come me. Mi abbandonano sempre tutti oppure rovino io le cose. Sono proprio un caso perso”. “Teddy, non essere triste per me. Smetterò di soffrire presto e la smetterò di rovinare le cose, vedrai” disse amaramente al suo peluche il terzo giorno: aveva deciso di farla finita il pomeriggio seguente. Non trovava più una ragione per andare avanti, perché si era accorto che quel ragazzo costantemente sorridente era stato la sua ultima chance di poter essere nuovamente felice e ora che l’aveva perso non vedeva più un motivo per andare avanti. Era partito con la convinzione che sarebbe riuscito a sopravvivere a tutto quello schifo, ma aveva fatto male i calcoli e si era accorto che quella situazione non aveva vie d’uscita per lui. Passava così le sue giornate, continuando a pensare solo ad Alfred, chiedendosi cosa stesse facendo in quel momento; se se la stesse spassando con quella ragazza; se si stesse chiedendo che fine aveva fatto o se semplicemente lo avesse già completamente dimenticato. E ognuno di quei pensieri lo convinceva sempre di più a compiere quel gesto estremo, perché si sentiva stanco di provare tutto quel dolore e ormai aveva ampiamente superato il limite della sopportazione. Si sentiva così sciocco a dedicare tutti quei pensieri a quel ragazzo, a dargli così tanta importanza ma ogni volta si diceva che forse quella era la sua punizione per aver rovinato completamente le cose con lui.


 
You watch me bleed until I can't breathe (Mi guardi sanguinare fino a che non riesco più a respirare)
I'm shaking, falling onto my knees (falling on my knees) (Sto tremando, cadendo in ginocchio (Cadendo in ginocchio))
And now that I'm without your kisses (E adesso che sono senza i tuoi baci)
I'll be needing stitches (and I'll be needing stitches) (Avrò bisogno di suture (bisogno di suture))
I'm tripping over myself, (Sono stato troppo precipitoso)
I'm aching begging you to come help (begging, "Baby, please.") (Sto soffrendo implorandoti di venire ad aiutarmi (Implorando “Piccola, ti prego))
And now that I'm without your kisses (E adesso che sono senza i tuoi baci)
I'll be needing stitches (Avrò bisogno di suture)


 Quel giorno Alfred si era svegliato con un brutto presentimento. In qualche modo sentiva che qualcosa non andava e non riuscì a tranquillizzarsi nemmeno dopo essersi spazzolato la sua colazione abbondante. Prese il suo telefono e lo sbloccò più volte, senza trovare messaggi da parte del suo ex: era da due giorni che cercava di contattarlo, ma non aveva ricevuto alcuna risposta. In seguito alla rottura, il ragazzo era rimasto molto arrabbiato con l’inglese per giorni, ma quando si era calmato si era sentito tremendamente in colpa per tutto quello che era successo, decidendo di provare a risolvere le cose. Sapeva bene che Arthur aveva avuto un sacco di delusioni e relazioni travagliate e pensava di essere stato indelicato con lui a parlargli in quel modo. In fondo, aveva anche lui le sue colpe. Provò a chiamarlo un paio di volte mentre usciva di casa ma nessuno rispose, facendolo preoccupare sempre di più: che cosa poteva essergli accaduto per non rispondere al telefono da giorni? All’inizio aveva pensato che Arthur non volesse rispondere vedendo che era il suo numero, così si era fatto prestare il telefono da suo fratello ma anche in questo modo non aveva ottenuto risposta. Quel presentimento non lo lasciava in pace, facendogli prendere la decisione di saltare la scuola e fiondarsi a casa del suo ex per controllare che tutto andasse bene. Sentiva che se fosse andato a scuola se ne sarebbe pentito amaramente. Affrettò il passo e nel giro di un paio d’ore si ritrovò davanti alla casa di Arthur. Provò a suonare il campanello un paio di volte e alla fine qualcuno aprì la porta: il fratello maggiore di Arthur, Allistor, comparve sulla soglia, sorpreso dal vedere l’americano. “Che ci fai qui? Non dovresti essere a scuola?” gli chiese e Alfred non ci pensò due volte prima di rispondergli “Sono preoccupato per Arthur. Non potrei mai andare a scuola senza avere la certezza che sta bene”. Rimase un po’ perplesso quando Allistor gli rivolse un sorriso ironico dicendogli “Bene eh? Entra pure e controlla se vuoi”: il rosso era certo che Arthur non lo avrebbe mai lasciato entrare, cacciandolo non appena lo avesse sentito alla porta. Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte e si diresse quasi di corsa verso la camera del suo ex, lo stomaco compresso da quella brutta sensazione che sembrava essersi amplificata. Con sua grande sorpresa non trovò la porta blocca, così la aprì lentamente e stava per chiedere il permesso di entrare quando sentì la voce dell’inglese dire “I’m sorry Teddy. È meglio che vada ora. Ho… ho solo un rimpianto sai. Avrei davvero voluto un suo ultimo bacio o come minimo rivedere per l’ultima volta il suo bellissimo sorriso”.


