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Autore: Fede Seminara    05/12/2015    2 recensioni
Dean Winchester, un uomo forte, coraggioso, disposto a tutto per colui che amava più di qualsiasi altra cosa. lui, quell'uomo che non avrebbe mai abbandonato a costo di perdere tutto. Lui, il compagno di una vita ha deciso di andar via, di scappare dalla sua vita per averne un'altra. Sam non c'è più e Dean si sente a pezzi. dentro si sé porta un vuoto che non riesce più a riempire, nonostante l'amore di qualcuno pronto a salvarlo dal precipizio in cui stava cadendo. Sam era tutto ciò che contava, era suo fratello e il suo compito era quello di proteggerlo.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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-CAPITOLO 13 –




Girandomi e rigirandomi nel letto provai a prendere sonno, cercando inutilmente di pensare a qualcosa di bello capace di farmi addormentare, ma non ci riuscii.
Amareggiato voltai lo sguardo verso il mio orologio e notai con frustrazione che erano le tre del mattino. Dopo quello che avevo passato con l’angelo probabilmente il sonno aveva deciso di non tornare.
Nel silenzio della notte pensai alle parole di Castiel, cercando di immaginare quale fosse il vero significato del suo “per sempre”. Quando pronunciò quella frase, i suoi occhi mi sembrarono sinceri, ma nonostante ciò non avevo il coraggio di credere a quel per sempre.
Nella vita ho imparto che nulla è eterno perché prima o poi tutte le cose belle o le cose che amiamo ci verranno tolte. Essere felici ha sempre un prezzo troppo alto che spesso non tutti riescono a pagare.
Nonostante fossi un uomo, in quel momento mi sentii come un adolescente che ha appena scoperto l’amore e che crede che sia la cosa più bella del Mondo. Sentivo nel mio stomaco un vuoto enorme che sembrava divorarmi pian piano. I miei pensieri erano sempre su di lui, in ogni momento, ma dopo quello che mi disse quella notte, capii che in fondo il nostro non sarebbe stato davvero un per sempre. Il mio cuore sapeva che presto o tardi se ne sarebbe andato. Il Paradiso era troppo lontano per me e la Terra era troppo lontana per lui, il nostro amore era destinato a bloccarsi lì, tra quelle vecchie lenzuola di uno stupido Motel di periferia.
Dio teneva ai suoi angeli e non li avrebbe mai lasciati andare. Anche se avessi pregato tutti giorni a cosa sarebbe servito? Castiel aveva i suoi doveri, era un guerriero lassù e non poteva permettersi di pensare a me, Dean Winchester, un uomo senza valore con cui aveva scopato qualche volta. Anche se aveva promesso di tornare, dentro di me sapevo bene che probabilmente non lo avrebbe più fatto, ma non perché non lo volesse, semplicemente perché qualcuno ai piani alti glielo avrebbe proibito.
Quello che era accaduto tra noi due non poteva essere accettato da Dio e gli altri angeli, forse perché erano gelosi che una creatura splendente come Castiel avesse scelto me anziché uno di loro, oppure semplicemente un soldato dei cieli non poteva neppure minimamente sfiorare un uomo, ma lui lo aveva fatto, aveva scelto me.
Sospirai malinconicamente, cercando di smettere di pensare a cose a cui probabilmente non si poteva attribuire una risposta, dopotutto il mio compito era quello di cacciare il soprannaturale, non di capire quale fossero le loro ragioni.
Senza sapere cos’altro fare per distrarmi un po’, optai per alzarmi dal letto e farmi una bella doccia fredda speranzoso che mi aiutasse a rilassarmi.
Quando ebbi finito di lavarmi, uscii dalla doccia e mi asciugai velocemente. Infilai i Jeans e una camicia pulita, dopodiché mi dedicai alla pulizia del viso, deciso di rifarmi la barba, dopo tutto quello che stava accadendo avevo completamente smesso di curarmi.
