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Autore: ryuga hideki    05/12/2015    0 recensioni
-No...- l'espressione di Banner cambiò subito, facendosi perplessa constatando l'abbandono del lato maturo di Stark.
-Dai! Sarà divertente!!! Possiamo divertirci come loro hanno fatto con noi...-
(...) Da quando era tornato sulla Terra per stare con Jane le cose non erano andate come si era immaginato. La relazione con Jane per i primi mesi era andata a gonfie vele, ma con il passare del tempo si era fatta sempre più difficile e fredda.
Storia ambientata nel periodo Avengers: Age Of Ultron. Coppie: Thorki, Stanner, Clintasha e accenni Stucky
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bruce Banner/Hulk, Loki, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ecco un nuovo capitolo, spero che i personaggi non siano troppo OOC (forse può esserlo Nat), ad ogni modo vi suggerisco la lettura con questa canzone:  L'Umanità degli Eroi "SoundTrack"

Buona Lettura


 




L'Umanità degli Eroi
 


 

Clint aveva riportato sul jet l'intera squadra, aspettando il ritorno di Tony che era andato a fermare Hulk caduto nella follia più totale.
Fece sedere Natasha su di una sedia e le portò da bere. Lei prese il bicchiere d'acciaio tra le mani e bevve un sorso d'acqua continuando a mantenere lo sguardo perso nel vuoto. Clint le rimase accanto poiché non aveva mai visto la sua cara amica in quello stato; non si preoccupava più di tanto degli altri, Thor si era ripreso abbastanza in fretta anche se era cupo e silenzioso più del solito mentre Cap aveva uno sguardo pensante che dava l'idea di essere completamente su di un altro pianeta.

Natasha, invece, era fredda con goccioline che le scendevano dalla fronte oltre ad avere lo sguardo terrorizzato.

 

-Mi spiace, Natasha...-
-Sto bene, capo, non morirò per così poco!-”

 

Quelle parole e quella scena non facevano altro che ronzarle in testa. Si è sempre mostrata forte e gelida come il ghiaccio, come l'assassina russa che avevano creato fin dalla più tenera età, eppure non era riuscita a rimanere tale con il passare degli anni, da quando mise piede nello S.H.I.E.L.D. Si sarebbe maledetta volentieri per ciò che stava provando e per quello che aveva provato, per qualche secondo, quel giorno; la vecchia Tasha di qualche anno addietro si sarebbe messa a ridere nel vederla in questo stato ed era certa che si sarebbe presa gioco di lei. Non riusciva a guardare negli occhi nessuno, aveva paura che qualcuno potesse scoprire qualcosa che voleva e doveva tenere celato. Continuava a tenere lo sguardo fisso sul pavimento, cercando di regolarizzare i battiti del suo cuore e far andare via quelle visioni terribili che le riaprivano ferite di cui non voleva più saperne.
Clint, non sopportando l'idea di vederla in quello stato, le prese la mano e gliela strinse. La gelida pelle della russa si contrappose alla calda dell'arciere, procurandogli un leggero brivido su tutto il braccio. Nat sussultò involontariamente ed istintivamente si voltò verso di lui facendo incontrare i loro occhi e perdendosi in un altro ricordo ormai distante.

 

-Potremmo avere una famiglia!-
-Come, prego?-
-Sai quella cosa che si ha tra due persone innamorate? Una casa e un posto dove stare con dei marmocchi che corrono per le stanze...insomma, una famiglia!-
-Clint...-”

 

Gli occhi incominciarono a farsi lucidi, sentendo le lacrime premere nel voler uscire e solcare la sua gelida pelle. Strinse gli occhi per impedire che potessero uscirle, facendoli inumidire ugualmente e strofinandoseli con le mani per nascondere il tutto a Clint.
-Nat, tutto bene?- le domandò con voce calma e un po' preoccupata.
-Sì...- deglutì, sentendo un blocco in gola che cercò di far andare via facendo respiri profondi.
-Sei sicura?-
-Sì, Clint! Non preoccuparti...- lo guardò negli occhi con uno sguardo gelido e sicuro di sé. -Ho solo mal di testa per colpa di quella mocciosa!-
-Ti prendo un'aspirina?-
-No, grazie. Non morirò per così poco...- Clint sorrise, notando il carattere di Tasha tornato alla normalità. Ma in cuor suo sapeva che c'era qualcosa che non quadrava, anche se non riusciva a capire cosa fosse. Gli sembrava che gli mancasse qualcosa o che un pezzo del puzzle non combaciasse con gli altri, ma cercò di non pensarci e si alzò.
-Allora posso anche lasciarti da sola!-
-Non ho bisogno di una badante, fa quello che devi fare!- lo smontò con semplici parole.
-Ok, ok!- andò a sedersi alla postazione di guida e tenersi pronto alla chiamata di Tony.

