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Autore: Winry977    04/12/2015    0 recensioni
Un orfanotrofio corrotto, un'organizzazione alle sue spalle e una ragazzina sola con suo fratello a Hell's Kitchen. Una nuova causa si presenterà allo studio Nelson & Murdoc, eppure Daredevil si troverà a fronteggiare qualcosa di inaspettato persino per lui.
Genere: Azione, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Foggy Nelson, Karen Page, Matt Murdock, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Matt lasciò che la porta si chiudesse alle sue spalle, il tonfo rimbombò in tutto il condominio. Si sistemò gli occhiali rotondi sul naso e una volta fuori dall'edificio si avviò verso lo studio legale. Dopo che la questione con Fisk si era finalmente chiusa, l'avvocato aveva avuto un po' di tempo per sé, per curare le sue ferite e aspettare che rimarginassero. Anche i rapporti con Foggy si erano sistemati, l'amico non aveva quasi più nulla da ridire sulla sua identità segreta di giustiziere, o forse evitava semplicemente l'argomento, ma in ogni caso, tutto sembrava andare per il meglio.

Certo, Hell's Kitchen non era l'Eden, ogni notte ci si poteva aspettare di tutto, da una rapina a qualche colpo organizzato da qualche gruppetto di mafiosi, superstiti dopo il caso di Wilson Fisk. Ma Matt lo sentiva, che la situazione era momentaneamente più quieta. Solo momentaneamente. Ma gli bastava per tirare un sospiro di sollievo.

Mentre camminava, facendo scorrere il bastone bianco e rosso lungo il marciapiede, lasciò che il suo udito captasse i suoni attorno a lui, senza farci troppo caso. Sorpassò un uomo che parlava al telefono pregando di aspettarlo ancora cinque minuti per un convegno di lavoro; incrociò la strada con una donna che portava il suo gatto, a giudicare dalle lievi fusa e dai respiri affannati che provenivano dalla gabbietta, dal veterinario; poi una bicicletta gli sfrecciò accanto, lasciandosi dietro un forte odore dolciastro di ciambelle appena sfornate.

Matt sorrise lievemente. Quella era la Hell's Kitchen che tanto amava. Rumorosa e attiva, sin dal mattino.

Giunto allo studio si accinse ad aprire il portone, ma prima che potesse infilare la chiave nella toppa, sentì una presenza, non lontano da lui, anzi, proprio accanto la piccola scalinata che conduceva al suo studio. Un cuore che batteva forte, un respiro affannato. Un cuore giovane.

Matt si girò verso chi se ne stava accucciato, alla sua sinistra, accanto gli scalini.

-Tutto bene?- domandò.

Il respiro si fece più veloce solo per un momento, poi tornò regolare come prima. Era il respiro veloce di chi aveva appena corso. -Si, grazie.- aveva risposto la voce di una ragazza, tirando su col naso.

Matt sorrise, nonostante sapesse che gli stava mentendo, ma, non essendo cose che lo riguardassero, entrò nel condominio, sorpassando la targa “Nelson & Murdock, Studio Legale”.

Giunto nel corridoio dove si trovava lo studio, già sentiva le voci di Foggy e Karen, che lo distrassero da ciò che aveva appena sentito.

-Te l'ho detto, dobbiamo provvedere per questa storia del caffè.- ridacchiò Foggy.

-Dai, ma è così terribile?- rise a sua volta la collega.

Matt sorrise e sorpassò l'uscio della porta, chiudendola piano.

-Ehi, Matt, devi provare il mio caffè, Foggy dice che è tremendo!- Karen, allegra ma col suo solito tremolio nella voce, si avvicinò a grandi passi e gli mise sotto il naso una tazza di caffè fumante. Matt la prese con una mano, lasciando il bastone per ciechi appoggiato allo stipite della porta.

-Amico, io te lo dico ora, è bollente e…- Matt lo stava già sorseggiando. -Ci ho provato. Com'è?

-Mmm…- rivolse il viso verso la segretaria, arricciando il lato destro del labbro. -Forse… un po' di zucchero in più?

Foggy sospirò ridacchiò. -Dai, non ci credo che è solo lo zucchero per te.

-Visto? Non è così male!- disse soddisfatta Karen.

-Allora,- cambiò argomento l'avvocato che era appena arrivato. -Ci sono clienti?- si avviò con la tazza verso la sua stanza.

-Ancora no.- risposero gli altri due all'unisono dall'entrata. -Dopo l'ultimo caso le acque sembrano essersi calmate persino troppo.- aggiunse Foggy. -Di questo passo non avremo mai un cliente.- si lasciò andare, sconfortato contro lo stipite della porta del collega.

-Si, ma il lavoro non manca!- ribadì Karen da dietro la sua scrivania. Si avvicinò a Foggy e gli mollò addosso un'enorme pila di carte da compilare, tutte riguardanti l'ultimo caso. -Oggi ci divertiamo. Vero Matt?

Ma lui aveva già smesso di ascoltarli da un po'. Il suo pensiero era tornato alla ragazzina che aveva incontrato accanto fuori. Il fatto che gli avesse mentito non solo lo aveva incuriosito, ma in parte lo aveva anche fatto preoccupare. Era come se fuggisse da qualcosa.

-Matt?

-Si? Scusate mi ero distratto.

-E a chi pensi?- disse con una punta di malizia l'amico, facendolo ridere. -E va bene, va bene, non dirmi nulla- lo precedette prima ancora che potesse rispondergli. -Mettiamoci all'opera, su.