Improvvisamente sentii un rumore. Posai si scatto la lametta nel lavandino e estrassi dal borsone la mia pistola. Preoccupato mi misi in ascolto da dietro la porta, ma non sentii alcun rumore. Facendomi coraggio aprii la porta, pronto a fare fuoco a qualunque cosa o chiunque fosse stato lì. Di scatto mi immobilizzai, davanti a me in tutta la sua bellezza c’era una figura a me troppo cara. Le mani presero a tremarmi e stupidamente lasciai cadere la pistola a terra, fortunatamente senza conseguenze.
Rimasi così, immobile sentendo uno strano calore avvolgermi l’anima. Per un attimo desiderai piangere, lasciarmi cadere lì, sulle luride piastrelle del pavimento del Motel, ma mi feci forza cercando di resistere.
-Dean!- disse una voce. Quella voce non l’avrei mai potuta dimenticare, non dopo tutto quello che mi aveva detto, sussurrato o urlato. Tutti quei segreti che mi aveva svelato, i trucchi che mi aveva insegnato e le parolacce che mi aveva tirato addosso. Era lui, quell’uomo che tanto avevo amato e che quasi ogni notte mi ritrovavo a pensare. Il mio eroe, colui che aveva osato cedere la sua vita in cambio della mia.
Sorrisi sentendo un nodo stringermi nello stomaco.
-Papà …- dissi con voce tremante. Mio padre si voltò regalandomi uno dei suoi sorrisi più belli e all’improvviso mi sentii tremendamente in colpa. Lui non doveva essere morto, quello che aveva fatto per me non glielo avrei mai potuto perdonare.
-Guardati, che uomo che sei diventato!- disse sorridendo.
-Che ci fai qui?- domandai. La mia voce iniziò ad affievolirsi.
-Ho sentito che avevi bisogno di me e ho fatto tutto quello che mi è stato possibile per raggiungerti, ma non posso restare qui a lungo. Mi è stata concessa una mezz’ora, ma credo che basterà, anche se avrei voluto rimare al tuo fianco figlio mio!- esclamò avvicinandosi. Io rimasi fermo, quasi del tutto paralizzato. Davanti ai miei occhi avevo mio padre, forte e giovane proprio come quando ci aveva lasciati. Petto muscoloso, mascella contratta da duro e occhi dolci e buoni, che spesso si mettevano in contrasto con i suoi lineamenti ingannando chi aveva di fronte. Se visto da fuori, mio padre poteva sembrare un burbero scontroso, ma in realtà non era altro che un pezzo di pane, sempre pronto ad aiutare il prossimo, un po’ come faceva Sam.
-Non avresti dovuto fare quello che hai fatto!- dissi severo. Mio padre si rattristò e si sedette stancamente sopra il letto, disfatto dall’intrecciarsi del mio corpo e quello di Castiel.
-E perché non avrei dovuto Dean? Sei mio figlio, rifarei quello che ho fatto senza ripensarci mai!- rispose.
-Tu non hai ragionato sulle conseguenze! Hai pensato bene di lasciare tutta la merda a me! Guardami ora, non so più come riprendere il controllo della situazione e mi sembra di impazzire!- esclamai alterato. -Sam ha più bisogno di te quanto ne abbia mai avuto di me! Non potevo lasciarti morire Dean, non era il tuo momento!-
-Ti sbagli! Tu non hai fatto altro che metterci in testa che quelle creature avrebbero dovuto pagare per il male che avevano fatto alla nostra famiglia e poi? Tu cosa hai fatto? Hai patteggiato con uno di loro!- urlai.
-Ho patteggiato perché volevo che mio figlio vivesse!- rispose.
-Tu sei stato egoista! Dillo che eri stanco di questa vita e hai preferito scegliere la via più facile, proprio come ha fatto Sam! – dissi fumante di rabbia.
-Sammy è sempre stato il più debole Dean e il mio compito era quello di proteggervi, ma non ci sono riuscito! Io sono un disastro, se fossi rimasto in vita probabilmente avrei combinato un casino, invece tu hai saputo affrontare ogni avversità sempre a testa alta, proprio come fanno i Winchester!- disse orgoglioso.
Tristemente decisi di sedermi accanto a lui. Ero nervoso, agitato e non sapevo come comportarmi.
-In alcuni momenti non sento di meritare questo nome …- dissi abbassando lo sguardo verso i miei piedi.