 

Steve continuava a pensare e rimuginare su quanto aveva visto poc'anzi. Il suo amore per Peggy era ancora ben presente dentro di lui, ma sapeva che ciò che aveva veduto era solo un desiderio irrealizzabile e ciò lo faceva stare male. Ma quello che gli procurava maggior dolore era la visione di Bucky, lo aveva visto in pericolo e non poté fare a meno di notare gli strani sentimenti che provava dentro. Dal primo momento che lo aveva rivisto sapeva che qualcosa era cambiato, qualcosa di antico si era riacceso dentro di lui. Sentiva che avrebbe dovuto andare a cercarlo, sentiva che il suo posto era accanto a Bucky, ma come poteva fidarsi di lui dopo il tentato omicidio?

 

-Sei sicuro di non voler venire a casa mia?-
-Sì, Buck! Voglio restare da solo...-
-Ehi, per qualsiasi cosa sai dove trovarmi...-”

 

Si mise le mani sul viso chiudendo gli occhi e immergendosi in quel lontanissimo ricordo. Sospirò pesantemente, avvertendo un enorme peso al petto che gli bloccava il respiro. Avvertiva la fronte bruciargli come se avesse la febbre alta e le membra incominciargli a bruciare, facendolo sudare e rendendo insopportabile il costume che aveva addosso. Aveva paura, anche se non riusciva ad ammetterlo, era terrorizzato esattamente come quella volta che aveva perso sua madre. Aveva paura di aver perso molte occasione inutilmente; di aver perso l'opportunità di avere ciò che tutti quanti avevano: una famiglia e qualcuno d'amare. Aveva paura di perdere nuovamente il suo migliore amico e vedere la sua mano scivolare nuovamente dalla propria. Era terrorizzato di perdere l'unica persona, che era rimasta sulla faccia della terra, appartenente alla sua stessa epoca e l'unico in grado di capirlo. Era terrorizzato all'idea di passare il resto della sua vita da solo e perdere nuovamente l'occasione di amare qualcuno, proprio come successe con Peggy.

 

-Seguirai Captain America in questa missione?-
-Diavolo, no! Io seguirò Steve Rodgers il ragazzino di Brooklyn che era troppo testardo per abbandonare un combattimento! Seguirò solo lui se me lo chiederà...-
-Vuoi farmi l'onore di seguirmi, mio caro amico?-
-Ti seguirò sempre...-”

 

Scosse la testa, cercando di far andare via quei ricordi. Strinse i pugni e si morse il labbro con violenza da far uscire il sangue. Si alzò ed andò a prendersi una bottiglia d'acqua, sentendo anche le interiora fin troppo calde per poter vivere. Posò le labbra sul bordo della bottiglia e la svuotò tutta in un fiato, sentendo il liquido freddo scorrergli lungo la gola fino a raffreddare lo stomaco e l'intestino. Si asciugò la fronte con il dorso della mano sentendola umida. Accartocciò il pezzo di plastica e lo lanciò nel sacchetto per poi togliersi la maschera e lanciarla per terra. Doveva trovare Bucky e riuscire a parlargli anche se non sapeva ancora come fare e cosa dire. Aveva bisogno di rivederlo per poter essere certo che quello che aveva visto nella sua mente era vero, se il soldato d'inverno era lo stesso James che conosceva o un'altra persona. Doveva sapere troppe cose per potersi liberare di tutta quella confusione che aveva in testa e scrollarsi di dosso tutte le paure che aveva in corpo.
-Capitano...- cercò di chiamarlo e farlo tornare sulla terra, Clint. -Capitano...- la voce dell'arciere gli giungeva lontana, quasi come un leggero sussurro. -Steve!- gli sembrò di udire la voce di Bucky chiamarlo, anche se in verità non era altro che Clint. Scosse la testa e si voltò verso di lui come se fosse appena tornato dal mondo dei sogni.
-Cosa c'è, Clint?- gli si avvicinò un poco.
-Seguiamo Iron Man o aspettiamo qui fino a che non ci chiami?-
-No, no! Andiamo! Se il dottore è davvero così furioso, allora dobbiamo occuparci della gente che c'è in città e metterle al sicuro...-
-Ok...- si voltò un poco verso Steve per poterlo guardare in viso e controllare lo stato in cui si trovava. Aspettò qualche secondo prima di azionare il jet e mettersi in moto. -Tony, mi ricevi?- chiese l'arciere.
-Forte e chiaro, Legolas!-
-Stiamo venendo a dare una mano in città, dammi le coordinate!-
-Te le invio subito!-