(And now that) ((E adesso che))
I'm without your kisses (Sono senza i tuoi baci)
I'll be needing stitches (Avrò bisogno di suture)
(And now that) ((E adesso che))
I'm without your kisses (Sono senza i tuoi baci)
I'll be needing stitches (Avrò bisogno di suture)
 
 
Alfred aprì completamente la porta, trovando Arthur seduto per terra sul suo tappeto, che gli dava le spalle. All’inizio non comprese pienamente quelle parole, ma il suo cuore perse un battito per la preoccupazione quando vide cosa l’inglese stava provando a fare: nella sua mano sinistra stringeva un coltello e stava cercando tagliare più a fondo che poteva il suo polso destro, ignorando il sangue che ne stava uscendo. “Arthur, no!” esclamò subito, correndo da lui per bloccarlo. “Let me go! Let me go Alfred!” cercò di divincolarsi, ma la stretta dell’americano era più forte di lui, impedendogli di liberarsi. I suoi occhi verdi cominciarono a riempirsi di lacrime mentre continuava a urlare all’altro di lasciarlo andare e, infine, lasciò cadere a terra l’arma, scoppiando in lacrime. “Shh, va tutto bene adesso” cercò di farlo calmare l’americano, stringendolo forte tra le braccia: era arrivato giusto in tempo e ringraziava il cielo per quel presentimento che gli aveva fatto evitare il peggio. Arthur si strinse a lui continuando a dire che gli dispiaceva e a piangere contro la sua spalla. Quando sembrò essersi calmato un po’, Alfred lo lasciò andare ed esclamò “Che cosa volevi fare? Hai idea dello spavento che mi hai fatto prendere? Avrei potuto perderti per sempre” un po’ sconvolto dalla paura che aveva provato nell’istante in cui l’aveva trovato. “Volevo morire! Se tu non fai più parte della mia vita, essa non ha senso. Pensavo… pensavo che se avessimo rotto le cose sarebbero andate meglio, invece è andato tutto storto. So di averti ferito, per questo ti chiedo scusa. Ma non posso continuare a vederti andare avanti come se io non fossi niente di più che un ricordo sbiadito. Pensavo di farcela… ad andare avanti come hai fatto tu con quella ragazza con cui sembri tanto in confidenza” “Gwen è solo un’amica Arthur. Credimi, a lei piace mio fratello e stanno insieme da tre anni ormai. Tra di noi non c’è mai stato nulla perché è come se fosse una sorella per me”. A quelle parole, l’inglese si sentì così sciocco ad aver ceduto alle sue insicurezze e nuove lacrime cominciarono a scorrere a causa di quel senso di colpa. “Pensavo mi avessi dimenticato e che ormai tu la amassi. E ricordare tutti i bei momenti passati insieme mi faceva stare troppo male, perché senza i tuoi sorrisi io non vado avanti. Senza di te, la tua allegria. Senza i tuoi baci io non vado avanti” finì Arthur, dimenticandosi per un istante il dolore ai polsi: ammettere tutte quelle cose era incredibilmente imbarazzante per lui. Alfred si sentì intenerito da quella confessione e stava per dire qualcosa quando le ferite dell’altro ragazzo non riattirarono la sua attenzione. “Da quanto va avanti questa storia?” chiese piano e fece del suo meglio per essere paziente mentre aspettava una risposta dal biondo. L’inglese impiegò un sacco di coraggio nel dire “Da almeno due anni e mezzo. Ho cominciato dopo che un ragazzo al quale ero molto legato mi ha tradito con il migliore amico che aveva a quel tempo. Ero così disperato che non sapevo cosa fare: avevo perso di colpo due persone a cui ero molto legato. Volevo che qualcuno se ne accorgesse senza che io dicessi nulla, che mi aiutasse a far guarire tutta questa disperazione che mi porto dentro”. Alfred lo guardò negli occhi per qualche istante per poi prendergli le braccia, esaminarle per qualche secondo e cominciare a posare baci delicati su ogni ferita l’altro avesse.  Per fortuna le ferite ai polsi non erano che superficiali e mentre loro avevano parlato, il sangue aveva già smesso di scorrere, ma anche se erano fresche, l’americano non esitò a baciare anche quei segni rossastri. Dopodiché, alzò nuovamente lo sguardo verso Arthur e lo baciò dolcemente, staccandosi dopo qualche istante. “Ecco dei punti di sutura per ogni ferita che ti aiuterò a guarire, da qui in avanti, senza lasciarci mai più” disse piano Alfred, prima di baciarlo nuovamente con la stessa dolcezza di prima.





Piccolo Angolo dell'Autrice
Salve a tuttiii. Si, lo so, la devo smettere di scrivere storie tristi. Questa song fic è ispirata alla canzone Stitches di Shawn Mendes (con cui mi sono fissata da giorni). Ho ascoltato questa canzone per la prima volta alla radio, alle tre del mattino e mi ha colpita subito. Questa storia è una specie di dedica ad alcuni legami che ho deciso di tagliare con alcune persone, ma spero di non aver esagerato con i contenuti tristi. Mi scuse se i personaggi sono un pò OOC, ma penso che per questo tipo di trama vadano bene così. Alla prossima ^-^       
   
 
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