-Tutti hanno le proprie debolezze Dean, non siamo supereroi in fondo!- disse posando delicatamente una mano sopra alla mia spalla. Quel suo tocco mi riportò indietro nel tempo, quando ero solamente un adolescente. Quella mano sapeva essere gentile quanto spietata e con me spesso non aveva avuto alcuna pietà.
-Tu hai creduto in me papà. Avevi detto che se non fossi stato in grado di salvarlo avrei dovuto ucciderlo, ma non sono riuscito a farlo, io non posso … ha ucciso Bobby, ha spellato una ragazza lasciandola morire dissanguata e chissà chi altri innocenti ha brutalmente seviziato ed io ho lasciato che facesse tutto questo!- dissi disperato.
Mio padre si alzò in piedi di scatto e mi fissò con aria delusa. Di colpo cambiò umore e quello sguardo sembrò trafiggermi l’anima.
-Tu hai fatto quello che hai potuto Dean! Non potevi evitarlo!- disse arrabbiato.
-Sono debole papà, non capisci?!?- urlai di colpo in lacrime. Mio padre non mi aveva visto quasi mai piangere e vidi il suo sguardo intenerirsi di colpo.
-Io non ce la faccio più a sopportare tutto questo! Quante morti ancora devo portare sul cuore!?! Quante vite devo ancora prendere prima che termini questo supplizio!?!-
-Non finirà mai Dean, la lotta tra il bene e il male esiste dall’alba dei tempi!-
-E credi che resisterò in eterno?- domandai disperato.
-Il figlio che ho salvato quella notte era determinato. Giurò al padre morente che avrebbe continuato il suo lavoro senza fallire mai, perché quello che contava era la vendetta. Mi dicesti che non avresti mai potuto perdonare chi ci aveva fatto tutto questo e che finché avresti avuto fiato in corpo, non ti saresti mai arreso. Ora, quel figlio forte e coraggioso ha lasciato posto ad un codardo stanco di lottare. Mi fa molto piacere quello vedo … - disse deluso.
-Tu non sai!- urlai di colpo.
-Ti sbagli Dean! Io so tutto di te, pensi che io non veda?- disse alterato.
Di colpo mi paralizzai nuovamente, provando un forte senso di vergogna.
-So quello che sta succedendo a Sam e so del piano di Crowley. So della ragazza che hai provato a salvare e che hai assistito alla tortura di Bobby e mi dispiace. So anche di te e … beh, di te e Castiel … - continuò voltando lo sguardo altrove.
Io rimasi in silenzio, incapace di parlare. Mio padre sapeva tutto ed io mi sentii tremendamente stupido.
D’un tratto la sua mano strinse amorevolmente il mio braccio destro. -Hey Dean … - disse sorridendo. – Non ti sto giudicando per quello che hai fatto. Castiel è stato la tua ombra per molto tempo e credo che in un periodo brutto, conti molto la presenza di qualcuno che ti faccia sentire bene una volta tanto. Se quel qualcuno poi sia un uomo, non credo che abbia importanza figlio mio. So che tu non sei questo e sono pronto a scommettere che tornerai come prima. Devi solo tornare ad avere più fiducia in te stesso e soprattutto devi ricordai chi sei! Sei un Winchester cazzo, non un uomo qualsiasi!-
-No papà, non posso farcela!- dissi tristemente.
-Cosa significa?-
-Essere un Winchester non vuol dire nulla, o meglio non significa non provare emozioni all’infuori della vendetta. Pensavo che fossi invincibile, ma in alcuni momenti mi rendo conto di essere solo un uomo. Non mi stupirò se ora tu mi dirai che non valgo nulla!- dissi abbassando gli occhi per non incontrare il suo sguardo.
-Tu vali molto di più di qualsiasi altra cosa Dean, indifferentemente da quello che pensi. Non pensare che la colpa di tutti i mali sia la tua, perché non è così. Purtroppo spesso bisogna pagare il sangue prendendo altro sangue, ma questa è la nostra vita o meglio, la tua vita, il tuo destino e anche quello di Sam. Voi siete cacciatori e nessuno al mondo potrà cambiare le cose.