 

Nel mentre il computer inviava i dati a Clint, Tony si concentrava su Hulk per cercare di fermarlo ed impedire che potesse radere al suolo l'intera città sudafricana.
-Bruce, cerca di tornare in te!- tentò di fargli prendere il controllo della situazione e far calmare l'omone verde, ma senza riuscirci. Hulk era talmente arrabbiato da spazzare via ogni cosa con la sola forza delle proprie mani. Per fortuna Tony aveva a sua disposizione la nuova armatura che aveva progettato con il dottore per poterlo fermare in questo tipo di situazioni. Nel mentre combatteva e tentava di fargli perdere i sensi, l'inventore pensò al motivo di tutta questa rabbia. Si chiese cosa gli avesse mostrato Wanda da fargli perdere così tanto la ragione, ma l'unica cosa di cui poteva essere certo era che il contenuto di quelle visioni non erano per nulla belle e tanto meno poco distanti agli affetti di Bruce. Involontariamente si ricordò della volta in cui il dottore gli chiese di aiutarlo nel progetto Veronica. Aveva il viso sciupato, segno di molte notti insonni, e gli occhi un poco gonfi e rossi, cenno di sfogo avvenuto per molte ore. Non aveva il solito sguardo disgustato per se stesso e pieno di rabbia, era spento e quasi rassegnato e si riusciva a capire perfettamente tutto il dolore che provava, o per lo meno Tony riusciva ad intuirlo. E quando Bruce si mostrò in laboratorio, in cui si trovava, non faceva altro che evitare di guardarlo negli occhi. Teneva lo sguardo rivolto altrove e mai puntato nei propri occhi.

 

-Potresti aiutarmi a realizzare una cosa...?-
-Certo! Qualsiasi cosa tu voglia realizzare io sono pronto ad aiutarti! Di che si tratta?-
-Una tua armatura capace di fermare...l'Altro...-
-Ok...mettiamoci subito al lavoro!-”

 

Non gli chiese spiegazioni poiché sapeva benissimo che odiava doverle dare e sapeva bene che avrebbe reso difficili le cose durante la realizzazione dell'armatura. Ma non andò tutto liscio e senza complicazioni, ci furono molti ostacoli e buchi nell'acqua che pian piano fecero crollare l'ottimismo di Bruce. Sbatté un pugno sulla scrivania ed abbassò lo sguardo, Tony gli mise una mano sulla spalla per cercare di farlo aprire e farlo stare meglio.

 

-Non ti abbattere, riusciremo a creare qualcosa di abbastanza potente...-
-Non ce la faccio più, Tony...-”

 

A ricordare quel momento Tony sentì la rabbia scorrergli nelle vene. Strinse le mani a pugno che andò ad incassare in faccia ad Hulk. Il muscoloso omone verde si voltò verso Iron man e per un secondo, che per Tony fu molto più di un semplice istante, si guardarono negli occhi senza fare nulla e, in quel momento, all'inventore parve di vedere lo stesso sguardo che il dottore aveva quel giorno. Si sentì stringere il cuore, come se qualcuno lo avesse colpito con una tonnellata in pieno petto. Il respiro gli si fece sempre più pesante e un nodo allo stomaco si fece sentire. Subito dopo il bestione verde gli tirò un pugno in piena faccia facendolo partire via come un proiettile.
-Meno male che ho la corazza, o a quest'ora il mio bel faccino sarebbe una pappetta per cani!-
-Le funzioni dell'armatura sono ancora ottimali, signore!- disse il computer.
-Bene, diamo il massimo, allora!!!- si rialzò e volò dritto sparato verso Hulk. In quel momento riviste nella mente l'attimo in cui, finalmente, avevano ultimato l'armatura e poté scorgere un barlume di felicità negli occhi di Bruce.

