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Autore: Assasymphonie    05/12/2015    1 recensioni
« O-swald... »
« ... mi odi? »
Egoista.
[ OsJack ]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jack Vessalius, Oswald Baskerville
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Titolo del capitolo: Tling.
Personaggi:  Jack Vessalius / Oswald Baskerville
Rating: Arancione
Note dell'autore: Introspettiva / Angst / Drammatica
Disclaimer: Personaggi, luoghi e abitudini sono di proprietà dell'autore; lo scritto e le situazioni sono di mia proprietà.


.Tling.



Tling.

Rintoccava nel buio, una volta lontano, un'altra volta talmente vicino da sfiorare il lobo dell'orecchio.

Tling.

Parevan i rintocchi dell'agonia del tempo stesso, sempre uguali, incapaci di mutare, incapaci di volgersi indietro, cristallizzati nel presente.

Tling.

Eran gocce d'argento bollente sul volto, erano gli incubi che nel buio venivano a trovarlo. Un vuoto assoluto, un vuoto assordante, un vuoto senziente.

Lo afferrava alla gola.

Tling tling.

 

Era un buio diverso, quello che Jack trovò a sbarrare la strada del suo sguardo. Le lenzuola, più un sudario oramai, erano intrise della paura come ogni notte, ogni volta in cui l'ultima candela veniva spenta con un flebile soffio. Il collo bruciava, bruciava, persino deglutire pareva tentare di mangiare i tizzoni ardenti nel camino morente, un cenere buio e silente dall'altro capo della stanza. Le mani sottili e nivee scattarono a carezzare la trachea, sentir la pulsazione delle arterie appena al di sotto della cute, cercando i segni che quel buio tanto opprimente doveva avergli lasciato, gli occhi sbarrati verso un punto ignoto dell'alto baldacchino, il corpo tremante sotto talmente tante coperte da averne perso il conto fin dall'inizio.

Le corde vocali vibrarono solo un acuto strozzato, spaventato, flebile quanto il battito d'ali di una falena; era tutto troppo buio, troppo freddo, la pelle d'oca correva sulla pelle e raggiungeva le ciglia, facendole tremare, lasciando che lacrime fredde come il mercurio lasciassero solchi sulle guance tirate. Ogni notte Jack Vessalius si sporgeva oltre il limite, guardava al di sotto e tentacoli di paura, di pura oscurità, di solitudine più densa della pece volevano afferrarlo, lambivano i suoi arti come tante mani rapaci.

Ancora un grido strozzato e i suoi piedi scalciarono via le coltri come se queste fossero intessute d'ortica; non v'era salvezza in quel letto, in quella stanza, in quel mondo che fin dal principio mai aveva desiderato che Jack respirasse, camminasse, amasse. Oh, se solo il rannicchiarsi contro la testiera in legno freddo potesse essere d'aiuto: con la camicia da notte sollevata su caviglie tremanti e il velo dei capelli sparsi, resi simili ad un sipario per non permettere a quelle mani di toccarlo, la soglia del patetico era stata superata da troppo tempo.

« N-No, no, no no no no NO! » La sua intenzione era urlare, liberarsi dal groppo spinoso artigliatosi nel petto, pronto ad eroderlo pezzo per pezzo, battito per battito. Tutto ciò che ottenne fu il pigolio strozzato di un pulcino smarrito, avvolto su sé stesso, nascosto al mondo e alla propria immagine che si rifletteva distorta, contorta, marcia nello specchio che crudelmente gli era stato posto vicino, troppo vicino. I segni di quelle mani erano rossi e vividi nella sua mente, stampati sul viso, incisi nell'anima. Neppur si accorse del cigolio, del legno che si apriva, del respiro appesantito da troppi ricordi che si lasciava scivolare nella stanza, portandosi dietro un profumo di gigli e pentagrammi.

« Jack? » Lo sentiva, quasi poteva vedere Oswald retto accanto allo stipite ligneo, niente più che una camicia sgualcita addosso insieme a quell'espressione perennemente desolata che indossava meglio di quanto un nobile avesse potuto indossare un farsetto di diamanti. Trattenne il respiro nel sentirlo avvicinare, mordendo ad ogni passo le assi del pavimento, sussultò nel percepire il suo peso sul materasso irto di invisibili chiodi.

Non poteva, non doveva, non era quello il suo posto, avrebbe dovuto odiarlo, non passargli una mano tra i capelli, Dio, pietà!

« ... Jack. » Al secondo richiamo osò sollevare la testa, cercare con le iridi quel contatto caldo invece, completamente diverso dalle mani di nero terrore, e per questo ancor più doloroso. C'era vita in quel tocco, la vita che a Jack era sempre stata negata e la anelava e gli provocava ustioni così profonde da non poter mai guarire e lo repelleva, incapace di decidere, incapace di anche solo respirare. Nella tenue oscurità percepiva l'immensa tristezza di quegli occhi, la curva mesta delle labbra; fu lento nel puntellarsi con le palme aperte sul lenzuolo ancora umido di paura -voleva riprenderselo, lo sentiva, scavava nelle ossa delle braccia fino al cuore!-, nel sollevare il busto e premersi, fondersi, distruggersi contro il calore che Oswald Baskerville rappresentava, quel calore che odiava e anelava nel medesimo, critico, istante.

Le dita si arrampicarono sul volto come pallidi ragni, le labbra secche e screpolate si distorsero nella smorfia del pianto mentre cercavano una risposta, un solo accenno. Lo sentì con la violenza di uno schiaffo, con la dolcezza della seta; le mani, il corpo di Oswald, la spinta lieve di nuovo contro quei chiodi, erano una tortura che sapeva di meritarsi, che Oswald doveva infligge senza avere rimorsi: sarebbe stato il suo carnefice, questo dicevano le braccia sollevate verso l'alto, il petto offerto. Le lacrime andavano fondendosi e Jack, con una mano sul suo capo, sorrise.

« O-swald... » Lo amava Oswald, sì, questo Jack lo sapeva; e lui di quell'amore sarebbe morto nel corpo, lasciandosi corrompere la carne fino a che di lui non fosse rimasto che un guscio vuoto. « ... mi odi? »

Egoista.

« Sì. » Una pausa, una spinta. « E ti amo. »

Tling.

.Fine.

___________________________________

Scrivere dal POV di Jack mi fa soffrire come una dannata, baci e abbracci.

   
 
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