Ricordati Dean che io ti vedo da lassù in ogni momento. Ti sono vicino ogni notte, quando piangi, quando ridi, quando soffri. Sono con te e se desideri parlarmi, proprio come parlavi con Castiel, potrai farlo ed io sarò felice di ascoltarti!- disse sorridente.
Con malinconia mi asciugai gli occhi e lo abbracciai tenendolo stretto. Sapevo che da un momento all’altro se ne sarebbe andato e a avevo intenzione di godermi il suo contatto fino all’ultimo.
Proprio come quando ero bambino, mio padre mi accarezzò la testa e per un attimo mi sembrò di respirare il suo dolce profumo, ma in realtà era uno spirito e di odori non ne aveva.
-Capisco quello che provi figlio mio, ma se crolli tu Sammy è perduto!-
sussurrò lievemente. Alzai lo sguardo su di lui e lo vidi sorridere.
-Ho fiducia in te!- disse.
-Ti ho già deluso una volta papà, no voglio deluderti ancora!- dissi sprofondando nuovamente nel suo petto.
-Tu non potrai mai deludermi Dean!- disse tirandomi lievemente indietro, così che i nostri occhi potessero incontrarsi. Ci guardammo per qualche secondo, lui sorridente e amorevole come era sempre stato, io, sofferente e pieno di rimpianti.
-Cosa farò adesso? Prima la mamma poi tu, adesso Bobby e Sam è quello che è … io … io non so più a cosa aggrapparmi, mi sento perso!- dissi disperato.
-Hey! Tu non sei solo Dean, hai capito? Anche se non mi sentirai o non mi vedrai, io sarò con te! Io e la mamma ti guardiamo tutti i giorni e siamo fieri di voi. Anche se Sam si è smarrito, so con certezza che saprai riportarlo indietro, da te. Voi siete uniti da un legame che niente e nessuno potrà mai spezzare! Voi siete fratelli, Dean, i vostri cuori battono all’unisono!- disse scrollandomi delicatamente.
All’improvviso le sue mani iniziarono a scolorire lentamente e capii che il suo tempo sulla Terra stava per scadere. Preoccupato e con gli occhi gonfi a cause delle lacrime, guardai mio padre fissare tristemente il suo corpo scomparire. Veloce come il vento lo abbracciai per l’ultima volta. Lui mi tenne stretto, accarezzandomi con dolcezza e per la prima volta dopo molti anni mi baciò sulla fronte.
-Ti prego non te ne andare!- dissi supplicandolo. Ormai il tempo era scaduto, mio padre era diventato quasi del tutto trasparente.
-Non sei solo a combattere questa battaglia figlio mio. Dì a Sam che è nei nostri pensieri e che va tutto bene!- disse tristemente.
-No …- risposi sentendo il vuoto sotto le mie braccia.
-Ricordati chi sei figlio mio … -
Sparì così, all’improvviso lasciandomi solo e tremendamente addolorato. Guardai le mie mani inermi, tremanti e senza più nulla da stringere.
L’odore che mi era sembrato di respirare di colpo non c’era più e con lui se ne andarono anche i ricordi.
Voltandomi in direzione della finestra vidi il cielo improvvisamente sereno, ricoperto da strati di stelle. Mi avvicinai al davanzale e vidi con amarezza le foglie degli alberi muoversi cullate dal vento.