 

-Ce l'abbiamo fatta...è finita!-
-Ora manca solo un nome, ce l'hai vero?-
-A dire la verità no...serve per forza?-
-Certo che sì! Ogni armatura è unica nel suo genere è per questo che hanno un nome!-
-Mmh...vero, hai ragione... . Lei è unica ed ha bisogno di un nome vero...-
-Un nome vero per un'armatura unica!-
-Vero...uni...ce l'ho! Veronica!-
-Uh, geniale! L'unione tra vero e unica! Benvenuta in famiglia, Veronica!-”

 

-Andiamo, Veronica! Papà ha bisogno del nostro aiuto!- disse a gran voce come se volesse farsi sentire da Bruce. -Ti farò tornare normale, Bruce! Io e Veronica...- pensò tra sé e sé per poi tirargli un potentissimo pugno utilizzando l'up grade che aveva richiamato poco prima. In un solo colpo Hulk crollò per terra privo di sensi e pian piano incominciò a riprendere le sembianze del dottore. Tony si mise a terra e corse verso di lui, togliendosi il copri-viso metallico. Si abbassò sul suo corpo che era disteso tra le macerie del palazzo che aveva distrutto. Non aveva alcun livido e graffio, era perfettamente incolume ma solo svenuto.
-Bruce...- sussurrò. -Va tutto bene, ci sono io ora...- lo prese tra le braccia e si guardò intorno vedendo la gente disperata che li guardava. Avevano lo sguardo pieno di odio, disgusto e terrore nel vederli. In quel momento Tony comprese cosa volesse dire essere Bruce Banner, cosa volesse dire possedere e trasformarsi in Hulk. Aggrottò le sopracciglia per poi abbassare lo sguardo sull'amate, lo strinse a sé come se volesse proteggerlo da quei sguardi malefici della gente. -Ti porto a casa, Bruce...- si alzò e si guardò intorno cercando di scovare il jet pilotato da Clint. -Mr. Legolas, dove sei?-
-Siamo a cento metri a sud da dove vi trovate voi!-
-Ok, vi raggiungo!- azionò i reattori e volo verso il veicolo.
-Il dottore come sta?-
-Bene, si deve ancora riprendere dal pugno che gli ho tirato...-

 

Appena arrivati al jet, partirono subito verso un luogo sicuro che conosceva soltanto Clint. Durante il viaggio Cap decise di dormire un poco per non pensare a quanto gli frullava nella testa; Natasha rimase seduta ad ascoltare della musica nel mentre si dilettava a leggere un libro, anche se per la maggior parte delle volte fissava solamente le righe, il tutto per tenersi impegnata e lontano dai pensieri. Thor era l'unico che si era seduto accanto a Clint a fissare l'orizzonte e pensare a Loki.
Tony, invece, si avvicinò a Bruce, che era seduto per terra con addosso una coperta nera, e lo guardò con il suo solito sguardo comprensivo, nel mentre il dottore teneva gli occhi rivolti da tutt'altra parte.
-Stai bene?- chiese l'inventore.
-Sì...- gli rispose con un filo di voce.
A Tony sarebbe piaciuto dirgli qualcos'altro, ma non sapeva cosa esprimere per paura di farlo stare meglio, così gli prese semplicemente una mano, da sotto la coperta, e gliela strinse. Il dottore sussultò al tocco, per poi stringergliela con tutte le forze che aveva.

 