Tutte le scartoffie da compilare e da registrare, per poi essere consegnate, portarono via ai tre l'intero pomeriggio, al punto che dovettero pranzare in ufficio. Quando ormai si erano fatte le sette di sera, Matt si rivolse all'amico con tono stanco: -Hai finito con quella pratica?- intanto faceva scorrere le dita sul codice Braille.

-Veramente sono fermo da un po'.- sospirò Foggy. -Però se vuoi andare a casa, per noi non è un problema. Anzi sembra che tu sia a un punto migliore del mio.

-Sicuro?- Matt stava già tendendo l'orecchio per sentire i rumori della città.

-Si, tranquillo. Tu che puoi, vai a dormire, tanto qui ci siamo io e Karen, che…- si girò a guardarla. -Che si è addormentata.- sospirò più rumorosamente di prima. Matt rise.

-E va bene, affido il resto a te, allora.- si alzò e si diresse verso la porta.

Una volta fuori dall'edificio, si fermò sull'ultimo gradino per sentire se la ragazza di quella mattina fosse ancora lì, ma le sue aspettative furono deluse. “Sarà tornata a casa” si disse e si avviò sulla strada del ritorno.

La città era più calma adesso, molte meno persone si aggiravano per le strade, e il marciapiede era molto più libero rispetto a quella mattina. Un leggero odore di pioggia cominciava ad aleggiare nell'aria, e l'avvocato affrettò il passo. Non gli sarebbe dispiaciuto non tornare fradicio a casa per una volta, visto che dimenticarsi dell'ombrello ormai era tipico suo.

Fu proprio ad un isolato di distanza dal suo appartamento che aveva cominciato a sentire delle voci minacciose provenire da un vicolo. Voci basse ma taglienti. Non aveva il suo costume con sé, e se combattere fosse stato necessario, avrebbe rischiato di smascherarsi da solo. Si accostò dietro l'angolo, in ascolto.

-Lei, signorina, lavorando per noi, otterrà tutti i soldi di cui ha bisogno.- disse una voce serpentina e acuta.

-Otterrò il vostro aiuto? Aiuterete me e mio fratello a uscire di lì?- mormorò una voce poco convinta di sé. Una voce che Matt aveva già sentito quella stessa mattina.

-Ma certo!- esclamò una seconda voce maschile. Avevano un che di orientale. -Le basta solo, firmare qui.- si sentì un rumore di fogli. Ci fu un breve silenzio. -A lei la penna.- insistette la medesima voce.

Matt contrasse la mandibola. Quell'accento orientale lo aveva già sentito, e non gli ricordava nulla di buono. Sentì la penna entrare a contatto con la carta e muoversi con un po' di indulgenza su di essa.

-Molto bene, signorina Bonnie Dawson.- concluse la voce orientale. -Molto… Bene…- ci fu un veloce spostamento di corpi. La ragazza aveva cominciato a dimenarsi.

-Che cosa volete farmi?!- urlò, probabilmente con tutta l'aria che aveva nei polmoni.

-Ora, signorina Dawson, lei dovrà solo…- si sentì una bottiglietta che veniva stappata. -… fidarsi di noi.

-No! No! Lasciatemi!- la ragazza aveva preso a dimenarsi. Nell'indecisione, Matt lasciò andare il bastone sul marciapiede, e si sistemò gli occhiali ben fissi sul naso. Sperava che il buio sarebbe stato dalla sua. Con una mossa strategica, riprese il bastone e lo lanciò verso le persone dall'altra parte del vicolo, in modo da dividerle, almeno temporaneamente.

Presto cercò di appiattirsi contro la parete, e di muoversi velocemente verso di loro.

-Aiuto!- esclamò la ragazza, che continuava a dimenarsi tra gli uomini che tentavano di tenerla ferma. Il bastone era stato di poco aiuto, anzi, aveva attirato l'attenzione, a giudicare dalle due persone che si avvicinavano velocemente verso di lui. Un calcio sulla nuca stese il primo senza che lo potesse scoprire, lasciando il secondo immobile in mezzo alla strada. Matt si era nascosto di nuovo.

Mentre studiava velocemente un altro modo per stendere l'altro, Bonnie cacciò un urlo. Un urlo lancinante che sembrò durare fin troppo. Riuscì a mettere fuori gioco il secondo uomo con un altro colpo alla nuca, con un pezzo di legno che aveva trovato vicino al suo nascondiglio.

Quando finalmente era giunto il più vicino possibile alla ragazza, chi fino a quel momento l'aveva immobilizzata, era scomparso.

Bonnie stava ancora urlando dal dolore. -Non ci vedo! Non ci vedo!- era inginocchiata sul cemento umido e si teneva i polpastrelli delle dita sugli occhi, premendo forte, sperando che il dolore sparisse. Ma niente. Quei bastardi le avevano versato sugli occhi chissà quale sostanza acida, e il dolore era insopportabile. E per che cosa? Per uno stupido contratto che aveva firmato, senza leggerlo, come sempre. Ma al momento quello era solo uno dei suoi tanti pensieri confusi. Il dolore scacciava ogni pensiero razionale e lei si era stesa completamente per terra, pregando e urlando che tutto finisse.

-Ehi, ehi. Sono qui.- Matt si era inginocchiato freneticamente accanto a lei.

-Chi sei?- lei cacciò un calcio che lui bloccò con una mano.

-Non sono uno di loro.- si limitò a dire Matt, freddo. Poi si ricordò che non era nemmeno in vesti di Daredevil, e tentò di addolcire la voce. -Sono Matt. Stai calma. Ora chiamo un'ambulanza.- ma Bonnie era svenuta per il troppo dolore.

  
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