Improvvisamente lassù, nel firmamento una stella iniziò a splendere più delle altre e rimasi a fissarla con le lacrime agli occhi, immaginando che fosse mio padre che mi stesse dicendo che era tornato a casa e che non dovevo essere triste, perché in fondo lui era lì e mi stava guardando. Sorridendo posai una mano sopra al vetro e rimasi in silenzio a fissare quell’universo luminoso. Quanto avrei voluto essere altrove, magari con loro, da qualsiasi altra parte che non fosse lì, dietro quelle squallide mura di un Motel. Anche se dovevo essere forte, rimanevo comunque stanco del fatto che non potevo affezionarmi a nessuno. Anche se in un momento sembravo forte continuavo lo stesso a pensare a come sarebbe stato il mio futuro. Un giorno cosa sarebbe stato di me? Avrei mai avuto una famiglia? Ci sarebbe mai stato qualcuno al mio fianco pronto a credere in me e amarmi per quello ero, un cacciatore? Probabilmente no, la sedia accanto alla mia sarebbe per sempre rimasta vuota. A volte ci sono cose che non possono essere condivise, non tutti riescono a comprendere quanto spesso la vita di un uomo possa essere difficile, specialmente per quelli come me, costretti a lottare in ogni momento, ad aggrapparsi ad ogni cosa pur di non sprofondare giù. Io ero stanco di aggrapparmi ad un mondo che forse neppure mi voleva. Confuso e ancora più triste, decisi di uscire dalla stanza e di allontanarmi da lì. Mi ricordai che a pochi chilometri di distanza avevo visto un bar aperto ventiquattro ore, così montai nella Baby e partii a tutta velocità. Una birra ghiacciata probabilmente avrebbe fatto al caso mio, niente riusciva a farmi distrarre quanto quella splendida delizia dorata. Socchiusi di colpo gli occhi, immaginando il suo sapore fresco scivolarmi in gola.
A pochi metri dal locale, passai all’interno di un piccolo centro abitato. Era un paesino all’apparenza tranquillo, così pensai di rallentare un po’ e di godermi il paesaggio notturno. Ad un tratto, passando davanti all’entrata di un piccolo cimitero costruito su una collina, notai una piccola fiamma accendersi e spegnersi. Fuori c’era molto vento e quella piccola luce mi incuriosì parecchio, così decisi di accostare l’Impala e di avvicinarmi.
A passo lento, ma deciso raggiunsi il cancello scricchiolante e arrugginito, spostandolo senza alcuna fatica. Attraversai uno scomodo sentiero adornato da pietre e pezzi di legno bagnato, fino a quando rividi la debole luce spegnersi nuovamente per tornare ad accendersi ancora una volta. Per vedere meglio afferrai la torcia tascabile che avevo di scorta e la puntai in direzione della fiamma. Con mio grande stupore vidi qualcuno o qualcosa raggomitolato su se stesso. Mi avvicinai ancora e improvvisamente sentii l’abbaiare stridulo di un cane. Puntai la torcia in direzione del suono e vidi una testolina dai capelli rossicci fissarmi spaventata. Accanto, un piccolo cagnolino tremante abbaiava verso di me con fare aggressivo. Qualche secondo più tardi capii che era una bambina che, preoccupata dalla mia presenza si raggomitolò ancora di più alla lapide dove era seduta.
A me non sono mai piaciuti particolarmente i bambini, ma quella ragazzina era infreddolita e nella fragilità emotiva in cui ero scivolato quella notte pensai che fosse giusto capire il perché un bambina come quella si trovasse sola e in compagnia di un topo d’appartamento in un cimitero armata solo di un piccolo pacchetto di fiammiferi.
-Non aver paura, non voglio farti del male!- dissi cercando di rassicurarla. La bambina si coprì gli occhi a causa della luce della torcia.
-Come ti chiami!?!- domandai inginocchiandomi accanto a lei. Nel frattempo il cane si avvicinò zampettando verso di me con improvvisa felicità.
-Desy!- disse con tono lieve. Mi guardò e notai i suoi grandi occhi color acqua marina tristi e pieni di malinconia.
-Che ci fai qui Desy? I tuoi genitori?- domandai.
-Loro non sanno che sono qui!- sussurrò. – Se lo sapessero sarei nei guai!- disse abbassando il faccino in direzione della lapide.
-E perché disobbedisci? Sai che i grandi cercano solo di proteggere i più piccoli?- risposi cercando di essere il più amorevole possibile.
-Si, ma loro non vogliono farmi pregare. La mamma dice che quando una persona muore cessa di esistere. La nonna invece mi dice sempre che bisogna pregare, perché i morti ci ascoltano e gli fa piacere ogni tanto essere ricordati!- disse sorridendomi lievemente.
-Lui era mio fratello!- continuò indicandomi la lapide.

Silenziosamente lessi il nome “ Zach Williams” la sua data di nascita e quella della sua morte. Sospirai tristemente, poi mi voltai a guardarla negli occhi.
-E così tu vieni qui in segreto a pregare, riscaldandoti con dei fiammiferi?- dissi cercando di controllare il tremore nella mia voce. La bimba annuì tornando a fissare la lastra di pietra.