Al mattino seguente giunsero a casa di Clint, era una villetta immersa nel nulla e fatta interamente di legno. Vi entrarono e trovarono una donna, in dolce attesa, e due marmocchi che corsero incontro a Clint.
-Sei tornato...- disse la donna.
-Sì, scusa. Non ho avvisato...- Natasha guardò la scena con occhi che lasciavano intravedere un velo di dolore e che cercò di cancellare via il prima possibile.
-Non può avere una famiglia, devono essere degli agenti...per forza!- disse Tony con aria incredula.
-Non sapevamo che avessi una moglie e dei figli...- disse Steve.
-Fury mi ha promesso che l'avrebbe tenuto nascosto per non metterli in pericolo...- quando finì la frase aggrottò le sopracciglia ed assunse uno sguardo un po' confuso. Gli sembrava che le parole che aveva appena detto non fossero sue, ma che le avesse pronunciate un'altra persona. Scrollò la testa, cercando di far andare via quei pensieri assurdi. Natasha, però, colse quello sguardo e una luce brillò nei suoi occhi.
-Io non posso restare qui, devo fare una cosa per ottenere dei chiarimenti...- disse Thor. -Scusate il disturbo...- uscì dalla casa e volò via.
-Ma che diavolo...?- sussurrò Steve, trovando tutto ciò che stava accadendo davvero troppo irritante anche se non lo dava a vedere.
Bruce uscì dalla casa per prendere una boccata d'aria fresca ed evitare di stare a contatto con tutta quella gente e sfuggire dai pensieri che aveva veduto. Tony lo seguì poco dopo, avvicinandosi a lui senza dire nulla, aspettando che l'altro incominciasse a parlare, anche se era una cosa difficilissima da fare.
-Grazie, Tony...- disse senza guardarlo.
-Era un mio dovere proteggerti... Hai visto? Veronica ha funzionato perfettamente!- si voltò verso di lui, accennandogli un piccolo sorriso. Bruce lo guardò con la coda degli occhi e lo sguardo gli si fece più mesto di prima.
-Meno male...- sussurrò. -Non credo che sarei riuscito a fermarmi in alcun altro modo...-
-Bruce, non c'è bisogno che tu chieda scusa, non è stata colpa tua e anche se non lo stai dicendo lo stai facendo con il tuo sguardo...- il dottore abbassò la testa, sgranando gli occhi. Tony era così troppo intuitivo, o forse lui era un libro aperto per l'inventore.
-Tony, io non posso... Non ce la faccio più....-
-Che vuoi dire?- chiese un po' timoroso.
-Non credo che il mio posto sia qui. È un pericolo avermi qui con voi...con te.-
-Ehi, non pensarci neanche! Se non ti avessimo qui molti di noi sarebbero già morti, IO sarei già morto!- Bruce si morse il labbro. Tony lo fece voltare verso di sé per incontrare i suoi occhi. Il dottore esitò per un'istante a guardarlo, ma la voce di Stark lo costrinse a voltare lo sguardo. -Non ho paura di lui e non ho paura che possa farmi male... Credo di essere vicino a capire cosa vuol dire amare e non permetterò che una tizia, con i suoi abracadabra, ti porti via da me! Non lo permetterò!-
-Tony...-
-So casa vuol dire essere te e convivere con qualcosa di incontrollabile dentro, so cosa provi...l'ho visto. Ho visto quei stessi occhi che tutti ti rivolgono quando sei verde e poi torni normale, so che non sono affatto piacevoli...ma devi avere qualcuno che possa guardarti con occhi diversi per non affogare...-
Bruce sorrise appena sentendo le parole dell'inventore e vedendolo così maturo per così tanto tempo, per la primissima volta. Era soddisfatto, su questo non v'erano dubbi, ma la tristezza e la paura erano fin troppo insediate nel suo cuore da non riuscire ad essere felice. Si limitò solamente ad osservarlo, comunicandogli ogni cosa con il semplice sguardo e lasciandogli qualche messaggio non voluto e che Tony colse subito. Lasciò che il silenzio rispondesse a quelle parole poiché valeva più di qualsiasi altra parola detta, e poi Tony era così maledettamente bravo con i discorsi che vinceva sempre. L'inventore capì cosa avrebbe voluto dirgli il dottore, anche se non seppe cosa Wanda gli aveva mostrato e, in cuor suo, credeva che mai lo avrebbe scoperto. Gli prese la mano e gliela strinse, avvertendola leggermente fredda rispetto alla propria. Incrociarono le dita e si continuarono a guardare nelle iridi, in seguito Tony lo avvicinò a sé e lo strinse in un affettuoso abbraccio e fregandosene di essere visto dagli altri.




 

Eccomi qui con il secondo capitolo che è uscito prima del dovuto grazie al sogno che mi ha ispirato! Spero che vi sia piaciuta e che continuiate a leggere, scusate per gli eventuali errori e se avete voglia fatemi sapere che ne pensate!!! Fra due settimane arriverà il nuovo capitolo (o forse prima). Grazie a chiunque legga!!!

A presto

Ryuga Hideki
   
 
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