-Mamma non vuole che venga qui perché dice che è inutile, ma io so che non lo è. Zach mi voleva bene, mi veniva sempre a prendere a scuola e mi portava a giocare al parco. Mi comprava sempre le caramelle, quelle gommose che mi piacciono tanto!- disse tristemente.
-Come è morto?- domandai continuando a fissare il nome del ragazzo.
-Un incidente … in auto … - mormorò.
Per qualche secondo restammo in silenzio, il vento gelido cominciò a soffiare più forte e la piccola rabbrividì.
-Posso dirti una cosa, Desy?- dissi improvvisamente. La ragazzina prese in braccio il suo cagnolino e se lo portò al petto cercando di riscaldarlo. Intenerito mi levai la giacca e gliela porsi. Desy mi fissò con gli occhi spalancati rifiutando la mia offerta, ma io insistetti e la misi sopra le sue spalle.
-Continua a pregare Desy, proprio come ti dice la nonna. Puoi parlare con tuo fratello anche da casa, questo non è un posto dove dovrebbero stare i bambini. Zach non vuole vederti così, seduta nella terra per lui. Questo lo fa molto soffrire!-dissi posandole una mano sopra la sua fragile schiena.
-Come fai a saperlo?- mi domandò. Le sorrisi e iniziai a guardare il cielo e lei fece lo stesso.
- Coloro che abbiamo amato restano per sempre al nostro fianco, vivono in noi, nel cuore e nei ricordi. Loro ci guardano lassù, oltre le stelle!- dissi facendo fatica a credere a quelle parole, ma me le aveva dette mio padre e nonostante mi pesasse molto pronunciarle, era così.
La bambina si alzò improvvisamente e mi guardò dritto negli occhi.
-Anche tu hai qualcuno in cielo?- mi domandò con una voce innocente che solo i piccoli possono avere. Sorrisi sentendo il vuoto che mi perseguitava salire nel mio stomaco. La guardai, così piccola e già con un peso enorme sul cuore.
-Si … ho molte persone lì!- risposi soffocando una lacrima.
-E ti mancano? A me Zach moltissimo. Vorrei che potesse tornare da me, a casa!-
Improvvisamente mi ricordai di Sam, anche io volevo che mio fratello tornasse da me.
-Si, mi mancano!- risposi. Guardai l’orologio e vidi che si era fatto tardissimo, fra poche ora l’alba ci avrebbe raggiunti.
-Desy ora devi tornare a casa e se vuoi posso accompagnarti!- dissi sorridendole.
-No, abito qui vicino. Il rumore della tua macchina sveglierebbe mia madre. Ti ringrazio signore!- disse accendendo un altro fiammifero.
-Come ti chiami?- mi domandò di colpo.
-Dean!- risposi. Ad un tratto la fiamma si spense a causa del vento.
-Tieni!- dissi dandole la mia torcia. La bimba mi guardò sorpresa, poi accettò ringraziandomi.
La osservai allontanarsi con il cane tra le braccia, facendo attenzione a dove metteva i piedi, poi sparì oltre il cancello di ferro.
Rimasi ancora qualche secondo fermo, lanciando un ultimo sguardo alla lapide e rileggendo il nome del ragazzo.
-Spero solo che tu risponda alle sue preghiere, Zach Williams … - dissi voltandomi e iniziando a camminare. Oltrepassai il cancello lasciandomi alle spalle il cimitero. Salii in macchina pensando ancora a Desy e a quanto fosse innocente. Sospirai al fatto che non fossi l’unico a soffrire, anche se ero molto dispiaciuto del fatto che avesse avuto otto anni o su di lì. I bambini non dovrebbero trascinare dietro di sé fardelli di quel carico, ma dovrebbero semplicemente giocare e godersi la loro tenera età. Io ci ero passato, sapevo troppo bene cosa significasse diventare grandi prima del tempo.
Sospirai iniziando a sentire la stanchezza del sonno arretrato. Indeciso se prendere o meno la birra, optai per ritornare al Motel e provare a dormire almeno due orette.
Misi in moto la mia piccola e sfrecciamo via nella notte.
   
 
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